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Autore: heliodor    08/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Inutile
 
"Sei stata d'aiuto all'erudito?" le chiese Desmodes mentre la scortava alle sue stanze.
"Credo di sì" rispose Joyce. "Quando potrò vedere Bardhian?"
"Ti abbiamo già detto che per ora non è possibile."
"Voglio solo vederlo, anche da lontano." Fece una pausa. "Mi aiuterebbe a collaborare."
Desmodes sorrise. "Non sei brava in questo gioco. Se non collabori la regina potrebbe considerarti inutile. E una strega inutile vive poco."
Almeno è chiaro quando minaccia, si disse Joyce. "Voglio vedere il principe non appena sarà possibile."
"Lo vedrai quando lo riterremo necessario e vantaggioso per noi" rispose Desmodes. "Non prima."
Joyce trasse un profondo sospiro.
Quando entrò nella stanza Desmodes le chiuse la porta alle spalle e stavolta sentì la serratura scattare due volte.
Joyce andò al letto e vi si sedette. Non poteva fare molto altro, ma se Falcandro avesse trovato quel libro, almeno avrebbero avuto qualcosa da cui iniziare.
L'erudito non era sembrato molto impressionato dai colossi. Forse non le credeva o non la riteneva affidabile.
Poco male, pensò Joyce. Quando lo schiacceranno nella sua cella sotterranea, si convincerà che non stavo esagerando. Ma se schiacceranno lui, schiacceranno anche Bardhian e me.
E questo non doveva accadere.
Vyncent le aveva affidato il compito di portare il principe al sicuro da Joane, sua madre, e lei lo avrebbe fatto.
Riuscì a dormire poche ore e al mattino si sentiva più stanca di prima. Si era già alzata quando Desmodes venne a prelevarla.
"Preparati. La regina vuole che tu sia presente alla riunione."
Riunione? Si chiese Joyce. Non si è parlato di nessuna riunione ieri.
"Non fare quella faccia. I vassalli di Orfar stanno arrivando a poco alla volta."
Vassalli, si disse Joyce.
"Fai un bagno. La regina odia tutti gli odori sgradevoli" le ordinò Desmodes.
Joyce tornò ai bagni con le ancelle e ripeté i gesti del giorno prima. Almeno adesso era molto più pulita di prima. A Malinor il bagno le era concesso una volta ogni due o tre giorni, sempre che Elvana non volesse punirla.
Le mancava la strega fantasma, anche se le aveva reso la vita dura per tutto il tempo in cui l'aveva addestrata.
Almeno ho imparato a usare lo scudo in maniera decente, si disse soddisfatta. E so colpire un uccellino con un dardo magico. Ma di quello andava meno fiera.
Ricordava ancora il corpo maciullato della povera creatura.
Dopo il bagno e la vestizione, Desmodes la scortò in una sala che non aveva mai visto. Era più ampia delle altre ma spoglia. Le pareti erano di pietra rossa dall'aspetto antico e consumato. Al centro vi era un tavolo circolare e in fondo un baldacchino coperto di ampi cuscini sui quali era adagiata la regina Skeli.
Suo figlio Kymenos sedeva su uno scranno al suo fianco, lo sguardo basso e la testa incassata nelle spalle.
Joyce si chiese se alzasse mai gli occhi.
La sala non era vuota. A parte la regina e suo figlio, c'erano due uomini e una donna.
Uno dei due uomini era giovane e aitante, con una folta capigliatura di colore fulvo e lo sguardo fiero.
L'altro uomo era vecchio e dal viso raggrinzito. Gli occhi però erano attenti e la scrutarono dal primo momento che giunse nella sala.
La donna era alta e sedeva con la schiena dritta e lo sguardo rivolto verso Skeli. In quel momento stava dicendo qualcosa. "Nazdur non ha dimenticato."
Skeli la fissava imbronciata, come una bambina che fosse sul punto di scoppiare in lacrime. "Non sai quanto mi dispiaccia sentirtelo dire. È un vero peccato che Nazdur sia più vicina al confine di tutte le altre città della federazione. Davvero un peccato."
La donna si accigliò. "Ci stai minacciando, Skeli?"
"La minaccia viene da Persym e la sua orda, non certo da me" rispose la regina.
L'anziano si schiarì la gola. "Non siamo qui per litigare, ma per decidere come comportarci con l'orda che sta arrivando."
