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Autore: Lovy91    24/07/2009    5 recensioni
La storia è ambientata nel 2009, a Los Angeles. Alisha Moore aveva una vita normale come tutte le adolescenti: un ragazzo, un'amica che considera come una sorella, andava bene a scuola e una famiglia al di sopra della media. Fino a una mattina in cui le hanno fatto notare che era pallida... Da quel momento, una terribile verità la sommerge. Sta cambiando... Sta per diventare una Different... Una persona dotata di capacità al di fuori della norma. Così, viene mandata al Collegio, una scuola dove adolescenti come lei vengono aiutati a gestire le proprie capacità. Però, lei ha qualcosa di diverso... perfino per la sua nuova razza...
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10. Non è vero

Ero rimasta pietrificata. Non osavo dire niente e fissavo quel volto. Rispetto alle foto viste su Internet o i telegiornali, era molto dimagrita e sciupata. Pallida. Però si vedeva sempre un bel viso, solcato in quel momento da un sorriso spaventoso quanto bello. Al suo fianco, c'era lui. Alto, con le spalle larghe: un vero e proprio armadio. I capelli corti e ricci, scuri, erano ben curati. Strano per uno che ha passato tutti gli ultimi otto anni in un carcere. Melinda avanzò di un passo e io arretrai.
<< Non ti farò del male. Promesso >> disse, come se cercasse di calmarmi.
Pensai di urlare. Qualcuno mi avrebbe sentito. Cameron non era poi così lontano. Stavo per aprire bocca quando lei disse: << Io non lo farei >>.
Deglutì. Sapeva leggere nel pensiero. In fondo, era una cosa molto ovvia. Charlie sorrise anche lui, chiudendo gli occhi castano chiaro. Poi li riaprì dopo un secondo.
<< Adesso nessuno potrà disturbarci >> disse, ancora sorridendo e Melinda annuì con gli occhi chiari pieni di dolcezza.
<< Sento che sei spaventata, ma in fondo non dovresti >>.
<< Che cosa volete da me? Io non ho niente che voi già non avete >> riuscii a dire, con il respiro a metà.
<< Sei sicura? Eppure mi risulta che oltre a essere anche tu un assorbitrice, hai un potere tuo. Criocinesi, giusto? >> domandò Melinda. Era calmissima, come se si trovasse davanti a una persona che conosceva.
<< Si >> confermai. Inutile mentire. Lo avrebbero capito subito. << Ma cosa vuol dire? Avete già sicuramente questo potere! >>.
<< È vero. Mi stupisce che proprio tu hai una doppia capacità >> continuò Melinda, scambiando uno sguardo di intesa con Charlie.
Aggrottai le sopracciglia, improvvisamente confusa. Che significava?
Lei rise insieme a Charlie. Due risate senza gioia che facevano venire i brividi lungo la schiena. << Poverina. Lei non lo sa >> disse l'uomo.
Melinda mosse un dito e la sedia della scrivania si fece avanti, sedendosi. << Tu sai la mia storia, vero? Non mentire >>.
<< Si. So che sei una delle persone più intelligenti del 21° secolo e che i tuoi sono stati uccisi da un uomo quando avevi dieci e mezzo >>.
Melinda strinse le labbra come per trattenere una risata. << Hai azzeccato solo la prima. E in parte la seconda. Non è stato quell'uomo a uccidere i miei genitori >>.
Sbiancai. No, non poteva essere vero. Era solo una bambina.
<< Oh si. Ho ucciso io i miei genitori >>.
Charlie scosse la testa, ridendo della mia espressione sconvolta. Una bambina di dieci anni e mezzo aveva ucciso in quel modo così brutale i suoi genitori. Perché?
<< Non ti avevano comprato la Barbie? >> chiesi in un atto di coraggio.
