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Autore: Playful_Dog_of_the_Night    06/05/2019    0 recensioni
Tetsukeika è una grossa città nei nostri tempi moderni. In questo ambiente così "umanizzato" non esistono solo uomini, ma a coesistere vi sono anche i cosiddetti Senkuma (o figli dei demoni). Questa specie è una specie evoluta di demoni che caccia gli esseri umani per cibarsi di essi o della loro energia vitale. Oltre a questo tipo di coesistenza però esiste anche chi scende a patti con essi, rendendosi così padrone di un Senkuma, però questa pratica è vista molto male dalla società e molto spesso è punita con pene gravissime. Seguite passo passo la storia che porterà lo sfortunato, ma molto furbo Shoyu, e il suo gruppo di amici, a dover vivere e compiere le proprie scelte in questa città al di fuori della norma...
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Violenza
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 La sfida di Kanze 

 

Suonò la sveglia, la luce non entrava in quella camera nemmeno dal più piccolo degli spiragli tra le tende, suonò per circa cinque minuti prima che un braccio sbucasse da un ammasso di coperte, che sembrava più una montagna in miniatura che un letto, per metterla a tacere –Zitta...- risuonò una voce a dir poco stanca, e che non si era svegliata nel migliore dei modi, da sotto l’ammasso. Dopo un po’ di tentativi muovendo la mano in qua e in là per cercarla, riuscì a trovarla e a spegnerla una volta per tutte. Passarono un altro paio di minuti prima che l’essere intrappolato sotto la montagna riuscì ad emergere in superficie, così Kanze si svegliò “del tutto”. Lei era solita svegliarsi in quel modo da oramai molto tempo, circa da quando sua zia, dati i suoi 17 anni quasi 18, iniziò a darle un po’ più di responsabilità, agli inizi nemmeno si svegliava e arrivava sempre tardi a scuola, poi per sua fortuna iniziò a prendere il ritmo. Dai suoi occhi appena riemersi si scorgeva una stanchezza immensa, quasi come se non avesse chiuso occhio, che era strano per una ragazza come Kanze che, sì, andava a letto tardi, ma quando appoggiava la testa al cuscino nulla e nessuno sarebbero mai più riusciti a svegliarla. Si sedette su un lato del letto con le gambe dondolanti e la testa china, dato il grande sforzo che stava facendo tenendola sollevata, e tirò uno sbuffo –Dannato Shoyu, “tranquilla tornerò a casa subito”, sì, però intanto non ho chiuso occhio lo stesso- smise di parlare tra sé e sé per qualche secondo poi continuò -Però non è del tutto colpa sua, cosa avrebbe dovuto fare... meglio andarsi a preparare- prima di alzarsi diede un’occhiata all’orologio della sveglia: erano le 6 e un quarto e le sarebbe spuntato un sorriso stampato in faccia, uno dei suoi soliti, se non fosse stata troppo stanca per farlo, così le venne solo un buffissimo mezzo sorriso che sembrava più una smorfia, ma in quel momento era veramente felice, perché era riuscita a battere il suo record nell’alzarsi dopo il suono della sveglia. 

