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Autore: heliodor    27/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Qualcosa di terribile
 
Joyce la fissò stupita per alcuni secondi, senza sapere che cosa dire. Una parte di sé voleva alzarsi e prenderla a calci. L'altra evocare un dardo e cancellarle quella risata dal viso.
Joane rise fino alle lacrime. "Davvero, che splendida notizia che mi hai dato. Finalmente. Credevo di dovermene occupare io stessa un giorno di questi, ma gli Dei sono stati benevoli con me e mi hanno risparmiato questa fatica."
"È tuo figlio" disse Joyce faticando a mettere insieme le parole. "E sta morendo."
"Sai quanto ho pregato perché accadesse? Ogni giorno e ogni notte degli ultimi venti anni."
"Non dici sul serio."
"Perché ti stupisci tanto? Non vedo Bardhian da quando è nato."
"Perché lo hai abbandonato."
Joane scosse la testa affranta. "Ti sbagli, non l'ho abbandonato. C'era un accordo preciso tra me e Gladia. Toccava a lei prendersi cura del bambino. In fondo era lei che l'aveva voluto."
"Gladia?" fece Joyce stupita. "Gladia di Taloras? L'inquisitrice?"
Joane sembrava sorpresa. "La conosci?"
"Sì" disse Joyce.
"È lei che ti ha mandata?"
"Un amico" disse Joyce.
Vyncent è coinvolto, si disse Joyce. È una coincidenza troppo strana.
Joane si rilassò. "Un amico" disse pensosa. "Ti ha detto di portarmi da Bardhian?"
"Mi ha detto di portare lui da te."
"Perché?"
"Non lo so. Non me l'ha detto."
La donna sospirò. "Che disdetta, vero?"
Devo saperne di più, si disse Joyce.
"Gladia voleva Bardhian? E tu?"
"Io non ho mai voluto figli, ma le dovevo un favore e ho accettato."
"Non si fanno figli per ripagare un debito."
"Non giudicare quello che non conosci" disse Joane. "All'epoca mi parve uno scambio del tutto equo. In fondo le dovevo la vita. Un giorno Gladia si presentò da me dicendo che era il momento di ripagare quel debito e dovetti accettare."
"Le devi la vita?"
"Le dovevo. Ora il debito è estinto."
"Quand'è che ti ha salvata?"
Joane ghignò. "Sono stanca di rispondere alle tue domande, strega rossa. Ora tocca a te."
"Che vuoi sapere?"
"Il tuo soprannome. Lo hai scelto tu?"
Joyce scosse la testa. "Mi è stato dato."
"Da chi?"
"Da un bambino di Mar Qwara."
Ricordava bene quando Alil le aveva dato quel soprannome. All'epoca lo aveva trovato fastidioso e irritante, ma col tempo di aveva fatto l'abitudine e ora lo considerava una parte di sé.
Joane ridacchiò. "Sei proprio strana. Hai detto di venire da Nazedir. Chi ti ha fatto da guida?"
Bella domanda, pensò Joyce. E ora che cosa le rispondo?
"Gajza" disse quasi senza pensarci.
Joane sgranò gli occhi. "Non dirmi che sei la nipote di Selina. Questo spiegherebbe molte cose."
"No" si affrettò a dire Joyce.
La nipote di Selina pensò.
"Ma conosco Eryen" si affrettò ad aggiungere.
"Questo spiega qualcosa. Devi sapere molto di questa storia, vero?"
Joyce annuì. "So degli eredi, se è quello che intendi."
Joane ghignò. "Ora sì che mi è tutto chiaro. Gladia ti sta usando, come al solito."
"Non sono venuta a cercarti perché me l'ha detto lei" disse Joyce.
"Gladia" disse Joane pensosa come se non la stesse ascoltando. "Dopo tanti anni, torna a tormentarmi. Forse dovrei uccidere lei e non Bardhian."
"Perché la odi così tanto?"
Joane sospirò. "Non la odio affatto. C'è stato un periodo della mia vita in cui la consideravo una sorella maggiore e una guida. Ma quel tempo è passato e io sono cresciuta e ho capito certe cose."
