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Autore: Anya_tara    25/05/2019    0 recensioni
" L’acqua lieve scorre giù
L’anima crollata che vuole annegare
Questo era il mio regno, adesso è perduto
La pioggia leggera, in cui confido
Siamo tutti perduti
Come lacrime nella pioggia ..."
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se potessi andare, andrei nel mio cuore
E la ricerca di tutti i luoghi che ho lasciato la scintilla
Trovare un modo, un modo per tornare al passato
Prima di iniziare a cadere a pezzi

" Back to the start", Michael Shulte 
 
 
Alla fine, ha ceduto.
Inverosimilmente è stato Quattrocchi a dargli l’indirizzo e tutto. Come nel sogno che voleva avvertirlo, ha creduto fosse bene proseguire lungo quel filo e vedere dove lo conduceva, come gli aveva consigliato il bastardo.
Tanto non aveva più nulla da perdere.
Solo da guadagnare.
Faticosamente ha rimesso insieme i pezzi. Dopo il diploma ha pensato bene di prendere e piantare tutto, ché tanto le agenzie in cui era stato accettato non gli andavano a genio. Ha fatto un anno e mezzo fuori porta, ha sputato sudore e sangue lontano da casa, lontano dai suoi affetti –perché sì, anche lui ne ha a dispetto di ciò che vuol far credere- pur di non doversi rodere fegato e cuore nel pensiero di lui.
E’ tornato giusto in tempo per finire in mezzo ad un casino. Ha fatto il cane sciolto e si è lanciato senza pensarci, che ancora non si era presentato da nessuna parte a cercare lavoro. Senza la tenuta da Hero, così com’era; e si era rimediato un fottuto trauma cranico che l’ha lasciato incosciente per giorni.
Ha rivisto i suoi ex-compagni, i suoi professori. I suoi genitori, Mitsuki che fremeva dalla voglia di dargli una testata e abbracciarlo contemporaneamente, Masaru che gli sorrideva e cercava di trattenere le lacrime.
Ha stretto di nuovo la mano di Capelli di merda, il suo migliore amico. E cominciando a muovere i primi passi ha beccato lo stronzo a metà e Faccia Tonda a baciarsi davanti ai distributori automatici come due cazzo di piccioncini.
Non l’avrebbe detto mai, ma stanno bene insieme quei due. La piccoletta ha abbastanza buonumore anche per quello stoccafisso, e lui abbastanza quattrini da farle mettere da parte i suoi guai; e spera che non sia stato tanto infame da raccontarle della conversazione alquanto accesa che hanno avuto loro due.
E poi quelle parole.
E’ venuto qui tutti giorni. Non ha mai osato varcare quella soglia, perché aveva paura che ti svegliassi e vedendolo … non la prendessi bene. E’ rimasto qui fuori, come un cane, in attesa, chiedendo notizie “.
Todoroki è un bastardo e su questo non ci piove.
Ma non un bugiardo. Mai. La menzogna è estranea alla sua natura.
E lui … Katsuki … non può essergli da meno.
Ha smesso di nascondersi.
Il tempo dei giochi è finito.
Adesso tocca essere uomini.
Ha voluto rivedere la loro scuola, prima. No, non la Yuuei, le medie. Quando erano ancora poco più che bambini e lo tormentava e bullizzava senza pietà; ma lui non aveva esitato un attimo, quirkless com’era, a corrergli incontro per soccorrerlo dal Villan che lo stava risucchiando.
Quanto tempo, quante occasioni gettate via inutilmente.
E’ lui il vero Deku, in fin dei conti. Quello davvero inutile, che ha sprecato metà della vita a fargli del male quasi non potesse perdonargli di ispirargli … quello.
Poi si decide. Va’ all’indirizzo che gli ha dato Quattrocchi, un appartamento simile in tutto e per tutto a quello del suo sogno.
Azzittendo l’inquietudine suona. Quando la voce inconfondibile emerge dal citofono, lui tace tanto gli si contorce lo stomaco. << Sì? Chi è? >>.
E’ vivo. E’ vivo per davvero.
Appena la porta si apre è un tuffo al petto.
Non è cambiato per niente dall’ultima volta che l’ha visto.
Nulla. Neppure una virgola. Niente di niente.
A parte che adesso non riesce più a trattenere la piena dell’emozione nell’incrociare i suoi occhi.