Finalmente si alzò, si grattò la pancia, che era rimasta scoperta tutta la notte per colpa dei giri e rigiri che aveva fatto la notte precedente non riuscendo a dormire, sbadigliò rumorosamente ed infine fu pronta per andare in bagno. Entrò nel suo piccolo bagno privato, la cui porta era sulla stessa parete rispetto a quella per uscire dalla camera, cercò la luce, la accese e appena mosse un passo all’interno di quell’antro appena illuminato scivolò su un asciugamano lasciato per terra rischiando di baciare il lavandino con la fronte se non avesse avuto degli ottimi riflessi, incondizionati, per appoggiarvici la mano. Dopo qualche secondo ferma per realizzare il tutto tolse la mano dal lavandino e si mosse per trovare il necessario per lavarsi: l’asciugamano era già stato trovato, mancavano solo i prodotti per pulirsi e la spazzola per la schiena. Durante la ricerca del tutto, cercò anche di guadagnare tempo iniziando a svestirsi, lasciando la maglietta, con l’icona di un teschio borchiato in pieno petto, sul lavandino, il reggipetto a fascia per terra, vicino al mobiletto delle creme, ed il resto in posti impensabili. Durante questa disseminazione casuale di vestiti riuscì a trovare ciò di cui aveva bisogno e così, accesa l’acqua della doccia, iniziò a lavarsi. Mentre si lavava, Kanze, quasi non riuscì a tenere gli occhi aperti dalla stanchezza e la luce del bagno non aiutava. Si lavò “il più in fretta possibile” e quando uscì dalla doccia vide sul suo cellulare, che aveva dimenticato la sera prima sullo specchio del bagno, arrivarle un messaggio. Non diede importanza a ciò e si limitò a raccoglierlo, dopo essersi “pettinata” i capelli, e a portarselo in camera sua. Giunta nella sua stanza ricercò dei vestiti nell’armadio: quel giorno si sentiva di vestirti in modo “diverso”, ma pur sempre nel suo stile da maschiaccio, prese una maglietta a maniche corte nera e una felpa sul color mattone, stranamente con le maniche, dotata di cappuccio largo e con le stringhe di esso eccessivamente lunghe rispetto a quanto veramente sarebbero servite. Dato il caldo riscontrato in quella primavera si mise dei pantaloncini corti di jeans, con la parte sotto abbastanza sgualcita e i loro “classici” buchi sulle ginocchia. Finì di scegliere anche tutto il resto quindi si avvicinò alla cartella e la raccolse, si girò a guardare l’ora ed erano le 6.45, l’orario perfetto per fare colazione; si affrettò a scendere per una lunga rampa di scale e quando ne arrivò alla fine si trovò in una grande sala d’ingresso, normalmente arredata, ma pur sempre più grande rispetto al normale. Proseguì prendendo la porta alla sua destra, lanciando la cartella vicino alla porta d’ingresso, e proseguì per il corridoio che si trovò davanti. Nonostante non fosse né troppo lungo e neanche troppo largo, il suo arredamento dava chiaramente l’idea che Kanze non vivesse nella classica e modesta famiglia che di solito si incontra. Finalmente alla sua destra incontrò un’altra porta e vi entrò, dopo aver tirato un sospiro. Dall'altra parte della porta una donna sulla quarantina, con i capelli corti e perfettamente pettinati, vestita, quasi, eccessivamente bene per fare semplicemente colazione, era seduta ad un tavolo e aspettava leggendo il giornale, Kanze fece qualche passo all’interno della stanza ed infine ruppe il silenzio -’Giorno zia-, la donna posò il giornale, si girò verso Kanze e la sua faccia, che fino a qualche secondo prima era rimasta abbastanza seria, si trasformò facendo trasparire un sorriso molto allegro, che ricordava alla lontana i classici sorrisi della stessa ragazzina ribelle. La donna rispose al saluto della nipote con la stessa allegria che aveva appena fatto trasparire e continuò a parlarle -Dormito bene?-, Kanze rimase a pensare per qualche secondo –C-Certo zia, ho dormito abbastanza bene-, -Dalla faccia non si direbbe...-, Kanze non rispose e quindi sua zia, dopo qualche minuto di silenzio, parlò nuovamente –Vedo che anche oggi non hai messo i vestiti che ti avevo fatto preparare in camera tua...-, Kanze rimase zitta per qualche secondo, sorseggiando il caffè, che si trovava già sul tavolo ad aspettarla, ed infine rispose –Lo sai come la penso su quel tipo di abbigliamento, zia- fece qualche altro secondo di pausa e continuò -E poi non li avevo neanche visti-, -Capisco...- rispose con un sospiro sua zia, dopodiché si sprofondò nuovamente in un silenzio profondo che cercò di spezzare nuovamente la donna, ma Kanze, che aveva appena finito di gustarsi il caffè, si alzò di scatto e uscì dalla stanza salutando svogliata. 

