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Autore: ElinaFD    20/04/2019    4 recensioni
Marsiglia 2016, finale del Grand Prix. I sei pattinatori più forti al mondo si sfidano per determinare chi sarà il campione di metà stagione. Tra questi c'è di nuovo Victor, tornato all'agonismo, insieme allo Yuuri giapponese e a quello russo. Non tutto però va a gonfie vele, per gli atleti. A volte è il corpo a tradirli; altre, invece, soltanto la testa...
Chi vincerà?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kintsugi, o l'arte delle preziose cicatrici'
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Ed eccoci arrivati all'ultima parte di questa gara: i festeggiamenti. Unisco qui il sabato sera e la domenica mattina, che in fondo è soltanto un breve epilogo alla vicenda. Ringrazio i lettori che sono arrivati fin qui: non siete moltissimi, ma spero vi sia piaciuto il mio sforzo di raccontare i retroscena di una gara di pattinaggio. In particolare, ovviamente, ringrazio Tenar80 che questa storia l'ha aiutata a nascere, in un certo senso, e Crystal che ha commentato ogni capitolo. Grazie mille per il sostegno a queste mie facezie.
Non ho finito, naturalmente. Questo era solo il primo atto. Vi porterò ancora con me dietro le quindi di altre gare. Prossima tappa: Helsinki 2017.
Per ora, spero vi possiate godere questo (lieto) fine.


 


Marsiglia, sabato 10 dicembre 2016, sera.





Chiaramente Yuri scherzava quando aveva detto che si sarebbe lasciato fasciare senza opporre resistenza. Il tutore gli sembrava più che sufficiente e non aveva avuto remore a farlo sapere allo sfortunato fisioterapista incaricato dell’opera. Insomma, Yuri quella sera non aveva tempo di starsene bendato come una mummia, magari sul letto, in camera, a rimuginare come certi coreani stronzi e pure un po’ tardi di riflessi. No, quella sera Yuri doveva andare a ballare con gli altri!

L’anno precedente Yuri aveva implorato Otabek di portarlo con sé per locali, finita la gara, ma quello gli aveva risposto picche. Quest’anno però c’era Victor su cui fare pressione, e se Otabek era un bravo ragazzo con la testa sulle spalle, Victor era il peggior adulto irresponsabile sulla faccia della Terra. E in fin dei conti ormai aveva quasi 17 anni, era alto praticamente come Yuuri e sfoggiava devastanti ferite di guerra. Se metà dei pattinatori presenti alle gare andava a ballare, stavolta se lo meritava anche lui.

“Che cos’è questo?” domandò Yuri accaldato, guardando in controluce il bicchierino di liquido lattiginoso. Doveva urlare per sovrastare la musica e per il momento la cosa era estremamente divertente. Non era mai stato in una discoteca e avere un tavolo riservato tutto per loro era uno spasso.

“Pastis,” rispose Chris, buttando giù il proprio bicchierino in un solo sorso.

“Assaggialo, sa di anice,” lo incoraggiò Victor, bevendo a sua volta.

Yuri si bagnò le labbra, diffidente. Era freddo e il sapore era particolare, ma non sgradevole. Prese coraggio e sorseggiò il resto. Il liquore gelato gli diede una sferzata rinfrescante, che lo fece sospirare di piacere.

“Com’è?” chiese Victor, parlandogli vicino all’orecchio perché lo sentisse.

“Non male…” sentenziò, leccandosi le labbra.

“Normalmente si beve come aperitivo, da queste parti,” si mise a spiegare Chris, afferrando un altro bicchierino. “Dovresti provare qualche cocktail…”

“Dov’è Yuuri?” gridò Victor afferrando al volo il polso di Mila, che gli stava passando accanto proprio in quel momento.

La ragazza si strinse nelle spalle, indicando poi la pista in un muto tentativo di risposta.

“Ordinali prima che arrivino i rompicoglioni!” comandò Yuri a Chris, che si mise a ridere, ma scivolò via dalla propria poltroncina un secondo dopo, sparendo in direzione del bar.

C’erano persone che sapevano godersi la vita, quando finalmente erano liberi di folleggiare, come ad esempio Victor e Chris, e in quel caso erano anche utili, perché entrambi parlavano fluentemente il francese, lingua per lui completamente incomprensibile; invece c’erano persone, come Otabek e Katsudon, che dovevano divertirsi rovinando il godimento agli altri, e quella sera non facevano altro che brontolare per impedire a Yuri di fare ciò che voleva. Meno male che uno era impegnato ad andare avanti e indietro dalla console del dj e l’altro era già su di giri per l’oro, per cui stava passando più tempo in pista a ballare che al tavolo. Ciononostante bisognava approfittare dei momenti di assenza di entrambi non appena si presentavano.

Chris atterrò letteralmente sul tavolino con cinque bicchieri pieni fino all’orlo di liquidi di cinque colori diversi.

“Scegli!” esclamò con un sorrisone.

“Cosa c’è dentro?”

“Quello che hai bevuto prima. Scegli!”

Yuri notò che anche Victor stava occhieggiando i cocktail, gli occhi brillanti e una piega estasiata sulle labbra sorridenti. Col cavolo che gli avrebbe lasciato la prima scelta, si ripromise. Verde, rosso, arancione, marrone… Yuri tentennò, poi allungò la mano e afferrò quello di un rosso più scuro.

Le rourou! Très bien!” commentò Chris, facendo poi cenno a Victor di scegliere.

Victor si appropriò di due bicchieri, uno marrone e uno verdognolo, mentre Chris sceglieva quello arancione. Yuri li guardò di sottecchi, prima di portare alla bocca il proprio cocktail e assaggiarlo. Mmm, pensò, fragole! Sapeva di fragola, era dolce senza essere stucchevole ed era decisamente buono, meglio del liquore da solo.

“Ti piace?” chiese Chris, osservandolo con un’espressione apparentemente divertita in volto.

Yuri annuì con forza, prendendone un altro sorso.

“Ehi, dove vai?” fece poi, vedendo che Victor si era alzato in piedi e si guardava attorno.

“Cerco Yuuri,” spiegò l’uomo, scrutando la folla degli avventori alla ricerca del compagno. Fece qualche passo attorno al tavolo, poi parve illuminarsi e si affrettò in direzione della pista, i bicchieri stretti in mano.

Mila si lasciò cadere al suo posto e buttò le gambe sul bracciolo della poltroncina, stravaccandosi.

“Dio, si muore di caldo!” si lamentò, facendosi aria con le mani.

“Ma se sei praticamente nuda!” ribatté Yuri, sarcastico.

