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Autore: Iwazaru    30/05/2019    1 recensioni
Semplicemente una non semplice storia d'amore...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono due giorni che non sento Shannon, vorrei scrivergli o chiamarlo, ma non mi sembra mai il caso. Ho pensato più volte che la cosa migliore da fare, sarebbe quella di chiamarlo, parlare e non scriverci. Ma ho paura che possa rifiutare la chiamata, che possa rifiutare me e quindi rimando in continuazione.
Sto servendo l'ennesimo caffè con muffin quando entrano a grande velocità due tipi in abito nero, occhiali da sole che vanno chiedendo di me agli altri ragazzi.
"Scusate, sono io Synne Davies, avete bisogno di qualcosa?" domando, questi due sembrano usciti da qualche film di spionaggio. Completi scuri, occhiali da sole e auricolare all’orecchio.
"Signorina, deve venire subito con noi"
"Scusi?"
chiedo sbalordita.
Mi mostrano il cartellino della CIA e capisco che c'è qualcosa non va, non va per nulla. La CIA riguarda la sicurezza nazionale e c'è solo una persona in famiglia che può avere qualcosa a che fare con la sicurezza nazionale.
"È… è successo qualcosa a lei?" domando cauta, improvvisamente con la bocca secca.
"Deve venire con noi, per piacere"
Mi mordo il labbro e alla fin fine mi decido ad andare con loro, so che non ho altra scelta. Sto salendo su uno dei loro macchinoni quando incrocio Shannon, lo guardo e lui mi guarda sorpreso "Syn…" fa in tempo a dire ma gli sportelli si chiudono e l'auto sfreccia via.
Inutilmente cerco di farmi dire che diavolo stia succedendo, vengo portata all'ambasciata dove mi guidano fino ad un ufficio e si limitano a farmi sedere.
"Attenda qui, per favore"
Sbuffo appena e non so se è il caso di scrivere a Shannon…
Non faccio in tempo a pensarlo che me ne arriva uno suo, leggo solo la prima parola e poi la foto e il nome 'papà' appaiono sul display.
Rispondo all'istante!
"Synne, stai bene?"
"Papà, sì, ma che diavolo sta succedendo? Mi hanno portata all'ambasciata. Non capisco…"
"Devi subito tornare a casa, a Tromsø, dobbiamo stare tutti insieme"
"Vuoi dirmi che succede? Mi stai spaventando…"
"Synne, tua madre ed altri ambasciatori ONU sono stati presi in ostaggio dai terroristi a Ginevra"
"C-cosa? I terroristi? Ma…cosa vogliono dagli ambasciatori?"
"Sai bene che non si possa ragionare con certa gente. Ma preferisco che stiamo tutti insieme, anche io sto per prendere il volo per Oslo"
"Ma…Chris…"
"Chiedi a qualcuno, ti prego non fare storie Synne"
"No, certo, scusa…Ma perché mi hanno portata all'ambasciata?"
"Per precauzione, ti accompagneranno a casa a prendere e sistemare le tue cose, poi ti porteranno in aeroporto e un agente farà il volo con te"
"Ma seriamente?"
"Sì, stanno facendo lo stesso con me, ora devo andare. Ci vediamo a casa piccola, stai tranquilla, okay?"
"Come faccio…?"
"Lo so…Devo andare, a più tardi"

Mio padre riaggancia e io mi sento morire. Ripenso a tutte le persone che sono stata coinvolte in questa stupida non-guerra da parte dei terroristi, di quanti giornalisti, innocenti e civili siano stati massacrati in modi orribili e mi viene da piangere a pensare a mia madre…
Leggo il messaggio di Shannon pensando che potrebbe tirarmi su il morale, invece…

From: Shannon
Ma che diavolo? Lasci il turno in quel modo senza avvisare nessuno? Mi spieghi ???

Sospiro e sprofondo nel divanetto su cui sono seduta. Le mie dita scorrono sul cellulare fino al nome di Jared. Lo chiamo.
"Ehi, ciao!"
"Ciao" mormoro.
"Che vocina, tutto bene?"
"Non posso spiegarti al telefono. So che sei impegnato, ma verresti a casa mia tra un'ora?"
"Se riesco, volentieri…cosa è successo? Hai litigato con Shannon?"
 
