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Autore: heliodor    22/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La banda
 
Frammenti di pietre grigie e nere giacevano alla base della torre. Quello che una volta doveva essere un edificio imponente, adesso era spezzato in due e piegato su di un lato. L'interno appariva vuoto e scuro come se la pietra fosse capace di risucchiare la luce del sole.
Era quasi mezzogiorno quando si fermarono sotto la torre di Alling.
"È questa" disse Beric. Si guardò attorno con sguardo ansioso. "Non c'è nessuno" disse con tono deluso.
"Non penso che troveremo qualcuno ad attenderci" disse Joyce esaminando la torre da vicino. "Ma potrebbero esserci delle tracce qui attorno.
"Credevo che Joane ci aspettasse qui."
"Lei non poteva certo sapere che saremmo venuti" disse Joyce.
Beric indicò la sommità della torre. "E se accendessimo un fuoco? Pensi che lo vedrebbe?"
Joyce scrollò le spalle. "Possiamo provare." Guardò nella direzione da cui erano arrivati. La collina sulla quale sorgeva la torre di Orthon faceva da riparo a quella. Nessuno dalla valle avrebbe visto il fuoco ardere sulla torre di Alling.
"Prendiamo dei rami e accendiamo un fuoco" disse indicando gli alberi. "Tu sai farlo, vero?"
"Certo che sì" rispose Beric. "È una delle prime cose che ti insegnano nel circolo. Tu che razza di strega sei?"
"Diciamo che non ero molto attenta quando l'hanno spiegato."
Beric le disse quale tipo di legna raccogliere e Joyce ubbidì. Per un po' fu piacevole passeggiare tra l'erba fresca con l'aria appena smossa dal vento che le accarezzava il viso.
Per un attimo le ricordò i bei giorni a Valonde quando si concedevano una breve gita fuori dalle mura.
"Queste bastano" disse Beric.
Levitarono fino alla sommità della torre, concedendosi qualche minuto per scegliere il posto migliore dove accendere il fuoco.
"Voglio che sia bello alto e che si veda da molto lontano" disse depositando la legna nel punto scelto.
Beric sfregò due pietre tra di loro per provocare una scintilla e poi soffiò sul legno per alimentare il fuoco.
Le fiamme avvolsero i rametti e divampò un fuoco intenso.
Joyce andò su e giù alimentando le fiamme con nuovi rami, facendo attenzione che il fuoco non si estinguesse.
Il fumo nero e denso salì verso il cielo disperdendosi col vento.
Lo vedranno dalla valle, si disse. Non importa, o arriva prima Joane o arriveranno prima gli altri.
Sedettero alla base della torre.
"Così vieni da Nazedir" disse Beric masticando un pezzo di carne essiccata.
Joyce faticò a staccare il suo dal resto. "Sì" disse dopo aver ingoiato il boccone.
"È strano" fece il ragazzo fissando il cielo.
"Cosa?"
"Nara, la strega che accompagnava Ryde. Le ho sentito dire che veniva anche lei da Nazedir, ma non sembrava conoscerti."
Sei più intelligente di quanto pensassi, si disse Joyce.
"È vero" disse masticando con calma la carne per guadagnare tempo. "Ma lei è più vecchia di me e deve aver lasciato il circolo prima che mi consacrassi."
"Ma dovresti aver sentito parlare di una strega che veniva dal deserto. Non devono essercene molte a Nazedir."
Joyce si stava già stancando di quella discussione. "Forse ne avrò sentito parlare, qualche volta. Non lo so, non mi ricordo bene."
"Scusa, non volevo farti arrabbiare" disse il ragazzo.
"Scusami tu, è che sono stanca. Non dormo da un paio di giorni almeno." Per dimostrarlo sbadigliò.
"Riposati. Farò io la guardia" si offrì Beric.
"Sicuro?"
Lui annuì deciso.
Joyce prese la borsa e la sistemò sotto la testa come cuscino. Usò il mantello come coperta e si rilassò.
Senza rendersene conto scivolò in un sonno leggero. Sognò di essere di nuovo nei giardini di Valonde. La primavera era appena iniziata e lei era di nuovo una bambina che si meravigliava davanti a un fiore appena sbocciato o una pianta che non aveva mai visto prima.
Sotto un gazebo sua sorella Bryce stava suonando un flauto. La melodia era così dolce che le sembrava che la stesse accarezzando.
Joyce salì i gradini del gazebo uno a uno cercando di non fare rumore. Era certa che sarebbe bastato un solo scricchiolio per spezzare quella magnifica melodia.
Quando guardò il viso di Bryce, vide che le guance erano rigate dalle lacrime. Sua sorella piangeva anche mentre suonava quella meravigliosa melodia.