La ragazza uscì dalla sua abitazione e rimase per un’ora a zonzo per Tetsukeika, in luoghi che nessuno potrebbe mai pensare. Mentre girava per la città si mise a pensare a ciò che era successo prima a colazione: nemmeno lei sapeva perché avesse avuto quella reazione con sua zia, o forse lo sapeva ma non riusciva a comprendere a pieno le sue azioni, come se fosse quasi l’istinto a guidarla in quei casi, come se ci fosse qualcosa, un pensiero nella sua mente che le sfuggiva e che lei stessa non riusciva a ricordare con chiarezza. Sbucò alle 8 in punto dal sentiero che portava nella parte posteriore dell’edificio secondario, della sua scuola, e lo percorse al contrario fino a quello principale per poi fermarsi nel solito punto: quello del giorno prima. Non si stupì di non trovare i suoi amici, dopotutto l’unico che poteva esserci era Akugai, ma era ammalato, Shoyu arrivava con il bus alle 8.05 e Kibami chissà che tipo di scusa si era inventato per saltare nuovamente la scuola. Si appoggiò alla colonna del porticato che aveva di fianco e, dopo essersi messa le cuffiette e dopo essersi accesa la musica, utilizzando i tasti delle cuffie, chiuse gli occhi nel tentativo di riposarsi. Questa speranza morì ben presto perché dopo solo qualche minuto si sentì toccare la spalla, da quello che lei pensò fosse un dito. Aprì lentamente l’occhio sinistro per vedere chi fosse: era un ragazzo abbastanza alto, sul metro e 80, capelli non troppo corti, ma neanche lunghi, scompigliati, vestito di tutto punto, in modo da non essere elegantissimo, ma almeno presentabile, occhiali da sole e sorriso stampato in bocca. Kanze lo salutò -Akarui Kibami, ne è passato di tempo- lo disse restando più seria possibile. Restarono immobili, in silenzio per qualche secondo. In quel tempo sembrò quasi che attorno a loro il tempo si fosse fermato, quasi non si riuscivano ad udire i suoni a standogli vicino, i petali, caduti dagli alberi nel giardino scolastico, sembravano quasi evitare quella zona come se ci fosse una barriera che rendeva intoccabili e immutabili nel tempo e nello spazio gli oggetti al suo interno. Questa atmosfera quasi sovrannaturale si interruppe dopo qualche secondo quando sia Kanze che Akarui si misero a ridere e quest’ultimo iniziò a parlare –Per un attimo Kanze, mi sei sembrata seria e mi hai abbastanza confuso-, -Ehi, lo sai che mi piace scherzare e poi è veramente tanto che non ci vediamo-, -Ma non sono neanche due giorni-, -Non è comunque una giustificazione, scemo-, Akarui si grattò la nuca e continuò -Kanze, ma tu sai dov’è Shoyu?-, -No, comunque è strano che non sia ancora arrivato, oramai che ore saranno?-, Kanze prese fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni e lo guardò per la prima volta durante la giornata. 