Perché solo sentire il suo nome mi fa mancare il fiato? No, non è il suo nome, è la situazione! Il fatto che non abbiamo avuto modo di chiarirci, non ho avuto modo di dirgli che mi piace, che adoro i suoi baci e che voglio solo i suoi baci. E invece ora…
"No, niente Shannon. Non posso dirtelo ora e devo chiederti di occuparti di Chris per un po'…scusa, ecco, devo andare, a dopo"
Poco male, se Jared non riuscisse ad arrivare in un'ora, cercherò di lasciare la chiave da qualche parte, a qualche vicino e chiedergli di dar da mangiare a Chris.
L'ambasciatrice mi si presenta davanti mentre sono immersa nei miei pensieri, mi spiega il perché io sia qui -come se non lo sapessi già- ha anche il coraggio di dirmi di non preoccuparmi! 
Gli stessi agenti che mi hanno prelevata a lavoro, mi stanno portando a casa. Sono appiattita con la fronte contro il finestrino, alla ricerca di un po’ di fresco e sollievo, ho già un forte mal di testa dovuto alla tensione.
Nella mente solo le parole di mio padre, che mi dice con voce falsamente tranquilla ciò che sta succedendo. Il pensiero che potrei non rivedere mai più mia madre mi sta lacerando dall'interno. Sto cercando di trattenere le lacrime, perché non voglio piangere davanti a questi signori. Per quanto loro non centrino assolutamente nulla e stiano solo facendo il loro lavoro…non voglio farlo.
Il viaggio fino casa mia è sorprendentemente corto.
"Signorina, dovrebbe cercare di fare in fretta, il volo parte tra un'ora" mi dice uno dei due spegnendo il motore dell'auto davanti al mio garage. Non sono cattivi, so che hanno ordini e probabilmente uno dei loro ordini è di mettermi su quell'aereo. Ma così è disumano.
Gli occhi mi pizzicano in continuazione, sono in panico, i pensieri si accumulano nella mia mente e non riesco a ragionare lucidamente.
"Certo" mormoro.
Apro lo sportello dell'auto e così fanno loro, fortuna che cellulare e chiavi di casa le tengo sempre in tasca e non nella borsa, borsa che è rimasta nel mio armadietto.
"Ma il mio passaporto…"
"È già stato rinnovato signorina"
"Capisco"
che domande faccio? Loro lavorano alla CIA. Basta uno schioccare di dita e io potrei non essere nemmeno più norvegese ma americana.
"Synne!" la voce di Jared e io mi volto in tempo per vedere i tizi mettere le mani nella giacca.
"É un mio amico" sbraito!
Loro sembrano tornare tranquilli e io appena vedo Jared lo abbraccio silenziosamente.
"Jay, puoi prenderti cura di Chris per un po', ti prego…?" mormoro stringendolo.
"Signorina…"
"Ho capito, ora vado"
sbuffo infastidita.
Pensano di potermi dare una notizia simile e lasciare che io non reagisca emotivamente?
"Cosa sta succedendo?"
"Mia madre è in pericolo, vogliono che le famiglie tornino a casa…"
"A casa?"
"Torno in Norvegia"
"Ma per quanto?"
"Non lo so"
"Cosa vuol dire che tua madre è in pericolo?"

Apro il cancello e percorro la scala rossa insieme a Jared, so che uno dei due agenti ci segue, ma lo fa a distanza.
Chris scodinzola quando apro la porta d'ingresso, si comporta come ogni volta che torno da lavoro, gli accarezzo solo la testa per andare in camera a prendere la mia valigia.
"Vuol dire che dei terroristi stanno trattenendo degli ambasciatori alla sede dell'ONU a Ginevra. Mia madre è tra loro" mormoro senza guardarlo. Se lo guardassi ora comincerei a piangere, se cominciassi a piangere non prenderei quell'aereo.
"Non mi posso portare Chris, non c'è tempo, non c'è…" mi mordo appena il labbro "Ti prego tienilo un po' con te, non voglio che torni in canile o in qualche altro posto orribile"
"Synne…" mormora soltanto lui.
Probabilmente sa come mi sento? O forse non sa davvero cosa dire.
"Già, ti posso lasciare una copia delle chiavi di casa? Ora non posso darti tutte le cose di Chris e non so nemmeno cosa sto ficcando in valigia" ammetto mentre, dopo averla aperta, ho buttato dentro cose a caso. Che vestiti si aspettano che io metta in valigia? Il clima di LA in questo periodo dell'anno non ha nulla a che fare con quello di una città così a nord come la mia! Dovrò comunque comprare un cappotto all'aeroporto di Oslo se non voglio morire di freddo!
Jared sta accarezzando Chris e gli mette la pettorina, recuperando il guinzaglio.
"Sai che puoi contare su di noi, siamo amici, tutti…Lo hai detto a Shannon?"
Scuoto il capo mentre infilo le ultime cose e mi volto verso Jared.
"Guardami! Ho ancora il grembiule e la divisa. La mia borsa è rimasta al locale, ho il cellulare perché penso di continuo a mandargli un messaggio per dirgli qualunque cosa o di chiamarlo. Ma non ci riesco. Perché le ultime cose che mi ha detto sono state…cattive. Mi hanno ferita e lo capisco, ma non so cosa dirgli. Mi ha vista mentre mi portavano via e mi ha scritto che sono assurda a venir via da lavoro in quel modo senza avvisare. Non so cosa fare e adesso non riesco a pensare a nulla" ecco, che ancora una volta sopraffatta dalle emozioni i miei occhi si riempiono di lacrime. Ma non ho il tempo per lasciarmi andare e piangere come vorrei. "Non riesco a pensare a nulla che non sia mia madre o alle foto che ho visto sui giornali di vittime dei terroristi"
Lui si avvicina e mi stringe così forte che potrebbe mancarmi il fiato, ma in questo momento è quello che mi serve, che mi manchi il fiato, che mi manchi la possibilità di piangere.
"Ci penso io. Tu vai a casa e pensa che andrà tutto bene. Stai con la tua famiglia, al resto, a Chris, ci penso io"
Jared è una delle persone più gentili che io abbia mai conosciuto. É sempre disponibile e capisce le emozioni delle persone. Sospiro scostandomi da lui perché alla porta l'ennesimo "Signorina" mi intima di andare. La tensione che questi due mi stanno trasmettendo, non fa altro che agitarmi.
"Mi cambio e sono pronta" dico frettolosamente dopo aver chiuso la valigia.
L'agente annuisce e socchiude la porta. Vado in bagno per sciacquarmi almeno il viso, togliere il grembiule che getto in terra e sfilare la polo della BlackFuel. Apro l'acqua del lavandino e mettendo le mani a coppa sotto il getto d'acqua, le riempio quando più possibile prima sciacquarmi il viso. Lo faccio due o tre volte, ne ho bisogno. Passo poi le mani bagnate sui capelli corti, tirandoli indietro.
Torno in camera e prendo una canotta e la felpa più pesante che ho nell’armadio. I jeans chiari già li indosso e non so davvero cos'altro potrei prendere oltre all'iPad che infilo in una tracolla presa al volo che possa in qualche modo sostituire la mia borsa. Appoggio la felpa sulla tracolla e mi guardo velocemente attorno, pensando a cos’altro potrebbe essermi utile.
Solo toccando il telefono nella tasca mi ricordo che è il caso di prendere anche i carica batteria dei miei 'prodotti' Apple.
"Devo andare ora…" dico, allungando la mano con le chiavi di casa per lasciarle cadere nella mano di Jared "Grazie" mormoro.
"Figurati Syn…"
Mi abbasso per salutare il mio Chris, che mi mancherà da impazzire "Spero di tornare presto cucciolo…fai il bravo con Jay e non fare il solito ruffiano dispettoso" sorrido mentre lui mi lecca il viso.
L'agente prende la mia valigia, abbraccio di nuovo Jared, ma questa volta velocemente. Gli sono grata per l’aiuto che mi sta dando, per il fatto che sia venuto qui con così poco preavviso. Che sia così disponibile.
Seguo l'agente e risalgo in auto abbassando gli occhiali da sole sul naso, la luce mi dà fastidio in questo momento.
"Ho bisogno del mio portafogli per andare via ed è rimasto al locale…"
"Sono già andati a prenderlo,  l'attendono all'aeroporto insieme al passaporto"