"Quali?"
"Sarebbe lungo spiegartele."
"Puoi provarci" la esortò Joyce.
Joane scosse la testa. "Ricordo ancora i discorsi che ci faceva. Parlavano di epoche, profezie ed eroi prescelti. Diceva che l'arcistregone era la minaccia più grande che avessimo mai fronteggiato e che non l'avremmo mai distrutto senza le armi adeguate."
"Armi?"
Joane annuì. "Armi, sì. Armi umane, diceva lei. Convinse Selena e Marget a seguirla nella sua ricerca e trascinò anche me in quella follia." Ridacchiò. "Ci chiamavano le quattro stelle, ma era solo per nascondere il nostro vero scopo."
"Quale?"
"Trovare il modo di battere Malag. Gladia aveva previsto il suo ritorno. Credo che lo avesse sempre saputo. Lei ne era così certa da aver sacrificato tutta la sua vita in attesa del suo ritorno. Diceva che dovevamo essere pronti a tutto perché l'impresa di Bellir ci aveva solo fatto guadagnare del tempo prima che l'arcistregone tornasse più forte di prima."
"Lei sapeva chi è davvero Malag?" chiese Joyce. "Che cosa è in realtà?"
"Tu cosa pensi che sia?"
"Un demone? Un elfo cattivo?"
Joane rise. Quando si calmò, disse: "È la cosa più assurda che abbia mai sentito ma sì, potrebbe anche essere, chi può dirlo?"
"Gladia non vi disse che cos'era Malag?"
Lei scosse la testa. "Se lo sapeva, ha tenuto il segreto per sé. A noi disse solo che aveva un piano per affrontarlo e batterlo. Per sempre."
"Quale piano?" chiese Joyce.
Joane sorrise. "Noi" disse. "Eravamo noi il suo piano. Le quattro stelle, gli eredi, tutto riconduceva a noi. Voleva delle armi e le ha avute. Ora sta a lei usarle."
"Dove sono queste armi?" chiese Joyce. Se lo avesse saputo sarebbe andata di corsa da suo padre a dirglielo.
"Una sai tu dove si trova" rispose Joane.
"Bardhian?" chiese Joyce.
Joane annuì. "È questo l'unico scopo della sua esistenza. Affrontare e distruggere Malag e fare in modo che la stregoneria trionfi ancora e ancora e ancora. E il mondo resti com'è."
"E non è un intento nobile?"
La donna sospirò. "Dal mio punto di vista, la stregoneria meriterebbe di sparire."
"Perché?"
"È durata anche troppo, ben oltre il tempo che le era stato concesso. È giunto il momento che il mondo conosca qualcosa di nuovo."
"Cosa?"
"Non chiederlo a me, strega rossa, ma posso assicurarti che farò ogni cosa in mio potere per far sì che la stregoneria venga abbattuta una volta per tutte."
"Quello che dici è terribile" disse Joyce balzando in piedi.
"Perché sei così sorpresa? Il mondo ha già conosciuto altre epoche. Prima della nostra ci fu l'epoca della magia e prima ancora quella delle ombre e prima di quella chi lo sa?" Fece una pausa. "Gladia e pochi altri credono di poter sovvertire l'ordine naturale delle cose. È sbagliato e glielo dissi, ma lei non volle ascoltarmi. Fu per questo che abbandonai Bardhian non appena nato. Avevo capito che cosa avesse intenzione di fare l'inquisitrice, ma sapevo di non potermi opporre. Lei era più forte e il bambino era protetto dai Malinor. Scelsi l'esilio nel timore che Alion cercasse di uccidermi, se Gladia gli avesse detto come la pensavo. Tornai a Barakzah e vi rimasi per quasi vent'anni, finché non venni a sapere che Malag era tornato e l'orda si era formata sul continente. Così mi unii a loro nella speranza di aiutarli nella lotta che ritengo ancora giusta."
"Malag vuole distruggere il nostro mondo" disse Joyce furiosa. "Ti sembra una cosa giusta questa?"