La ragazza non rispose, ma afferrò il bicchiere rimasto, che conteneva un liquido di un verde acceso, e ne trangugiò mezzo in una volta sola.

“Buono!” esclamò, sorridendo deliziata a Chris, che le fece l’occhiolino. “Cos’è?”

Le perroquet,” disse lo svizzero. “Con la menta,” specificò poi, di fronte allo sguardo incuriosito di Yuri.

Mila chiuse gli occhi, seguendo il ritmo della musica con la testa, e quando li riaprì il suo sguardo individuò qualcosa che la entusiasmò.

“Otabek! Vieni un po’ qua!” urlò a pieni polmoni, sventolando un braccio.

Yuri trangugiò il proprio cocktail tutto d’un fiato.
 
 


 
Victor scivolò con grazia dietro alle spalle di Yuuri e gli posò un bacio sul collo sudato. Quello si voltò di scatto, sconcertato, ma riconoscendolo si rilassò, addossandosi a lui e facendo aderire i loro corpi in modo delizioso. Continuava a muovere i fianchi a ritmo di musica, creando una frizione che risvegliava in Victor istinti assolutamente indecenti. Gli circondò la vita con un braccio, porgendogli il bicchiere che conteneva il mauresque, un cocktail a base di pastis e orzata.

“Cos’è?” domandò Yuuri, buttando la testa indietro per parlargli direttamente all’orecchio, ma accettando il bicchiere con cieca fiducia.

“È fresco, assaggia,” rispose Victor laconico, bevendo poi un sorso dal proprio bicchiere.

Yuuri lo imitò, si passò la lingua sulle labbra e sorrise soddisfatto.

“Buono?”

Vkusno[1],” rispose lui, sfiorandogli velocemente la guancia con un bacio. “Tu cosa bevi?” chiese poi, occhieggiando il suo cocktail.

La feuille morte.”

“Sarebbe?”

“La foglia morta,” tradusse Victor, suscitando una risatina nel compagno. “Vuoi assaggiare?”

Yuuri allungò il collo e posò le labbra sul bordo del bicchiere. Victor lo inclinò appena, lasciando che il liquido verde gli sfiorasse la bocca per qualche secondo. Era un gesto così intimo, così privato che stentava a credere ai suoi occhi. Forse Yuuri era già abbastanza sotto spirito.

“Mmm… Preferisco il mio,” sentenziò intanto l’altro, tornando a bagnarsi le labbra col proprio cocktail.

I bicchieri presto svuotati, Victor rimase lì, a muoversi seguendo la musica, il corpo incollato alla schiena di Yuuri e una mano infilata con nonchalance sotto la sua camicia, ad accarezzarne la pelle nuda e bollente. Di fronte a loro Sara Crispino si era lanciata in una danza piuttosto sensuale in compagnia di Emil Nekola; dio solo sapeva che ci faceva il ceco a Marsiglia, visto che non si era qualificato per la finale, ma tutti sapevano quanto fosse affezionato ai gemelli Crispino e Sara, finalmente, era riuscita ad arrivare sul podio, con un ottimo terzo posto. Aveva pur il diritto di festeggiare… Non che questo giustificasse la sfacciataggine con cui la ragazza stava flirtando con Emil. Forse a quel punto non si poteva nemmeno definire flirt. Victor si chiese dove fosse Michele, perché se li avesse beccati in atteggiamenti tanto intimi il povero malcapitato non sarebbe arrivato agli Europei con tutti gli arti al loro posto.

Adesso che aveva avuto qualche ora per metabolizzare l’accaduto e aveva ingerito un quantitativo dignitoso di alcool, Victor si sentiva decisamente meglio e riusciva a godere appieno della vittoria di Yuuri. L’aveva aspettata così a lungo, aveva lottato tanto per arrivarci, solo Victor sapeva quanti sacrifici aveva fatto e continuava a fare per migliorarsi ogni giorno; non c’era nessuno, dal suo punto di vista, che meritasse quell’oro quanto lui. E poi c’era quella luce di pura estasi nel suo sguardo, durante la premiazione, che aveva fatto sciogliere il cuore a Victor come neve al sole di luglio. Sarebbe arrivato volentieri secondo per il resto della sua vita, se questo significava regalargli ogni volta quell’espressione meravigliosa. Chissà come faceva a fargli ancora quell’effetto dopo tutti quei mesi, si chiese Victor, a fargli perdere la testa solo guardandolo. Si era aspettato, nell’imbarcarsi in quella convivenza, che l’aspetto più spiccatamente ormonale sarebbe lentamente scemato, lasciando spazio a quel calore rivitalizzante che aveva imparato ad associare al loro amore. Se possibile, a distanza di un anno, l’effetto era persino aumentato.

Era stato fortunato, tutto lì. Quanti, nella loro vita, potevano dire di aver incontrato una persona con cui avessero il genere di assoluta fiducia e accettazione reciproca che c’era tra lui e Yuuri? Victor non aveva mai avuto tempo per l’amore, ma di uomini ne aveva conosciuti e mai, mai avrebbe pensato di fare esperienza di un amore come quello. Era stato fortunato, schifosamente fortunato. Ormai non riusciva a pensare ad un futuro in cui non ci fosse Yuuri al suo fianco.

Questa considerazione ricondusse i suoi pensieri al ricordo di una battuta pronunciata un anno prima, il giorno in cui si erano scambiati gli anelli che ancora sfoggiavano all’anulare destro. Aveva detto che si sarebbero sposati quando Yuuri avesse vinto la medaglia d’oro e per quanto ne avesse già collezionata una ai Nazionali, a dicembre, quella odierna era proprio il traguardo che si era prefigurato per lui, allora. Insomma, Yuuri era stato proprio bravo; glielo doveva un regalo…

Victor lo abbracciò, strofinando la guancia accaldata sui suoi capelli.

“Quindi… Che ne dici di giugno?” Parlò appoggiando le labbra al suo orecchio, perché potesse udirlo chiaramente nonostante la musica.

Un brivido sembrò attraversare Yuuri, che però si voltò tra le sue braccia e lo scrutò confuso.

“Per cosa?”

“Sposarci.”

Gli occhi di Yuuri si spalancarono in modo assolutamente ridicolo, in un’espressione scioccata di puro stampo giapponese.

“L’hai detto tu che volevi farlo prima delle Olimpiadi,” riprese Victor, il tono pragmatico che mal si accompagnava al sorrisetto compiaciuto che gli increspava le labbra. “Non abbiamo molta scelta, tra gli allenamenti e la preparazione della nuova stagione. Anzi, a ben pensarci giugno mi pare perfino tardi…”

“Ma… Io non credevo…” balbettò Yuuri in risposta, le gote che andavano scurendosi per l’emozione.

