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Autore: heliodor    08/06/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Non fidarti di me
 
"Immortale?" fece Joyce sorpresa. "Non era una persona come tutte le altre?"
"I maghi non erano persone normali" disse Halux. "A parte le loro conoscenze di magia oscura, alcuni non sembravano umani, se posso usare questo termine."
"Erano elfi?" chiese Joyce. "Tu hai detto che gli elfi erano immortali."
Halux annuì. "Qualcosa del genere. Se fosse stato un elfo spiegherebbe molte cose."
"Come fai a dire che era immortale? A me sembra un essere umano come gli altri."
"Quello che vediamo in queste raffigurazioni è quello che gli uomini di quel tempo hanno voluto mostrarci. Se gli altri maghi avessero saputo che Eceron era un elfo, lo avrebbero combattuto."
"Perché i maghi hanno lottato contro gli elfi" disse Joyce ricordando quello che le aveva detto a Malinor.
"Sei una buona ascoltatrice, dopotutto."
"Ma ancora non mi hai detto come hai fatto a scoprire che era immortale."
"L'ho capito da quella cometa."
"Che cos'ha di tanto speciale?"
"La prima volta che l'ho vista raffigurata per cinque volte in questa sala, ho capito che non poteva essere un caso. Se ci pensi bene non ha senso raffigurare per così tante volte lo stesso evento. A meno che non sia lo stesso evento."
"Non capisco" disse Joyce confusa.
"Quello che vedi in questa sala è un calendario, ragazzina. Su queste antiche pietre è inciso lo scorrere del tempo. Semine, raccolti, guerre, trionfi, sconfitte, nascite e morti. Tutto è rappresentato in modo da raccontare la vita di Eceron e del suo secolare regno."
"Secolare?"
Halux annuì. "Non uso questa parola con leggerezza. La cometa che hai viso raffigurata su queste pareti non è una a caso. È un astro piuttosto famoso e noto. Sono secoli che ne osserviamo e trascriviamo ogni passaggio."
Joyce sapeva di comete che erano passate più volte nel cielo, ma non aveva idea che ci fosse qualcuno che ne annotava ogni passaggio.
"Quindi ogni volta è la stessa cometa ma in un tempo diverso?" si chiese.
Halux annuì.
"E questa cometa passa ogni anno?"
"Ogni duecentotrenta anni, per essere precisi."
Joyce sbiancò. "Duecentotrenta" ripeté a bassa voce. "È raffigurata cinque volte in questa sala, quindi..."
"Poco più di mille anni. È stata questa la durata del regno di Eceron."
"Mille anni" disse Joyce. "Non è possibile."
Halux allargò le braccia. "Solo un essere millenario avrebbe potuto concepire questa piramide. Eceron voleva dimostrare agli altri maghi che era eterno, come questa costruzione."
"Ma non è sopravvissuto alla sua opera" disse Joyce.
"Niente è davvero eterno ragazzina. Tutto prima o poi crolla e diventa polvere e viene dimenticato. Tuttavia, un essere come Eceron poteva essere considerato eterno dal punto di vista limitato dei suoi contemporanei. Di fatto era un dio sceso in terra."
"Potrebbe essere ancora vivo?" Il pensiero che il mago potesse essere sopravvissuto per tutti quei secoli, magari nascosto in quella piramide, la riempiva di inquietudine.
Era un pensiero sciocco e infantile, ma non riusciva a evitarlo.
Halux rise. "Credo che nemmeno un elfo potrebbe vivere così a lungo. Voglio dire, tutte le prove che ho trovato dimostrano che gli elfi vivevano secoli ma non millenni. Eceron doveva essere l'eccezione a questa regola. Anche tra gli uomini e le donne nascono persone che vivono fino a novanta o cento anni."
Joyce non aveva mai visto qualcuno così anziano. Suo zio Labert era morto a ottantacinque anni e ricordava la sua faccia grinzosa e la pelle cadente e macchiata quando era passato a visitarli l'ultima volta.
"Proseguiamo" disse Halux. "La parte interessante deve ancora arrivare."
La sala terminava con un ingresso ad arco sormontato da massi giganteschi. Joyce si chiese come li avessero sistemati lì sopra, in un ambiente così angusto.
Con la magia, si disse. Era l'unica spiegazione.
Oltre la soglia, si apriva una stanza più piccola, dal soffitto basso e le pareti lisce. Non c'erano iscrizioni lì dentro, a parte dei segni lasciati sulla parete di fondo.
Nella luce fredda del globo luminoso, seguì le linee che si intrecciavano sul muro, cercando di cogliere un significato in quei segni.
"Avevi detto che qui dentro c'era qualcosa di peggio dei colossi" disse Joyce guardandosi attorno.
