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Autore: heliodor    09/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Una buona ascoltatrice
 
Devo andare via di qui, si disse Joyce.
Quel pensiero aveva preso forma durante la riunione con gli alleati di Skeli. Nessuno di loro aveva idea di come affrontare i colossi e se fosse rimasta lì, sarebbe morta insieme a loro.
Non aveva niente contro quelle persone e Kallia sembrava meno folle di Skeli, ma non voleva morire. E non voleva lasciare che Bardhian facesse una brutta fine.
Per questo motivo doveva trovare il modo di andarsene da quel castello e da Orfar.
Mi servono informazioni, si disse. Non so niente di questo luogo. Non so nemmeno dove dovrei andare per uscire dalla città.
Orfar era piccola, ma non quanto un villaggio. Quando era stata portata dentro era così stanca da non aver fatto caso alla strada che avevano seguito, ma era sicura di aver fatto parecchi giri e preso numerose svolte.
Una volta fuori di lì doveva sapere dove andare e come arrivarci. La strada più breve non era sempre la migliore e lei aveva bisogno di scoprire come muoversi in città.
Senza poter uscire e senza nemmeno poter guardare il panorama da una finestra, che cosa le restava se non trovare una mappa e imparare a memoria un percorso?
Falcandro era nel suo laboratorio. Il topo aperto in due era sparito e anche la maggior parte delle boccette e degli alambicchi.
Al loro posto diverse pile di libri. Uno in particolare era sul tavolo, aperto su una pagina a caso.
Falcandro era chino sul volume.
Joyce si schiarì la gola.
"Sei tu" disse l'erudito di corte senza alzare gli occhi dalla pagina. "Sei una continua fonte di sorprese per me" aggiunse senza alcun entusiasmo nella voce.
Joyce si avvicinò e gettò un'occhiata al libro. La pagina era occupata dal disegno di un uomo. Il viso senza alcuna espressione, il mento e il cranio calvo e il torace muscoloso.
"È lui" disse Joyce. "Ugammun."
Falcandro annuì. "Ugammun il distruttore, per la precisione" disse col tono di chi teneva una lezione. "Stando a quello che scrive Ulfek."
"Hai trovato il suo libro?" chiese Joyce entusiasta.
"No" fece Falcandro. Le mostrò il dorso del volume aperto.
"Note e Annotazioni Sui testi del primo impero di Berger di Amadur Crene" lesse ad alta voce. "Non è il libro di Ulfek."
"Sei davvero intelligente" disse Falcandro con tono neutro. "No, non lo è. Il libro di Ulfek è introvabile, ma ho chiesto in giro e ho scoperto che era un erudito vissuto circa quattrocentocinquanta anni fa, durante il primo impero di Berger. Così mi sono ricordato del libro di Crene. È un testo raro che non tutti conoscono, ma per fortuna la nostra accademia ne ha una copia in buono stato. Guarda tu stessa."
Joyce diede un'occhiata di persona. Il libro era diviso in tanti capitoli, ognuno dei quali parlava delle opere di vari eruditi vissuti nella stessa epoca.
C'erano delle citazioni per ciascuna opera e delle note scritte a lato. L'unica opera citata di Ulfek era Prodigi e Misteri dell'Era della Magia.
"Ha scritto solo questo?" chiese Joyce delusa.
"Ulfek non doveva godere di grande considerazione tra i suoi contemporanei" disse Falcandro. Sospirò. "Comprendo la sua situazione."
"Anche tu non sei molto considerato tra gli altri eruditi?" chiese Joyce.
"Non ho detto questo" fece lui. "A Orfar godo di grande fama e i miei saggi sono abbastanza conosciuti in questa parte del continente. Vengo anche citato spesso e mi invitano a parecchi simposi." Abbassò gli occhi verso il libro. "Sto diventando noioso."
"Niente affatto" si affrettò a dire Joyce. "È bello viaggiare e incontrare nuove persone, parlare di argomenti interessanti."
Falcandro trasse un profondo respiro. "Ho detto che mi invitano, non che ci vado. Negli ultimi vent'anni non ho mai lasciato queste mura, si può dire. Tu sei l'unica fonte di novità negli ultimi cinque anni. Persino quella odiosa Aschan si era limitata a dirmi di restare confinato nel mio laboratorio e di continuare a fare qualsiasi cosa stessi facendo. Come se a qualcuno importasse davvero."
Joyce si guardò attorno. "Che cosa studi di preciso? Gli altri eruditi sembrano passare la vita sui libri."
"Per molti di loro è così" disse Falcandro. "Si limitano a scrivere saggi su saggi di storia antica e recente o a ricopiare quelli scritti da eruditi ormai diventati polvere." La sua voce divenne triste. "Io volevo qualcosa di diverso. Volevo scoprire cose nuove, per questo mi dedicai allo studio delle erbe e degli animali. Lo sapevi che sappiamo pochissimo di come sono fatti i topi?"