<< Bakugō >>, mormora incredulo Midoriya. << Ci-ciao >>.
Gli occhi gli si riducono in due fessure.
Che cazzo è quella storia? Perché non lo chiama più Kacchan?
<< Co- come stai? >>, continua, sforzandosi di mantenere un tono neutro senza riuscirci.
E’ sempre lo stesso emotivo del cazzo. Troppo sensibile e rivelatore. << Uh >>.
Midoriya sembra intuire il suo sconcerto. Oltre che mettere fuori il proprio. << Quando … quando sei … uscito? >>.
<< Stamattina >>.
<< Ah ah. Bene. Sono felice >>.
<< Mhmm >>.
<< Scusa se non sono venuto a farti visita. Pensavo … ti sarebbe dispiaciuto vedermi >>.
<< Mhmm >>.
Ma che bella conversazione da mentecatti. Nella lista delle sue peggiori questa è la seconda.
La prima resterà quella con lo stronzo a metà. Per un bel pezzo, teme. << Ero … preoccupato. Sono … venuto ogni giorno in ospedale per avere tue notizie. E per il resto … avevo chiesto di tenermi informato … ad Iida e … Uraraka >>. Quel nome pare bruciargli le labbra.
<< La tua ex >>.
Midoriya trasale. Tanto forte che la chiave si stacca dal retro della serratura e finisce a terra con un tintinnio. << Ehm … già >>.
<< Non mi fai entrare? >>, sbotta ruvido.
Midoriya annuisce, sembra confuso. Adorabilmente interdetto. << Sì, certo … scusami. Sono un po’ distratto, di questi tempi >>.
Katsuki stira un mezzo sorriso. << Immagino. La carriera di Eroe deve occupare gran parte dei tuoi pensieri, uh >>.
<< Be’ … sì. Abbastanza >>. Lo vede muoversi incerto, come in sogno.
Ma di sogni Bakugō ne ha avuto abbastanza. Per tutto il resto della sua vita.
Quell’incubo terribile ha colmato tutte le falle nel suo essere, riempito i buchi nel suo ego.
Ora vuole che lo faccia Izuku.
<< Posso … offrirti qualcosa? Non so, un tè … >>. Si volta, guardandolo mentre si prende le tempie tra le mani.
Quel desiderio si è fatto urlo e gli schianta il cervello.
In un attimo Izuku smette i convenevoli fasulli, si fa amorevolmente preoccupato. << Bakugō … va tutto bene? Forse potrei … accompagnarti in pronto soccorso >>.
<< No. Vieni qui >>.
<< Cosa?! >>.
<< Non farmi incazzare Nerd di merda. Vieni qui e basta >>.
Deglutendo, Midoriya si avvicina a lui.
Ha sempre lo stesso odore. Di buono. Innocente. << Di … dimmi cosa posso fare … >>.
<< Ci sei andato a letto? >>, sbotta d’un tratto, brutale.
Izuku trasale più forte. << Con … con chi?? >>.
<< Con Uraraka. Con il bastardo. Con chiunque … ma che cazzo, sai che c’è? Non me ne frega nulla >>. Gli afferra il polso e lo attira a sé, posandogli la bocca sulle labbra.
Soffice e caldo. Dolce come lo zucchero, anche se lui detesta i sapori dolci.
Anche se adesso è un uomo, per lui è sempre Deku.
Il suo Deku. Che va in panico arrossendo e agitandosi, gli occhioni verdi febbrili.  << Ka- Kacchan! >>.
<< Ah, allora te lo ricordi come mi chiamo >>. Gli sfila la maglia, abbassandosi a baciarlo di nuovo, ovunque, come capita: sulla gola, che si muove frenetica seguendo il ritmo confuso, accelerato del respiro, sotto l’orecchio, sulla spalla.
Sul viso. Quel viso che perfino nell’incoscienza l’ha tormentato, facendogli credere che non l’avrebbe mai più rivisto. Che mai più … avrebbe specchiato i suoi occhi in quei due laghi di smeraldo, ammirato quelle piccole lentiggini sugli zigomi.
Si ferma un attimo, raccogliendogli il viso tra i palmi.
Izuku deglutisce, ma non cede. Lo fissa a sua volta, senza timore, con la stessa determinazione di allora.
Anch’io … posso essere un eroe
Oh, sì, amore mio. Tu lo sei.