"Se non lo farà lui, lo farà qualcun altro" disse Joane con tono sereno. "È inevitabile che quest'epoca finisca, anche se Gladia e quelli come lei non si rassegnano. Non faranno altro che peggiorare le cose e rendere più dolorosa la fine di questa epoca."
"No" disse Joyce. "Io non posso accettarlo. Se c'è una possibilità di impedirlo, dobbiamo sfruttarla."
Joane scosse la testa. "Sei proprio come lei. Si vede che sei stata allevata da Gajza. Quella pazza era ancora più convinta di Gladia."
"Ti ho mentito" disse Joyce con rabbia. "Non vengo da Nazedir e Gajza non era la mia guida."
Joane la fissò divertita. "Se me lo stai dicendo, vuol dire che non temi che vada a raccontarlo in giro, vero?"
Joyce evocò un dardo magico e glielo puntò contro.
Joane non si mosse. "Sapevo che sarebbe giunto questo momento. Se devi farlo, non esitare e mira bene. Non ho la forza di difendermi."
Joyce restò col braccio teso per qualche secondo, poi lo abbassò e annullò il dardo.
Joane sospirò. "Vorrei poter dire il contrario, ma per un attimo ho temuto che lo facessi davvero. Anche se non sembra, tengo ancora alla mia vita e voglio vedere con i miei occhi la fine di questa epoca."
"Devi venire con me da Bardhian."
Joane ridacchiò. "Non lo farò."
"Ti costringerò" disse Joyce.
"Può darsi, ma se non mi uccidi tra qualche giorno sarò di nuovo in forze e cercherò di fuggire. Oppure potrei attendere il momento giusto per colpirti alle spalle e ucciderti. Credimi, lo farei senza esitare un solo istante."
In che guaio mi sono messa? Si chiese Joyce disperata.
La sua mente lavorò frenetica finché non le venne in mente una cosa. "Sei una che paga i suoi debiti, vero?" le chiese.
Joane annuì.
"E io ti ho salvato la vita" continuò Joyce.
"So già a cosa stai pensando. Puoi fidarti davvero di me?"
"No, ma ho bisogno che tu venga con me da Bardhian e sono disposta a correre questo rischio. Tu hai un debito con me e io ti chiedo di ripagarlo aiutando tuo figlio. Lo farai?"
"Anche se ti rispondo di sì, non puoi essere certa che..."
"Lo farai?" chiese Joyce con tono deciso.
Joane ghignò. "Verrò con te e vedrò che cosa posso fare, ma se non posso aiutare Bardhian riterrò comunque estinto il mio debito. D'accordo?"
"Sì" disse Joyce.
Due giorni dopo Joane si sentì abbastanza forte da rimettersi in piedi e montare in sella.
Joyce l'aiutò a salire sul cavallo e si assicurò che non cadesse. Controllò la benda sostituendola con una pulita.
Stavolta Joane le disse come fare una medicazione migliore della sua.
"Almeno non morirò per strada" disse con tono ironico. Guardò verso nord. "A quest'ora Beric avrà incontrato Kellen o suo zio e avrà detto loro come raggiungerci. Abbiamo un giorno, forse due di vantaggio."
"Li faremo bastare" disse Joyce.
"Se ti trovano con me capiranno che mi hai aiutata. La punizione per chi aiuta una rinnegata non è meno lieve."
"Cosa può succedermi di così terribile?"
"Morte, se sei fortunata. O un passaggio per Krikor."
"È così brutto lì?"
"Le navi che vi portano gli esiliati nemmeno attraccano. Li gettano in mare e tornano indietro."
"Deve essere terribile."
"Lo è" disse Joane.
Viaggiarono a tappe forzate nei dieci giorni seguenti. Joane migliorò durante il tragitto e alla fine dell'ottavo giorno la ferita era chiusa e non sanguinava più.
"L’odore è buono" disse la donna. "Anche se ci servirebbe un bel bagno profumato."
Joyce annuì. "Perché hai distrutto la fattoria dei Berryn?" le chiese durante una sosta per far riposare i cavalli.