"Davvero?" fece Joyce cercando di sembrare più interessata che disgustata.
"Sì" disse Falcandro con entusiasmo. "Sono molto simili a noi. Agli umani, intendo."
"I topi?"
Lui annuì.
"Noi non abbiamo la coda."
"Ah" Falcandro fece schioccare le dita. "Ti sbagli. L'avevamo, una volta. Proprio qui" disse indicandosi il didietro. "Non mi credi? C'erano dei libri di anatomia che..."
"Ascolta" disse Joyce. "È molto interessante, ma stavamo parlando dei colossi."
"I colossi, certo" disse Falcandro tornando al solito tono serio e distaccato. "Creature interessanti. E misteriose. Secondo Ulfek, per lo meno nella parte citata da Crene, erano creature immortali e indistruttibili, creati attingendo alla fonte stessa della magia, che lui chiama il flusso."
"Il flusso?"
Falcandro annuì deciso. "Il flusso, sì. La fonte primigenia della magia, da cui deriverebbe ogni potere degli stregoni. Almeno secondo la leggenda."
"Non ne so niente."
L'erudito sospirò affranto. "Un altro buco nella nostra storia. Anche qui i testi una volta sembravano abbondare, ma col trascorrere del tempo e l'incuria sono andati persi. Come spiegarti che cos'è il flusso? Immagina un fiume fatto di energia pura che percorre tutto il mondo conosciuto in rivoli grandi e piccoli. In alcune zone è poco più di un torrente, in altre è un fiume in piena. Ma è nei nodi, i luoghi dove i flussi si incrociano, che l'energia è più potente."
Falcandro prese un foglio e lo spiegò sul tavolo. "Ti faccio vedere." Con un carboncino tracciò delle linee rette parallele tra loro, poi ne disegnò altre che si incrociavano con le prime e così via, finché il foglio non fu ricoperto da linee nere e spazi vuoti. Picchiò con l'indice su uno dei punti dove le linee formavano un groviglio. "Ecco, questi sono i nodi di cui ti parlavo."
Ho già visto una cosa del genere, pensò Joyce. Nel santuario di Lotayne. Anche Khadjag sembrava interessato a quelle linee tracciate sulla pietra.
"Cosa succede nei nodi?" chiese Joyce.
"Non lo so. Nessuno lo sa. È una delle tante conoscenze perdute delle epoche precedenti alla nostra. Se avessi una mappa potrei provare a localizzare uno di quei nodi e studiarlo, ma così è impossibile."
"Io ho sempre saputo che la stregoneria è un dono" disse Joyce.
Falcandro sbuffò. "Un dono dici? Eppure, se una strega e uno stregone si uniscono, è molto probabile che i loro figli abbiano lo stesso potere, o che siano addirittura più forti. Come può essere un dono se si tramanda da padre e madre in figlio?"
"Però a volte nascono stregoni da genitori che non avevano i poteri." Joyce sapeva che era un evento raro, ma poteva accadere. Vyncent era nato da genitori senza poteri, anche se aveva alcuni zii che facevano parte del circolo di Londolin.
Falcandro scosse le spalle. "È molto più raro che nasca una persona senza poteri da una coppia di stregoni."
Sono io, fu tentata di dire Joyce. Io sono nata senza poteri. Ma se quello che diceva l'erudito era vero... "Quanto più raro?"
"Una su diecimila coppie di stregoni, direi. Personalmente non ho mai visto casi del genere. Molto può dipendere dalla discendenza di uno o entrambi i genitori, ma in genere è un evento rarissimo."
Non così tanto raro, si disse Joyce.
"Quindi gli stregoni ricavano il loro potere dal flusso e non da un dono degli Dei?"
Falcandro scrollò le spalle. "Se fossimo nella Cittadella, ti avrebbero già accusata di blasfemia. E se provassi a dirlo dinanzi a un inquisitore, finiresti dritta su una nave per Krikor. Fai finta che non ti abbia detto niente. Il dono potrebbe essere una semplice affinità con il flusso. Se così fosse, la magia esisterebbe a prescindere dalla volontà dei singoli. Sarebbe lì, a portata di tutti, se sapessero come utilizzarla."
"I maghi supremi" disse Joyce.
"Io non ti ho detto niente ma" fece una pausa. "Spiegherebbe molte cose."
"Come posso trovare uno di questi nodi?"
"Non ne ho idea. Non saprei nemmeno da dove iniziare, ma se vuoi un consiglio, dimentica quello che ti ho detto. Ce n'è abbastanza da costarci l'esilio o la morte, se siamo fortunati."
Per ora dovrà bastarmi, pensò Joyce. Ma aveva ancora delle domande per Falcandro.
"Almeno Ulfek dice come distruggere i colossi?"
"No. Sembra più suggerire di scappare, se ne incontriamo uno. Sono esseri creati dal flusso puro. Inconcepibili per noi."
"Eppure i maghi li hanno combattuti e sconfitti."
