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Autore: heliodor    10/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Joyce scattò in piedi, prese le mappe e le ripiegò alla svelta. Le nascose nella sua borsa, insieme al compendio e il libro di Hopott.
Si avvicinò alla porta. Dall'esterno giunse l'eco di grida e poi un’esplosione, seguita dal rumore di proiettili magici che si infrangevano sulle pareti.
Uno colpì la porta e lei si ritrasse di scatto.
Sta succedendo qualcosa, pensò.
Andò nell'angolo più lontano dalla porta e si accucciò, un dardo pronto in una mano e lo scudo magico nell'altra.
L'eco delle esplosioni cessò all'improvviso, seguito dal silenzio. Attese due minuti e quando stava per rialzarsi, qualcosa colpì la porta con violenza facendola vibrare.
Un secondo colpo fece saltare le borchie di ferro di rinforzo, il terzo i cardini e il quarto l'intelaiatura.
La porta crollò al suolo con un tonfo sollevando una nuvola di fumo.
Joyce si alzò di scatto e puntò il dardo verso la nuvola.
Dalla polvere emerse una figura femminile.
Kallia, pensò Joyce riconoscendola.
"È questo il ringraziamento per averti salvata?" disse la donna divertita.
Joyce si accigliò. "Mi stai salvando?"
"Prendi la tua roba e usciamo di qui. Tra poco le guardie sopravvissute daranno l'allarme e verranno a prenderci. Non sarebbe salutare farci trovare."
Kallia uscì dalla stanza.
Joyce la seguì nel corridoio. Era buio, fatta eccezione per un paio di globi luminosi sospesi sopra le teste di due stregoni dai mantelli rossi e blu uguali a quelli di Kallia.
La strega si rivolse ai due. "Restate qui e uccidete tutti quelli che si avvicinano."
I due annuirono.
Kallia prese per mano Joyce. "Andiamo" disse trascinandola via.
"Aspetta" fece lei. "Dove mi porti?"
"Fuori dalla fortezza. E lontano da questa dannata città."
"Perché?"
La strega sembrò vacillare. "Skeli ci ha venduti al nemico."
"Come?"
"Ha inviato una lettera segreta a Persym, ma noi l'abbiamo intercettata. Ci ha attirati qui per consegnarci tutti all'orda."
"E io cosa c'entro?"
"Ci sei anche tu nello scambio."
"Bardhian" esclamò Joyce mentre superavano un incrocio. "Non possiamo lasciarlo qui."
"Se ne sta occupando Ames. Attenta."
Joyce si gettò di lato mentre Kallia si abbassò.
Dardi magici volarono sopra le loro teste ronzando come api affamate e si infransero sulla parete alle loro spalle.
Kallia si raddrizzò con agilità innaturale e lanciò i suoi dardi nel buio.
Joyce udì tre esclamazioni e altrettanti tonfi.
Kallia riprese a muoversi e lei la seguì.
Scesero per le scale a due a due. Joyce faticava a tenere il passo della strega e lei sembrava andare più lenta di quanto avrebbe potuto.
Sta rallentando il passo per non distanziarmi troppo, pensò Joyce. Chissà che incantesimo sta usando.
In fondo alla scala li attendeva un gruppo di uomini e donne dai visi stravolti. Un paio erano coperti di sangue e uno aveva il viso pallido e smagrito, tanto da sembrare un fantasma.
Poi Joyce guardò meglio e riconobbe il viso di Bardhian.
Si reggeva in piedi a stento, sostenuto da Ames e un altro stregone dal mantello giallo e nero.
I suoi occhi sembravano vuoti e spenti.
"Che gli hanno fatto?" chiese Joyce.
"Cosa non gli hanno fatto" rispose Kallia. "Da quel che vedo, non l'hanno curato affatto come si deve."
Gli occhi di Bardhian vagarono in giro. "Io ti conosco" disse rivolgendosi a Joyce.
Solo allora ricordò di non essere trasfigurata. Lanciò l'incantesimo, assumendo le sembianze di Sibyl.
Bardhian aveva di nuovo chinato la testa, che ora ciondolava tra i due che lo sostenevano.
"Una maschera" disse Kallia. "Un buon trucco, ma Desmodes è abile. La sua vista è molto buona e sa percepire anche gli incantesimi di illusione più raffinati."
Joyce non pensava che il suo incantesimo fosse raffinato, ma era così abituata a indossare il viso di Sibyl che le risultava più facile da controllare.
"Andiamo" disse Ames.
"Avete un piano di fuga?" chiese Joyce.
"Per chi ci hai presi?" fece Kallia indispettita. "Non appena abbiamo ricevuto la convocazione di Skeli, abbiamo elaborato un piano per fuggire nel caso ce ne fosse stato bisogno. Anche se ho sperato a lungo di non doverlo usare. Quella donna riesce sempre a sorprendermi."