La sua faccia divertita divenne furiosa, come se nel ricordare i suoi genitori la rabbia che teneva dentro di sé venisse liberata appieno. << Cosa volevano capire i miei genitori? Volevano solo che la loro figlia li rendesse i genitori migliori del mondo. Quelli che credono che sia merito loro se la bambina era così intelligente e dotata. Quegli stupidi dei miei genitori non avevano capito niente! Non avevano compreso davvero il mio genio. No. Volevano che io diventassi una famosa ricercatrice o un medico stimato. Io volevo ben altro. E quella sera, avevano superato ogni confine. Così me li sono tolti di torno. Libera. Chi avrebbe mai creduto che una bambina come me, potesse fare una cosa simile? È stato facile recitare la parte della povera orfanella disperata! Fare pena >> concluse la ragazza, congiungendo le mani e facendo la finta disperata.
<< Sei solo un mostro. Loro volevano solo il tuo bene! >> esclamai, avanzando di un passo.
Charlie mi guardò pieno di rabbia. << Le persone che non comprendono i geni, sono solo persone limitate.  È mi stupisco che proprio tu dica una cosa simile >>.
<< Io? >>.
Melinda si calmò di colpo, guardandomi così intensamente che avevo la sensazione di bruciare. Finalmente si decise a parlare: << Ti sei mai chiesta perché mi vedi nelle tue visioni? >>.
Dissi la verità. << Si >>.
<< E cosa ti sei risposta? >> chiese Charlie, in un sogghigno.
<< Niente. Le veggenti vedono solo le persone che conoscono. Ma io non ti ho mai visto in vita mia. Ne sono sicura >>.
<< O forse eri così piccola che era impossibile che ti ricordassi di me >>.
<< Dove volete arrivare? >>  chiesi, tagliando corto. Era il momento della verità. Quel momento in cui tutto quello che si vuole sapere diventa chiaro davanti a noi. Solo che quando siamo lì, proprio in quel preciso secondo che ci separa dalla verità, quasi ci pentiamo di essere arrivati fino lì. E desideriamo tornare indietro.
Io però non potevo tornare indietro. Era troppo tardi. Anche se avessi voluto, la verità era davanti ai miei occhi, pronta per aprirsi davanti a me e farmi capire ciò che ignoravo.
Melinda guadò Charlie che annuì. Si girò di nuovo verso di me. << Tu mi hai incontrato, Alisha. Però, voglio fartelo vedere >>.
Prima che potessi dire qualcosa, la stanza davanti a me sparì. Intorno a me vedevo solo buio vorticante che lentamente prendeva forma. Sentii dei rumori, passi, voci. Di colpo, i miei piedi toccarono le piastrelle bianche di un ospedale. Mi guardi attorno, confusa. Era un illusione? Probabile. O forse ero tornata indietro nel passato? Da Melinda Button c'era da aspettarsi di tutto. Camminai, chiedendomi in che ospedale fossi. Poi lo riconobbi come quello di Los Angeles, dov'ero nata.
Vidi un medico venire verso di me e io aprì la bocca per chiedergli almeno un informazione, ma mi passò attraverso, Un orribile sensazione. Io rimasi a bocca spalancata. Ora era chiaro: nessuno mi vedeva. Ero come un fantasma. Quindi non era un illusione. Ma allora dov'ero?
Guardai fuori dalla finestra e notai un cielo terso e perfetto, così come il mare in lontananza. Sbuffai e ed entrai in una stanza che aveva l'aria di un luogo di ritrovo per i pazienti. Ero alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarmi, quando la mia attenzione fu catturata dalla TV. Un anziano signore con una benda su un occhio la guardava. Era un telegiornale. Non fu quello ad attirarmi, ma la notizia.
<< Oggi è una giornata importante per la famiglia Crew. Il sindaco di Los Angeles è diventato padre di una bellissima bambina di nome Jennifer. La famiglia è felicissima di questa nascita e... >>.
Non ascoltai il resto. Ero davvero andata indietro nel tempo? Mia madre mi raccontava spesso che io ero nata lo stesso giorno della figlia del sindaco che dirigeva la città nel 1993. Quindi eravamo al primo Maggio 1993. Il giorno che ero nata: perché?
