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Autore: heliodor    28/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Le quattro Stelle
 
"Non è giusto" disse Joyce sedendo in un angolo della casa. "Non è affatto giusto."
Joane si guardava attorno. Ogni tanto apriva un cassetto o dava un'occhiata in una stanza. "Hanno portato via tutto il cibo" disse. "Peccato. Vuol dire che dovremo ancora faticare per mangiare in maniera decente. Quanta di quella carne secca ti è rimasta?"
Joyce fu tentata di tirarle un pugno in faccia.
Perché non l'ho lasciata morire quando Beric l'ha ferita? Mi sarebbe bastato andarmene via e il dardo avrebbe fatto tutto il lavoro.
Joane le serviva. Aveva promesso a Vyncent di portare Bardhian da lei se fosse stato in pericolo. L'aveva fatto e ora quello. Il principe era scomparso ed era tornata al punto di partenza.
"Cerchiamo di ragionare" disse Joane.
Joyce alzò la testa di scatto. "Su cosa?"
"Su quello che è successo qui. Ho toccato la cenere degli incendi, è ancora tiepida. Non è passato molto tempo. Qualcuno ha attaccato il villaggio e ha ucciso molte persone. Ma ha preso le altre e anche gli animali. È chiaro che volevano prigionieri e cibo."
"E allora?" chiese Joyce con tono aspro.
"Non è un comportamento da razziatori. Quelli rubano e saccheggiano, ma non distruggono i villaggi né rapiscono le persone. Sanno che due o tre anni dopo saranno ancora lì con un facile bottino."
Joyce si accigliò.
"Il contadino non sradica tutto l'albero per coglierne i frutti. Mi segui adesso?"
"Avevo capito anche prima" disse lei. "Non sono stupida."
Joane scrollò le spalle. "Scusa, non ti volevo offendere. Almeno sei d'accordo con me? Qualcuno potrebbe essere sopravvissuto."
"Sì" disse Joyce alzandosi. "Ma non sappiamo dove sono andati."
"Avranno lasciato delle tracce" disse Joane voltandole le spalle. "Basta trovarle."
Dall'esterno arrivò il rumore di assi di legno che si spezzavano.
Joane balzò verso la finestra e vi passò attraverso, atterrando dall'altra parte.
Joyce evocò lo scudo.
Forse qualcuno è rimasto indietro, pensò. Se hanno ucciso Bardhian gliela farò pagare.
"Lasciami" gridò una voce maschile. "Lasciami ti prego."
Joane era atterrata sul petto di un uomo disteso a terra. Le mani della strega luccicavano. "Chi sei? Perché ci stavi spiando?"
"Mi chiamo Derv" disse l'uomo. "Mi chiamo Derv. Non mi uccidere."
Joane si leccò le labbra. "Hai guadagnato un altro minuto, Derv. Ora dimmi che ci fai qui."
"Ci vivo. Ci vivevo" disse Derv. "Prima che arrivassero loro."
"Loro chi?"
"Mantelli grigi. E lance e scudi."
"Quanti?" chiese Joane.
"Tre mantelli e cinquanta lance, credo. Non li ho contati."
Joane sollevò una gamba dando a Derv la possibilità di respirare. "Perché non hanno preso anche te?"
"Ero nelle campagne a cercare della selvaggina. Sono un cacciatore."
Joyce notò solo allora l'arco e la faretra al fianco dell'uomo e un pugnale infilato in un fodero legato alla gamba.
Joane si grattò una guancia. "Che è successo qui?"
"Non lo so. Quando ho visto il fumo alzarsi dalla torre ho capito che stava succedendo qualcosa di brutto." Derv piagnucolò. "Hanno ammazzato Saryn e Hali. Erano amici miei."
"Ora non metterti a piangere" lo rimproverò Joane. "Quando hai visto il fumo e capito che il villaggio era stato attaccato che hai fatto?"
"Mi sono nascosto" disse Derv.
Joane ghignò. "Allora Saryn e Hali non erano poi così tanto amici tuoi. Forse quei due dovevano trovarsi un amico migliore."
Derv si accigliò. "Ma che dici? Quelli erano stregoni e soldati armati. Che potevo fare io me lo dici?"
"Potevi farti uccidere insieme ai tuoi amici con onore" disse Joane alzandosi. "Invece ti sei nascosto come un codardo."
Derv si rimise in piedi. "Per te è facile parlare. Tu hai i poteri."
Joane sospirò affranta.
"Non sai che significa" piagnucolò Derv.
Joyce avrebbe voluto dirgli che lei lo capiva. Sapeva bene cosa si provasse a essere inermi e indifesi davanti a qualcuno che poteva ucciderti con un dardo magico.
"Mi stai stancando" disse Joane. "Almeno sai dirmi dove si sono diretti dopo che hanno finito col villaggio?"
Derv indicò un punto vago all'orizzonte. "Li ho visti andare da quella parte."
"A oriente" disse Joane. "Sei stato utile, alla fine. Credo che non ti ucciderò, anche se meriteresti la morte per essere stato così codardo."
