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Autore: heliodor    02/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Arran si chinò in avanti, le mani sulle spesse sbarre della gabbia. Bel se ne stava rannicchiato in un angolo, immerso nei suoi stessi escrementi.
Nel buio della prigione, vedeva solo il bianco dei suoi occhi.
"Bel" sussurrò Arran Lacey. "Bel, sono io, puoi sentirmi?"
Il corpo di Bel si mosse.
"Bel, sono io."
"Lo so chi sei" disse con voce roca, irriconoscibile.
"Avvicinati alle sbarre per favore. Ce la fai?"
Bel si voltò, mostrando il viso sfregiato il giorno prima sulla pubblica piazza.
Arran ricordava bene le grida dell'uomo quando i torturatori di Tzaro lo avevano sottoposto a quel supplizio. Per fortuna dopo qualche minuto era svenuto.
Bel si trascinò fino al punto dove Arran si era chinato. "Come hai fatto a entrare?"
"Ho corrotto una guardia."
"Con quali soldi?"
"Li ho presi a un mercante di passaggio."
"Li hai rubati?"
Arran sospirò. "Rubati, presi. Mi servivano e l'ho fatto. Vuoi biasimarmi per questo?"
"Sei un pazzo. Vattene finché sei in tempo."
"Non senza di te e Sibyl."
Bel scosse la testa. "Non dire sciocchezze. Se ti trovano qui dentro farai la nostra stessa fine."
"Posso impedirlo. Ho imparato qualche nuovo incantesimo."
"Arran, ascolta."
"Bel devi fidarti di me."
"Sta zitto" disse Bel alzando la voce.
Arran serrò le labbra.
"Ci sono cento mantelli a Mekir e sono tutti al servizio di Tzaro. La prigione è piena di guardie e ci sono dei mantelli anche qui sotto. Ne ho contati almeno sei."
"Sono dieci in tutto" disse Arran. "Li ho contati mentre studiavo il modo di entrare."
"E hai anche studiato un modo per uscire?"
"No, ma improvviserò qualcosa."
Bel ghignò. "Ti farai uccidere e sarà stato tutto inutile. Mi hanno fatto questo perché credevano che fossi tu."
"Lo so e mi dispiace. Perché l'hai fatto?"
Bel ghignò. "Anche io voglio bene a Sibyl. È mia sorella. Non volevo che soffrisse sapendoti in fuga dall'inquisitore. Ora puoi andare via e sparire. Nessuno ti cercherà mai."
"Ti uccideranno se non ti faccio uscire."
Bel scosse la testa. "Tzaro non vuole. Il principe di Mekir ha molto a cuore i Guerrieri Neri e non vuole vederne morire uno nella sua città. Mi ha concesso la grazia."
  "E Sibyl? Non posso abbandonarla qui. Devo portarla via."
"La sua cella è ben sorvegliata. Non riusciresti nemmeno ad avvicinarti senza farti uccidere."
"Devo provarci."
"Arran."
"Bel" disse con tono fermo. "Io la amo."
"E lei ama te. Ascolta, per favore."
Arran tacque.
Bel assunse un'espressione seria. "Prima che ci prendessero, sapeva che l'avrebbero sorvegliata da vicino. Voleva dirti delle cose e ha incaricato me di farlo, nel caso lei non avesse potuto."
"Me le dirà lei stessa."
"Ascolta, che tu sia dannato."
Arran si aggrappò alle sbarre. "Qualsiasi cosa tu dica, non mi convincerai a rinunciare. Sibyl è tutto per me."
"E tu sei tutto per lei. Vuoi spezzarle il cuore facendoti uccidere proprio davanti alla sua cella?"
Arran si rilassò. C'era ancora tempo e poteva ascoltare quello che Bel aveva da dirgli.
"Sibyl ti ama così tanto che vuole vederti in salvo. Non le importa di morire, finché sarà certa che tu sei vivo. Vuole che sia tu a portare avanti il suo lavoro."
"Te l'ha detto lei?"
Bel annuì.
"Stai mentendo. Io non ne sarei mai capace."
"Lei è convinta di sì. Ha nascosto dei libri che ha trovato in un luogo segreto. Mi ha detto di riferirti dove si trovano."
"Non voglio saperlo." Fece per alzarsi ma Bel gli afferrò il braccio attraverso le sbarre.
"Credi che io sia felice di veder morire mia sorella? Ho sempre voluto solo il meglio per lei e anche se non ero d'accordo quando partì con quell'erudito, ho accettato che seguisse la sua strada. Forse avrei dovuto chiuderla in casa e costringerla a sposare un ricco mercante o il figlio cadetto di una nobile famiglia. Ma non l'ho fatto perché Sibyl sapeva che cosa voleva. L'ha sempre saputo. E sapeva a cosa stava andando incontro. Se ti ha chiesto di vivere e proseguire i suoi studi è perché ritiene che sia importante."