Uscii da lì, volevo cercare mia madre. Io ero nata intorno all'una ed era mezzogiorno e mezza. Mamma doveva già essere qui con papà e nonna Sarah. Salii al terzo piano, quello della maternità. Non riconobbi nessun familiare. Impossibile.
<< Melinda! Melinda! Mi ascolti? >> esclamò una voce maschile che mi fece girare al suono di quel nome. Un uomo sulla quarantina era seduto sulle sedie di plastica verdine. Chiamava a gran voce una bambina seduta a fianco a lui. Doveva avere dieci anni e dondolava le gambe mentre leggeva un libro di astrologia fisica. Abbassò irritata l'enorme volume. Era Melinda Button. Cosa ci faceva lì?
Doveva essere per forza lei. Riconobbi gli occhi azzurri e i capelli biondi, stretti in due codette con nastrini rosa. Sembrava arrabbiata.
<< Melinda, non sei contenta? >>.
<< Di cosa? >>.
<< Come di cosa? Della bimba! >>.
<< Io non ho chiesto proprio nulla! >> urlò lei, facendo cadere il libro con un enorme tonfo sul pavimento che fece girare le altre persone in attesa. La bambina calciò il libro e uscì dalla sala. Il padre le corse dietro e io anche. Ero così vicina all'uomo da riuscire a guardarlo negli occhi. E mi turbai parecchio. I suoi occhi erano uguali ai miei. Verdi o azzurri a seconda del tempo. È pensare che per tutta la vita avevo pensato che mio padre avesse gli occhi come i miei.
<< Melinda, non devi più rispondermi così! >> la rimproverò il padre e la bambina non disse nulla. Lo guardo negli occhi, minacciosamente. Non avevo mai visto in una bambina un tale sguardo. Spaventò anche me.
Il padre arretrò e torno nella sala di attesa. Io rimasi a guardare la bambina. Guardava fuori da un ampia vetrata. Non avevo nemmeno mai visto un bambino fermo in quel modo, senza fare nulla.
La bambina voltò le spalle alla vetrata e tornò indietro anche lei. La seguì, senza neanche sapere perché. Un infermiera si avvicinò al signor Button, sorridente.
<< Sua moglie sta bene. È una bambina bellissima. Congratulazioni. Ha i suoi occhi >> si congratulò lei. L'uomo divenne di mille colori dall'emozione mentre io divenni bianca. Melinda fissava il padre e l'infermiera con uno sguardo quasi omicida. Come se camminassi dentro un sogno, seguii entrambi dentro una camera da letto dove c'era la madre di Melinda, stanchissima ma felice. Il marito la baciò e Melinda l'abbracciò freddamente. L'infermiera di prima entrò nella stanza con una coperta rosa tra le braccia, che si muoveva.
<< Ecco sua figlia >> disse, porgendo il fagotto al signor Button. Lui lo prese, con gli occhi luminosi di felicità. Io mi sporsi per vedere la neonata e caddi sulla prima sedia che trovai.
<< È stupenda. Guarda Melinda, la tua sorellina >>.
Melinda guardò la piccola per qualche secondo e poi si sedette su una sedia, composta. La madre prese la piccola in braccio, stringendola.
<< Come la chiamiamo? >>.
<< A me piace Alisha. Te l'avevo detto, ricordi? >> chiese la moglie, continuando a dondolare la bambina che emetteva versi buffi.
<< Vada per Alisha. Alisha Withney Button >> concordò il marito. << Ti piacciono questi nomi? >> chiese, rivolto alla figlia maggiore.
<< Per niente. A me, lei, non mi piace. Non la voglio in casa >>.
Io scuotevo la testa, incapace anche solo di respirare. Era solo un sogno, un incubo. Un illusione creata da lei.