"C'era gente cattiva, te l'ho detto."
"Non potevi rivolgerti al circolo?"
"Ero io il circolo in quel momento" disse Joane. "Gorgas non voleva perdere i pochi rifornimenti che Goffren gli garantisce e il resto erano solo ragazzini. Forse solo Beric poteva essermi utile, ma c'era il rischio che andasse a dire tutto al vecchio o allo zio." Scosse la testa. "Stupido ragazzino."
"Lui ti ammira."
"Ciò lo rende ancora più idiota" disse Joane ghignando.
"Per questo hai radunato una banda?"
"Yender, Dayra e gli altri li ho conosciuti nell'armata di Aschan. Sapevo che loro si nascondevano da qualche parte sulle colline. Per convincerli dissi loro che si sarebbero potuti tenere tutto il bottino che avremmo trovato. Attaccammo la fattoria e uccidemmo tutti quelli che si trovavano all'interno. Quasi tutti. Un paio riuscirono a scappare e diedero l'allarme."
Con che razza di persona sto viaggiando? Si disse Joyce. Berryn ha tutti i motivi per darle la caccia, ma l'inquisitore?
"Kellen" disse Joyce. "Lui perché ti da la caccia?"
Joane ridacchiò. "Per gli Dei, non ti stanchi mai, vero?"
"Lui dice che è stata Gladia a mandarlo per ucciderti."
"È probabile. Gladia deve aver saputo che ero passata dalla parte dell'orda e ha deciso di eliminarmi. A volte gli amici lo fanno" concluse con una scrollata di spalle.
"Siete ancora amiche'"
"Non lo so. Glielo chiederò quando la incontrerò di nuovo." Ghignò. "O forse cercherò di staccarle la testa. Devo ancora decidere."
Ci vollero altri sei giorni per attraversare l'altopiano seguendo a ritroso la via che aveva fatto all'andata.
"Il villaggio di Shoni dovrebbe essere dietro quell'altura" disse Joyce indicando l'orizzonte.
Dopo mezza giornata avvistarono la palizzata che racchiudeva le misere casette di legno. Si aspettava di scorgere qualche movimento, ma non vide nessuno muoversi attorno all'ingresso.
Quando si avvicinarono, notò la palizzata abbattuta in una dozzina di punti e le torri di guardia crollate. Anche quella al centro del villaggio, sotto la quale sorgeva la casa di Doriton il guaritore.
"Dei che luogo desolato" disse Joane. "Era così quando sei andata via?"
"No" disse Joyce preoccupata. Cavalcò verso il villaggio. Oltre l'ingresso c'erano solo case bruciate e distrutte. Le recinzioni degli animali erano state abbattute anch'esse e le bestie erano sparite.
Davanti all'ingresso di qualche casa c'erano dei corpi ridotti a scheletri dopo che il fuoco aveva consumato le loro carni. A Joyce ricordarono i rami secchi di un albero.
"È successo qualcosa di terribile" disse mentre si avvicinava alla casa di Doriton. Per un attimo sperò che la distruzione fosse circoscritta solo a quelle poche case e che il resto del villaggio stesse bene.
Qualcuno aveva ammucchiato una decina di corpi un una pila. Gettò una rapida occhiata e vide il volto di Hali il guardiano che la fissava con orbite vuote.
La torre centrale era crollata seppellendo le case circostanti, ma aveva risparmiato quella di Doriton che era ancora in piedi.
Joyce smontò con un balzo e si precipitò verso l'ingresso spalancato. Nel buio quasi inciampò in un corpo messo di traverso.
Era quello di una ragazza.
L'assistente di Doriton, si disse.
Si trascinò su gambe malferme fino alla stanza dove aveva visto Bardhian per l'ultima volta.
Il letto era vuoto, le coperte disfatte. Non c'erano segni di lotta e tutto sembrava a posto, a parte il fatto che la casa era vuota.
Joyce tornò di fuori dove Joane si guardava attorno.
La donna rise. "Pare che gli Dei mi abbiano ascoltata, dopotutto."

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