Derv la guardò con disprezzo. "Tu non sai niente, strega. Voialtri siete tutti uguali."
Joane lo guardò accigliata. "Continua, su. Che stavi per dire?"
Derv le voltò le spalle. "Non ne vale la pena."
Joane alzò la mano e lasciò partire un dardo magico. Il proiettile entrò dalla schiena e uscì dal petto di Derv.
L'uomo crollò al suolo in una pozza di sangue.
"No" gridò Joyce. Corse verso l'uomo a terra e lo girò di lato. Derv perdeva sangue dal petto, all'altezza del cuore. Gli occhi erano serrati e non respirava. "Perché?" chiese a Joane.
La strega scrollò le spalle. "Meritava di morire."
"Non eri tu a dover decidere. Non ti aveva fatto niente."
"Ha mentito. A me" disse Joane. "Tu forse avrai creduto alla sua storia, ma io no. Guardalo, ti sembra un cacciatore solo perché ha un arco? Guardati attorno. Qui non c'è niente da cacciare. Qui vivono solo allevatori e coltivatori."
Joyce si rialzò. "Non puoi esserne certa."
"Era un razziatore" disse Joane dirigendosi al cavallo. "O lo era diventato dopo che il villaggio è stato distrutto. Probabilmente è stato lui a portare qui quelli che hanno combinato tutto questo. Altrimenti come faceva a sapere con esattezza quanti erano, se era tornato al villaggio solo dopo che tutto era finito e che gli attaccanti erano andati via? Mancava solo che ci dicesse i loro nomi."
Ha ragione, pensò Joyce. L'aria inoffensiva di Derv mi ha ingannata.
"Se non mi fossi accorta che ci stava spiando" proseguì Joane. "Ci avrebbe attaccate da lontano. Forse ti avrebbe anche uccisa e io sarei stata libera dal mio obbligo di seguirti." Sospirò affranta. "Forse avrei dovuto rifletterci di più prima di ucciderlo. Devo imparare a controllarmi." Montò in sella. "Vuoi restare qui a piangere per quella carogna o vuoi ancora andare da Bardhian?"
Joyce scosse la testa. "No, andiamo." Guardò Derv. "Lo lasciamo qui?"
"Vuoi perdere tempo a seppellirlo? Fai pure, io non mi opporrò. Già che ci sei frugagli nella sacca. Potrebbe avere qualcosa da mangiare."
Frugare un cadavere, pensò Joyce.
Nei romanzi della Stennig solo i cattivi depredavano un morto dopo un duello. Sospirò e si chinò sulla sacca a tracolla di Derv. Vi infilò dentro le mani e ne tirò fuori del pane e due pezzi di carne secca. E la carcassa scuoiata di un animale.
La mostrò a Joane.
La strega ghignò. "Forse dopotutto era davvero un cacciatore. Su, andiamo."
Joyce montò in sella. "Verso oriente?"
"No" disse Joane. "Noi veniamo da nord, a occidente c'è la costa. Oriente è la direzione indicata da Derv, quindi noi andremo a sud."
"Non ha senso" protestò Joyce.
"Ce l'ha, a meno che tu non voglia fidarti della parola di un bugiardo."
Mi sto già fidando della parola di una rinnegata, pensò Joyce.
Iniziava a pentirsi di aver portato con lei quella donna.
"Sto aspettando una risposta, strega rossa."
Joyce trasse un profondo sospiro. "Andiamo a sud."
Joane ghignò e diede uno strappo alle redini. "Passeremo per la palude di Gadrach."
"Palude?" fece Joyce. "Non è più semplice se seguiamo la strada e basta?"
"Attraverso la palude accorceremo il percorso di un paio di giorni."
Joyce rimase in silenzio.
"Sei una di quelle che non ama sporcarsi, vero?"
"No" disse Joyce. "Non ho detto questo."
"Non l'hai detto, ma io l'ho capito. Sei cresciuta in un castello per caso?"
"No" disse di nuovo. "Perché lo pensi?"
"Sei così bene educata, non alzi mai la voce." Joane scrollò le spalle. "Se ho capito male, scusami."
"Hai capito male" disse Joyce con tono sgarbato.
"Non ti arrabbiare, mi sono già scusata" disse Joane.
Joyce non le rivolse la parola per qualche ora. Non perché fosse arrabbiata con lei, ma perché temeva di rivelarle troppo.
Quando scese la sera, si accamparono in una macchia di alberi.
"È ancora lontana la palude?" chiese Joyce masticando un pezzo di carne.
Joane la fissò divertita. "Un paio di giorni" disse strappando la carne con i denti. "Dei quanto è dura."
"Io la trovo buona" disse Joyce staccandone con un morso un altro pezzo. "Molto meglio di quello che mangiavo a Nazedir."
"Davvero?" fece Joane ingoiando a fatica il boccone. "Mi ero sbagliata sul tuo conto."
"Davvero? Ora non ti sembro più che sia cresciuta in un castello?"