La stanza, le due persone, la neonata e la piccola Melinda sparirono. Di nuovo il buio e il turbinio. E poi le pareti della stanza che dividevo con Cassie e Liliane. Ero di nuovo in piedi.
<< Cronocinesi. Utile, vero? Per viaggiare nel tempo, intendo >> disse Melinda.
Io non dissi nulla. << Non è vero. Stai cercando di confondermi >>.
<< No, no. Quello che hai visto è tutto vero. Sei mia sorella minore, Alisha >>.
<< Impossibile >> dissi con tutta la forza che avevo. << Non mi possono aver adottata. I miei genitori me lo avrebbero detto >>.
<< Quelli non sono i tuoi veri genitori. Sono i tuoi genitori adottivi. Ti chiederai perché >>.
<< Stai mentendo >>.
<< Oh no. Vedi, quando tu sei nata, i miei avevano capito che io ero una bambina un po' ambigua. Sapevano che se avessi potuto, ti avrei fatto del male. Avevano fiutato il pericolo che c'era in me. Così ti dettero in adozione solo un mese dopo. Per salvarti. Infatti loro sono morti un altro mese dopo ancora. Se tu fossi stata in quella casa, saresti morta. Credimi >>.
Charlie emise un verso di soddisfazione.
<< Non è vero! >>.
<< Invece si. E se proprio vuoi saperlo, il preside l'ha sempre saputo che io avevo una sorella minore. Mettiamola così: sospettava che io non ero la brava e piccola orfanella che presentavo tutti i giorni per due anni consecutivi in questo posto. Ha distrutto tutti i documenti che testimoniavano la tua esistenza come mia sorella. I nostri genitori avevano fatto in modo che nessuno sapesse della tua esistenza. Così sei cresciuta serenamente con la famiglia Moore. Ovviamente quei due stolti non potevano immaginare che io potessi diventare una Different. Invece è successo. Vedi, spesso sono anche i fratelli minori degli altri Different a diventarlo e guarda caso tu sei una di noi >>.
<< E non sai che piacere è stato scoprire che anche tu eri un assorbitrice. Anzi, con due capacità. Una piacevole sorpresa. Ecco perché siamo scappati. Volevamo conoscerti e Melinda ci teneva tantissimo a rivederti >> concluse Charlie, con un falso tono smielato.
Ormai le lacrime avevano cominciato a solcare il mio volto, ancor prima che finissero di parlare. I miei genitori mi avevano sempre mentito. Non ero figlia loro e Serenity non era mia sorella. Non lo era mai stata. Il preside sapeva cosa io sarei diventata eppure non aveva mai detto nulla. Mi sentivo tradita da tutti. Cresciuta in una massa di bugie e nient'altro. Melinda rise.
<< Mi dispiace. Credimi. In fondo siamo sorelle, no? >>.
<< Tu non se mia sorella! Non lo sei mai stata. Mi hai sempre odiata. Che c'è, ti dava fastidio che l'attenzione dei tuoi genitori non fosse più su di te? >>.
Il suo volto si contrasse, diventando orribile. << Attenzione?! Io non ho mai voluto la loro attenzione! Odiavo che tu potessi essere come me. Qualcuno intelligente come me. Per fortuna, questo non è successo. Ma poi sei diventata una Different. Mi hai superata. Hai una doppia capacità. È questo non mi sta affatto bene >>.
<< Che cosa  vuoi da me? Io non capisco. Cosa ho io che tu non hai? >>.
<< Vedi Alisha, forse tu non lo sai, ma se un altro assorbitore mi tocca potrebbe prendersi i miei poteri. Di norma ci limitiamo a “copiare” i poteri degli altri Different ma se è un altro assorbitore ha toccarci li annulla tutti. Quindi tu puoi essere un arma pericolosa per noi. Troppo. Dopo che ti avremo ucciso, non solo elimineremo l'ultimo ostacolo, riusciremo anche a consolidare i nostri poteri dentro di noi. Così, se in futuro esistesse un altro assorbitore, non potrebbe rubarceli >>.
