Provo a non pensarci, provo a calmarmi, ma un singhiozzo dopo ed ecco che il dolore ricomincia, che si srotola come un gomitolo di filo e si annoda col mio respiro. Sento ogni intreccio in gola, ogni nodo che arriva negli angoli più profondi dei polmoni ed è difficile e fa male cercare di trovare la forza anche solo per fare un respiro regolare. Ma le urla mi remano contro perchè come le lacrime si abbandonano contro il mio viso, escono sempre più alte e non hanno intenzione di fermarsi.
Il corpo avviluppato su se stesso in un intreccio di mani, di dita che sfiorano ogni cicatrice, ogni livido della battaglia.
Neppure premere un po' più pesantemente le unghie su di esse, lacerare la carne e infrangere le ossa potrebbe distogliere lo sgretolarsi in mille pezzi del mio cuore.
Allora inclino la faccia verso il nostro materasso, affogo il patimento sul cotone e spingo e spingo affannosamente il naso, tentando di affogare la disperazione che sta facendo arrendere ogni fibra, ogni microscopica cellula che corre instancabile nelle mie vene. 
Le mani risalgono fino al collo e stringono isteriche, come se chiudere di più la gola potesse in qualche modo farmi respirare regolarmente.
Ti avevo ritrovato. Eri fra le mie braccia. Avevamo urlato, avevamo chiarito. Avevamo combattuto.
Ed ora dove sei?
Lo spazio ti ha portato via ancora una volta?
Tony perché?
Perchè non hai fermato quel sorriso che ho fatto prima di vedere in che modo avevamo vinto? 
Tony.
Tony non ce la faccio senza di te.
Tony.
Tony, perdonami.