Sospiro e guardo fuori dal finestrino oscurato, Jared e Chris mi guardano andare via ed io non so nemmeno cosa mi passi per la testa. Chissà quando potrò tornare qui e in che stato ci tornerò!

Il viaggio in auto è stato ovviamente silenzioso.
L'auto si accosta davanti l'ingresso del LAX e l'agente che non guida, scende dall'auto per aprirmi lo sportello.
"Sarò io ad accompagnarla in Norvegia, signorina" dice guardandomi.
"Okay, grazie" mi limito a dire.
"Dovere signorina, sua madre è una gran donna, se mi è permesso dirlo"
Sorrido tristemente ed annuisco "Certo che può dirlo"
Prende la mia valigia e ci dirigiamo all'interno, credo di essere andata addosso ad un paio di persone, ma non credo di essermene realmente accorta. Non sto bene e credo sia il caso che io cerchi di rimettere insieme i miei pensieri.
Al check-in ci sono altre due guardie, tengono la mia borsa, ecco cosa intendeva l’altro agente. Sono addirittura andati a lavoro a recuperare le mie cose. Li ringrazio e tiro fuori dalla borsa il mio portafogli, sono invece loro a consegnare il mio passaporto. Mentre la signorina del check-in fa le sue pratiche, prendo tutto quello che ho in borsa e lo infilo nella tracolla che indosso in questo momento. Approfitto velocemente per mettere la borsa in una delle tasche della valigia, in modo da avere solo la tracolla. Sospiro e mi guardo attorno, solo l'agente mi riporta alla realtà, per ridarmi il passaporto e perché devo firmare una carta.
"Faccia buon viaggio signorina Davies" mi dice la signorina, di solito è una frase alla quale rispondo con un ‘grazie’ ed un enorme sorriso, ma ora il mio sorriso è spento e la ringrazio mestamente.

Quando arriviamo all'imbarco, stanno giusto chiamando il nostro volo e mostrando i documenti, finiamo in prima classe. Raggiungiamo i nostri posti e ci sediamo, io sprofondo nella comoda poltrona in pelle. Tengo la tracolla e la felpa sulle gambe mentre mi allaccio la cintura.
Devono ancora salire tutti gli altri passeggeri e fare le varie manovre per la partenza.
Prendo il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e attivo l'iPhone per cercare la musica, ma trovo un messaggio di Shannon…

From: Shannon
Scusa. Sono un cretino. Jared mi ha chiamato e mi ha detto quel che è successo, poi un tizio che sembrava dei Man in Black è venuto a prendere le tue cose dall'armadietto. Mi dispiace Syn, non so davvero cosa dire.