"Stai guardando, ma non stai osservando" disse Halux. Si avvicinò alla parete di fondo e appoggiò le mani sulle linee, seguendole con i polpastrelli.
Solo allora Joyce iniziò a vedere qualcosa in quei segni.
"Sono linee di flusso?" domandò stupita.
"Finalmente ci sei arrivata."
Aveva già visto quei disegni, nel santuario di Lotayne, ma erano più piccoli di quelli di Eceron. Incisa nella pietra vi erano anche i contorni frastagliati di una terra.
"E questo è il continente vecchio?"
Halux annuì. "La parte occidentale. Eceron deve aver studiato a fondo le linee di flusso prima di creare questa mappa. Qui ci sono decenni, se non secoli di ricerche pazienti e metodiche. Solo una persona molto potente e con una lunga vita poteva realizzare una cosa del genere da solo. E tuttavia, la mappa sembra incompleta."
"Le linee coprono tutto il continente."
"Sono incomplete ti dico" disse Halux. "La maggior parte di queste linee si muovono in una sola direzione. Eceron, nonostante il tempo e il potere che aveva a disposizione, non riuscì a tracciare una mappa completa. Ne mancano alcuni pezzi."
Joyce tirò fuori dalla borsa un pezzo di carta e una matita.
"Che cosa fai?" le chiese Halux.
"Copio la mappa."
"Perché?"
"Non lo so. Potrebbe essere utile, un giorno. Se i maghi cercavano queste linee, un motivo deve pur esserci."
"Proprio perché le cercavano dovrebbe essere un motivo sufficiente per lasciarle dove sono" disse l'erudito.
"Vuoi dire che dovremmo far finta di niente e dimenticarcene? Non me l'aspettavo da te."
"Ragazzina, perché credi che i maghi tracciassero questa mappa? Te lo sei chiesto?"
"Non lo so" disse Joyce.
"Per il potere che esse nascondono. Gli incroci tra le linee nascondono dei nodi e che da questi si può trarre un'energia inimmaginabile.”
Joyce annuì. “Me ne prlò Falcandro, a Orfar.”
“L’unica cosa buona che potrebe aver fatto quell’incapace.”
“Mi disse che i nodi erano la fonte dei poteri degli stregoni. Di noi stregoni, intendo” aggiunse correggendosi.
"E questo non ti ha insegnato niente?"
"Se potessimo usare questo potere contro i colossi..." disse Joyce.
Halux rise. "Vedi che era come dicevo io? Ragioni come loro, strega rossa. Proprio come loro."
"Io voglio distruggere i colossi" disse Joyce con tono ostinato. "Che cosa c'è di male in questo?"
"Niente. A parte il fatto che vuoi usare lo stesso potere che li ha generati. E questa è follia."
Joyce si allontanò dalla parete. "I maghi crearono i colossi sfruttando le linee di flusso?"
Halux incrociò le braccia sul petto. "All'apice della loro civiltà, i maghi riuscivano a manipolare forze per noi sconosciute. Si dice che fossero vicini a una scoperta epocale, quando apparvero i colossi. Fu uno di loro a crearli. Ti sei chiesta perché?"
"I maghi erano crudeli e arroganti come semidei" disse Joyce ripetendo la frase che aveva sentito più spesso.
"Questo è vero, ma non erano stupidi. Uno di essi, il cui nome e il ricordo è stato cancellato, cercò di sterminare tutti i suoi simili."
"Perché?"
"Credo che avesse compreso fin dove avevano intenzione di spingersi e voleva fermarli prima che causassero un danno irreparabile. In un certo senso, è un eroe. Se siamo qui lo dobbiamo a quel mago sconosciuto."
"Un mago buono?"
"Bene, male" disse Halux agitando la mano in un gesto vago. "Sono concetti umani. I maghi supremi erano molto di più."
"Non pensavo che tu li ammirassi tanto."
"Non li ammiro. Se ne incontrassi uno, farei di tutto per distruggerlo. Dopo averlo studiato. Se devo dire la verità, vorrei proprio incontrarne uno."
"Attento a quello che desideri" disse Joyce.
Halux la guardò con sguardo accigliato. "Non c'è altro da vedere qui. Torniamo indietro."
Tornarono al condotto.
"Dopo di te" disse Halux.
Joyce si chinò rassegnata e strisciò nel condotto. Il viaggio di ritorno le sembrò più breve, ora che sapeva che cosa aspettarsi. Halux rimase in silenzio per quasi tutto il tragitto, parlando solo per darle qualche indicazione quando arrivavano a un bivio.
Quando uscirono all'aperto, il sole era già tramontato ma c'era ancora della luce. Joyce respirò a fondo la brezza leggera che spirava da occidente.