“Ci stai ripensando?” fece Victor, con una punta di delusione.

“No!” rispose lui all’istante. “È perfetto.”

Victor tirò un sospiro di sollievo. Non voleva immaginare come si sarebbe sentito se Yuuri gli avesse detto di no.

“Quindi posso dirlo agli altri?” domandò sornione, tornando a parlargli all’orecchio.

“…Puoi fare in modo che questa cosa rimanga strettamente confidenziale?”

“Ma sono i nostri amici!”

“Puoi accertarti che capiscano che la notizia è ancora assolutamente privata e vorrei che rimanesse tale?” insisté Yuuri. “Almeno finché non l’ho detto a… i miei, per esempio?” Yuuri si portò una mano a coprirsi la bocca, con l’aria di chi si era appena reso conto di qualcosa di importante. “Devo dirlo a Phichit-kun…”

Victor rise di gusto.

“Ma non avevi detto che doveva rimanere strettamente confidenziale?” domandò ironico.

Yuuri rise e con uno slancio spontaneo si strinse a lui, affondando il viso nel suo collo. A Victor parve, per l’ennesima volta quella settimana, di non essere mai stato così felice in vita sua.


 
 
 
“Si può sapere quanto hai bevuto?” gli domandò Otabek seccato, sorreggendolo mentre faceva qualche passo nel cortile interno del locale.
Yuri sospirò, cercando di ricordare.

“Un po’. Non tanto…”

Inspirò a fondo l’aria fresca. Si sentiva meglio lì fuori, dove riusciva a respirare un po’ d’ossigeno e non gli andava in ebollizione il cervello. Si lasciò cadere seduto su un muretto; Otabek rimase in piedi, di fronte a lui.

“Bevi,” gli ordinò, allungandogli una bottiglietta d’acqua. “Poca alla volta.”

Yuri obbedì. Avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse intimato pur di non stare male. Se fosse tornato in hotel ubriaco Yakov gli avrebbe tirato il collo.

“Sei un incosciente…” si stava lamentando Otabek con voce dura. “Hai un braccio immobilizzato e sei pieno di antidolorifici, senza contare che sei minorenne. Non ti saresti nemmeno dovuto avvicinare agli alcolici. Lo sapevo, che lasciarti venire era una cattiva idea…”

“Oh, piantala!” lo interruppe Yuri. “Non sono un bambino!”

“Allora smetti di comportarti come se lo fossi!” replicò il kazako, serio.

Yuri sbatté le palpebre. Difficilmente Otabek alzava la voce, specie con lui. Non capiva cosa avesse fatto per farlo arrabbiare tanto. In fondo era solo un po’ sbronzo…

“Gli altri hanno bevuto molto più di me,” si lamentò con voce fastidiosamente querula.

“Loro lo reggono. O staranno male e saranno cavoli loro. Pensi che Victor mostri grande maturità nel bere sempre fino a ubriacarsi?”

Yuri si accigliò.

“Non trattarmi così. Mi fai sentire stupido.”

“Tutto questo è stupido.”

Seguì un lungo lasso di tempo in cui nessuno dei due disse niente. Yuri deglutì un altro po’ d’acqua, arrivando lentamente in fondo alla bottiglietta. Era infastidito, forse perché Otabek lo faceva sentire in colpa e non ne capiva il motivo.

“Mi dà fastidio quando ti comporti così. Sembra che tu mi faccia da balia,” biascicò piano Yuri, scontroso ma cauto, perché non si sentiva ancora così bene da alzarsi in piedi da solo.

“Non è colpa mia. Sei tu che me lo fai fare,” ribatté l’altro, serio. “Pensi che non vorrei starmene di là a divertirmi, invece che qui ad assicurarmi che tu non ti senta male?”

“Nessuno ti costringe…” sibilò Yuri, offeso. Non pensava che stare in sua compagnia gli pesasse tanto. “Anch’io sto solo cercando di divertirmi un po’!”

“Be’, la mia idea di divertimento non è esattamente tenerti i capelli mentre vomiti.”

Yuri sbuffò, esasperato. Non era messo così male e Otabek stava facendo una tragedia da una stupidaggine.

“Come ti senti adesso?” domandò il kazako un paio di minuti più tardi, il tono leggermente più calmo e conciliante.

“Bene,” rispose lui telegrafico. “Puoi andare, ora torno dentro.” Fece per alzarsi, ma un capogiro gli suggerì che fosse meglio riformulare. “…Magari aspetto un altro po’.”

“Ti vado a prendere un’altra bottiglia d’acqua.”

“Posso andarci anche da solo, eh…”

“Torno tra poco. Non sparire,” disse Otabek, ignorandolo ed incamminandosi verso l’interno della discoteca.

Yuri fissò le sue spalle e avrebbe voluto chiamarlo, dirgli di tornare indietro e ringraziarlo, perché sotto sotto sapeva di essere stato un idiota e il fatto che lui fosse al suo fianco in quel momento lo faceva sentire molto più sollevato. Invece non disse nulla, ma rimase lì, seduto, a chiedersi perché una serata divertente dovesse per forza trasformarsi in uno strazio.


 
 
 
Victor si diresse prima verso il tavolo, trovandolo quasi completamente disertato, se non per la componente femminile della compagnia, che al momento sembrava sonnecchiare. Mano nella mano, si trascinò dietro Yuuri fino al cortiletto all’aperto, individuando presto il capannello di facce conosciute. Michele ed Emil si staccarono dal gruppo in quel momento.

“Che succede?” chiese Victor curioso, incrociandoli.

“Yuri ha bevuto un po’ troppo, ma adesso pare essere tornato in possesso delle sue facoltà,” spiegò velocemente Michele. “Chi ha ordinato tutti quei cocktail?”

Victor si strinse nelle spalle, ostentando innocenza.

“Non ne sai niente, immagino…” sussurrò Yuuri quando gli altri si furono allontanati, con quella che doveva essere un’espressione di rimprovero senza riuscirci. Quando iniziava ad essere brillo il suo spirito malandrino veniva a galla e gli riusciva più difficile mascherarlo.

“Il ragazzo è grande e vaccinato,” sentenziò Victor fatalista. “Se è abbastanza vecchio da schiantarsi contro gli altri pattinatori può anche reggere due cocktail.”

Yuuri scosse la testa, ma ridacchiò sotto i baffi. Victor ne approfittò per agguantarlo di nuovo a sorpresa e strizzarlo in un abbraccio da togliere il fiato, le labbra che andavano scherzose a cercare il suo collo per baciarlo e sussurrargli sconcezze mentre lui si divincolava, continuando a ridere.