"Che cosa vuoi che facciamo?" chiese l'altro uomo. "Combatteremo come abbiamo fatto contro Aschan. E vinceremo di nuovo."
Desmodes fece cenno a Joyce di avanzare verso il tavolo.
Solo allora Skeli alzò la testa e sul suo viso paffuto apparve un leggero sorriso. "Eccola qui" disse con tono gioviale. "La famosa strega rossa. Che ti avevo detto, Kallia? È proprio lei."
La donna di nome Kallia le lanciò un'occhiata diffidente. "Quella è solo una ragazzina" disse. "Ti prendi gioco di noi?"
"Assolutamente no" disse Skeli. "È lei, la strega rossa. Quella che ha ucciso Rancey. Me l'ha confessato giusto ieri. Vero cara? Racconta a Kallia qualcuna delle tue imprese."
"Una volta ho ucciso un troll" disse Joyce seria.
Skeli rise. "Sentito? Un troll. Alto che le vostre insignificanti imprese."
"Ci hai convocati qui per raccontarci storie?" fece Kallia con tono infastidito. "Dicevi di avere delle informazioni importanti da condividere con il resto della federazione."
Il vecchio tossì. "Federazione" disse con tono sarcastico. "Mi chiedo se abbia ancora senso chiamarla così."
"Che titolo vorresti usare, Satak?" chiese Skeli divertita.
"Metà dei nostri alleati non è venuta alla riunione" disse Satak. "Feanna e Lindila si sono rinchiusi nelle loro città e non intendono uscirne e i Vantiani sono in piena guerra civile. Hanno impiccato Aillinn e Orrinn è in fuga o disperso. Di lui non si hanno notizie da quando è finita la scorsa invasione."
"Ames di Thera però è qui" disse Skeli con un gesto vago.
L'uomo aitante fece un mezzo inchino con la testa. "Ho promesso al compianto Aylor di difendere la federazione da tutti quelli che la minacciano. Lui credeva molto in questa unione."
"Il compianto Aylor" disse Skeli facendo un gesto vago. "Era un sognatore. Vaneggiava di fare la pace con Malinor e di unirci a loro. E adesso la città di re Alion è stata rasa al suolo."
"Tra poco anche Orfar lo sarà" disse Satak.
"Io voglio impedirlo" rispose la regina.
"Come intendi fare?" chiese Kallia. "Se Persym ha preso Malinor, la sua avanzata sarà inarrestabile."
"Tutta la sua forza risiede nei colossi" disse Skeli. "Se gli togliamo quelli, la sua orda non è più pericolosa di quella di Aschan."
"Ci ha quasi distrutti" disse Satak.
"Ma siamo ancora qui" replicò Skeli. "Ascoltate la strega rossa. Lei era presente quando i colossi hanno attaccato Malinor."
Kallia la guardò con diffidenza. "Chi ci assicura che non stia mentendo?"
"Non sono stupida" disse Skeli. "Per favore, Sibyl. Ripeti a questi nobili ospiti quello che hai detto a me."
Joyce si concesse qualche minuto per riordinare le idee. "I colossi sono reali" disse. "Io li ho visti. Sono armi create dai maghi supremi per una loro guerra e Persym li ha riscoperti dopo migliaia di anni."
"Maghi supremi" disse Satak facendo schioccare la lingua. "Kallia aveva ragione. Stiamo perdendo tempo con questa qui. Torniamocene a casa e prepariamoci a resistere."
"I maghi supremi erano reali" disse Joyce alzando la voce. "Io ho visto i loro santuari."
Satak rise. "Ancora più assurdo." Fece per alzarsi.
Ames gli poggiò una mano sul braccio. "Lasciala continuare" disse con voce profonda.
"Anche se non credete ai maghi supremi, i colossi sono reali. Non so come abbia fatto Persym a riportarli in questo mondo, ma adesso sono qui e può scagliarli contro Orfar come ha fatto con Malinor. Ho visto uno solo di quei colossi abbattere le mura della città senza alcuno sforzo. Gli stregoni di Malinor lo hanno colpito con tutto quello che avevano. Dardi, sfere infuocate, fulmini. Non gli hanno fatto niente. L'altro colosso..."
"Ce n'era più di uno?" chiese Kallia.
"Ne ho contati due" disse Joyce. "Ma potrebbero essercene altri."
"Anche l'altro colosso ha partecipato alla distruzione della città?"
"Sì, ma da lontano. Poteva evocare sfere infuocate come uno stregone i dardi magici" disse Joyce. "In pochi minuti la città era in fiamme."