Quello che ora si dipinge sul mio viso è un enorme sorriso, stupido scimmione, Gli occhi si riempiono di lacrime e io non riesco a trattenere un pianto silenzioso. So che non ha scritto nulla di particolare, ma è la prima volta da quando abbiamo discusso che non mi tratta in modo freddo e cattivo. La cosa mi rende semplicemente felice e mi fa capire quanto in effetti Shannon mi piaccia.

To: Shannon
Shay… Mi piaci, mi piaci tantissimo da essere riuscito con un messaggio idiota a farmi sorridere nel giorno peggiore della mia vita. Il volo sta partendo, vado a Tromsø fino a quando questa storia non si risolve. Non cambiare idea fino a quando non torno, se…ti piaccio ancora

L'aereo comincia a muoversi, vuol dire che le manovre per arrivare alla pista sono cominciate, tra poco ci obbligheranno a spegnere i cellulari o metterli in modalità aereo e invece io vorrei continuare a mandare messaggi a Shannon o quanto meno ricevere la sua risposta.
Lo tengo acceso fino a quando riesco, ma poi la signorina mi dice che devo spegnerlo, quindi amareggiata, metto la modalità aereo. Solo a quel punto vado a guardare le foto che ho nella galleria del telefono e ci sono i video di mia madre. Ecco che quel poco di gioia che avevo conquistato, sparisce come nulla.
Non riesco ad immaginare cosa mia madre stia passando in questo momento, cosa starà pensando, avrà paura? Chi non ne avrebbe! Con la musica nelle orecchie, mi sistemo comodamente sul sedile, dopo tutta la tensione accumulata riesco quasi a rilassarmi, quel tanto che basta per socchiudere gli occhi, sentirli pesanti e poi addormentarmi.

Vengo svegliata dall’agente, sobbalzo appena, guardandolo per ricordarmi di mettere a fuoco quella situazione.
"Scusi, siamo atterrati, dobbiamo andare o perderemo la coincidenza" mormora più gentilmente.
Mi sono agitata tanto perché stavo facendo un incubo terribile e svegliarmi mi ha riportata alla realtà che è un incubo altrettanto terribile! E se anche questo fosse solo un incubo? Se in realtà fossi nel mio letto a Los Angeles? 
Ma devo slacciare la cintura, metto la felpa e con la tracolla sulla spalla, seguo l’agente fuori dall’aereo.
Rimetto sul naso gli occhiali da sole e controllo che nella mia tracolla ci sia tutto, recuperando il cellulare per metterlo di nuovo in modalità normale. Spero davvero in un messaggio di Shannon…
"A che ora abbiamo il volo?" chiedo dando costantemente sguardi al cellulare.
"Tra 15 minuti imbarcano" mi dice trafelato a passo fin troppo svelto per una persona che ha addirittura quindici minuti tra un volo e l'altro!
"E allora perché corriamo?" chiedo con una certa ovvietà.
"Perché dobbiamo essere lì in quindici minuti" 
"Sì, ma…è lì"
dico indicando il gate per Oslo e facendo spallucce "Devo prendere qualcosa da bere e da mangiare, ho fame" ammetto.
"Ma…"
"Ci metto solo un momento"
sbuffo appena.
"D'accordo, andiamo"

Le cose sono due, o è nuovo o non ha idea di come sia l'aeroporto internazionale di Londra. In pochi minuti, siamo andati al market, ho preso qualcosa da bere e delle patatine. Siamo di nuovo davanti al gate per Oslo, che ora comincia ad imbarcare. Il volo partirà in perfetto orario e a quell’agente non verrà un aneurisma!
Controllo di nuovo il cellulare ed eccolo lì, il messaggio di Shannon…

From: Shannon
Non posso cambiare idea, mi piaci anche tu e sono attonito per quello che sta succedendo, non so cosa fare per farti stare meglio…

C'è solo una cosa che potrebbe farmi stare meglio e che lui potrebbe fare. Ma ovviamente è impossibile. Non in questo momento. Ma quanto vorrei che fosse qui per poterlo abbracciare e sentire il suo profumo. Quanto vorrei che fossimo ancora al Coachella e non in questa situazione. Come vorrei non essermi fatta prendere dal panico per una cosa che ora reputo talmente stupida. Avrei dovuto saper gestire meglio la situazione invece di subirla passivamente e lasciare che se ne andasse via in quel modo…



