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Autore: heliodor    31/05/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Fuori strada
 
Joyce accolse con un sospiro di sollievo la fine dei maledetti acquitrini, dei laghi di fango assassino, della vegetazione marcia e delle punture d'insetto.
Con un bagno mi sentirei ancora meglio, si disse.
Da due giorni lottava contro il fango che le si era attaccato addosso. Il caldo l'aveva reso duro e difficile da grattare via. Quando riusciva a staccarne uno strato, sotto di esso la pelle era arrossata e irritata.
Oltrepassata la palude si ritrovarono sull'altopiano, ma in una regione più desolata di prima. Al posto dell'erba sottile che ricopriva le alture attorno a Orfar, lì c'era solo terreno duro e pietroso.
"Lo dicevo io che era un'idea sciocca" disse Berryn. "Ci ha portati a Urgar. Non dovevamo fidarci di lei."
"Terra di selvaggi" disse uno degli uomini di Berryn. "Fate attenzione o ci uccideranno tutti."
"Siamo ben protetti" disse Kellen. Guardò Joyce. "Da che parte, strega rossa?"
Joyce aveva riflettuto a lungo su quel punto. Non aveva idea di dove si fosse diretta Joane, ma la donna doveva sapere dove stava andando.
Quelli che avevano saccheggiato Shoni e portato via gli abitanti dovevano essere piuttosto lenti.
Li vuole raggiungere o pensa di precederli? Si chiese Joyce.
Joane voleva tagliare per la palude per guadagnare tempo, quindi la prima era l'ipotesi più valida.
Però non aveva idea di dove si fosse diretta dopo aver lasciato la palude. Joyce cercò di riflettere per tutto il giorno precedente e alla fine giunse a una soluzione.
Smise di pensare a dove fosse diretta Joane e cercò di capire dove stavano andando i rapitori di Bardhian.
Se erano al servizio dell'armata di Persym, era probabile che stessero andando verso i loro compagni.
Kallia era ripartita per Nazdur, dove l'armata si era diretta.
È lì che dobbiamo andare anche noi, si disse Joyce.
"Strega Rossa?" ripeté Kellen.
"Da quella parte." Joyce indicò la distesa piatta e monotona che si estendeva a oriente.
"Sentito?" fece l'inquisitore. "Spero proprio che tu sappia dove stiamo andando."
Joyce non gli rispose.
Quella sera faticò ad addormentarsi. Kellen le aveva concesso una coperta di lana per proteggersi dal freddo e lei vi si raggomitolò, come se volesse tenere fuori da quel bozzolo tutte le cose brutte che le stavano capitando.
E che le potevano ancora capitarle.
Cosa succederà quando raggiungeremo Joane? Si chiese. A dispetto delle promesse di Kellen, non si fidava di lui. Li aveva usati per trovare la strega e farsi portare da lei.
Aveva a lungo riflettuto sul perché l'inquisitore non si fosse limitato a farsi dire dove si trovava.
Se fosse andato da solo e Joane non avesse visto arrivare la sua banda, sarebbe fuggita, si disse. Invece attendeva visite e non si era mossa dal suo nascondiglio, sentendosi al sicuro.
Kellen era furbo e scaltro e lei non credeva di esserlo altrettanto.
Mi servono alleati, pensò.
Berryn e i suoi uomini erano esclusi. Dopo tre giorni di viaggio a stento sapeva i loro nomi. Aveva notato che evitavano di usarli se non era necessario.
Kellen era escluso. L'inquisitore sembrava deciso a trovare Joane e giudicarla.
Quando accadrà, giudicherà anche me, si disse. E se non la troveremo verrò giudicata lo stesso e in maniera più severa.
E non era certa che avrebbe mantenuto la parola. Inoltre lei non voleva andare in esilio nelle terre desolate, ovunque queste si trovassero.
Aveva ancora troppo da fare lì e, una volta mantenuta la promessa a Vyncent, sarebbe corsa a nord da suo padre.
Non le importava dei pericoli e della battaglia imminente. Voleva solo mettersi sotto la sua protezione e tornare a casa, a Valonde.
Non prima di aver fatto la mia parte contro Malag, si disse.
L'arcistregone era il suo pensiero fisso. Pensava a lui prima di addormentarsi e quando si svegliava.