Kallia si accigliò. "E poi cosa è successo?"
"Ho trovato il principe Bardhian e siamo fuggiti."
Kallia scattò in piedi, rossa in viso. "Bardhian? Lui è qui?" domandò a Skeli.
"Ve ne avrei parlato molto presto" disse la regina.
"Quando?" fece Ames. Anche lui sembrava turbato.
"Presto" ripeté la regina.
"Voglio vederlo" disse Kallia con tono perentorio.
"In questo momento non è possibile."
"Perché? È prigioniero? In tal caso ti chiedo di rilasciarlo subito e consegnarlo a noi."
"È ferito" disse Skeli. "In modo piuttosto serio. I guaritori lo stanno curando, ma ha bisogno di risposo e tranquillità assoluti."
"A Nazdur abbiamo i migliori guaritori" disse Kallia. "Dallo a noi."
"Falli venire qui piuttosto" disse la regina con tono accomodante. "E io non gli impedirò di curarlo, ma mi hanno fatto divieto assoluto di spostare il principe, se non volete che muoia."
Kallia respirò a fondo. "Non mi fido di te. Non mi sono mai fidata."
Skeli sorrise. "Lo so."
"Hai mentito per l'ennesima volta ai tuoi alleati, come quando sei fuggita abbandonando la città."
"Ti ho già spiegato che ho dovuto farlo per salvaguardare la federazione. Se fossi caduta nelle mani di Aschan le conseguenze sarebbero state disastrose."
"Invece abbiamo perso metà delle nostre forze per riconquistare la tua città" disse Ames. "Mentre le tue, di forze, sono state appena intaccate."
Skeli sorrise di nuovo. "Gli imprevedibili rovesci della guerra. Ora però sono pronta a fare la mia parte in questa nuova guerra e mi aspetto che voi facciate lo stesso. In fondo sto cercando di trovare un modo per distruggere i colossi."
"Sempre che sia possibile" disse Kallia.
"Se così non fosse, saremmo in un bel guaio, non trovi?"
Joyce vide Kallia annuire.
"Direi di sospendere qui la riunione" disse la regina. "Ci riuniremo di nuovo domani alla stessa ora. Che ne dite?"
"Dico che più tempo passa" disse Satak. "Meno ne abbiamo per risolvere questo problema. Non potremmo negoziare con Persym? Chiediamogli che cosa vuole e cosa possiamo dargli affinché risparmi le nostre città."
"Perché dovrebbe negoziare per quello che può prendere quando vuole?" gli chiese Ames.
Satak digrignò i denti. "Sembra quasi che tu sia ansioso di combattere questa guerra."
"Ammetto che misurarmi con quei colossi mi attrae" disse l'uomo. "Ma devo pensare prima al bene del mio popolo. Se ci fosse un modo di evitare lo scontro sarei il primo ad approvarlo, ma se non ci resta altro da fare che combattere, allora rendiamo le cose difficili a quel Persym."
"Quel dannato" disse Satak. "Ho sentito dire che era stato esiliato a Krikor. Come ha fatto a tornare?"
"È un mistero" disse Kallia. "Ma non possiamo ignorare che al suo ritorno ha portato con sé i colossi. Le due cose devono essere collegate in qualche modo."
Arnagus, pensò Joyce. Halux gliene aveva parlato e lei lo aveva dimenticato. Doveva chiedere a Falcandro alla prima occasione. Lui poteva saperne qualcosa di quel mago supremo.
"Basta così" disse Skeli. "Ne riparleremo domani."
Kallia venne verso di lei. "Strega rossa" disse con tono deciso. "Immagino sia per il colore dei tuoi capelli."
Joyce aveva dimenticato di non essere trasfigurata. Per fortuna nessuno in quella stanza conosceva il viso di Joyce di Valonde. E forse nemmeno ricordavano il suo nome.
Meglio così, si disse. Anche se era un po' delusa. Il volto di Bryce era noto ovunque e nessuno riusciva a dimenticarlo, una volta che l'avevano visto.
Si strinse nelle spalle.
Kallia fece per dirle qualcosa, ma Desmodes la prese per un braccio e la costrinse a voltarsi.
"Falcandro vuole vederti. Adesso."
Joyce lo seguì senza opporsi. Anche lei voleva vedere l'erudito e non solo per via dei colossi.
Nella sua mente stava prendendo forma un'idea.

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