Halux faticò a rimettersi in piedi. "È l'ultima volta che entro in questa piramide" disse.
Joyce coprì l'ingresso con la pietra.
"Assicurati che non si veda dall'esterno" disse Halux.
"Hai paura che qualcuno ti rubi la scoperta?" lo provocò Halux.
"Ti sembro contento di aver scoperto questo luogo?"
"Immagino scriverai un libro o un saggio."
"No" disse Halux. "Cercherò di dimenticare e vivrò il resto della mia vita tranquillo."
"Se non lo farai tu, lo farà qualcun altro."
Halux si strinse nelle spalle. "La piramide di Eceron è rimasta nascosta e dimenticata per migliaia di anni. Ho eliminato qualsiasi prova della sua esistenza. Nessuno potrà mai più trovarla, con un po' di fortuna."
"Perché?" chiese Joyce sbalordita. "Non eri tu quello innamorato della conoscenza?"
"Amo di più il mondo. Negli ultimi anni ho maturato la convinzione che qualsiasi conoscenza legata ai maghi supremi debba essere lasciata lì dov'è, per il bene di tutti. I colossi non hanno fatto altro che rafforzare in me questa convinzione."
"Capisco che tu sia spaventato..."
Halux fece schioccare la lingua. "Io non ho paura per me, ragazzina. Ho paura per il mondo che lasceremo ai tuoi figli e ai tuoi nipoti. Un mondo pieno di meraviglie e terribili prodigi. Il mago che creò i colossi lo aveva capito e voleva impedirlo, a modo suo."
"Ancora non sappiamo come fermarli."
Halux fece spallucce. "Forse uno degli eredi potrebbe riuscirci. Prova con loro."
Bryce potrebbe affrontare uno dei colossi? Si era chiesta Joyce più di una volta.
Anni fa avrebbe detto che sua sorella era invincibile. Se era la strega suprema non poteva essere un caso. Dopo averli visti in azione, non ne era del tutto certa.
Devo esplorare altri santuari e trovare il resto della mappa, si disse.
Trovarono i cavalli e i guerrieri dove li avevano lasciati.
"Stavamo per andare via e dare l'allarme" disse uno dei due.
"Qui abbiamo finito. Possiamo andare" disse Halux.
Cavalcarono in silenzio e quando raggiunsero la collina, i fuochi erano già accesi e la tribù sembrava riunita in un'assemblea.
Qualcuno stava applaudendo, altri battevano le lance a terra producendo un suono sordo. Joyce notò Iruk e Sirak al centro della folla, in piedi su una pietra rialzata.
"Partiremo domani stesso" disse Sirak. "Tornate nelle vostre case e preparatevi."
"Sta succedendo qualcosa" disse Joyce.
"Davvero?" fece Halux con tono ironico. "Non l'avrei mai detto con tutta la tribù riunita e il loro capo che fa un discorso solenne."
"Quello che volevo dire..." disse Joyce.
Halux la ignorò e marciò verso Sirak.
"Halux, amico mio" disse il capo tribù. "Sei arrivato giusto in tempo."
"Che succede?"
"Le tribù hanno preso una decisione" disse Sirak.
Joyce notò che non sembrava molto felice.
"Jakris li ha convinti a marciare verso Nazdur."
"Che follia" sbottò Halux.
"È quello che penso anche io, ma che cosa posso farci?"
"Rifiutare?" chiese Halux.
Iruk scattò. "Non possiamo. Perderemmo il rispetto delle altre tribù."
"Perderete le vostre vite" disse Halux. "Ma se siete felici di morire, chi sono io per impedirvelo? Che la vostra via sia dritta." Guardò Joyce. "Immagino tu sia contenta."
Joyce si strinse nelle spalle. Non era felice di sapere che gli Urgar sarebbero scesi in guerra, ma aveva procurato degli alleati per Nazdur e Kallia. E stavano andando a salvare Bardhian.
"Amico mio" disse Sirak. "Ho un favore da chiederti."
"Sai che ti sono debitore quanto tu lo sei verso di me."
"Ti sto chiedendo un favore da amico."
"Sirak, puoi contare su di me" disse Halux solenne. "Veglierò sulla tua tribù e la tua famiglia mentre sarete via. Hai la mia parola."
"Io voglio che tu venga con noi, amico mio" disse Sirak.
Halux sgranò gli occhi. "Amico mio, sai bene che non sono né un guerriero né un uomo a cui piace l'azione. Tutto ciò che so fare è leggere i miei libri e intrattenere i giovani con le mie storie."