Arran Lacey aveva scoperto il modo di batterlo e doveva averlo scritto nel suo compendio prima di essere ucciso.
Ora il compendio era nelle sue mani e toccava a lei completare quello che il mago aveva iniziato. Se c'era un eroe in quella storia, era Lacey.
Lui aveva sacrificato tutto imparando la magia. La donna che amava era stata uccisa e lui stesso aveva perso la vita combattendo contro Malag.
Sentiva di dovergli qualcosa e avrebbe seguito la sua strada, ovunque l'avesse portata. Affondò il viso coperto si fango secco nel ruvido tessuto della sacca, dentro la quale c'erano il compendio e il libro di Hopott.
Uno degli uomini di Berryn l'aveva ispezionata e aveva preso la sacca delle monete, ma aveva ignorato i libri.
"Io nemmeno so leggere" aveva detto ridacchiando.
La donna che l'aveva salvata aveva dato una rapida scorsa alle pagine del compendio mentre Joyce pregava dentro di sé.
"Che lingua è?" le aveva chiesto.
"Antico valondiano" aveva risposto Joyce.
La donna aveva scrollato le spalle. "Chi è Hopott?"
"Un poeta."
"Non è il mio genere. Non hai qualche libro della Stennig con te?"
Joyce si strinse nelle spalle. "In biblioteca erano finiti. Sai leggere?"
"Mi hanno insegnato da piccola. Dicevano che dovevo andare a servizio da un ricco padrone e che mi serviva leggere, ma poi mia madre si è ammalata e sono rimasta a casa a badare ai miei fratelli."
La donna aveva rimesso i libri nella sacca e gliel'aveva data. "Quegli altri lì nemmeno sanno leggere" aveva detto.
Joyce aveva ripreso la sacca. "Grazie."
La donna era andata via e non le aveva più rivolto la parola.
Beric era il più silenzioso del gruppo. Non le rivolgeva la parola e quando lei si voltava per guardalo, girava la testa dall'altra parte.
In uno delle pause Joyce si era seduta vicino a lui. "Perché mi eviti?"
Beric si era accigliato. "Non ti dovevi mettere in mezzo."
"Hai cercato di uccidere Joane."
"Se lo meritava" disse con tono ostinato.
"Perché?"
"Ha rovinato il buon nome del nostro circolo. Tu non sai che vuol dire."
"No, ma potresti provare a spiegarmelo."
Beric sembrò rifletterci su. "Quando ero un bambino, nessuno mi voleva. Mio zio mi trattava come un estraneo e i miei cugini mi odiavano. Quando arrivarono i poteri, furono contenti di mandarmi da Gorgas. Il decano si occupò di me e mi trattò subito come uno di famiglia."
"E Joane?"
Beric sembrò trattenere le lacrime a stento. "Anche lei mi trattò bene. Mi insegnò tutto quello che so adesso e anche altre cose."
"Quali?" gli chiese Joyce.
"Mi raccontava storie di quando era una delle quattro stelle. Di come avevano punito i malvagi e a volte anche i buoni. Mi disse che per lei non faceva alcuna differenza, dal momento che il mondo era condannato lo stesso e sarebbe finito comunque, non importava quanti sforzi facessimo per impedirlo. Mi disse che l'aveva detto alla sua amica di allora, Gerdia."
"Gladia."
Beric scrollò le spalle. "Quella lì. Mi disse che Gladia era pazza e che pensava di salvare il mondo e che avevano litigato."
"Avevano litigato per questo?" chiese Joyce.
Beric si fece serio. "No" disse abbassando la voce. "Gladia le aveva chiesto di fare una cosa ma lei non aveva voluto."
"Cosa?"
"Non me l'ha detto, ma era una cosa davvero brutta. Così Joane disse di aver capito che Gladia era pazza ed era andata via. Qualche anno dopo è tornata a casa."
"Ed è diventata la tua guida."
Beric annuì. "Gli anni più belli della mia vita, fino a quando non uccise quelle persone alla fattoria."
"Ti ha detto perché l'ha fatto?"
"Diceva che erano persone cattive."
Joyce si accigliò.
Beric trasse un profondo sospiro. "Qualche giorno prima, in città girava una voce."
"Quale?" chiese Joyce, anche se temeva di sembrare troppo insistente.