To: Shannon
Non lo so nemmeno io

Non siamo in prima classe solo perché su questi voli non esiste, ma abbiamo i posti in prima fila e posso sgranchire le gambe. Mio padre sarà sicuramente già a casa, il volo da LA è durato un'eternità e il mio orologio interno è completamente sballato da questa fretta. Mi chiedo poi perché non abbiano preso un volo diretto per Oslo invece che scalare a Londra. Faccio mente locale mentre rimetto il cellulare in modalità aereo e calcolo che ci ho messo dieci ore da LA a Londra. Ce ne vogliono altre due e mezza da qui a Oslo e altre due da Oslo a Tromsø.
Purtroppo ora non riesco a dormire, mi vengono in mente episodi di quando ero piccola, quando vivevamo tutti insieme in Norvegia e mia madre era solo mia madre, non un'ambasciatrice ONU che può essere sequestrata da degli idioti dal grilletto facile!
Poi un pensiero mi assale, un pensiero che mi fa venire un'ansia indescrivibile. Mia madre, in questo momento, in questo istante in cui il volo per Oslo sta per decollare… a cosa starà pensando? Quali saranno le sue paure? Cosa starà succedendo? E se morisse mentre io sono su questo volo? Se non potessi mai più parlarle o vederla?
Devo placare questi pensieri. Devo respirare e non farmi prendere dal panico. Cercare di impormi una calma che in questo momento non mi appartiene. Recupero nuovamente gli auricolari dalla borsa e cerco di ascoltare un po’ di musica. Ma è piuttosto controproducente, dato che la musica mi fa pensare e provare molto di più.


Gli ultimi due voli sono stati infernali. Non sono riuscita a chiudere occhio e sapere di essere osservata da un agente, in continuazione, non mi ha affatto resa più tranquilla. L’unica cosa che mi fa sorridere dopo che abbiamo recuperato la mia valigia e ci siamo recati all’uscita, è stato vedere mio padre appoggiato all'auto del nonno. Gli corro incontro e lo abbraccio così forte che potrei anche diventare tutt'uno con lui.
"Piccola…" mormora lui.
In questo momento, la mia paura più grande è che mio padre mi dica che mia madre è morta, ma non lo fa, non lo sta facendo, per cui deve essere necessariamente viva.
"Andiamo, il nonno ci aspetta casa "
Annuisco e lo lascio andare, l’agente ha messo la mia valigia nel bagagliaio e se ne sta in un angolo.
"Arrivederci" dico semplicemente guardandolo.
Lui fa un cenno e torna in aeroporto, probabilmente per tornare a Oslo e poi in America.
Respiro l'aria di casa e mi rendo conto che mi sono completamente dimenticata di comprare un cappotto o una giacca a Oslo.
"Pà, dimmi che hai una giacca, sto congelando"
"Sì, immaginavo, è sul sedile posteriore"

Prendo la giacca dal sedile posteriore e me la infilo prima di entrare in auto ed allacciare la cintura. Sono stravolta, stanca morta. Ed ora so che dovrò affrontare una difficile conversazione con mio padre.
"Si sa nulla?"
"Ancora no, ne parlano tutti i telegiornali, europei ed internazionali, ma la situazione sembra in stallo"
"Il che è buono? Vuol dire che non sono interessati ad ucciderli e basta"
"Sì, questo è vero, ma ciò che chiedono è impossibile, vogliono che vengano liberati alcuni dei peggiori criminali al mondo, questo non può avvenire"
Mi mordo a sangue il labbro e rimango in silenzio mentre mio padre percorre le strade della mia città. Piove, è normale in questo periodo dell'anno, o piove o nevica, ci sono sempre 4 o 5 gradi fuori.
"Tu dormirai dai nonni" mi dice poi mio padre, notando forse come mi sia ammutolita "Io sto in albergo da ieri sera"
"Perché non…"
"Non mi sembra il caso"

"Capito,certo che potevano anche lasciarmi più tempo per organizzarmi"
"Hanno fatto la stessa cosa con le famiglie degli altri ambasciatori, sia per paura di eventuali cellule che potessero colpire, sia perché tu sei sua figlia Synne, potrebbero usarti per…"
Rabbrividisco al pensiero. Non avrei mai pensato che il lavoro di mia madre potesse un giorno rivelarsi pericoloso! Rimugino per tutto il viaggio in auto fino casa dei miei nonni e sospiro quando arriviamo.
"Papà, resti un po', vero?"
"Non ti lascio certo da sola Synne"

La sua reazione mi fa sorridere e mi rendo conto che non ho più guardato il cellulare. Apro la tracolla mentre mio padre fa manovra per parcheggiare e ne tiro fuori il telefono quasi scarico. Tolgo la modalità aereo e per fortuna trovo un messaggio di Shannon.

From: Shannon
Chiamami se vuoi

Mi fa sorridere il fatto che abbia risposto ad un messaggio così stupido.
La casa dei miei nonni è di colore blu. Non un blu sobrio o moderno o chissà che altro. É davvero blu, di legno e blu. Le case in Norvegia sono all'incirca tutte uguali, in ovvio stile norvegese. E l'interno, beh, è tutto in puro stile Ikea. Casa dei nonni è mediamente grande, due camere da letto, due bagni, soggiorno, cucina e lavanderia. Per essere sulla terraferma e non sulle isole è un'ottima casa.
"Pronta?"
"No…"