"È la seconda volta che ci tradisce vendendoci al nemico" disse Ames. "Siamo stati ingenui noi a fidarci di lei."
"Che altro potevamo fare?" disse Kallia. "Senza il suo aiuto non abbiamo speranza contro l'orda. E adesso ne abbiamo anche di meno."
"Usciamo di qui" disse Ames. "Penseremo poi a come farla pagare a Skeli."
Percorsero il corridoio alla luce delle sfere luminose. Joyce fece in modo di restare al fianco di Bardhian. Non si fidava del tutto di Kallia e Ames. A dispetto dei discorsi che facevano, fino a poche ore prima sembravano alleati di Skeli.
Che cosa impedirebbe a uno di loro di vendere Bardhian all'orda in cambio di un buon trattamento? Si chiese.
"So a cosa pensi" disse Kallia.
Da quando stava camminando al mio fianco? Si chiese Joyce. Devo stare più attenta e non perdermi nei miei pensieri quando sono tra estranei.
"Abbiamo un debito con il principe Bardhian" proseguì la donna.
Ames annuì deciso. "Nella presa di Orfar si è battuto con onore. Lui era alla testa dei guerrieri che presero una delle torri. Poco prima erano morti a decine per conquistarla, ma lui non si tirò indietro e avanzò facendo scudo agli altri ed eliminando gli stregoni che li bersagliavano di colpi dall'alto. Salvò molti dei nostri quel giorno."
Non aveva idea che Bardhian avesse tanto coraggio e fosse tanto abile. Fino a quel momento Joyce lo aveva considerato uno stregone di basso livello che si vantava di imprese mai veramente compiute.
"Non potevamo lasciarlo nelle mani di quella ingrata traditrice" disse Kallia. "Il mio onore ne avrebbe risentito troppo."
"E anche il mio" le fece eco Ames.
Joyce si sentì rinfrancata, ma non erano ancora usciti di lì. Decise di rimandare a dopo le altre spiegazioni e i ringraziamenti.
Il corridoio terminava con una grata di ferro oltre la quale si intravedeva una luce. Gli stregoni in testa al gruppo usarono il raggio magico per abbattere l'ostacolo.
La grata si abbatté al suolo seguita da una cascata di scintille che rimbalzarono contro le pareti di pietra.
Dietro di loro udì le grida dei soldati e degli stregoni di Orfar che li stavano inseguendo.
"Sono qui" disse Kallia.
I quattro in coda al loro gruppo, due donne e due uomini, si fermarono in mezzo al corridoio. "Proseguite senza di noi" disse una dei quattro.
"Casteia" disse Kallia.
"Non è necessario sacrificarsi tutti" disse la donna. "Non m pento di quello che ho fatto in vita."
Kallia annuì. "Farò erigere delle pire in vostro onore nel tempio."
La donna sorrise. "Meglio se ti concedi una bevuta alla nostra salute."
Joyce, Kallia e gli altri proseguirono verso la luce lasciando indietro Casteia e gli altri.
Fuori dal tunnel Joyce strinse gli occhi. Il sole era alto e la sua luce intensa brillava in un cielo azzurro e limpido. Persino l'aria era fresca e profumata.
È una magnifica giornata, pensò con una fitta al cuore. Che peccato dover morire proprio oggi.
"Andiamo" la esortò Kallia. "I cavalli non ci aspetteranno per sempre."
Dodici cavalli erano in attesa poco lontano dalla fortezza. Guardando in alto, Joyce vide le torri incombere su di loro.
Immaginò che se qualche soldato si fosse affacciato e avesse guardato di sotto, li avrebbe visti dirigersi verso l'angolo più esterno del cortile, dove sorgeva un cancello sormontato da un arco di pietra e chiuso da un portone di ferro.
Vicino al portone giacevano a terra tre figure e altre quattro tenevano aperto il cancello.
Joyce scelse uno dei cavali e vi montò in sella. Ames prese con sé Bardhian e lo assicurò con una corda.
Lo stregone era più grosso e massiccio del principe e solo allora Joyce si rese contro di quanto fosse imponente la sua figura.
Kallia balzò sulla sua cavalcatura, seguita dagli altri nove tra guerrieri e stregoni.
"Ci dividiamo" disse. "Metà vanno con Ames e la metà con me. Strega rossa, tu stammi dietro."
"Voglio andare con Bardhian."
"Ti piace così tanto che non vuoi separartene?"
Joyce arrossì. "No, ho solo promesso che..."
"Dimentica la tua promessa per qualche minuto."
"Starà bene" disse Ames. "Me ne occuperò io."
"Andiamo, su. Divisi sarà più difficile che ci seguano" disse Kallia. "Ci rivediamo all'ingresso meridionale."
Ames annuì e partì al galoppo seguito da cinque cavalieri.
Kallia andò nella direzione opposta e Joyce la seguì.