"Azen, un uomo al servizio di mio zio, era scomparso per qualche tempo e insieme a lui Yenna, una ragazza di cui si era invaghito. Dicono che lei lo avesse rifiutato davanti a tutti e lui aveva giurato di vendicarsi."
"Cosa successe a Yenna?" chiese Joyce anche se temeva la risposta.
"Nessuno lo sa. Azen ricomparve qualche giorno dopo. Poi una sera, dopo essersi ubriacato al Puledro Morto, si vantò di aver rapito la ragazza e di averla portata nei campi per darle una lezione."
Joyce sospirò. "Tuo zio che cosa fece?"
"Niente" disse Beric. "Difese Azen e disse che era ubriaco. Joane quella sera stessa andò a cercare Yenna. Quando tornò la mattina dopo, mi disse di restare chiuso nel circolo e fece lo stesso con Gorgas. Poi prese un cavallo e partì. Non la vedemmo tornare per giorni e iniziammo a preoccuparci."
"E cosa accadde dopo?"
"La fattoria di zio Berryn venne attaccata e quelli che si trovavano al suo interno uccisi."
"Scommetto che c'era anche Azen."
Beric fissò un punto tra i suoi piedi. "Nessuno lo sa. Il suo corpo non venne mai trovato."
Joyce sospirò. Stava per dire qualcosa quando Berryn disse: "Beric, ragazzo. Vieni qui per favore."
Beric scattò in piedi e andò dallo zio. I due parlarono per un minuto o due, poi Berryn gli fece cenno di andare e il nipote corse via.
Berryn si avvicinò a lei. "Non devi più parlare con lui, strega rossa."
Joyce gli rivolse uno sguardo di sfida. "Mi ha raccontato una storia molto interessante."
"I ragazzini raccontano sempre delle storie. Sta a noi adulti non prestarvi troppa attenzione."
"Forse avresti dovuto fare qualcosa per Yenna."
"Che potevo fare per quella sciocca? Probabilmente era morta o era scappata via."
"Sai bene che Azen l'ha uccisa."
"E allora?"
"Potevi punirlo."
"Non toccava a me."
"E a chi allora?" domandò Joyce.
Berryn grugnì. "Per te è facile giudicarmi, strega rossa. Quando la guerra è iniziata e sono partiti tutti i mantelli e i nostri migliori soldati, la città è rimasta senza difese. Abbiamo subito tre attacchi da parte dei razziatori, prima di riuscire a organizzare le difese. È toccato a me farlo, perché i bravi cittadini di Barakzah non erano abbastanza ricchi o folli da prendersi sulle spalle questa responsabilità. Io però l'ho fatto. Ho cercato di ingaggiare i migliori mercenari sulla piazza, tenendo conto che anche le altre città si stavano preparando al peggio. Non avevo mota scelta e insieme a delle brave persone come quelle che ti hanno salvato la vita, ho dovuto prendere anche dei bastardi come Azen."
"Questo non lo giustifica" disse Joyce ostinata. "Tu dovevi fare qualcosa."
"Ho fatto quello che potevo" ringhiò Berryn. "Quando quello sciocco di Azen si è ubriacato e si è vantato di quello che aveva fatto a quella povera ragazza, l'ho fatto sparire. Se non l'avessi fatto, prima o poi qualcuno si sarebbe messo in testa di farsi giustizia da solo e ci sarebbero potuti andare di mezzo anche quelli che non avevano niente a che fare con questa storia. Azen era uno stupido ma aveva degli amici. Lo feci nascondere in una delle mie fattorie, sotto sorveglianza. Con calma lo avremmo processato e avrebbe avuto quello che si meritava, ma quella maledetta strega rinnegata ha rovinato tutto."
Joyce scosse la testa. "La colpa è anche tua."
"Sono qui per rimediare" disse Berryn.
Uno degli esploratori inviati lungo la pista tornò con espressione cupa. "Non ci sono tracce" disse a Berryn.
"La strega deve averle fatte sparire" suggerì uno dei suoi uomini.
Berryn guardò Joyce. "Le tracce non spariscono" disse scuotendo la testa. "È stata la strega rossa a mandarci fuori strada. Ti avevo avvertito, rinnegata. Prendetela e uccidetela."
Joyce fece per dire qualcosa prima che tre paia di mani l'afferrassero trascinandola giù nella polvere.

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