"No" disse la strega. "Ora so che sei una pessima bugiarda."
Joyce mise via la carne secca. "Parlami delle Quattro Stelle."
Joane si accigliò. "Perché me lo chiedi?"
Joyce fece spallucce. "Per passare il tempo."
La strega grugnì qualcosa di incomprensibile. "Che vuoi sapere?"
"Perché vi chiamavate così?"
Joane ghignò. "Fu un'idea di Gladia. Diceva che in questo modo era più facile riferirsi a noi o qualcosa del genere. Io la trovavo stupida e inutile. Come tutte le cose che faceva l'inquisitrice, dopotutto."
"Eravate molto amiche?"
"Non direi. Collaboravamo solo perché era Gladia a dirci che cosa fare e come farla. Lei ci comandava e a me stava bene. Mi dava uno scopo che non avevo mai avuto nella vita."
"Quale?"
Joane sorrise. "Far male ai cattivi." Sospirò. "Eravamo davvero brave in questo. Una volta inseguimmo una banda di predoni per settecento miglia, molto oltre la spina del Drago, nelle terre desolate a oriente. Si erano rifugiati nelle miniere abbandonate di Tritharl. Fu quella la loro tomba."
Joyce fremeva al pensiero che sua madre avesse davvero fatto quelle cose. Per lei era solo la donna premurosa che si commuoveva a teatro quando davano Lo Scettro della Regina dei Cristalli o passava un'intera giornata a cercare di insegnarle le buone maniere a tavola.
"Sembri deliziata a sentire questa storia" disse Joane ghignando.
Joyce si fece seria. "Com'era Gladia da giovane?" Voleva chiederle di sua madre, ma non voleva renderla sospettosa.
"Gladia? Era una fanatica. Assolutamente dedita al suo dovere, cercava in ogni occasione di tenere fede al suo soprannome, la stella della vendetta."
Joyce cercò di non mostrare la sua delusione. "E Selena?"
"Se sei nata a Nazedir, dovresti conoscerla meglio di me."
Joyce si accorse si aver fatto un errore. Annaspò alla ricerca di una scusa credibile.
"Selena era boriosa e con la puzza sotto il naso" continuò Joane, che non doveva aver notato il suo disagio.
"Puzza sotto il naso?" chiese Joyce non capendo quel modo di dire.
Joane annuì decisa. "Sì, esatto. Lei era sempre quella che doveva fare il suo dovere, piena di devozione verso le regole e le antiche tradizioni." Scosse la testa affranta. "Dei quanto era insopportabile."
"E Marget di Valonde?" chiese Joyce cercando di nascondere l'eccitazione.
"All'epoca non era ancora di Valonde" disse Joane. "Io la chiamavo Marget l'Ingenua o la stupida. Le due cose erano equivalenti."
"Capisco" fece Joyce delusa.
"No, non capisci affatto. Marget era quella che sognava di incontrare il principe delle favole e di vivere in un castello incantato in riva a un lago." Sogghignò. "E poi è finita per sposarlo davvero, un principe. Sai perché la chiamavano la stella bianca?"
Joyce si strinse nelle spalle. "Non lo so. Forse perché il bianco è il simbolo della purezza?" Non riusciva a non pensare a sua madre come una persona meno che straordinaria.
Joane rise. "Certo che no, stupida. La chiamavamo così perché indossava sempre dei guanti bianchi prima di scendere in battaglia. E quando uccideva, faceva in modo di non versare nemmeno una goccia di sangue dei nemici per non sporcarli. Ed era molto brava in questo."
"Ha ucciso molti briganti?"
"Non solo briganti. Gladia ci portò ovunque in quegli anni. Abbiamo detronizzato tiranni e aiutato qualcuno di essi a salire al potere. Aiutavamo ribelli e a volte soffocavamo rivolte."
"Ma è terribile" esclamò Joyce indignata.
Joane sogghignò. "Il tuo cuore è troppo tenero per sentire certe storie?"
"Io so che Marget di Valonde è una buona persona."
"Forse lo è diventata dopo aver sposato quell'inutile idiota di re Andew, ma quella che ho conosciuto io era una persona diversa. Tutte lo eravamo. Gladia sapeva tirare fuori da noi il meglio. O il peggio, a seconda dei punti di vista."
"Perché Gladia ha fatto una cosa del genere?"
"Quella pazza era convinta, e forse lo è ancora, di poter salvare il mondo. Per un po' ha convinto anche me e ho commesso l'errore più grande."
"Quale?"
"Ho generato un figlio con Alion di Malinor" disse Joane. "Se potessi tornare indietro, non rifarei lo stesso errore. Quando capii cosa stesse cercando di fare Gladia, l'affrontai e me ne andai via." Joane tirò su col naso e si avvolse nella coperta. "Ora dormi. Domani dobbiamo rimetterci in viaggio prima dell'alba."
Joyce faticò ad addormentarsi e quando lo fece fu un sonno tormentato. Quando si svegliò il sole era già alto nel cielo e Joane era scomparsa insieme ai cavalli.

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