Appena ebbe premuto il tasto di sblocco del telefono rabbrividì alla vista di ciò che gli si presentò davanti agli occhi: il messaggio che le era arrivato la mattina dopo la doccia. Era un messaggio di Akugai che nonostante fosse malato si era svegliato alla buon’ora. Ciò che spaventò Kanze però fu il contenuto del messaggio, Akugai parlava di un probabile scontro la sera prima tra due Senkuma, probabilmente territoriali. Ciò che turbò di più Kanze era il luogo dell’avvenimento: ovvero la strada principale, nonché quasi unica, per andare da Tetsukeika a Kinkogai, il paese di Shoyu! La faccia di Kanze da allegra che era, si trasformò e divenne preoccupata, pallida e terrorizzata. Akarui si accorse di questo cambio drastico di espressione e preoccupato per l’amica le chiese se andasse tutto bene ma Kanze oramai non ascoltava più ciò che vi era attorno a lei, la notizia che le era arrivata la rinchiuse in una bolla di vetro, si trovava in stato di shock e agì senza ragionare. Lasciandosi andare completamente al suo istinto iniziò a correre, Akarui cercò di fermarla per chiedere spiegazioni ma non ci fu nulla da fare. Lei non sapeva come ma doveva riuscire ad arrivare a casa di Shoyu, doveva sapere che stava bene e che non era stato coinvolto nella battaglia della notte precedente, che fosse stata veramente una battaglia tra due Senkuma e non un’aggressione ai danni del suo caro amico. Corse, corse, corse con tutto il fiato e l’energia che aveva in corpo, sarebbe riuscita a raggiungere la fermata dell’autobus che portava a Kinkogai. Non era sicura che ce l’avrebbe fatta ma era una necessità riuscirci. Se non ce l’avrebbe fatta avrebbe fallito nella cosa più importante che le attanagliava la mente in quel momento, non poteva permettersi errori. Passò per l’interno della scuola, aprendo la porta d’ingresso con una velocità e una violenza fuori dal comune, senza fermarsi. Proseguì per l’atrio, ma fu in quel momento che riscontrò il suo primo problema: essendo che mancavano pochi minuti al suono della campanella, l’atrio era completamente zeppo di studenti. Kanze non si fermò, non poteva fermarsi, quindi in quei pochi secondi che passarono nel suo tragitto dalla porta all’ingorgo pensò a qualcosa. Trovò la soluzione in meno di un attimo e iniziò a prendere velocità verso un povero gruppo di ragazzi, prese di mira il ragazzo più esterno rispetto ad una colonna al centro dell’atrio e quando gli fu a due passi: lo prese con una mano per la nuca lo abbassò e lo saltò come fosse una staccionata. Nel fare ciò il ragazzo si rovesciò il caffè bollente addosso, Kanze, però, fu troppo distratta anche solo per pensare di chiedere scusa e continuò dritto. Per sua fortuna aveva superato il grosso dell’ingorgo e dopo un semplice zig zag tra le persone restanti riuscì a raggiungere la porta d’ingresso anteriore e ad uscirne. Ancora piena di energia che nemmeno lei sapeva da dove erano saltate fuori si diresse verso il cancello che era appena stato chiuso, un ostacolo da nulla per una persona come Kanze che in questo momento era addirittura spinta da una forza sovrannaturale. Appena si avvicinò abbastanza utilizzò il muro di fianco al cancello come appoggio per saltare e riuscire ad aggrapparsi alla sommità del suo ostacolo, dopodiché lo scavalcò atterrando in piedi, e ricominciò la sua folle corsa. Vedeva l’autobus fermo che faceva salire alcune persone, rimaneva solo un ostacolo: la strada. Questo era un problema ben diverso, era “la vera sfida” prima del suo obiettivo. Kanze non ne fu particolarmente spaventata e si gettò in mezzo al traffico composto da genitori che avevano appena scaricato i figli e semplici persone che si dirigevano a lavoro. Un’auto inchiodò e rischiò quasi di prendere sotto la spericolata ragazzina, un’altra invece non riuscì a frenare in tempo. Kanze, però, aveva dei buoni riflessi e compiendo un’azione che si sarebbe potuta vedere solo nei film polizieschi, saltò e scivolò sul cofano della macchina per poi continuare come se non fosse successo nulla. Riuscì ad arrivare al suo obiettivo, ed appena prima che l’autista chiudesse le porte. Entrò nel mezzo, cercò un posto a sedersi, lo trovò ed infine aspettò fino a destinazione raggiunta: Kinkogai 

Tutto ciò che Kanze doveva fare era aspettare fino all’unica fermata di quel paesino e scendere verso la casa di Shoyu. Mentre era in autobus percepì una strana sensazione e questa saliva sempre di più man mano che si avvicinava verso la meta. Sapeva benissimo ciò che le stava succedendo: Shoyu non era arrivato a scuola con il solito mezzo, anzi, non era addirittura arrivato a scuola, la notte precedente sulla strada del ritorno dell’amico vi era stata una presunta battaglia tra Senkuma. Aveva semplicemente collegato i pezzi utilizzando le informazioni di cui solo lei era a conoscenza e la sua deduzione finale giustificava più di ogni altra cosa la sua sensazione in quel momento: non vi era stato uno scontro tra Senkuma ma bensì Shoyu era stato aggredito da un Senkuma, o addirittura da più Senkuma che dopo averlo ucciso si erano combattuti le sue carni. Tutti questi pensieri non facevano che peggiorare i suoi sentimenti già abbastanza deliranti. Dopo una ventina di minuti, che sembrarono alla preoccupata Kanze un’eternità, arrivò finalmente alla fermata di Kinkogai, situata esattamente al centro del paese, vicino alla rotonda della piazza. La ragazza scese dal mezzo e come se l’autobus fosse stato il suo momento di riposo, riprese a correre con la stessa energia che aveva fatto trasparire prima del viaggio. In meno di cinque minuti, e senza prendere scorciatoie, Kanze riuscì ad arrivare di fronte a casa Tsushin, casa di Shoyu. 