Joyce rimase a guardarla per un tempo che le sembrò lunghissimo.
Bryce sollevò gli occhi verso di lei e allontanò il flauto dalla bocca. Le sue labbra si mossero ma non udì alcuna parola.
Joyce si accigliò. "Bryce?" chiese.
"Bryce?"
Una mano la scosse con forza. Joyce sobbalzò a quel tocco, gli occhi che faticavano a mettere a fuoco la scena.
Il viso di una donna incombeva sul suo. Due occhi di un verde intenso la scrutavano con curiosità. Le labbra carnose e rosse si mossero.
"Come hai detto che ti chiami?" chiese una voce divertita.
"Sibyl" rispose ancora assonnata. "Tu chi sei?" Si guardò attorno e vide Beric in piedi vicino alla base della torre. Due figure, un uomo e una donna, gli erano accanto.
Una quarta figura dava loro le spalle e scrutava verso le colline a sud.
"Dovremmo muoverci" disse con tono ansioso. "Devono aver visto il fumo e stanno venendo qui."
"C'è tempo" disse la donna dagli occhi verdi. "Devo ancora fare un paio di domande a questa qui. Sai chi siamo?"
"La banda di Joane?" fece Joyce cercando di concentrarsi.
"Brava" disse la donna. "E sai chi sono io?"
Joyce scosse la testa.
"Mi chiamo Dayra. Ho visto il fumo venire su dalla torre e sono venuta qui. Ma tu sapevi che saremmo venuti, giusto?"
Joyce pensò in fretta. "Diffida di ciò che vedi e fidati di ciò che non vedi."
La donna sorrise. "Sei proprio intelligente. Puoi alzarti o sei ancora mezza addormentata?"
Joyce si tirò su a fatica. Guardò Beric.
"Mi spiace" disse il ragazzo con lo sguardo basso. "Non mi sono accorto che si erano avvicinati."
"Stai bene?" chiese Joyce.
Lui annuì.
"Ai cavalli" ordinò Dayra.
"Arrivano" disse l'uomo che doveva essere di vedetta. Passandogli accanto, Joyce vide che i suoi occhi brillavano come quelli dei gatti. Si ritrasse subito per non farsi osservare da vicino.
"Sappiamo già che porti una maschera, strega rossa" disse Dayra.
Joyce cercò di non arrossire.
"La porti anche quando dormi" disse la donna. "Deve costarti parecchia fatica."
Joyce decise di non risponderle e montò in sella.
Uno a uno quelli che erano agli ordini di Dayra salirono sulle loro cavalcature. L'ultimo fu l'uomo dalla vista speciale. I suoi occhi brillavano ancora, anche se la luce sembrava meno intensa.
"Sei già stanco, Yender?" chiese Dayra.
L'uomo si passò la mano sugli occhi. "Sono solo un po' affaticato, ma sto bene."
"Se vuoi riposarti non chiedere, vecchio" rispose la donna.
Solo allora Joyce notò il viso solcato da rughe profonde di Yender e la pelle macchiata. Si issò sulla sella a fatica, sistemandosi la corta tunica che gli scivolava sul corpo esile.
Gli altri due che erano arrivati alla torre presero le loro cavalcature. "Li portiamo lontani" disse la donna.
"Non troppo" disse Dayra. "E siate prudenti."
La ragazza rispose con un sorriso sincero. "Staremo attenti, mamma."
Dayra ringhiò in risposta.
La ragazza rise e fece schioccare le redini. L'altro la seguì e sparirono nel buio che cominciava a farsi pesante.
"Da questa parte" disse Dayra indicando un sentiero tra gli alberi che scendeva verso la parte opposta della collina.
"Dove andiamo?" chiese Joyce.
"Da Joane. Vi sta aspettando."
 
Cavalcarono per tutta la notte, fermandosi solo per far risposare e abbeverare i cavalli. Dayra concesse una sosta più lunga solo quando Yender cominciò a lamentarsi con un leggero mormorio.
La donna lo aiutò a smontare dalla sella e lo depositò a terra con delicatezza. L'uomo sedette nell'erba alta, il petto che si alzava e abbassava.
"Non mi era mai successo prima" disse Yender come per scusarsi.
"Sei vecchio" disse Dayra con tono secco. "Non dovevi venire con noi."
"Vi serviva una vedetta affidabile."
"Avrei portato Zip al tuo posto."
"È troppo giovane e inesperto" disse Yender col fiatone. "E non vede lontano quanto me."
"E non è stupido quanto te" disse Dayra.
Joyce si avvicinò quasi in punta di piedi temendo d disturbarli. "Il tuo amico è malato?" chiese a Dayra.