<< Ci dispiace che debba finire così >> disse Charlie.
Io ero pietrificata. Cosa potevo fare? Passai in rassegna tutti i poteri che avevo. La stasi molecolare poteva aiutarmi, ma non l'avevo mai usata. La preveggenza non mi ero utile per nulla. La telecinesi e la criocinesi si. Ma ero sicura che loro possedessero poteri inimmaginabili. Senza contare che leggevano nel pensiero.
Melinda alzò una mano e apparve un pugnale dal nulla. Io non mi mossi di un millimetro. Sentivo il cuore scoppiarmi dalla paura.
Erano secondi terribili. Chissà se ci si sente così poco prima di morire. Chiusi gli occhi, rassegnata all'evidenza. Sentì il pugnale sferzare l'aria però io non sentii dolore. Aprì li occhi e vidi il pugnale a terra. Alzai lo sguardo alla porta e vidi Cameron con il preside Sullivan e altri adulti.
<< Melinda >> sussurrò il preside.
<< Jonathan. Sei invecchiato >>.
<< Alisha >> chiamò Cameron ma io non mi mossi.
<< Lasciala andare. Te lo ordino >> disse Charline senza nessun effetto.
<< Melinda, andiamocene >> disse Charlie, prendendole una mano. Si girò verso di me.
<< Ci rivedremo, sorellina >>.
Sparirono. Io caddi a terra e cominciai a piangere. Sentì le braccia di Cameron tirarmi su e abbracciarmi.
<< Jonathan, voglio una spiegazione >> disse Hanja con fermezza.
Il preside contrasse la mascella. << Andiamo nel mio studio. Alisha vieni con noi >>.
<< Voglio venire con lei >> disse Cameron, con un tono che non ammetteva obbiezioni.
Il preside lo guardò. << Va bene >>.
<< Veniamo anche noi! >> strillò Liliane, nel suo accento francese ottenendo l'appoggio di tutti gli altri nostri amici.
<< Adesso basta! >> esclamò il preside.
<< Non fare il difficile >> disse la moglie, annuendo agli altri che esultarono.
Io stetti zitta e camminai per il corridoio e quasi senza accorgermene mi ritrovai davanti alla porta dell'ufficio del  preside.
Mi fecero sedere su un divanetto, portandomi dell'acqua nel tentativo di calmarmi. Il bicchiere tremava tra le mie mani, senza che io potessi fermarlo. A un certo punto l'acqua si congelò addirittura. Posai il bicchiere e ricominciai a piangere. Sentii le mani di Liliane stringere le mie, cercando di consolarmi.
<< Alisha, forse dobbiamo parlare >> cominciò il preside Sullivan.
<< Parlare? Jonathan, cosa sta succedendo? Cosa vogliono quei due da Alisha? >> chiese ad alta voce Hanja.
Il preside guardò tutti i presenti uno per uno prima di rispondere. << Alisha è la sorella minore di Melinda Button >>.
La notizia mozzò il respiro a tutti.
<< Sorella? È figlia unica >> disse scettica Charline.
<< No. È nata quando lei aveva dieci anni. I coniugi Button furono costretti ad allontanarla meno di un mese dopo per via della figlia maggiore. Melinda vedeva in Alisha un pericolo. Il perché, lo sa solo lei >>.
<< Come hai potuto non dircelo in tutto questi anni? >> domandò Hanja, turbata.
<< Ho sbagliato e me ne rendo conto solo adesso. Ho sempre pensato che Melinda non fosse la brava ragazza che tanto diceva di essere. Mi sento in colpa >>.
Cassie lo interruppe. << D'accordo. È sua sorella. Cosa vuole da lei? Dubito che il motivo per cui è scappata era per fare una bella visitina di riconciliazione >>.
<< Pensi bene >> dissi finalmente, con gli sguardi puntati su di me di colpo. << Voleva uccidermi >>.