Per la prima volta da quando era arrivata tre giorni prima, vedeva una strada di Orfar che non fosse quella che l'aveva portata alla fortezza.
Metà degli edifici che incrociarono lungo la via erano ridotti a scheletri informi. Alcuni erano privi delle mura esterne e si vedevano le stanze all'interno. Altri erano così malridotti da non avere più nemmeno quelle.
Persone vestite con abiti laceri e sbrindellati vivevano tra le macerie, raccolte attorno a qualche fuoco dal quale si alzava un filo di fumo. I più fortunati avevano eretto una tenda o avevano trovato riparo nelle case sventrate ma ancora in piedi.
"Cosa è accaduto qui?" chiese Joyce.
"La guerra" rispose Kallia. "Succede quando una città cambia di mano due volte nella stessa Luna."
"La fortezza non sembrava così malmessa."
Kallia ghignò. "Skeli tiene molto di più al suo benessere che a quello dei suoi sudditi. L'accordo che ha fatto con Persym non migliorerà le loro condizioni."
"Non è giusto" disse Joyce. Alla fortezza aveva visto Skeli buttare via il cibo mentre il suo popolo veniva affamato. "Perché la gente non si ribella?"
"Skeli è protetta dagli stregoni del circolo."
"Allora dovrebbe essere il circolo a punirla" disse Joyce.
"Il circolo di Orfar è uno strumento nelle sue mani" disse Kallia. "E gli stregoni di Orfar non muoveranno un dito finché avranno la pancia piena e un tetto sopra la testa."
"Ma..." fece Joyce.
"Da dove vieni, ragazzina? A sentirti parlare sembra che tu sia uscita ieri dal ventre di tua madre."
Joyce tacque. "Credevo che gli albini fossero un'eccezione" disse dopo qualche istante di silenzio.
"Gli albini?"
Annuì. "Sei mai stata a Mar Qwara?"
"Per mia fortuna no. Dicono che sia un luogo infame, abitato da selvaggi."
"Usavano le persone come schiavi per lavorare nella loro montagna sacra" spiegò Joyce.
"La schiavitù esiste da sempre" disse Kallia. "Se vai a oriente, troverai interi regni che si reggono su di essa. Ci sono mercanti di schiavi che percorrono le coste per procurarsi la merce di cui hanno bisogno." Scosse la testa.
A Valonde la schiavitù era vietata da secoli e Joyce non aveva mai sentito parlare di mercanti di schiavi. "E nessuno fa niente?"
Kallia scrollò le spalle. "Le persone si adattano. Se tu fossi nata in una di quelle nazioni, saresti schiava o padrona e per te sarebbe del tutto normale."
"Ma non è giusto."
"Se non ti sembra giusto, allora cambia le cose. Siamo arrivati."
Davanti a loro la strada si aprì in un'ampia piazza circolare. In fondo a questa vi era un cancello sormontato da un arco che terminava con una punta.
Il cancello era aperto e una dozzina di uomini armati era in attesa. Tra questi vi era Ames e, ancora legato a lui, Bardhian.
Joyce lo guardò sollevato.
"Come ti avevo promesso, il tuo amato principe non ha un graffio" disse Ames.
"Lui non è..." iniziò a dire Joyce.
In quel momento i dardi piovvero sulle loro teste.
Ames evocò lo scudo e protesse anche Bardhian. I dardi rimbalzarono producendo onde simili a quelle di un sasso gettato nell'acqua.
Voltandosi, Joyce vide i mantelli porpora farsi strada verso la piazza, preceduti da soldati armati di scudi e lance.
I soldati di Ames si frapposero tra loro e quelli di Orfar.
"Non resisteranno a lungo" disse Ames.
Kallia indicò il portone. "Sbrighiamoci a uscire."
Tutti quelli che avevano un cavallo si gettarono oltre il cancello. Gli altri, una dozzina di soldati e quattro stregoni, rimasero nella piazza a coprire la fuga.
Joyce si voltò un istante. "Li lasciamo lì?"
"Accenderemo una pira funebre per ognuno di loro" disse Kallia.
"Aiutiamoli" disse Joyce. "Non possiamo lasciarli morire così."
Ames tirò le redini. "Coraggioso da parte tua, ma il coraggio non basta." Tra le sue mani apparve una sfera infuocata.
Joyce ne avvertì il calore e ricordò quelle evocate da Vyncent e da Bardhian. In quel momento provò invidia verso di loro.
Ames lasciò partire la palla infuocata che viaggiò veloce verso il portone, ma invece di colpire i soldati nemici all'ultimo deviò verso la sommità dell'arco.
L'esplosione che ne seguì spezzo l'arco in due e lo fece precipitare, sollevando una densa nuvola di fumo e detriti.
"Abbiamo guadagnato un po' di tempo" disse Kallia. "Cerchiamo di onorare il sacrificio di quelli che sono morti."

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