"Importante?" gli fece eco Arran.
Bel annuì. "Prima che ci catturassero mi ha rivelato alcune cose su quei libri."
"Cosa?"
"Non molto, non sono un erudito, ma Sibyl sembrava molto impressionata. Diceva che contengono una conoscenza che pochi sarebbero in grado di comprendere davvero e che molti userebbero nel modo sbagliato. È per questo che vuole che sia tu a occupartene. Non devono cadere in mani sbagliate, mi ha detto."
"Ti ha detto solo questo?"
"Non c'è stato tempo di aggiungere molto altro. Eravamo braccati da Tzaro e i suoi."
Arran trasse un profondo respiro. "Io devo parlarle. Devo vederla. Per un'ultima volta."
"La vedrai domani, quando la porteranno sul patibolo per giustiziarla."
Arran deglutì a vuoto. "Io lo impedirò."
"E così renderai vano tutto il suo lavoro e le sue speranze" disse Bel.
Arran cercò le parole giuste per ribattere a quell'ultima frase, ma non le trovò.
Bel si trascinò nell'angolo più lontano della cella e vi si rannicchiò.
"Ci rivedremo ancora" disse Arran prima di andarsene.
Bel non gli rispose.
Appena nel corridoio, una guardia lo squadrò con severità. "Il tempo è finito."
"No" disse Arran. "Ho ancora qualche minuto."
"Tra poco passerà la ronda. Se ti scoprono taglieranno la testa a te e le mani a me. E io le mie mani me le voglio tenere."
Arran gli mostrò un sacchetto di monete. "Quanto tempo puoi concedermi per questo?"
La guardia glielo strappò di mano. "Non abbastanza."
"Ne ho un altro."
"Dammelo."
"L'ho nascosto in un luogo sicuro, fuori di qui." Non aveva nessun sacchetto di monete, ma in quel momento aveva bisogno di tempo.
La guardia lo studiò sospettoso. "Se mi stai mentendo ti ammazzo con le mie mani."
"Mostrami solo dov'è la maga" disse Arran cercando di tenere ferma la voce.
"È nel livello più basso della prigione. Ed è sorvegliata da sei guardie e degli stregoni."
"Quanti?"
"Non lo so. Molti. A te che importa? Perché la vuoi vedere?"
"Curiosità."
La guardia ghignò. "Certo. Non sei bravo a inventare storie."
"Vuoi altre monete? Trova un modo per farmi entrare in quella cella."
La guardia sospirò. "Vieni. Forse conosco un modo."
 
La porta della cella venne aperta da due guardie.
Uno degli stregoni che sorvegliavano da lontano si avvicinò per esaminarlo. "Non ti ho mai visto prima. Chi sei?"
"Mi chiamo Jil" disse Arran. Gli mostrò il vassoio con sopra un patto pieno di carne e formaggio. "Devo portarlo alla prigioniera."
"Per quello che serve" disse una delle guardie.
"L'inquisitore vuole fare le cose secondo la legge" disse lo stregone. "Jil hai detto?"
"Sostituisco Garvin."
"E chi sarebbe?"
"Quello che di solito porta il pasto ai prigionieri in questo livello" rispose Arran ricordando le parole della guardia.
"Lo conosco" disse uno dei carcerieri. "È vero quello che dice."
"Perché non è venuto lui?"
"Gli è morta la madre" rispose Arran. Era vero, ma la madre del povero Garvin era morta un anno prima. Lui era solo in ritardo, impegnato a dar da mangiare ai prigionieri dei livelli superiori. Aveva solo poco tempo prima che arrivasse lì e glielo stavano facendo sprecare tutto.
Lo stregone sospirò. "Vai. Posa il vassoio e allontanati subito."
"Devo anche controllare che la prigioniera non abbia pulci o pidocchi."
Lo stregone lo fissò con disgusto. "Sei anche un guaritore?"
"No, eccellenza" rispose subito Arran. "Sono gli ordini del capo della prigione." Anche quello era vero. I prigionieri venivano ispezionati spesso per impedire che le malattie e i parassiti contagiassero gli altri e le guardie e da queste passassero agli abitanti della città."
Lo stregone guardò una delle guardie alla ricerca di una conferma.
"È vero" disse l'uomo. "Ogni tanto controllano. Due anni fa ci fu una epidemia di tosse e molte persone sono state male. Mio cugino Tulif..."