Strappo un sorriso a mio padre che si piega su di me e mi abbraccia forte. E io vorrei perdermi nel suo abbraccio come quando ero piccola e quello bastava a farmi sentire al sicuro da tutto.
"Non posso darti garanzie che andrà tutto bene piccola, ma sono qui e l'affronteremo insieme"
Non mi aspetto che mio padre se ne infischi di quel che sta succedendo, mia madre è stato il grande amore della sua vita e per quanto poi le cose tra loro non siano andate, hanno avuto me e si vogliono ancora bene.
"Lo so" mormoro.
Sospiro e mi decido a sciogliere l'abbraccio e scendere dalla macchina. Mio padre recupera la mia valigia. Lo guardo e poi scuoto il capo.
"Potevo anche non farla la valigia, le cose considerabili invernali erano nelle scatole e ho tutte cose che qui mi farebbero morire assiderata" dico fingendo di ridere.
"Conviene andare a prendere qualcosa?"
"Sì, anche se dipende da quanto…" mi mordo la lingua da sola. 
Quanto tempo resteremo qui dipenderà da quando mia madre morirà o meno. Sono cinica? Cerco solo di non illudermi.
"Andiamo a fare compere?”
"Entra, saluta i nonni e poi andiamo"
Sbuffo appena ma mio padre mi guarda con rimprovero. Devo comportarmi bene perché non sono l'unica a soffrire, lo so. Ma andare a fare compere, mi eviterebbe di pensare per un po’ di tempo, perdermi nel centro commerciale con i suoi rumori.
"Ti aspetto qui, così avrai una scusa per uscire, okay?" mi fa un sorrisetto. Mio padre è mio complice, sempre e lo adoro per questo.
Entro in casa, in Norvegia spesso le porte si lasciano aperte e i miei nonni non fanno eccezione, appoggio la valigia all'ingresso e semplicemente…
"Sono arrivata"
So che mi stanno aspettando, mio padre è arrivato prima di me e li ha avvisati.
Mia nonna fa capolino dalla cucina, i suoi occhi rossi e gonfi, si vede che ha pianto.
"Synne, come stai? Vieni qui bambina" mi dice in norvegese, mia nonna si rifiuta di imparare l'inglese, così anche mio nonno. Sono di vecchio stampo.


Cerco di sorridere, ma la cosa non mi riesce granché bene!
"Ciao nonna" mormoro mentre lei si avvicina e mi abbraccia forte.
"Sei dimagrita, perché hai i capelli neri? Perché sono così corti?"
"Nonna, per piacere…"
sospiro, troppo stanca per una normale e comune osservazione sul mio cambio di stile da quando sono in America.
"Scusa" si limita a dire e poi lasciarmi andare "Tuo padre?"
"Mi aspetta fuori, dobbiamo andare a comprare dei vestiti per me, quelli che ho sono estivi" spiego.
"Ti hanno fatta venire di fretta come tuo padre?"
"Sì, ho dovuto lasciare il lavoro senza poter avvisare e ho avuto nemmeno 10 minuti per fare la valigia e non pensavo a cosa stavo mettendo dentro"
in quel momento la mia mente torna all'abbraccio di Jared, al mio Chris, a casa mia. Quella è casa mia, non questa, questa mi piace, è vacanza, ma quella è casa.
"Chiamo tuo nonno allora, è di sopra che riposa"
"No, lascialo riposare, il sonno in questi giorni è meglio non interromperlo"

"Bambina, vi farò trovare qualcosa da mangiare, sarai affamata"
"Vorrei dire di no, ma sì, ho fame"
Lei mi accarezza il viso "Sei uguale a Karin" mia madre, Karin è mia madre e so di essere dannatamente simile a lei, da mio padre ho preso altre qualità.
"A dopo nonna" l'abbraccio rapidamente ed esco fuori, ho bisogno d'aria! 
Mio padre mi guarda e mi fa cenno di salire in auto. Immagino che i miei nonni siano devastati e che non abbiano dormito la notte scorsa, mentre io ero in viaggio. Non credo nemmeno che io dormirò stanotte, come potrei?
"La nonna è stravolta"
"Puoi biasimarla?"
"No, non posso"

Entriamo in auto e guidiamo fino al centro commerciale, in realtà vogliamo anche evadere.
"Non mangiamo nulla, la nonna sta preparando. Ma voglio qualche schifezza da tenere in camera"
"Fame da ansia?"
"A volte, il cioccolato consola, no?"
"Sì, a volte sì"

Il centro commerciale è grande e ci sono negozi, il cinema, il supermercato. Insomma, davvero di tutto e il sabato pomeriggio è sempre molto frequentato. Ma per me e papà, oggi essere circondati dal caos, aiuta a non pensare.
Passeggiamo con un carrello che non sono nemmeno certa useremo e mio padre 'attacca bottone'.
"Allora, come vanno le cosa a LA?" chiede con fare curioso.
"A cosa ti riferisci nello specifico?" domando, anche se immagino cosa voglia sapere, soprattutto perché lui aveva già capito che sia Jared che Shannon avevano dell'interesse per me.
"Mh, sono curioso di sapere a chi appartiene il cuore di mia figlia" dice con un sorrisino.
"Oh, vuoi sapere quello? Beh…" e mi sfugge ancora quel sorriso, quello di completa gioia che mi riscopro a fare quando penso a Shannon, al bacio sulla ruota panoramica, alle chiacchiere sdraiati sul letto "Appartiene a Shannon" mormoro.
"Sai, lo avrei detto"
"Cosa? Davvero?"