“No! Non respiro, Victor!” esclamò alla fine, quando gli riuscì di sgusciargli via, i capelli sparati in aria e gli occhiali storti sul naso ma gli occhi che scintillavano divertiti.

“Che cazzo state combinando, voi due?” gracchiò la voce infastidita di Yurio.

Si voltarono entrambi e si ritrovarono tre paia d’occhi puntati addosso, senza contare quelli degli sconosciuti. Yuuri gli diede una manata sul petto (Victor l’avvertì a malapena e sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto colpirlo sul serio) e si passò le mani tra i capelli, cercando di rimetterli in ordine.

“Scusate,” fece Victor, ammiccante, unendosi alla compagnia. “A volte non riesco a trattenermi…”

“Sei imbarazzante,” brontolò Yuuri, rimettendosi a posto gli occhiali.

“Un po’ imbarazzanti siete…” confermò Chris, semiserio.

“Allora, Yurio, che combini?” domandò Victor ignorandoli.

“Niente di niente,” replicò il ragazzo, piccato. “Fino a trenta secondi fa stavo benissimo, adesso che ho visto voi due amoreggiare invece mi viene da vomitare.”

“Sei sempre così carino…” lo prese in giro Victor, arricciando le labbra.

Non era l’unico ad essersi accorto dell’aggressività che la sua intimità con Yuuri scatenava in Yurio e in tutta sincerità aveva preferito non cercare motivazioni. Le idee che gli balzavano alla mente a volte lo inquietavano. Sperava si trattasse soltanto di una fase passeggera e nel frattempo lo ignorava, buttando sul ridere le sue esternazioni di insofferenza.

“Piuttosto, ragazzi, visto che siete tutti qui, c’è una cosa che vorremmo dirvi,” annunciò, un sorrisetto misterioso sulle labbra.

“Che tono da grandi dichiarazioni…” lo prese in giro Chris, beccandosi un’occhiataccia da Yuri, ma l’attenzione di tutti si catalizzò su Victor.

“Io e Yuuri abbiamo deciso di sposarci,” disse Victor, sciogliendosi ora in un sorriso ammaliante mentre la sua mano si stringeva su quella del compagno. Un passo dietro a lui, Yuuri si fissava con determinazione le punte dei piedi, ma era arrossito fino alle orecchie.

Yuri fece un verso strozzato, che probabilmente voleva simulare un conato di vomito, ma gli altri lo fissarono perplessi.

“Non l’abbiamo già fatta l’anno scorso questa scena?” domandò Otabek. “Con l’annuncio, l’applauso e tutto il resto?”

L’espressione di Victor si fece più intensa, più seria.

“No, davvero. Ci sposiamo.”

Uno strano silenzio attonito accolse la notizia, prolungandosi per qualche secondo. Victor corrugò appena la fronte, cercando di capire perché nessuno stesse facendo loro le congratulazioni.

“È ancora tutto…strettamente confidenziale,” si affrettò a specificare Yuuri, lanciandogli un’occhiata di rimprovero.

“Sì, giusto,” si affrettò a dire lui distrattamente. “Solo… Ecco, non stupitevi se ad un certo punto vi arriverà un invito a un matrimonio verso…”

“Giugno,” completò per lui la frase Yuuri, interrogandolo con lo sguardo. Doveva essersi accorto della sua piccola défaillance. Victor si chiese se invece avesse notato la strana tensione negli altri pattinatori.

“Be’,” ruppe di nuovo il ghiaccio con un sorriso tirato Chris, “credo che in questo caso la parola giusta sia davvero Congratulazioni!”

Otabek annuì, ripetendo le congratulazioni.

“Ma siete impazziti?” sbraitò invece Yuri.

Victor chiuse per un attimo gli occhi, cercando di attingere alla propria pazienza, che con l’alcool si faceva più limitata.

“Yurio… Naturalmente…” sospirò, stringendo i denti.

“E il pattinaggio?” insisté Yuri, con voce adirata.

“Che io sappia non c’è nessuna regola che impedisca ad un pattinatore di partecipare alle gare se è sposato,” rispose serafico Victor, guardandolo però con occhi che, se avessero potuto, l’avrebbero congelato.

“Mi prendi per il culo?” replicò acido il ragazzo. Dal cipiglio che gli oscurava lo sguardo sembrava davvero furioso, ma per quale motivo a Victor proprio sfuggiva.

“Qual è il problema, esattamente?”

“Non ti rendi conto che stai giocando con la tua carriera?”

Victor storse le labbra.

“Perché voglio sposarmi? Credi che qualcuno ancora non sappia che io e Yuuri stiamo insieme?” ribatté sarcastico.

“È diverso,” insisté Yuri, testardo.

“Ma in Russia non sarà riconosciuto e nemmeno in Giappone,” intervenne Yuuri, con il tono conciliante che spesso utilizzava per tenerlo a bada. “È più…simbolico che altro.”

“Già… E forse è proprio questo il punto. Perché io posso permettermi di farlo, e se lo fanno Victor Nikiforov e l’attuale medaglia d’oro del Grand Prix, forse in futuro anche altri atleti si sentiranno liberi di farlo.”

“Guarda che non sei intoccabile!”

Yuri era sempre stato un osso duro, uno che non mollava e non dava segni di pentimento, nemmeno quando sapeva di avere torto. Era spesso, a parere di Victor, anche un’enorme testa di cazzo. Victor era certo che Yuri non potesse non capire quanto ciò che avevano intenzione di fare avrebbe cambiato la storia del pattinaggio; sarebbe probabilmente stato lui stesso il primo a goderne gli effetti benefici, se il suo sesto senso non mentiva. Eppure si stava impuntando.

“E se anche fosse?” replicò Victor. “Sto per compiere 29 anni, quanto tempo credi che mi resti da passare in pista? Poi, se proprio la Federazione russa volesse sbattermi fuori…credo che quella giapponese non si lamenterebbe di acquisire un nuovo atleta.” Scoccò un’occhiata complice e un occhiolino in direzione di Yuuri, che sorrise. Victor sapeva benissimo, in verità, che rischiavano davvero entrambi di inimicarsi le rispettive Federazioni e non era affatto convinto che quella giapponese si sarebbe dimostrata così sensibile e aperta all’argomento; si sentì però rinfrancato dalla serenità di Yuuri: se le possibili ripercussioni non preoccupavano il suo ansiosissimo fidanzato non ci poteva essere problema alcuno.

Yuri, invece, per qualche ragione sembrò diventare ancor più scuro di rabbia.