L’auto dei genitori non c’era e la casa sembrava deserta, ma Kanze non fece caso a tutto ciò e scavalcato il vecchio cancelletto del giardino e arrivata davanti alla porta di ingresso, iniziò a bussare con tutta la forza che aveva. Uno, due, tre... dieci, venti colpi tirò alla porta d’ingresso, ma nulla... sembrava che la casa fosse deserta. Continuò imperterrita a bussare alla porta, utilizzando ad ogni colpo sempre più energia, ma nessuno continuava a rispondere. Con le nocche e la parte esterna della mano completamente rosse, data la foga utilizzata nel suo atto, si arrese; ma non del tutto, perché prima si soffermò per qualche secondo contro la porta, poi si diresse verso le scale davanti alla porta e si sedette lì, con il corpo chiuso in sé stesso, senza che nessuno potesse vedere cosa stava succedendo all’interno. Passò qualche minuto e le orecchie di Kanze udirono un suono secco, provenire da dietro di lei, pensò qualche secondo e poi realizzò che era il suono di una serratura che si apriva, si girò e si alzò contemporaneamente, rimanendo in attesa di ciò che si nascondeva in quella casa e che stava per uscire e palesarsi. Finalmente la porta si aprì e Kanze potè vedere finalmente chi vi stava dietro: Shoyu Tsushin. La ragazza non riusciva a proferire parola, era basita, con ancora gli occhi lucidi da prima e ogni singolo angolo della faccia che non riusciva a nascondere quel misto di stupore, felicità e rabbia, -Kanze?- parlò Shoyu, -Tu... sei... qui...- furono le uniche parole che in quel momento Kanze riuscì a formulare, -Beh, dopotutto ci vivo-, -Sei un’idiota dannazione! Potevi mandarmi almeno un messaggio per farmi sapere che stavi bene, no?-, rispose abbastanza violentemente Kanze –Beh, scusa per cosa?-, -C’è stata un’aggressione stanotte lungo la strada da cui sei tornato, ma dove vivi?!- replicò Kanze –Un'aggressione? Wow, davvero? Meno male che a me non è successo nulla...-, rispose seriamente Shoyu -Ma quindi tu davvero non ne sapevi nulla?-Shoyu rispose affermativamente e ringraziò Kanze per essersi preoccupato per lei. In quel momento nella mente di Shoyu volavano molti pensieri, ma la felicità si era appena aggiunta a questi, felicità dovuta all’aver riconfermato per l’ennesima volta che Kanze era veramente una buona amica ma doveva liberarsi di lei il più in fretta possibile. Fu in quel momento che Kanze si accorse di una cosa strana nel volto di Shoyu: portava uno strano e raffazzonato bendaggio all’occhio destro e ciò non fece altro che rovinare i piani del giovane ragazzo. Mentre Shoyu pensava ad un modo per mandarla via, infatti, Kanze attaccò con le sue dirette parole –Shoyu, cos’hai fatto all’occhio destro?-Shoyu rabbrividì, non si aspettava per nulla quell’interessamento, anche perché lui stesso, per un attimo, aveva dimenticato di avere una benda sull’occhio. La situazione si faceva mille volte più complicata, perché conoscendo Kanze sapeva che dopo quella frase non avrebbe smesso di curiosare fino alla risoluzione del “caso”. Shoyu si sentì i tempi ancora più stretti, ma gli venne in mente quasi subito un’idea altrettanto semplice quanto efficace; così iniziò a parlare –Tranquilla Kanze, non è nulla, veramente-, si fermò un attimo -È solo che ieri sera mentre tornavo a casa sono caduto e mi sono ferito all’occhio. Non è nulla di ché comunque, quindi non ti preoccupare- fece un’altra pausa –Infatti oggi sono rimasto a casa perché volevo farmi vedere da un dottore, per essere sicuro non fosse nulla di grave-. Kanze si zittì e fissò Shoyu per qualche secondo, aveva una faccia