"Sì, lui sembrava più protettivo nei tuoi confronti e questo alle ragazze piace"
Rido e gli do una spintarella "Ho scoperto che è più simpatico e carino di quanto credessi" ammetto.
"Loro…sanno?"
Annuisco "Jared è venuto a casa per prendere Chris e Shannon, beh glielo ha detto suo fratello"
"Oh, e perché non hai chiesto a Shannon di tenere Chris?"
"Domande difficili papà"
dico ridacchiando "È successo che prima di partire per il Coachella, Jared mi ha baciata. Ma poi al Coachella, Shannon mi ha baciata. Mi sono fatta prendere dal panico e ho detto a Shannon che suo fratello mi aveva baciata e…fino a qualche ora fa, non ci siamo più parlati. Era offeso credo o infastidito"
Mio padre rimane in silenzio e poi ridacchia "La tua vita americana è attiva"
Io rido e scuoto il capo. Le persone ci guardano perché parliamo in inglese, mio padre conosce il norvegese, a con me ha sempre parlato inglese perché voleva che lo sapessi bene fin da piccola. Sono entrambe mie lingue madre, il norvegese e l'inglese. Ma essendo cresciuta qui, il mio accento è ugualmente un po' norvegese
"Ti piace molto, sbaglio? Ne parli con sentimento"
"Vorrei fosse qui ora" mormoro. E lo vorrei davvero, vorrei davvero che mi abbracciasse.
"Glielo hai chiesto? Magari verrebbe…"

Scuoto il capo "Non riuscirei mai a chiederglielo, non so perché, non credo che il nostro rapporto sia a questi livelli. Dobbiamo ancora cominciare a uscire"
"Capisco, ma è una situazione molto delicata, avere accanto qualcuno che ti vuole bene…"
"Ho te"

Lui sorride dolcemente e mi picchietta la testa "Io sono tuo padre e ci sarò sempre, ma parlavo anche d'altro. Di cose che solo un compagno può darti"
Sospiro, so che ha ragione, ma vorrei prima che ci chiarissimo, prima di chiedergli tanto.
Arrivati al negozio di vestiti che piace a me -anche se ci siam passati davanti due volte, troppo impegnati a chiacchierare- entro e mi distraggo con dello shopping. Io e mio padre facciamo i cretini indossando magliette improponibili e almeno riusciamo a ridere un po'.
Alla fin fine, compro due paia di jeans, collant pesanti da mettere sotto i jeans, magliette a maniche lunghe, un paio di maglioni e due felpe con la cerniera e il cappuccio. Infine, una tuta per stare in casa o dormicchiare.
Giriamo ancora un po' e mio padre mi compra una collanina con un ciondolo a forma di fiocco di neve, lui ama viziarmi ed io amo che mi faccia questi semplici regali. Indosso immediatamente la collanina e sorrido.
Quando ci accorgiamo che abbiamo fatto un po' tardi, compriamo al volo del junk food da nascondere in camera e che metto nella tracolla. Ancora una volta ho dimenticato di guardare il telefono, ma quando lo faccio, non c'è nulla da parte di Shannon.
Sospiro e scuoto il capo. Mi ha detto di chiamarlo se avessi voluto. Forse sta aspettando che lo faccia.
Raggiungiamo casa dei nonni un'altra volta e i miei due sacchetti pieni di vestiti sono a dir poco ingombranti!
"Ho fatto spese" dico alla nonna che mi sorride, poi sorride a mio padre ma in modo meno entusiasta.
Tolgo la giacca e solo allora mia nonna capisce davvero perché avevo bisogno di vestiti.
"Sei arrivata con quelli? Congelerai"
"Te l'ho detto, ho solo vestiti così"
"Avete fatto bene allora, portate tutto di sopra, è pronto"
Mio nonno non è un uomo molto socievole, mi vuole bene ma è di poche parole e mi rivolge uno sterile "ciao".