<< Ucciderti? Per quale motivo? >> chiese Cameron, sconvolto.
<< A quanto ho capito essendo l'unica assorbitrice buona io posso annullare tutti i loro poteri e una volta che mi avranno uccisa, grazie alla mia doppia capacità, in qualche modo riusciranno a bloccare per sempre i poteri dentro di loro. Così facendo se mai in futuro si presentasse un altro assorbitore non potrebbe fare nulla >>.
<< È davvero possibile una cosa simile? >> chiese Alan.
<< Temo di si. Melinda sarà anche una criminale ma è anche una delle persone più intelligenti di questo mondo. Dubito che possa sbagliare >> confermò il preside, affranto.
Kristen si sedette al mio fianco. << Alisha, sei l'unica che può fermare quei due. Devi eliminare i loro poteri. Ma ora come ora non ci riusciresti >>.
<< Che vuoi dire? >>.
<< Devi assorbire altri poteri. È necessario >> concluse Hanja.
Non capivo dove volessero arrivare. << Aspettate, cosa volete dire? >>.
<< Melinda non si arrenderà. E nemmeno Charlie. Devi essere pronta per quando loro torneranno a cercarti >>.
<< Ma anche se io eliminassi tutti i poteri, potrebbero assorbirli di nuovo! >>.
Il preside guardò la moglie e poi Hanja. Io capii.
<< A meno che non muoiano >>.
<< Esatto. Ovviamente non lo farai tu. Potremo organizzare un attacco a sorpresa ma solo quando tu sarai pronta >> mi assicurò Hanja.
<< Devo tornare alla Casa Bianca >> disse il preside.
<< Non adesso. Solo quando Alisha sarà pronta >> protestò la moglie e il marito non osò obbiettare a quel tono di voce.
Nessuna mi chiedeva se mi andasse bene o no. Nessuno chiedeva a me, se volevo o no. Tutto deciso senza di me. Logico.
<< Hai ragione Alisha. Non hai scelta >> disse il preside, leggendo i miei pensieri e io sbuffai. Violava la mia privacy.
<< Credo che abbia bisogno di un buon sonno >> disse Selene, vedendo che non vedevo l'ora di andarmene da lì.
<< Si. Puoi andare. Ne riparleremo più tardi >>.
Tutti i giovani si diressero alla porta uscendo dall'ufficio. Io era al fianco di Cassie e Liliane mentre Cameron era davanti a me. Nell'atrio ci fermammo e ci guardammo.
<< Ti aiuteremo. Davvero. Andrà tutto bene >> mi assicurò Justin.
<< Grazie >>.
Cassie guardò Cameron, che mi fissava. << Ti aspettiamo in camera. Andiamo >>.
In pochi secondi, rimanemmo da soli a guardarci. Cameron rimase un po' spiazzato.
<< Mi dispiace molto. Quando ho visto che non venivi ho capito che c'era qualcosa che non andava. Sono salito fino alla porta del dormitorio femminile e ho visto che era chiusa. Impossibile. Qui non le chiudono mai. Ho allertato tutti e per fortuna il preside era appena tornato >>.
<< Se non fosse stato per te, sarei morta. Grazie >>.
<< Di nulla. Ho fatto il mio dovere di cavaliere >>.
Sorrisi. Meravigliandomi. << Comunque è stato un bel gesto >>.
<< Un gesto che rifarei mille volte >> disse lui, lasciandomi di stucco. << Ehm... credo che tu sia stanca e le tue amiche muoiono dalla voglia di consolarti. Quindi vai. Ci vediamo >>.
<< Va bene. Ciao >>. Lo salutai ed entrai dentro il corridoio che portava al dormitorio. Quando fui davanti alla porta della stanza, non avevo il coraggio di entrare. Il pensiero di Melinda mi spaventava.
<< Stupida >> mi dissi e abbassai la maniglia dorata, entrando nella camera.

   
 
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