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Autore: fri rapace    14/04/2019    2 recensioni
*plin plin plin*
“Remus, ti stai sciogliendo,” osservò Tonks, reclinando la testa su una spalla.
“Cosa?” chiese lui, riprendendo a camminare con una certa fatica.
Tonks gli sfiorò quel braccio che, notò, teneva rigidamente contro il fianco e incespicò nel tentativo di studiarne l'estremità.
“Sgoccioli,” insistette.
Storia scritta per l'H/C Easter Calendar.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Non toccare H/C Easter Calendar
Prompt: 113-Non toccare



*plin plin plin*
Tonks seguì Remus oltre la soglia del numero 12 di Grimmauld Place, cercando di individuare l'origine dell'appena percettibile suono. Attraversarono la strada che separava l'abitazione dalla scialba piazzetta del quartiere e la ragazza, distratta dall'infruttuosa ricerca, si scontrò con la schiena dell'uomo. Fu così che vide che era lui, a sgocciolare.
“Ti stai sciogliendo,” osservò Tonks, reclinando la testa su una spalla.
“Cosa?” chiese lui, riprendendo a camminare con una certa fatica.
Tonks gli sfiorò quel braccio che, notò, teneva rigidamente contro il fianco e incespicò nel tentativo di studiarne l'estremità.
“Sgoccioli,” insistette.
Remus diede una fugace occhiata verso il basso.
“Se hai voglia di gelato, ne possiamo prendere uno lungo la strada per la stazione della metropolitana,” propose, facendo scivolare di soppiatto la mano nella tasca della giacca.
“Ci hai provato,” lo rimproverò Tonks, insinuando anch'essa con cautela le dita nella sua tasca.
Remus si arrestò bruscamente, il volto contratto in un'espressione sofferente.
“Ti ho fatto male?” si allarmò lei, ritraendosi tremante.
Lui le dedicò una lunga, severa occhiata.
“Non toccare!” Espirò lentamente. “Sai cosa sono, se il mio sangue e il tuo...”
Tonks lo interruppe, gli occhi sgranati:
“Stai sanguinando?”
“Non è questo il punto,” scandì lui, calcando su ogni singola parola.
“E quale sarebbe? Per Merlino, Remus, fammi vedere quella mano o ti Affatturo.”
Lui riprese a camminare, testardo.
“Io sono a posto, non ho ferite,” lo informò. “Ti preoccupi troppo per cose assurde, sei davvero irrazionale quando si tratta della licantropia.”
Erano giunti al centro del misero praticello che avrebbe dovuto abbellire la piazza, ma riusciva solo a renderla più squallida.
“Urti e cadi in continuazione, Tonks, perciò non vedo come sarei irrazionale,” l'affrontò Remus con un tono seccato di cui molto raramente si serviva.
Tonks, più incuriosita che offesa da quella piccola perdita di controllo, considerò:
“Sei anche suscettibile, quando si tratta della licantropia.”
Remus lottò per reprimere un sorrisetto colpevole e fallì miseramente. Si scambiarono uno sguardo divertito: si conoscevano solamente da un paio di mesi e la simpatia che avevano presto provato l'uno per l'altra era evoluta in una complicità che li deliziava entrambi.
L'espressione del mago si ammorbidì, un vago rossore ne tradiva il tumulto interiore.
“Non volevo essere sgarbato,” si scusò. “Sono solo preoccupato per te.”
“Io sono resistente!” lo rassicurò lei. “Hai idea di quante volte, durante le lezioni di Volo a Hogwarts, mi sono schiantata contro le torri del castello? E il Platano Picchiatore. E la verdura dell'orto di Hagrid, anche. Delle zucche gigantesche! Una volta ho centrato il povero Thor... Eppure eccomi qua, una roccia!” si batté un pugno sul petto.
“D'accordo, ma io sto bene,” disse lui, pallido ma allegro, “è solo un graffio. I miei dannati denti, si incastrano sempre dappertutto.”
“Come ti capisco. Nel mio caso è il dannato corpo intero a incastrarsi dappertutto...” Tonks lo prese sotto braccio, sfilandogli con la manovra la mano dalla tasca. La stoffa era umida, notò preoccupata. Remus non fece resistenza, corrugò solo un poco la fronte.
“Ora sarai soddisfatta,” le mormorò, non del tutto infelice nella resa. Era combattuto tra il piacere di abbandonarsi alle cure dell'amica e una ritrosia che Tonks supponeva non gli fosse propria, ma conseguenza della vita da reietto a cui il Mondo Magico condannava quelli come lui.
“Abbastanza,” annuì lei, studiando la mano ferita.
“L'ho morsa con la luna piena, non puoi farci nulla, Tonks... è sufficiente aspettare che passi, parola di lupo mannaro con trent'anni di esperienza alle spalle.”
“Le do solo un bacino, allora.”
Remus la fissò finché l'espressione impietosita di lei non si rasserenò un poco, combaciando con lo spirito della battuta che le era uscita spontanea.
“Molto divertente, Tonks,” osservò quindi con un mezzo sorriso.
“Ti ho fatto paura, eh?” rise lei.
“Voldemort in persona non mi avrebbe fatto lo stesso effetto.”
Tonks tornò seria.
“Sono un'Auror, so bene come avviene il contagio tra umani e lupi mannari.”
“Io... sono solo...” Remus scrollò le spalle e la guardò dritta negli occhi. “Non vorrei che tu pensassi che non ti ritengo all'altezza della tua professione. Ti ammiro, anzi.”
Tonks si sentì arrossire.
“Grazie,” gli prese delicatamente la mano e lui non oppose resistenza. “Fa tanto male?”
La pelle mostrava il calco di una poderosa dentatura e in due punti i denti erano scesi in profondità nella carne: la mano in quelle zone era gonfia e dolente, c'era del sangue rappreso sotto alle unghie.
“Non ti preoccupare,” disse lui in tono pratico. “Sono stato peggio. Ha già smesso di sanguinare, vedi? Avrei dovuto rimettermi le bende prima di uscire, devo pensare alla sicurezza altrui.”
A Tonks si strinse il cuore: probabilmente sotto ai vestiti nascondeva altre ferite ed insisteva che non fosse niente; che bastasse aspettare affinché si rimarginassero non significava, com'era convinto lui, essere costretti ad affrontare tutto quello da solo.
Dispiaciuta, sfogò l'emozione traendolo a sé in un delicatissimo, muto abbraccio. Dopo un attimo di esitazione che le fece temere che il suo fosse un gesto sgradito, Remus rispose stringendola con impeto.
“Sono più forte di quel che sembra,” la consolò. Rilassò con cautela i muscoli, tradendo comunque con piccoli, involontari spasmi quel dolore che negava di provare forse persino a se stesso.
“Anche io, Remus. Anche io.”



   
 
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