“E alla sua, di carriera, non ci pensi? Non potete aspettare cinque o sei anni?” starnazzò, sventolando la mano in direzione di Yuuri.

Il giapponese, che fino a quel momento era rimasto quasi in disparte, sentendosi tirato in causa si fece avanti.

“Veramente sono stato io a proporgli di farlo prima delle Olimpiadi,” disse, stringato, la voce chiara e determinata.

Yuri lo fissò con occhi stravolti.

“Voi due…” sibilò, tremando per la rabbia. “Ah, CAZZO!” sbottò poi, girando sui tacchi e allontanandosi tra la gente.

I presenti si guardarono tra loro per qualche secondo, prima che gli occhi di tutti i posassero su Otabek. Lui parve non capire.

“Oh,” borbottò quindi, raddrizzando il collo nel momento in cui l’intuizione lo colpì. “Sì. Vado a parlarci,” dichiarò, per poi sparire tra la folla nella stessa direzione in cui si era allontanato Yuri.

Victor esalò un respiro con forza. Masticava rabbia.

“Ho bisogno di bere qualcosa…” mugugnò, voltandosi e allontanandosi verso il bar.

Il suo udito captò un ultimo commento di Chris, “Meno male che era una bella notizia, Yuuri… Se no chissà che casino,” poi la musica a tutto volume del locale lo inghiottì di nuovo e mise tutte le altre voci a tacere.


 
 
 
“Si può sapere che problema c’è?”

Yuri si appoggiò con la schiena al muro, tenendosi il braccio immobilizzato stretto al petto con l’altro, e non rispose. Si limitò a fissarlo con aperta sfida.

Otabek sospirò.

“Ascoltami, in parte sono d’accordo con te. Capisco cosa intendi. Potrebbero sposarsi più avanti, dopo essersi ritirati dalle competizioni. Penso anch’io che sarebbe più sensato.”

“Però?”

“Però è una questione di priorità. Lo capisci o non lo capisci?”

“La nostra priorità è il pattinaggio,” sentenziò Yuri, granitico. Nessuno l’avrebbe distolto da quella certezza.

“Sì, per me e per te. Ma a questo punto per loro no, evidentemente.”

Yuri sbatté il piede contro il muro con forza.

“E allora non sono degni di stare in pista!” sbraitò. Lo faceva impazzire, il pensiero che per Victor e Yuuri il pattinaggio fosse in secondo piano, che mettessero le proprie disgustose e melense sceneggiate amorose al primo posto e ciononostante avessero la faccia tosta di arrivare al vertice della classifica in ogni singola gara. Era profondamente ingiusto. Non se lo meritavano.

Otabek lo guardò, con quei suoi occhi seri e profondi che sembravano sempre scavargli dentro.

“Hai delle reazioni decisamente esagerate quando si parla di quei due,” disse dopo qualche secondo. “Anche quella storia dei baci e tutto il resto… Ne ho parlato con Mila e mi ha detto che non si baciano praticamente mai in pubblico, che alla pista, a San Pietroburgo, nemmeno si toccano, quasi, mentre lavorano.”

Yuri lo fissò in silenzio, l’espressione che si tramutava da arrabbiata in scioccata. Per qualche secondo gli mancò l’aria. Di colpo si sentiva tradito.

“Hai sparlato di me con Mila?” Questo era un affronto che non si aspettava da Otabek ed era come se la presenza di Mila in tutta quella faccenda lo facesse infuriare ancor di più.

“Ho cercato di capire cosa sta succedendo a San Pietroburgo da stressarti tanto. Non è che ti sei preso una cotta per Victor?” domandò a bruciapelo e Yuri sentì le sue guance avvampare.

“MA CHE CAZZO TI PASSA PER LA TESTA?!” urlò, fuori di sé. “Ti pare che potrei mai…? Merda, che SCHIFO!”

Lui e Victor? Mai. Nemmeno se fosse stato l’ultimo uomo sulla faccia della Terra, nemmeno in quel caso avrebbe mai potuto prenderlo in considerazione. Il solo pensiero gli dava i brividi.

“Yuuri, allora?” insisté Otabek.

“COSA?” ululò quasi. Quest’idea era persino peggio dell’altra. “Pensi davvero che potrebbe mai piacermi un maiale?!”

“Dico solo ciò che passa per la testa di chi ti vede dall’esterno.”

Yuri assottigliò gli occhi. Si scostò dalla parete e fece un passo avanti, fissando i propri occhi in quelli scuri e allungati del kazako. Per un attimo si sorprese di non dover alzare il mento per farlo.

“Non male per uno che si proclama mio amico.”

“E allora perché scleri ogni volta che ci sono loro attorno?” Otabek, imperturbabile, non pareva intenzionato a mollare.

“Perché mi fanno schifo!” esclamò. Stava mentendo, ne era cosciente, ma non avrebbe saputo che altro rispondere.

Otabek alzò un sopracciglio, sorpreso da quella risposta.

“Davvero? È perché sono due uomini?”

Yuri deglutì. Di colpo sentiva di nuovo il formicolio dell’alcool nelle gambe e per contrastare la sensazione raddrizzò maggiormente la schiena.

“E se fosse?”

Otabek sembrò rimuginare qualche momento sulla risposta, prima di rispondere “In quel caso, credo che abbiamo un problema.”

Yuri aggrottò la fronte. C’erano diversi problemi, dal suo punto di vista, ma nessuno generato dal suo atteggiamento nei confronti della felice coppietta.

“Che genere di problema?”

Otabek lo guardò come se la risposta fosse scontata.

“Senza contare la statistica nel nostro sport, direi che in futuro al posto loro potrei finirci anch’io.”

Yuri sgranò gli occhi.

“Tu…sei gay?” Pronunciò quell’ultima parola con voce strozzata, guardandosi intorno subito dopo. Anche solo dirlo lo metteva in imbarazzo.

“Bisex, ma potrebbe succedere,” rispose invece l’altro, con estrema tranquillità. Quasi non stessero discutendo di gusti sessuali, qualcosa di così intimo da far torcere lo stomaco a Yuri.

Si ritrovò senza parole. Quello era un argomento che per lui rivestiva ancora un grosso tabù. Se da una parte si mostrava sempre a suo agio con il pensiero del sesso, almeno in pubblico, nel profondo si sentiva parecchio più insicuro, complice la mancanza di esperienza e la confusione che ancora albergava nella sua testa. Confusione che, per la cronaca, Victor e Katsudon non facevano altro che alimentare senza sosta. Non parlava mai di quel genere di cose con i suoi compagni di pista e, per quanto avesse ogni tanto teso l’orecchio, non partecipava mai alle conversazioni dei più vecchi sul tema. Il pensiero che Otabek potesse invece discutere così spontaneamente di andare a letto con uomini e donne lo metteva a disagio.