La donna sbuffò. "Non è mio amico e non è malato. È vecchio."
"È il cuore, vero?" disse Beric. "Ho visto uno dei decani fare così prima di..." Si fermò e scosse la testa.
"Lo so che devo morire" disse Yender alzandosi a fatica.
Dayra corse ad aiutarlo ma lui la respinse.
"Mi chiedo perché Joane non mi lasci indietro invece di trascinarmi con lei" disse Yender.
"Joane è troppo buona" disse Dayra. "Fosse stato per me ti avrei già usato come esca per attirare qualche cacciatore in trappola."
Yender sorrise. "Anche io ti voglio bene, cara. Aiutami a montare in sella se non ti spiace."
Dayra sbuffò e gli sostenne le gambe mentre l'uomo si aggrappava alla sella.
Joyce pensò di aiutarli, ma ci ripensò.
Non me l'hanno chiesto, si disse.
Rimontò in sella e con lei Beric. "Joane è ancora lontana?"
"No" rispose Dayra afferrando le redini. "Ora sta zitta e pensa solo a non perderci di vista."
Joyce pensò alla formula della vista speciale. Il mondo attorno a lei cambiò. Le sagome dei suoi compagni e quelle degli alberi luccicavano su uno sfondo nero e insondabile. "Non può succedere" disse con tono sicuro.
Dayra scrollò le spalle. "Credi di impressionarmi? Faccio parte della banda di Joane. Dovrai inventarti ben altro per stupirmi."
Joyce arrossì. "Non volevo..."
Dayra diede di sperone e partì al galoppo seguita da Yender e Beric.
"Il tuo incantesimo mi piace" disse il ragazzo passandole accanto. "Magari sapessi usarlo anche io."
Joyce schioccò le redini.
Quando il sole sorse, Joyce si accorse che avevano le colline sulla destra e l'altopiano sulla sinistra, ma molto più vicino di prima.
"Abbiamo girato in tondo?" chiese allarmata.
Dayra rise. "La tua vista speciale non ti ha aiutata granché, vedo."
"Se proseguiamo su questa strada torneremo a Barakzah."
"No ma ci passeremo molto vicini."
"È pericoloso" si lamentò Joyce.
"Non più, ora che la maggior parte dei cacciatori è in giro a cercarci" disse Dayra. "La valle è grande e da lontano sembriamo uno dei tanti gruppi che si sta muovendo alla ricerca di Joane." Scosse la testa. "Quegli idioti pensavano davvero di sorprenderci così? Tipico di Goffren e della sua famiglia." Guardò Beric. "Scusa ragazzo. Spero che tu venga da un ramo cadetto."
Beric si strinse nelle spalle.
Ci volle un giorno intero per attraversare la valle e arrivare dalla parte opposta. Joyce ricordava di esserci già passata tempo prima quando era arrivata a Barakzah e non pensava di ritornarci così presto.
Ogni tanto Yender usava la vista speciale. "C'è un gruppo che ci precede dodici miglia più avanti. Hanno preso il sentiero verso l'altopiano."
In base a quello che riferiva il vecchio, Dayra modificava il loro percorso. Per tutto il giorno fu un susseguirsi di brevi avanzate, deviazioni, pause e infine nuove avanzate verso il confine meridionale della valle.
Solo quando si lasciarono alle spalle le fattorie disseminate attorno a Barakzah si sentì più sicura.
Dayra li condusse a una fattoria dall'aspetto abbandonato. Il tetto dell'edificio principale era crollato e della stalla restava solo uno scheletro di legno annerito dalle fiamme. I recinti erano vuoti e i campi pieni di erbacce.
"Siamo arrivati?" domandò Beric.
Dayra indicò l'edificio crollato. "Joane vi aspetta lì dentro."
Joyce smontò da cavallo e si concesse qualche istante per sgranchirsi le gambe. Beric si avviò per primo verso la fattoria e lei lo seguì.
L'ingresso era protetto da una porta sgangherata i cui cardini erano saltati via. Le assi del portico scricchiolarono sotto il loro peso.
Beric esitò davanti alla porta, fece un profondo respiro e la spinse di lato. Restarono sulla soglia per qualche secondo.
L'interno della casa era avvolto nella penombra, ma non aveva bisogno della vista speciale per notare la figura in piedi al centro della stanza.
Ai piedi di questa, inginocchiata, c'era una seconda figura.
Quella in piedi si volse verso di loro e in quel momento un raggio di sole piovuto dall'alto gli illuminò il viso.
"Ce ne avete messo di tempo per arrivare" disse Kellen ghignando. "Ora il processo può iniziare."

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