Durante la cena, in casa c’è un silenzio inusuale. Ricordo le cene e i pranzi fatti a casa dei nonni, sempre pieni di risate e chiacchiere. Ma la situazione non è piacevole, non è una cena di famiglia. Siamo tutti stanchi, provati e tristi. Preoccupati e spaventati. Nessuno ha voglia di parlare.
La nonna prova a chiedermi degli studi, di come vadano le cose nella casa nuova, ma in realtà nessuna delle due ha voglia di parlare di quel genere di cose.
Alla fine della cena, saluto mio padre con abbracci vari, di chi non vuole lasciarlo andare via. Non mi piace nemmeno l’idea che lui sia lì in albergo, tutto solo. E deve essere lui a scostarsi e decidersi di andare via, dopo che i nonni sono andati a letto.
“Chiama se ne hai bisogno, capito?” mi dice baciandomi poi la fronte ed uscendo di casa.
Salgo al piano di sopra. Guardo le cose che abbiamo comprato e metto la tuta, finalmente posso sdraiarmi sul letto con l'iPad. Meglio guardare un film che pensare o andare a leggere le notizie. Una commedia, spero che possa distrarmi un po’ o quanto meno farmi addormentare. Non ho idea di che ore siano in California, quando mi decido a chiamare Shannon con FaceTime.
Mi mordicchio il labbro mentre aspetto che risponda o meno, ci avevo quasi rinunciato quando la connessione si stabilisce e lo vedo.
“Ciao” dico a bassa voce, gli auricolari nelle orecchie e un’espressione molto stanca.
“Ciao, come stai?”
Lo trovo, visibilmente a disagio. Immagino che nemmeno lui sappia cosa dire o pensare in una situazione come questa. Alla stregua dell’inverosimile.
“Stanca, molto stanca. Tu? Ti disturbo?”
“No, sono in auto”
Certo, lì non era notte e lui probabilmente stava andando da qualche parte.
“Come sta andando lì? Insomma…avete avuto notizie? Nulla?” mi chiede.
“Nulla per il momento. Ci hanno sconsigliato di seguire le notizie al telegiornale e che ci avrebbero chiamati per gli aggiornamenti. Ma sembra più una lenta tortura”
“Non immagino nemmeno. Mi dispiace”
“Mh, allora ti piaccio?”
domando, cercando di cambiare espressione, tono e soprattutto argomento.
Non voglio deprimermi mentre parlo con lui. Lui è quella piccola luce in questo momento piuttosto buio.
Si passa una mano sul viso, sembra imbarazzato, ma lo trovo adorabile.
“Certo che mi piaci”
“Cercavo una qualche conferma, sai com’è”
“Te ne do quante ne vuoi di conferme. Mi piaci e per quanto il momento sia sbagliato, preferirei che fossi qui per potertelo dire di persona”
“Anche io, non sapevo se chiamarti dopo il Coachella. Eri così arrabbiato che temevo non avresti voluto paralre”
“Ero arrabbiato”
“Già”
“Mi dispiace per le cose che ho detto e non voglio fare finta che non sia successo nulla”
“Nemmeno io e non l’ho mai fatto. Pensare a quella notte mi piace”

Sorride e socchiude appena gli occhi.
“Anche a me”
“Mh, chiacchieriamo fino a quando mi addormento?”

Parlare con lui mi permetteva di non pensare, di far finta di essere ancora a LA e di potermi limitare a quel genere di problemi.
“Certo, di cosa vuoi parlare?”
“Come è andata a lavoro?”
“Vuoi parlare di lavoro?”
“Non lo so, cerco di non pensare a come sarebbe se fossi lì e potessi baciarti”
“Mh e perché non ci vuoi pensare?”
“Perché non sono lì, ma ho davvero voglia di baciarti”

Sorride, appoggiando il telefono sul volante.
“Anche io ho voglia di baciarti. È l’unica cosa a cui penso da qualche giorno”
La cosa mi lusinga e mi piace, molto. Come vorrei che le cose fossero andate in modo diverso.
“Spero di tornare presto”
“Sono qui, non vado da nessuna parte, sai?”
“Okay”
mormorò appoggiando la testa al cuscino, sono stanca e la sua immagine sul mio iPad è così perfetta che è quasi come averlo vicino.
“E sarò qui anche quando tornerai”
Sospiro, quasi per volergli rispondere, ma gli occhi mi si stanno chiudendo. Lui dice qualcosa ancora, ma non lo sento…
Non mi ricordo il momento in cui mi sono addormentata. Apro gli occhi stancamente perché il telefono di casa non fa che squillare insistentemente. Sento poi la voce della nonna, è agitata.
Istintivamente spalanco gli occhi, mi alzo e infilo le ciabatte per andare in soggiorno. La nonna piange e il cuore comincia a battermi forte nel petto.
Non ho idea di che ore siano, mio padre e mio nonno sono seduti sulle poltrone, guardano anche loro la nonna. È tutto fin troppo intenso.
Mia nonna ringrazia ripetutamente e poi riaggancia il telefono. Tutti gli occhi sono puntati su di lei, in attesa che dica qualcosa. Mio nonno sta per prendere parola, quando la nonna riesce a far uscire un “Sta bene è finita”
Spalanco gli occhi e quelle parole non hanno ancora un vero e proprio senso nella mia mente.
Sta bene. È finita.
Sta bene.
“Cos’hanno detto?” chiede mio padre quasi impaziente.
“Hanno detto che, alcuni di loro sono liberi”
Alcuni, ma non hanno detto se sono incolumi.
“Dobbiamo andare da lei” dico istintivamente.
Poi mi rendo conto, in un istante, che i miei nonni non sarebbero mai in grado di viaggiare, non fino a Ginevra, quindi il mio sguardo ricade immediatamente su mio padre.
“Sì, dobbiamo andare” mi assicura con lo sguardo.
Ancora non mi capacito di tutta quella situazione. Non sappiamo con precisione come siano andate le cose. Alcuni di loro sono liberi. Voleva forse dire che altri non ce l’avevano fatta?
Scossi appena il capo, dovevo pensare solo a mia madre in quel momento.
Mio padre si avvicina a mia nonna per accompagnarla a sedersi sul divano.
“Andate da lei e appena sapete qualcosa, chiamate, va bene?” dice mio nonno.

 
   
 
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