Stavolta è Izuku ad andare in cerca del suo bacio, sollevandosi sulle punte dei piedi scalzi.
Katsuki non lo accontenta però. Anzi, solleva la testa, negandogli la bocca. << Sto aspettando >>, gli sussurra.
<< Co – cosa? >>.
<< Che me lo dici >>.
<< Io … ecco, io … >>.
<< Non quello >>. Gli porta le labbra a distanza di un respiro dall’orecchio, lo lambisce piano col suo fiato mentre Izuku s’irrigidisce.
Sta tremando. << Sai cosa voglio che tu mi dica >>.
Gli occhioni verdi si fanno lucidi. Come due pozze d’acqua scosse da una brezza leggera, profumata dell’estate che si porta dentro. << Ti – ti amo >>.
<< Bravo, Deku. Bravo >>. Gli restituisce finalmente la possibilità di baciarlo, Izuku alza le braccia, gliele avvolge al collo mentre le mani di Katsuki gli percorrono la schiena. Quella pelle così morbida malgrado tutti i graffi che la costellano gliele fa prudere, bruciare.
Vorrebbe legarsele, ferirsele, per tutte le volte che gliele ha messe addosso solo per picchiarlo.
Per tutte le volte in cui l’ha ferito anche con esse, in cui l’ha buttato giù. L’ha deriso, solo perché no, non poteva accettare che non potesse più essere il suo eroe, il suo mito.
Che non potesse più guardare a lui con quegli occhi pieni di pagliuzze scintillanti. Chiamarlo … Kacchan.
La lingua di Izuku è morbida contro la sua. E’ un bacio dolce, prolungato, il preludio ad una lenta discesa lungo sentieri sconosciuti eppure familiari, una strada che si è attraversata tanto tempo prima, una sola volta e poi non più; ma di cui non si è mai scordato il percorso.
Midoriya si aggrappa alle sue spalle, fa per tirargli via la maglia a sua volta; Katsuki non perde tempo e approfitta della pausa per slacciargli i jeans.
La mano di Izuku si posa sulla sua, lo ferma. I suoi occhi gli entrano dentro, ancora. << No >>.
Katsuki rimane interdetto. Ma cazzo, ha ragione, sta correndo troppo e … forse lui non è preparato, in fondo si è presentato alla sua porta dopo tanto tempo con delle richieste – pretese- assurde e …
<< Non l’ho fatto. Con nessuno >>, ammette, abbassando il capo smeraldino e deglutendo di nuovo, le guance innaturalmente rosse.
Il cuore di Bakugō si contrae, per poi riprendere a battere più forte. << O … Okay >>.
<< Aspettavo te >>.
Ora respira a fatica. L’aria gli raspa in gola, come dopo essere uscito dal coma. << E se … se .. non fossi … arrivato mai? >>.
<< Avrei continuato ad aspettarti … Kacchan >>. Rialza gli occhi, e con essi la mano con cui l’ha fermato per posargliela sulla guancia.
<< Allora … te lo sei guadagnato >>.
<< Cosa? >>.
<< Dov’è che hai il letto? >>.
 
Le dita di Izuku tremano leggermente. << Di più. Stringi. Forte >>.
<< Ma … ma ti farò … male e … >>.
<< Non fare il solito nerd di merda. Stringi >>.
Izuku obbedisce, il legaccio si serra intorno al polso fin quasi a bloccare la circolazione.
Non sembra convinto. Poi ci infila un dito in mezzo, allentandolo quanto basta a non recargli danno.
E’ avvampato con violenza. Sembra sia sul punto di piangere, tanto i suoi occhi sono lucidi.
Se la sua eccitazione non fosse un fluido dolce e denso che riempie l’aria intorno ad ogni suo movimento, Katsuki penserebbe quasi che lo sta terrorizzando.
Ma la sente, nitida. Gli preme sul fianco mentre termina di assicurarlo al montante del letto.
Non gli ha chiesto perché. L’ha fatto e basta.
Quel che ha provato mentre era in balia di Todoroki l’ha colpito, svegliandolo per davvero.
Se c’è una cosa che non è mai stato in grado di fare, è affidarsi a qualcun altro. Si, vero, forse con Kirishima ha instaurato un rapporto un po’ più paritario: ma mai l’ha considerato al suo livello, mai si sarebbe affidato ciecamente a lui. Anzi, semmai è sempre stato Bakugō a vegliargli addosso finché ne è stato in grado.