che faceva trasparire tutt’altro rispetto a un “ti credo”. Rimasero in stallo per pochi altri secondi e Kanze pronunciò le uniche parole che Shoyu non si aspettava minimamente –Fantastico-, sorridendo come suo solito –Hai avuto veramente fortuna allora, perché dato che oramai ho perso scuola sono disponibile ad accompagnarti fino al dottore e a rimanere con te fino a dopo la visita. Magari potremmo andare a pranzo insieme dopo la visita- si fermò qualche secondo a pensare –Ci sono dei posti carini in cui mangiare qua a Kinkogai? Ah, ma che importa, qualsiasi cosa andrà bene-. Shoyu rimase completamente pietrificato e stordito dalle parole di Kanze, si aspettava di tutto ma sicuramente non questo. Gli ci volle un po’ a riprendersi ma dopo averlo fatto cercò di far demordere l’amica -Ma no, non serve veramente. E poi non c’è mai nessuno dal nostro medico, quindi farò molto in fretta. Su dai torna a Tetsukeika, magari riesci ad arrivare per la seconda ora-, Shoyu si accorse che i suoi discorsi erano troppo sospetti e poco credibili per essere pensati dal vero Shoyu “che non ha nulla”, però decise di aspettare la sua risposta prima di lanciare il suo asso nella manica. La risposta non aspettò a tardare, ma come prevedeva la situazione non giovava a suo favore. Kanze, infatti, cercò in tutti i modi di convincere Shoyu ad accompagnarlo. I discorsi della ragazza erano formulati con il tono di una persona che era seriamente preoccupata e, nonostante Shoyu, stesse mentendo sembrava che Kanze avesse creduto alla storia della caduta. Ma il ragazzo, furbo com’era, sapeva benissimo che non poteva abbassare la guardia, anche se quello poteva essere semplicemente un discorso sincero e per nulla investigativo, poteva anche essere un discorso costruito “ad hoc” per sembrare innocente. Shoyu sapeva solo che doveva agire come se quella fosse stata una battaglia psicologica fino alla resa di uno dei due e lui non doveva essere il perdente. Mentre il ragazzo pensò a questo però, venne assalito dall’attacco improvviso della ragazza, che non aveva tardato a sfoderare l’intero arsenale per batterlo. Cominciò con queste parole –Dai Shoyu, dato che abbiamo ancora molto tempo e ti ho detto che ti accompagnerò. Fammi almeno entrare in casa no? Una ragazza non va fatta restare sull’uscio... su-, detto così Kanze iniziò ad avanzare cercando di spostare Shoyu e ad entrare nella casa. Shoyu non poteva permetterlo e con un braccio parò via Kanze e cominciò a parlare –Ma su dai, ti ho già detto mille volte che non c’è nessun problema- Kanze continuò ad avanzare –Ma mi ascolti? E poi chi ti ha dato il permesso di entrare?-, finite di proferire queste parole Shoyu si accorse del suo immenso errore: aveva fatto trasparire tutta la sua tensione cambiando completamente il tono calmo, che aveva avuto fino a quel momento, con uno molto più aggressivo. Kanze non aspettava altro –Ma come? Adesso non fai più entrare neanche la tua migliore amica in casa? C'è qualcosa di strano in te oggi... e scoprirò cos’è. Ora, lasciami entrare-. Shoyu era stato nuovamente fregato da quella ragazza apparentemente molto ingenua, questa rivelazione inaspettata di tutte le carte di Kanze, mandarono nel panico Shoyu. Iniziò a pensare “mi ha fregato”, “aveva questo piano fin dall’inizio”, “dannazione, sono costretto ad utilizzare l’asso che ho nella manica”, e così fece... sfoderò la sua ultima possibilità. Salutò in fretta e furia Kanze chiedendole scusa e con un movimento tanto rapido quanto violento, chiuse di scatto la porta di casa sua e la serrò a chiave. 