“Non… Non è per quello, comunque. Non ho problemi con…quello,” biascicò, sperando di mascherare il proprio imbarazzo almeno in parte.

Otabek affondò le mani nelle tasche e gettò un’occhiata distaccata sulla marea di gente che si muoveva all’unisono in pista.

“Mi sembrava strano,” commentò. Come spesso succedeva Yuri non riuscì a rilevare traccia di ironia o malizia nelle sue parole. Era ciò che era, una dichiarazione neutra, e lui non sapeva esattamente che significato dare a quelle parole. “Non hai intenzione di dirmelo, vero?” continuò poi, tornando a fissare lo sguardo inquisitivo su di lui.

“Ehi, voi due! Che ci fate qua?”

Se fosse stato in grado di ringhiare questo sarebbe stato un ottimo momento per sfoggiare una tale abilità. Voltò la testa di scatto e fissò Mila con quello che, era certo, doveva essere uno sguardo di puro odio.

“Devi rompere i coglioni proprio adesso? Vattene, baba[2].”

“Ooooh, Yuratchka, come sei di cattivo umore…” Mila chiaramente doveva aver perso il senso del pericolo a furia di stare con lui, perché si avvicinò ai due come se Yuri non avesse nemmeno parlato e buttò un braccio sulle spalle di Otabek. “Otabek, perché non lasci perdere il nostro Yuratchka per una sera e non vieni di là a ballare un po’ con noi? Non vorrai passare tutta la notte a fargli da babysitter…”

“Sei diventata sorda? Ho detto di ANDARTENE!” le urlò contro Yuri, inviperito.

Lei aggrottò le sopracciglia.

“Ohi, si può sapere che ti prende?” borbottò, infastidita.

Yuri era sul punto di saltarle alla gola. Otabek le salvò la vita.

“Stiamo parlando,” le disse in tono asciutto. “Non ho voglia di ballare adesso.”

Yuri si sentiva stupido, ma a quelle parole le sue labbra si piegarono in automatico in un sorrisetto tronfio, che rivolse a Mila con la sfacciataggine di un trofeo.

“Hai sentito? Levati.”

La ragazza alzò le mani, ritraendosi di un passo.

“Ok, ok,” borbottò, passando gli occhi sorpresi e lievemente infastiditi dall’uno all’altro. “Ho capito l’antifona. Mamma mia, che strazio questa serata…” si lamentò poi, allontanandosi.

Yuri osservò la sua schiena che si allontanava in silenzio. Per quanto lui avesse sempre un atteggiamento ruvido con Mila, non poteva negare a se stesso di esserle affezionato; ciononostante in quel momento non provava il minimo rimorso per averla scacciata in malo modo.

“Mila ci sta provando con te,” commentò ad alta voce, rivolgendosi a Otabek senza guardarlo in viso. “Le piaci.”

“E quindi?”

“Non fartela.” Yuri si voltò finalmente ad incrociare il suo sguardo. “Non sarebbe una buona idea.”

Otabek non parve scomporsi a quel consiglio.

“Non vado mai a letto con le pattinatrici,” replicò invece, inaspettatamente. Yuri alzò un sopracciglio, perplesso. “Finisce che le rincontro. Le ragazze tendono ad attaccarsi e adesso non ho tempo per una relazione.”

Yuri sentì lo stomaco contrarsi in maniera sgradevole, ma non lo diede a vedere.

“Ah. Bene. Meglio.”

Restarono a fissarsi per qualche secondo, immobili, e Yuri non sapeva davvero come sciogliere quell’impasse. Qualsiasi terreno su cui si avventuravano quella sera pareva diventare accidentato nel giro di pochi istanti.

“Senti, hai intenzione di scusarti con Victor e Yuuri?” domandò alla fine Otabek.

“Non ci penso nemmeno,” sbottò Yuri, abbassando lo sguardo. “Perché, secondo te dovrei?” chiese poi.

“Sono fatti tuoi. Dico solo che ci sei andato giù un po’ pesante. Credo che Victor se la sia presa.”

“Mi ha fatto incazzare, gli sta solo bene.” Yuri tentennò, poi aggiunse “E Katsudon? Se l’è presa?”

Otabek scosse la testa.

“Non credo che la nostra opinione in merito gli importasse poi tanto.”

“Quello la fa tanto lunga ma quando si impunta su una cosa non c’è modo di fargli cambiare idea,” disse Yuri. Quella era una delle poche certezze che aveva su Yuuri dopo un anno e mezzo di frequentazione più o meno volontaria. “Non mi sorprenderebbe se anche la storia del fidanzamento fosse tutta opera sua. Quello ha una doppia personalità, te lo dico io.”

Otabek incurvò leggermente le labbra, divertito da quell’ultimo commento.

“Credo che l’abbiamo vista tutti…”

“Gli manderò un messaggio, più tardi,” si risolse Yuri, la mente di colpo più calma, l’animosità un po’ evaporata. “Ti va di ballare?” domandò poi a bruciapelo, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Sapeva che era una mossa scaltra per levarsi dall’impaccio di un discorso scomodo, ma davvero non aveva la forza di infilarsi in un’altra sessione di interrogatorio: il kazako voleva risposte che Yuri non aveva voglia di trovare tanto in fretta.

Otabek lo scrutò in silenzio per un’ultima volta, poi annuì brusco. Yuri sentì un peso sollevarglisi dal petto.
 


 
 
Victor si accostò al bancone del bar.

Une vodka.”

Lisse?”

Oui.”

Yurio gli aveva davvero fatto saltare i nervi, stavolta. Voleva fare l’ostile tutti i giorni? Nessun problema, Victor sarebbe stato al gioco; ma che rovinasse così un momento tanto importante della sua vita, della vita di Yuuri… Questo lo faceva incazzare. Qual era la causa scatenante di tutta quella ostilità? Era innamorato di lui? Era geloso di Yuuri? Non voleva che smettessero di pattinare? A Victor importava poco, perché era comunque soltanto un capriccio infantile e avrebbe fatto meglio a farselo passare.

Il barista posò il bicchierino di vodka davanti a lui e Victor la buttò giù tutta d’un fiato.

Un autre, s'il vous plaît,” ordinò in fretta.

“Anche per me,” fece una voce al suo fianco.

Victor si voltò a guardare sorpreso Yuuri, che teneva gli occhi puntati sul barista.