Ora vuole donare a Deku tutto ciò che ha di più prezioso.
L’abbandono alla volontà altrui. In realtà non sarebbe servito neppure legarlo: ma ha il dubbio che la sua fame possa finire col sottometterlo comunque in qualche modo, e poi voleva un modo per dimostrarglielo chiaramente.
Fa’ di me quello che vuoi.
Sono nelle tue mani.
Quelle mani che si sono sempre tese per accorrere in suo aiuto, anche quando non lo meritava. Anche quando ha mandato quelle di qualcun altro a salvarlo, sapendo che non sarebbe stato accettato.
Quante volte si è rifiutato di stringerle quelle piccole mani così forti.
Ora vuole sentirle.
Mentre gli slaccia piano i calzoni, glieli fa scivolare dalle cosce tremano ancora ma non esitano. Lentamente lo spogliano, lo accarezzano, si fermano sull’orlo dei boxer e non si muovono più.
Poi con lentezza non studiata, spontanea le porta su se stesso. Libera le proprie gambe, con quel suo fare timido ma deciso a non farsi indietro.
Deku non si è mai fatto indietro. Nemmeno davanti ai peggiori nemici; anche se strangolato dal terrore più puro non ha mai rifiutato nulla, ha accettato dolore e paura, ne ha fatto una spinta, un monito a non arrendersi mai.
Nemmeno adesso retrocede. Appena si spoglia gli si sdraia addosso, cauto.
Il calore della sua pelle basta a mandarlo in estasi. La purezza del suo corpo, del suo sguardo è una dose di adrenalina piantata dritta nel cuore.
Finalmente. Dopo tutto questo tempo …
Lui.
Non riesce a togliergli gli occhi di dosso mentre lo bacia sul petto, sulle braccia. Piccoli tocchi ingenui che lo riempiono di brama, gli arroventano il respiro e fanno montare l’eccitazione a livelli disumani.
I montanti del letto scricchiolano. << Fa’ presto, Deku >>.
Midoriya avvampa una volta di più. << Ho bisogno di te. Adesso >>.
Raccoglie il coraggio a due mani, si fa avanti e torna a catturargli le labbra. Bakugō si lascia sfuggire un ansito rovente, affamato.
<< Fammi tuo … Izuku >>.
Il ragazzo inspira con forza. Porta due dita alla bocca, le inumidisce con la sua saliva. Katsuki le guarda luccicare un istante, prima che svaniscano per andare a cercare l’accesso alle sue viscere.
Serra gli occhi.
Fa male.
E’ un dolore celestiale. Le sente scavargli dentro, allentarlo, aprirlo e non vuole nient’altro che lo facciano ancora di più; muove il bacino contro la sua mano, ode il suo verso esterrefatto e prova a contrarre quanto più possibile i muscoli intorno alle dita che lo esplorano, con innocente ingordigia.
<< Deku … >>.
Estrae le dita, sistemandosi tra le sue cosce.
Ora è lui a prendere fiato.
E’ un affondo secco. Che lo fa gridare. << Oddio, scusa, scusami Kacchan! >>, esclama immobilizzandosi.
<< Sta’ zitto >>. Lottando con il dolore, il bruciore dimena i fianchi, accogliendolo in sé più a fondo, dimostrandogli di essere ospite gradito.
Trema, Izuku. Ma non demorde; osserva con piacere crescente l’espressione sul suo volto mutare, i tratti bellissimi e delicati da ragazzino contrarsi nella passione.
<< Kacchan … ah >>. Immediatamente riprende animo, torna a stendersi sopra di lui e a condurre il gioco, entrando ed uscendo, ansimando, gli spasmi che gli scuotono le membra si trasmettono a lui quasi per osmosi.
Cazzo, quant’è bello. Soffre da matti, ma non gliene frega niente.
E’ Deku. Che si prende il posto che gli spettava da troppo e che non ha voluto concedergli finora perché troppo spaventato da quel sentimento così immenso e profondo.
Ora vuole gustarlo appieno. Vuole sentirlo dilaniargli le carni, invaderlo, stordirlo completamente.
I loro gemiti si confondono, sbattono l’uno contro l’altro intrecciandosi come i loro corpi, le loro dita. Anche se legato Midoriya gliele cerca ugualmente, le stringe restando a distanza d’un respiro spezzato, caldo, spinge con misurata energia ma senza sosta.