"Non direi sconfitti, visto che sono tornati. Credo si siano limitati a esiliarli da qualche parte e che quel Persym sia riuscito a riportarli indietro, in qualche modo che sa solo lui."
Forse venivano dallo stesso posto in cui era stato esiliato Malag quando Bellir l'aveva sconfitto? Se era così allora l'incantesimo usato dall'eroe e che Lacey poteva avergli insegnato, avrebbe potuto essere utile anche contro i colossi.
Mi sta scoppiando la testa, pensò Joyce.
Doveva concentrarsi su qualcos'altro, come trovare un modo di andarsene da quel posto. "È stato molto interessante."
"Anche per me. Sei una buona ascoltatrice e mi hai dato qualche spunto interessante. Spero di avere abbastanza tempo per completare le mie ricerche sui colossi."
"Ci sono altri libri da consultare?"
"Qualche decina, ma dubito di trovare le risposte che cerco." Sospirò. "È il destino di noi eruditi."
"Anche io ho delle ricerche da fare."
Falcandro si accigliò. "Tu? Sei per caso un'erudita?"
"No no" si affrettò a dire. "Sono solo una appassionata di storia antica. Quando visito un posto nuovo, mi piace imparare tutto su di esso e visto che è la prima volta che mi trovo a Orfar, avevo pensato di consultare qualche libro dalla vostra biblioteca."
"La storia antica di Orfar è di una noia mortale" disse Falcandro. "E quella attuale è deprimente. Mi chiedo chi te lo faccia fare."
"È solo curiosità."
"Vedrò di farti avere qualche testo."
"Non posso cercarli da sola?"
Falcandro sospirò. "Non so se Desmodes ti darà il permesso."
"Non tornerà prima di un'altra ora. Posso trovare quello che mi serve."
"Ma non ti lascerà portare via i testi."
"Per favore" disse Joyce con tono dolce. "In fondo ti ho aiutato, no? Che c'è di male a leggere qualche libro?"
Lui annuì grave. "Bisogna sempre incoraggiare la ricerca della verità nei giovani. La biblioteca è lungo il corridoio, sulla destra. Ti accompagno io."
"Grazie" squittì Joyce.
Funziona davvero, si disse. Oren aveva ragione.
La biblioteca era piccola rispetto a quelle a cui era abituata, ma almeno sarebbe stato facile trovare i testi che le servivano.
Falcandro la lasciò sola e tornò al laboratorio.
Joyce iniziò dalla sezione dedicata alla storia antica di Orfar. Sfogliando i libri si soffermava sulle figure e non sul testo. Scelse quelle più dettagliate che riguardavano le strade e gli edifici della città.
Quando trovava una mappa di suo gradimento, la strappava via facendo attenzione a non fare troppo rumore e la piegava in quattro.
Dopo un'ora aveva collezionato una decina di mappe della città compresa un vecchio progetto di modifica al castello che le sembrava il pezzo più interessante.
Nascose i fogli in una tasca interna del vestito e sperò che non si vedessero dall'esterno. Dopo aver riposto i libri sugli scaffali, ne prese cinque o sei a caso.
Li portò a Falcandro. "Vorrei leggere questi."
L'erudito gettò una rapida occhiata ai volumi. "Genealogia degli antichi re di Orfar di Glisa Asikos, Trattato sul secondo secolo del dominio di Berger di Prosato Eukaleimos, Biografia di re Thantesil Settimo di Mege Talosis." Guardò Joyce. "Davvero ti piace leggere questi argomenti?"
"Credevi che mi piacessero i libri della Stennig?" Fece lei con una punta di finto orgoglio.
"Non volevo offenderti, ti chiedo scusa."
Desmodes arrivò qualche minuto dopo. Joyce prese i libri e fece per portarli con sé, ma lui la bloccò.
"Dove credi di andare con quelli?" chiese con tono sospettoso.
"Li devo solo consultare. Li avrei riportati indietro" disse Joyce fingendosi dispiaciuta.
Desmodes guardò Falcandro. "Le hai dato tu il permesso?"
"Li può prendere" disse l'erudito.
Desmodes annuì. "Li dovrai portare tu. E dovrai restituirli entro domani."
Per domani conto di essere fuori di qui, pensò Joyce.
Desmodes la ricondusse alla sua stanza e la chiuse dentro, lasciando di guardia i due stregoni che da quando era arrivata non la perdevano d'occhio.
Passò il resto della giornata a consultare e imparare a memoria le mappe che aveva strappato dai libri.
Tutte risalivano ad almeno un secolo prima stando alle didascalie applicate dall'autore, ma non aveva trovato di meglio. Tracciò tre strade diverse attraverso le vie di Orfar facendo in modo che si toccassero tra loro in almeno un paio di punti. Se avesse trovato un ostacolo sarebbe almeno potuta tornare indietro e fare un'altra strada.
Ora doveva solo fare in modo di trovare Bardhian e portarlo con sé. Stava riflettendo sul suo piano quando il pavimento tremò seguito da un boato assordante.

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