“Che cosa hai intenzione di fare adesso?” gli chiese il compagno quando l’ordinazione fu servita.

Victor strinse le labbra, pensieroso e cupo.

“Non mi ero reso conto che ci avessi riflettuto su così tanto.”

Yuuri si strinse nelle spalle, gli occhi fissi sul liquido trasparente che teneva tra le dita.

“Non sono molto capace di non pensare,” ammise alla fine, con naturalezza. “La mia testa lo fa, che io voglia o no.”

“È un problema per te che al momento non sia riconosciuto nei nostri Paesi?”

“Non te l’avrei proposto se fosse stato un problema.”

Victor lo guardò di sottecchi.

“Sei preoccupato?”

Yuuri parve rifletterci per qualche istante.

“Stranamente no. Se non ci arrestano…”

Victor storse la bocca in un sorriso amaro.

“Finché non molestiamo i minorenni dovremmo essere in salvo.”

Yuuri gli rivolse un’occhiata pensosa e Victor allungò istintivamente la mano ad afferrare il bicchierino di vodka, portandoselo alle labbra.

“Yurio è Yurio. Continui ad arrabbiarti per nulla. Domani si comporterà come se niente fosse successo,” gli fece Yuuri, imitandolo e bevendo un piccolo sorso dal proprio bicchiere. Victor lo vide strizzare gli occhi, infastidito dalla forte gradazione alcolica, e sentì la morsa dell’ira che gli attanagliava il petto rilassarsi un po’.

“Qualcuno dovrebbe insegnargli che c’è un limite,” replicò comunque con risentimento.

“Allora diglielo. Ti ascolta, anche se fa finta di no, lo sai.” Fece un secondo tentativo con la vodka, ma non riuscì a trattenersi dal ripetere l’espressione infastidita.

Victor questa volta non seppe trattenersi e si mise a ridacchiare.

“Perché la stai bevendo? Ti fa schifo!”

Yuuri si spinse gli occhiali indietro, sul naso, lanciandogli un’occhiata strana che lo mandò in confusione.

“Hai intenzione di affogare la rabbia nell’alcool per il resto della nottata?” chiese, con un tono spiccio che a Victor pareva nascondere un certo nervosismo.

“Perché?” replicò, cauto, tastando il terreno.

“Non bere troppo.”

Victor alzò un sopracciglio, stupito.

“Da quando ti dà fastidio se sono un po’ su di giri?”

Yuuri abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere, evitando i suoi occhi.

“Non mi dà fastidio. Preferirei che tu non cadessi addormentato come un sasso appena tocchi il letto.”

“Oh.” Victor si leccò le labbra, un tepore familiare che iniziava a spanderglisi dentro.

“Perché io non voglio dormire,” aggiunse Yuuri, e ora Victor poteva vedere l’imbarazzo farsi strada sul suo volto.

Il sorriso meravigliato sul viso di Victor si allargò progressivamente, trasformandosi in un ghigno di anticipazione. Oh, dunque era questo che gli stava dicendo tra le righe. La cultura giapponese e i suoi messaggi criptati… Lo divertiva, anche se ogni tanto creava qualche incomprensione di troppo. E c’era solo una cosa che lo divertisse più del sottile gioco di decrittazione.

“Cosa?” domandò Yuuri, palesemente a disagio di fronte al suo ostinato silenzio e alla luce di aperta sfida nello sguardo.

Victor continuò a fissarlo, il sorrisetto sulle sue labbra che si faceva provocatorio.

“No,” sentenziò Yuuri.

Per tutta risposta Victor si passò la punta della lingua sulle labbra.

“No, non riuscirai a farmelo dire,” insisté Yuuri, deglutendo.

Victor si morse le labbra.

“Victor…” gemette il compagno, quasi implorante.

“Dai…” gli fece eco lui, il calore che si spandeva ormai dal suo petto ad altre parti del suo corpo, accelerandogli i battiti.

Yuuri sospirò, esasperato. Fu un attimo: le sue mani sul colletto della camicia, le braccia forti che lo attiravano a sé, faccia a faccia, occhi negli occhi per un istante prima che quella bella bocca fosse sulla sua, a premervi un bacio affrettato. E poi quelle stesse labbra sfiorarono il suo orecchio, il respiro caldo che gli solleticava i sensi.

“Se mi riporti in hotel all’istante ti scopo fino a farti dimenticare chi sei,” gli sussurrò la sua voce calda, più bassa, quasi ansimante. A Victor esplose una bolla di calore nel basso ventre che gli mozzò il respiro. Di certo già non ricordava più cosa l’avesse fatto tanto arrabbiare.

Yuuri si staccò da lui di scatto, si voltò verso il bancone e buttò giù la vodka rimasta tutta in un sorso. Il fondo del bicchiere sbatté rumorosamente quando lo appoggiò.

Speshi[3]!” gli ordinò, lanciandogli un’ultima occhiata bruciante di imbarazzo ed eccitazione, e senza aspettare una sua reazione gli voltò le spalle, dirigendosi verso il guardaroba.

Victor rimase a guardarlo allontanarsi per qualche secondo, la bocca semiaperta e il respiro affrettato, prima di buttare giù il contenuto del proprio bicchiere e seguirlo a passo svelto.


 
 
 
Marsiglia, domenica 11 dicembre 2016, mattina.




 
Yuuri sbatté gli occhi, la mente ancora annebbiata dal sonno. Inspirò a fondo e istintivamente cercò di proteggersi dalla luce che andava invadendo la stanza voltando il viso e premendolo contro il cuscino. Al suo posto percepì qualcosa di più solido, ma liscio e piacevolmente tiepido. Di nuovo sbatté le palpebre, sollevando leggermente la testa. Il rosa pallido della pelle di Victor lo riportò alla realtà.

Si era addormentato col capo adagiato sulla sua schiena, una gamba accavallata alla sua e il braccio stretto attorno alla vita. Victor stava ancora dormendo profondamente, steso a pancia in giù sul letto devastato dalla nottata. Non c’erano cuscini in vista e Yuuri sentiva l’aria fredda della stanza sui propri piedi nudi, lasciati scoperti dalle lenzuola. Rabbrividì, stringendosi maggiormente al compagno.

Chiuse gli occhi, ma un ronzio molesto ed insistente attirò la sua attenzione, impedendogli di riprendere sonno. Riaprì le palpebre e sospirò, cercando con sguardo miope il proprio cellulare in giro per la stanza. Niente da fare, nessuna traccia. Chissà dov’erano finiti i suoi occhiali.