L’attimo in cui si affaccia all’orgasmo è terribilmente soave. Strizza le palpebre ma subito le riapre, si china a baciarlo ancora dandogli ogni suo
<< Kacchan … >>, sussurra sulle sue labbra. << Ti amo … >>. E si lascia andare, riversandogli dentro il suo seme, fluido e bollente.
Katsuki si morde le labbra, inarcandosi. Lo accoglie sul suo torace sfinito, col fiato corto e la pelle incandescente.
<< Kacchan … >>, mormora teneramente, con un sospiro gonfio di appagamento. Gli sfrega i capelli sulla spalla, solleticandolo.
Bakugō non gli chiede nulla.
Non ne ha bisogno. Istintivamente Deku scivola sul suo torso, si ferma in basso.
Il suo bacio è anche più dolce adesso. Lento e morbido, insiste sull’ombelico seguendone i contorni con precisione millimetrica prima di addentrarsi nella leggera peluria appena dorata del sesso e affondarvi senza remora.
Katsuki reclina il capo, rovescia gli occhi.
Oh…  Deku. Il suo meraviglioso, sorprendente Deku.
Lo porta fino alla fine. Quando gli strappa dalla gola serrata in un ansito strozzato il suo nome, quelle parole troppo a lungo taciute, negate.
Appena ha anche lui il suo apice Midoriya lo slega con due semplici tocchi. La sua forza è sovraumana.
Come la sua bellezza. La sua dolcezza. << Izuku … >>.
 Restano cuore a cuore, così, abbracciati. Le braci del sole morente li scaldano, nudi, sudati, sul letto in cui hanno trovato compimento i loro affanni, le loro speranze e i loro desideri.
<< Senti >>.
<< Mhmm? >>.
<< Io ho avuto una visione. Mentre ero in coma. Eri morto. Un ictus, dice >>.
Midoriya rialza gli occhioni su di lui.
<< E’ stato orribile. E ora … temo che possa succederti qualcosa >>.
<< Ma, Kacchan … >>.
<< Chiudi il becco. Ora, non so se accadrà o meno, ma … quello che voglio è … insomma, starti … vicino. Quanto meno … per accertarmi che tu sia … al sicuro >>.
<< Va bene, Kacchan … >>. Gli posa un delicato bacio sul plesso solare. << Ma non devi temere. Io sto bene. E anche se accadesse … adesso … io sono … felice. Davvero >>. Si raggomitola contro l’incavo della spalla. << Ma se proprio vuoi … >>.
<< Sennò non te lo starei dicendo, no? Sei sempre il solito nerd di merda >>, borbotta, serrandolo tra le braccia.
Izuku sospira, di abbandono e beatitudine. << E va bene. Ma con te … io non ho paura di niente, Katsuki. Tu sei il mio eroe. Lo sarai sempre, anche tu >>.
Bakugō sorride. Gli sfiora la tempia con le labbra, gli scompiglia appena i boccoli smeraldini. << Non importa quel che avverrà, se ti avrò al mio fianco. Con te, potrei sfidare anche la morte >>.
<< Sta’ zitto, idiota >>. Gli cerca la bocca, la carpisce in un bacio senza grazia, quasi un morso. Per tenerlo quanto più possibile vicino. << Sta’ zitto >>.
 
 
Nessuno può prevedere il destino.
E quasi per fargli scontare quella capacità, la Nera Signora si è portato via l’Eroe Veggente, tanti anni prima. Che a nessuno è dato di conoscere le vie oscure per cui s’inerpica il sentiero di ognuno.
Sono passati tre anni. E ne hanno prese di batoste, di ferite.
Tanti altri segni si sono aggiunti a quelli che già avevano. Tanti altri giorni sono trascorsi, dietro la scrivania dell’ufficio in agenzia; tante altre notti, insieme, tra le lenzuola.
A cercarsi. Ad amarsi.
A temere e aspettare.
Uraraka sorride. Il suo pancione è ormai così grande che sembra sia quello a reggere lei e non il contrario. Arma il cellulare, fa cenno con la manina dai magici polpastrelli di stringersi. << Dai, Bakugō! Sorridi! >>.
Katsuki non ne ha alcuna voglia. Stretto tra il bastardo e Quattrocchi, passerebbe a chiunque.