Lo stregone fece un gesto vago con la mano. "Per favore, stai zitto. Tu" disse rivolto ad Arran. "Hai dieci minuti di tempo, poi verrò a prenderti io stesso."
"Non sarà pericoloso farlo entrare lì dentro da solo?" chiese la guardia.
"Non per noi" rispose lo stregone allontanandosi di qualche passo.
Arran mise un piede oltre la soglia e proseguì. La cella era più simile a una caverna scavata nella pietra viva. E forse era stata proprio quella all'inizio. Il telaio delle sbarre era stato piantato nella roccia.
La grotta non era molto ampia ma era profonda e dovette percorrere una trentina di passi prima di arrivare alla zona occupata dalla prigioniera.
Sul fondo era stata sistemata una stuoia e un secchio. Una figura umana vi era distesa sopra, le mani raccolte tra la testa e il pavimento.
Si avvicinò strusciando i piedi sulla pietra per attirare la sua attenzione. Non voleva correre il rischio di spaventarla.
Sibyl aprì gli occhi e lo fissò nella penombra.
Arran si sentì mancare il fiato.
È così bella, pensò. Perché deve sopportare tutto questo? Non è giusto.
"Chi sei?" le chiese Sibyl con tono pacato.
"Io" rispose Arran.
Lei si accigliò. "Non sei Garvin."
"No," rispose abbozzando un sorriso. "Ma spero di non deluderti lo stesso."
Sibyl spalancò gli occhi. "Sei pazzo a venire qui?" sussurrò, gli occhi lucidi per le lacrime.
"Sono pazzo" disse Arran depositando il vassoio davanti a lei.
Sibyl si era raddrizzata.
"Non alzarti e non muoverti" disse Arran. "O capiranno che ci conosciamo già."
"Come hai fatto a entrare?"
"Ho corrotto una guardia."
"Arran, non è sicuro. Non puoi fidarti di queste persone."
"Non mi fido di loro, ma mi saranno fedeli fin quando spereranno di avere il loro oro in cambio."
"Dove hai trovato il denaro?"
"L'ho rubato" ammise Arran.
Sibyl scosse la testa. "È sbagliato."
"A quel mercante non servivano. Ne aveva tante, di monete. Qualche centinaio in meno non faranno alcuna differenza. Nessuno lo saprà."
"Lo so io."
"Sibyl" disse cercando di mantenere la calma. "Ho poco tempo per dirti quello che devo. Forse ho trovato un modo per farti uscire da questa cella."
Lei scosse la testa. "Tu non..."
"Fammi finire, ti prego. Userò l'incantesimo di trasfigurazione che stavo creando. Sono riuscito a completarlo giusto in tempo. Ho già preso contatto con una donna che è alta più o meno come te. Quando avrà anche il tuo volto, nessuno si accorgerà della differenza. Quando accadrà, noi saremo già lontani e al sicuro."
"Arran è assurdo. Non funzionerà mai. Come farai a far entrare quella donna in questa prigione?"
"Troverò un modo" disse lui sicuro.
"Come farai a ingannare i soldati e gli stregoni di guardia?"
"Nello stesso modo in cui sono qui" disse Arran. "Posso riuscirci."
"Riuscirai solo a farti uccidere e io non voglio."
"Sibyl..."
"Io non voglio che tu lo faccia."
"Se non ti libero domani morirai" disse Arran con tono duro. "Mi dispiace, non volevo..." aggiunse subito con tono più dolce.
Lei gli accarezzò la guancia. "Lo so che cosa accadrà domani. Tzaro è venuto qui a dirmelo. Mi ha promesso un'esecuzione rapida, senza tortura, se confesserò."
"Non puoi. Se lo farai, diranno che sei colpevole."
"Io sono colpevole, Arran. E domani tutti lo sapranno."
Arran scosse la testa con forza, la vista offuscata dalle lacrime. "Non lo permetterò. Non..."
Lei gli strinse il viso con entrambe le mani, come si faceva con i bambini per coccolarli. "Arran, io voglio che tu viva. Spetti di cercare di salvarmi. È oltre le tue forze."
"No, io posso..."
"Tu non puoi. Non adesso. Ma ascoltami, Arran. Fuori da questa prigione ci sono tante altre Sibyl, più di quante puoi immaginarne."
"A me importa solo di una" disse lui con le labbra che gli tremavano.
"Resta al sicuro" disse Sibyl. "Completa la mia opera e salva tutte le Sibyl che puoi."
"Io..." Esitò. "Ti amo" disse Arran fissandola negli occhi.
Sibyl sorrise.
"Ora devi farmi una promessa, Arran."
Lui distolse lo sguardo dal suo.
"Prometti" lo incalzò lei. “Prometti.”

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