Era stata una notte decisamente sopra le righe. Non che lui e Victor si fossero fatti mancare granché, anche durante la stagione competitiva, ma quella appena passata… Be’, c’era davvero andato pesante. Yuuri sospettava che anche Victor se la sarebbe ricordata per un bel po’. Una consolazione, pensò con una stretta al cuore, visto che l’indomani si sarebbero dovuti separare, Victor di ritorno a San Pietroburgo e lui diretto in Giappone. Li attendevano due settimane di allenamenti in solitaria e nostalgia, maledetti nazionali che coincidevano così perfettamente…

Si tirò a sedere e non appena lo fece si accorse del peso sulla schiena e della sensazione di leggero strangolamento. Si portò una mano alla gola, trovando il nastro e tirandolo fino a far ricadere la medaglia d’oro sul proprio petto. Un’altra delle fantasie di Victor della notte precedente. Il rumore di poco prima ricominciò, assillante: il telefono vibrava in un disperato tentativo di richiamare la sua attenzione. Eppure doveva essere lì vicino, da qualche parte. Strisciò fino al bordo del letto e i suoi occhi colsero sul pavimento il bagliore dello schermo che annunciava una chiamata in entrata. Si chinò a raccogliere il telefono e lo avvicinò al viso abbastanza da riuscire a distinguere il nome sul display. Quasi trasalì. Yakov. Perché mai chiamava lui?

“Pronto?” mormorò Yuuri intimidito.

Una scarica di parole pronunciate alla velocità della luce lo investì. Yuuri capì ben poco, se non che i concetti di ritardo e serietà venivano sottolineati con una certa enfasi.

“Ehm…” temporeggiò Yuuri, soppesando l’opportunità di svegliare Victor perché si accollasse quella patata bollente.

“VENITE QUI, SUBITO!” urlò Yakov dall’altro capo, riagganciandogli in faccia.

Ok, quello non era un buon risveglio. Sospirò, passandosi le mani tra i capelli. Aveva bisogno di una doccia. E dei suoi occhiali. Li ritrovò quasi subito, sul pavimento, vicino al punto in cui doveva essere caduto il cellulare. Possibile che non se ne fosse neanche accorto? Possibile, possibilissimo. Se li infilò e scrutò la stanza, di colpo nuovamente a fuoco, senza che la confusione del risveglio lo abbandonasse.

I suoi occhi andarono automaticamente a cercare Victor e si incantò per un attimo ad osservarne la schiena nuda e muscolosa, le braccia lunghe, i capelli scompigliati e i lineamenti del suo viso perfetto addolciti dal sonno. Sentì un nodo di calore contorcersi nel suo petto. Era così bello… Al mattino a volte era ancora difficile accettare l’idea che fosse davvero suo.

Con gesti automatici e distratti tornò a dedicare qualche attenzione al proprio cellulare. Aprì e chiuse Instagram, vedendo che Chris e Mila avevano già postato qualche foto della serata di festeggiamenti. Notò 6 chiamate perse e con una certa apprensione controllò i numeri. Yurio, Yakov, Mila e ancora Yakov. 3 volte. Che stava succedendo?

Passò ai messaggi, inquieto. C’erano almeno una dozzina di chat che reclamavano la sua attenzione, per un totale di 169 messaggi da leggere. Una mostruosità. Yuuri fece scorrere i nomi velocemente e cliccò su quello di Yuri.

DOVE CAZZO SIETE FINITI, RAZZA DI RINCOGLIONITI CHE NON SIETE ALTRO?         09.47

L’ultimo messaggio troneggiava in Caps Lock e Yuuri poteva quasi immaginarselo urlato in faccia dal diretto interessato. Senza il quasi. Il pensiero gli ispirò un sorriso sinceramente divertito. Yurio era proprio un caso senza speranza. Anche la sera precedente, quando Victor aveva dato la notizia… Yuuri se l’era aspettata, quella reazione inviperita. A volte la furia di Yurio lo spiazzava ancora (a volte era proprio spaventoso, per non dire pericoloso) ma aveva imparato a dare un peso relativo a quelle sue esplosioni molto tempo prima. Di solito ciò che vi era nascosto dietro era sincero affetto o preoccupazione, emozioni difficili da esprimere senza mostrarsi vulnerabili, e Yurio non poteva accettare di sembrare debole, mai. Visto quanto era attaccato a Victor, quindi, e visto l’argomento delicato c’era solo da aspettarsi fuochi d’artificio.

Gli occhi di Yuuri scorsero verso l’alto, senza realmente leggere. Si stupì, dunque, nel trovarsi davanti un altro paio di messaggi, inviati la notte prima. Alle 4 e mezzo del mattino, per la precisione.

Se osi ritirarti, o peggio pattinare da schifo dopo esserti sposato con quel vecchio ubriacone dovrai fare i conti con me.               04.28

E anche se ti fai mollare dalla federazione. Giuro che te la faccio pagare, Katsudon.            04.29

Ah, per la prossima stagione imparo un altro quadruplo. Goditi l’oro finché puoi.                   04.32


Yuuri rilesse i messaggi, stupito. Ecco, quello era Yurio. Graffiante ed offensivo anche quando cercava una riappacificazione. Quasi tenero, a suo modo.

Alle sue spalle si levò un fruscio di lenzuola, poi il rumore di uno sbadiglio.

“Buongiorno, Yuuri…” gli giunse la voce assonnata ma carezzevole di Victor, già intrisa di ottimo umore. Sempre così felice, al risveglio. Yuuri non sapeva dove trovasse tutta quell’energia al mattino.

Ohayou[4],” rispose, ancora sovrappensiero.

Il materasso si infossò alle sue spalle e Victor lo abbracciò, stringendosi alla sua schiena e appoggiandogli il mento su una spalla.

“Che fai?” gli sussurrò all’orecchio. Aveva un tono profondo e caldo ma naturale, segno che la sua opera di seduzione era del tutto involontaria.

“Ha chiamato Yakov, prima,” lo informò Yuuri.

Victor mugugnò, strofinando le labbra contro la pelle nuda della sua spalla.

“Che ora è?” domandò, dopo avervi lasciato un bacio.

Yuuri guardò con noncuranza l’ora sul display.

“Le 10 e un quarto.” Si bloccò, mentre nella sua mente la nebbia si schiariva. Avvertì le braccia e il busto di Victor irrigidirsi contro di sé e il respiro morirgli in gola.

“LE PROVE DEL GALÁ!” esclamarono in contemporanea, scattando in piedi.

Se non li avessero uccisi quella volta…


 

[1]  Vkusno: Delizioso
[2]  Baba: Vecchia
[3]  Speshi: Sbrigati
[4]  Ohayou: Buongiorno
 
   
 
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