Midoriya è davanti a lui. Si gira un attimo, gli rivolge uno dei suoi sorrisi più belli e spontanei.
La cicatrice sulla tempia non si vede più. I capelli sono ricresciuti, anche se i boccoli verdi e folti hanno ceduto da tempo il posto ad un taglio più virile.
Quando quel mattino di un anno e mezzo prima, dopo aver fatto l’amore, gli ha detto che andava a fare la doccia mentre lui preparava la colazione, nel non vederlo uscire dal bagno si era inquietato ma non troppo.
Aveva subito compreso. E prima ancora di andare a spalancare la porta e trovarlo riverso sul pavimento aveva già composto il numero delle emergenze.
L’avevano ripreso subito. Era stato leggero, non gli aveva lasciato alcun segno oltre quel piccolo graffio in rilievo sulla pelle delicata, e qualche mese di riabilitazione.
Bakugō non aveva avuto paura, stranamente. Il suo animo era in pace, sapeva che sarebbe dovuto accadere e una volta successo, sapeva anche che sarebbe andato tutto bene.
Izuku stava bene. Era perfino tornato al suo lavoro, insieme a lui. Aveva aperto una propria agenzia e la portavano avanti, giorno per giorno e notte dopo notte, combattendo il male, crescendola e occupandosi di lei con amore come fosse una loro creatura, un figlio.
Katsuki cede. Davanti a quel sorriso, a quegli occhi di smeraldo sorride infine anche lui.
E’ il suo compleanno in fondo.
Il terzo, insieme. Anche a tutti i loro amici.
<< Dite “ cheese” … >>. Il rumore dello scatto, la giovane futura madre che correva incontro al gruppo dopo aver immortalato ad eterna memoria quel momento e le altre ragazze che si davano da fare per riempire i calici e passarli agli altri.
E’ una bella sera di luglio, calda e quieta.
Sembra che anche i Villan abbiano voluto concedere loro un attimo di respiro, quei maledetti.
Todoroki si avvicina a lui, allunga il bicchiere a battere piano contro il suo. << Allora, Bakugō. Avevo ragione o no? >>.
<< Tsk. Non montarti la testa, bastardo. Solo perché alla fine sei riuscito a mettere incinta Faccia Tonda, non vuol dire che debba sempre dirti bene tutto >>.
Shouto ridacchia. << Non ti chiederò di darmi soddisfazione fino a questo punto, sta’ tranquillo >>. Beve, e Katsuki gli scocca un’occhiataccia di traverso.
<< Fottiti, stronzo >>.
Lui alza le spalle con fare filosofico. << Fa’ come ti pare. Ma … se gli fai del male, verrò a cercarti, non dubitarne. E’ pur sempre mio amico >>.
Bakugō fa un verso scocciato. << Senti, faccia a metà. Vuoi vedere tuo figlio con tutti e due gli occhi, o devo gonfiartene uno così tanto che ti riprenderai solo dopo che avrà preso la licenza? No dico regolati eh? >>.
Todoroki stavolta scoppia a ridere. Svuota il calice, scuotendo la testa bicolore. << Ti sto solo punzecchiando. Lo so che ci tieni >>.
<< Coglione >>.
Shouto alza l’indice dal cristallo, glielo punta dritto contro. << Vedi di esserci, piuttosto. O non te lo perdonerò >>.
<< Verrò solo per il bambino e tua moglie. Non certo per vedere la tua faccia da cazzo, idiota >>.
<< Sta bene >>. Si leva di torno, finalmente, tornando dalla sua donna.
Ora è Izuku ad avvicinarsi. Lo abbraccia, e Bakugō gli posa le mani sulle spalle forti. << Grazie, Kacchan >>.
<< Di che? Di non aver ficcato il bicchiere in gola a quell’imbecille? Prego. Non ti avrei mai rovinato la festa per una cosa del genere >>.
Midoriya sorride. Gli prende le mani nelle sue. << Stiamo bene, vero, Katsuki? >>.
<< Sì, Deku >>. Si china su di lui, gli bacia la cicatrice quasi invisibile. << Stiamo bene. Staremo bene >>. Gli prende il mento tra le mani, gli alza il viso accaldato, arrossato di eccitazione e per il bagliore sanguigno del sole che cala ad ovest. Ora le labbra sfiorano quelle di lui. Con dolcezza. << Staremo bene. Sempre >>.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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