"Una persona con le tue conoscenze ci sarebbe molto utile" disse Sirak con tono fermo. "Noi Urgar, a parte Kalaak e pochi altri, non abbiamo mai lasciato le nostre terre. Tu hai viaggiato molto e sai molte cose che noi ignoriamo sui popoli che incontreremo e le loro usanze. Ci faresti un grande onore venendo con noi."
"L'onore sarebbe mio" disse Halux con tono contrito. "Se potessi venire, ma le mie attuali condizioni di salute non mi consentono di muovermi. Sarei un peso per voi."
"Tu non dovrai fare alcuno sforzo, amico mio" replicò Sirak. "Ci occuperemo di tutto noi. Non ti mancherà niente e avrai ogni comodità. In fondo sei un membro di riguardo della tribù, non dimenticarlo."
"Sì, Halux" disse Iruk. "Non dimenticare che sei un urgar anche tu e hai dei doveri."
Halux gli lanciò un'occhiataccia. "Non l'ho dimenticato. Posso avere del tempo per preparare le mie cose per il viaggio, amico mio?"
"Hai tutta la notte a disposizione" disse Sirak.
Halux lo salutò con un cenno della testa e di allontanò.
"Voglio venire anche io" disse Joyce. "Non voglio un trattamento particolare, mi basta solo viaggiare con voi fino a Nazdur."
Sirak annuì. "In fondo è anche merito tuo se si è arrivati a questo. Ti lascerò venire, ma prenderai ordini da Iruk, come qualsiasi altro guerriero urgar. Per te sta bene, strega rossa?"
Joyce annuì. "Mi sembra giusto." Lanciò un'occhiata alla grotta di Halux. Per qualche motivo sentiva crescere dentro di sé l'inquietudine. "Perdonami" disse allontanandosi.
"Per cosa?" le chiese Sirak.
Lo ignorò e quasi corse mentre si arrampicava lungo il pendio della collina per raggiungere la grotta di Halux.
Scostò il velo che la chiudeva e gettò un'occhiata all'interno. L'erudito era al centro della stanza e aveva sulle spalle le due sacche.
"Che vuoi ancora?" le chiese arrabbiato. "Non ti basta aver rovinato tutto?"
"Dove stai andando?"
"Non è affare tuo."
"Invece sì" disse Joyce. "Vuoi usare un portale per andare via, non è così?"
"E se anche fosse?"
"Scappi di nuovo" disse Joyce. "Come a Malinor."
"Certo che scappo" disse Halux esasperato. "Vuoi forse che mi unisca agli Urgar per assaltare Nazdur? Per chi mi hai preso? Non sono fatto per queste cose."
"Eppure sei entrato in quella terribile piramide da solo, incurante delle trappole che potevano esserci. Non è il modo di agire di un vigliacco."
"Ero giovane e stupido" disse Halux. "Meno giovane e meno stupido di te, ma è così. Ora vattene e torna dai tuoi nuovi amici."
"No" disse Joyce. "Non ti lascerò andare via di nuovo."
"Non puoi impedirmelo."
"Certo che posso."
Inde Decus Paros pensò Joyce.
Tentacoli di energia sorsero vicino ai piedi di Halux, avvolgendosi attorno alle sue caviglie.
L'erudito strinse i denti. "Maledetta" esclamò. "Liberami subito."
"No" rispose con tono ostinato.
"Sai che non puoi tenermi legato qui per sempre. Alla prima occasione fuggirò via e non mi rivedrai mai più."
È vero, pensò Joyce. Non posso controllarlo per tutto il viaggio.
La sua mente lavorò frenetica. L'idea di unirsi agli Urgar per raggiungere Nazdur era buona, ma forse c'era un modo ancora più comodo e veloce di viaggiare. Un po' le dispiaceva tradire la fiducia di Sirak, ma si sarebbe fatta perdonare in qualche modo.
"Ho una proposta da farti" disse Joyce annullando la ragnatela magica.
Halux la guardò diffidente. "Le tue proposte nascondono sempre un trucco."
"Non questa."
Lui sembrò rifletterci sopra. "Che vuoi da me?"
"Ti lascerò libero di andare via, ma a una condizione."
"Quale?"
"Mi porterai con te."
Halux si accigliò. "Non sai nemmeno dove sto andando."
"Sarò io a decidere dove andremo. Mi porterai fin lì e poi andrai per la tua strada."
Halux sospirò. "Non ho altra scelta, quindi accetto. Dov'è che vuoi andare?"
"A Nazdur, ovviamente" rispose Joyce.
Halux digrignò i denti. "Lo sapevo di non potermi fidare delle tue proposte. Alla fine mi costringerai ad andare proprio dove non voglio."
Joyce ghignò. "Avevi ragione a non volerti fidare di me."

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