Kanze non capiva perché Shoyu si comportasse in quella maniera ma doveva assolutamente scoprirlo: lui la aveva sfidata, anche se indirettamente, e lei aveva accettato la suddetta sfida. Iniziò a bussare più forte di prima alla porta, gridando per farsi sentire da Shoyu, che sentiva, ma non aveva intenzione di rispondere. In quel momento pensava solo a come fuggire. Nonostante fosse rinchiuso dentro casa sua non si sentiva al sicuro, come se Kanze potesse sfondare una porta, una finestra, un muro ed entrare da un momento all’altro. Capiva perfettamente la preoccupazione e la leggera rabbia che provava per il suo mentirle, ma non poteva esporsi più di quanto si era già esposto. In casa non era al sicuro, doveva uscirne e seminarla in qualche modo. Così decise il suo piano di fuga: entrò in camera sua, dopo aver salito le scale e aprì la finestra. Scese nuovamente al piano inferiore e, entrato in salotto, accese la televisione ad alto volume, in modo da farsi sentire da Kanze. Il suo piano era quello di uscire dalla finestra mentre Kanze, sentito il rumore della TV, sarebbe andata alla finestra della sala a controllare cosa succedesse. Il piano era perfetto, forse non studiato nei minimi dettagli dato il poco tempo pensò Shoyu, ma poteva funzionare. Accesa la TV aveva veramente pochi secondi, al massimo un minuto prima che Kanze arrivasse a controllare la situazione. E quindi, appena la accese, si mise a correre verso le scale lasciando cadere il telecomando, non avendo tempo di posarlo. Appena arrivato al primo piano controllò cosa stava facendo la ragazza che, come da piano, si stava muovendo verso la finestra della sala. Shoyu si sentì come sollevato da un peso immenso vedendo il piano, pensato così su due piedi, funzionare alla perfezione. Mancava solo un passaggio, così si mise a correre verso camera sua per scendere dalla grondaia, come faceva quando sgattaiolava di notte per incontrare gli amici a Tetsukeika, ma quella volta gli andò male. Appena sporse il viso oltre la finestra per vedere se il campo era libero, vide Kanze sotto la finestra di camera sua ad aspettarlo. “dannazione” pensò Shoyu a cui era appena ritornato lo stretto alla gola per il piano fallito. Kanze era riuscita non solo a capire le sue intenzioni, ma addirittura lo aveva anticipato su tutto, precludendogli la via di fuga. Shoyu ricrollò nel panico e agì senza pensare: in un atto disperato, di ultima chance, scese nuovamente a piano terra e aprendo la finestra della cucina, situata sul lato opposto del giardino in cui si trovava Kanze, uscì e corse cercando di uscire dalla sua “proprietà” il prima possibile. Come un lampo Shoyu riuscì ad uscire dal giardino scavalcando la ringhiera che delimitava la sua casa. Si trovava sulla strada ma non riuscì a riposarsi neanche un secondo. Infatti appena toccò il suolo del marciapiede sentì Kanze urlargli dietro iraconda di fermarsi. Shoyu non poteva fermarsi e continuò imperterrito la sua corsa. Quando gli sembrò quasi impossibile seminare Kanze, si vide davanti l’inizio della scorciatoia che aveva preso la mattina precedente per andare a scuola. Pensò di imbucarla pensando che quella via avrebbe potuto salvarlo come lo aveva salvato la mattina precedente dal perdere la corriera. “Braccato per braccato...” pensò tra sé e sé prima di imboccarla. Corse per qualche minuto e si fermò a metà della suddetta viottola, infine si girò per vedere se era ancora inseguito. La tensione crebbe in Shoyu per ogni istante che passò girandosi, non era assolutamente certo, anzi era completamente diffidente sulla riuscita del suo nuovo “piano”. Ma appena si girò non vide nessuno ed il suo cuore divenne nuovamente leggero. Non quanto prima perché sapeva che Kanze gliel’avrebbe fatta pagare, ma sicuramente era estremamente più tranquillo. Il povero ragazzo si sedette per terra, stremato dalla corsa. Dopo aver ripreso un po’ di fiato sentì da dietro di lui una voce familiare dirgli “Finalmente ti ho ritrovato, bastardo...”. 

 

Nota di fine capitolo 

Volevo scusarmi per l’immenso lasso di tempo tra un capitolo e l’altro di B.C. purtroppo in questi, quasi, tre mesi sono stato abbastanza occupato e ho fatto molta fatica a finire questo capitolo. Spero nei prossimi di poter mantenere una cadenza, più o meno, mensile e spero che la storia stia piacendo nonostante fino a questo punto sia stato tutto un prologo molto lungo. Per chiunque continuerà a leggere la mia storia, spero che continuerà a piacervi (e chissà, a piacervi sempre più) e vi ricordo di commentare per farmi sapere cosa vi è piaciuto o anche cosa non vi è piaciuto o cosa secondo voi dovrei migliorare (sempre costruttivamente e nel rispetto degli altri). Grazie infinite e al prossimo capitolo 

-Playful_Dog_of_the_Night 

   
 
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