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Autore: heliodor    11/06/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Morte in battaglia
 
"Ti ripeto" stava dicendo una voce con tono concitato. "Che devi stare indietro."
"E io ti ripeto che non mi muoverò di qui finché non avrà ripreso conoscenza" rispose un'altra voce con tono rabbioso.
"Sei impazzito? Abbiamo degli ordini."
"Tu hai i tuoi ordini e io i miei motivi."
"Ne renderai conto davanti al comandante."
"Come se avessi paura di lei."
"Vado a chiamarla."
"Fai pure."
"Vedrai" disse la voce allontanandosi.
Solo allora Joyce aprì gli occhi. Era distesa su una stuoia e coperta di polvere. Sopra di lei un velo di stoffa grigia si muoveva agitata dal vento.
Un uomo dall'espressione corrucciata l'osservava. "Finalmente ti sei svegliata."
Aveva un aspetto familiare ma non riusciva a ricordare dove l'aveva visto.
Joyce fece per tirarsi a sedere ma appena sollevò la testa il mondo prese a girarle attorno e venne assalita dalla nausea.
"Rimani distesa" disse l'uomo. "Il guaritore dice che hai preso una bella botta ma non hai niente di rotto. Ti riprenderai."
"Dove?" chiese Joyce.
"Non lo so. Da qualche parte nella zona orientale della città. Non siamo riusciti ad andare oltre."
"Parte orientale?" chiese.
L'uomo annuì deciso. "È qui che ci siamo attestati per il momento. Quei dannati nazduriani stanno opponendo una resistenza durissima. Se almeno avessimo i colossi dalla nostra parte, sarebbe più facile."
Il ricordo dello scontro e del crollo la colpì con violenza, facendola vacillare. Ora ricordava tutto quello che era successo.
E anche dove aveva visto quell'uomo.
"Tu sei Reynaud" esclamò sorpresa.
L'uomo abbozzò un leggero sorriso. "Esatto. Finalmente ti sei ricordata di me."
"Che ci faccio qui?"
"Ti ho portata io."
"Come? Perché?"
"Una domanda per volta. Il palazzo sul quale eravamo è crollato e siamo caduti di sotto. Io sono stato fortunato mentre tu hai battuto la testa e sei svenuta. Così ho dovuto portarti qui, dove potevano curarti. E curare me." Si scoprì il ventre mostrando tre strati di bende avvolti uno sopra l'altro.
Joyce si portò una mano alla testa e si accorse di aveva una benda che le correva attorno poco sopra la fronte.
"Perché mi hai salvata?"
Reynaud scrollò le spalle. "Tu dovevi uccidermi lì sopra."
"Ti ho già detto..."
"Lo so che cosa hai detto, ma è una specie di tradizione di famiglia. Il mio bisnonno è morto in battaglia, così come mio nonno dopo di lui e mio padre prima di me. Io speravo di seguire le loro orme e invece..."
"Dovresti essere contento di essere vivo."
"Neanche per sogno" esclamò. "Se tornassi a casa e si diffondesse la notizia di quello che è successo, mia moglie e i miei figli verrebbero coperti dal disonore. Non posso permetterlo."
"Hai dei figli?" chiese Joyce ancora confusa.
"Due."
"E magari speri che anche loro un giorno muoiano in battaglia?"
Reynaud sorrise. "Se Korm sarà benevolo con me, sì."
"E sono qui con te?"
"Ovviamente no, sono troppo giovani per andare in guerra. Ma mio figlio Garf ha tredici anni e si sta già preparando per la consacrazione. Halin ne ha solo otto e dovrà aspettare parecchio."
"La guerra non durerà tanto."
"Ci sono sempre delle guerre" disse Reynaud. "Avranno la loro occasione."
Joyce ne aveva abbastanza di quella discussione. "E ora?"
"Per ora sei viva, ma non posso garantirti che lo sarai anche domani."
"Il guaritore ha detto che sto bene."
"Quello è vero, ma Gent è andato a chiamare il comandante. E lei non è tenera con i prigionieri. Ci ha ordinato di ucciderli a vista."
Joyce fremette per l'agitazione.
Devo andare via di qui, si disse. E subito.
Cercò di alzarsi e con uno sforzo si rimise in piedi. Tutto le ruotava attorno, ma almeno non aveva più la nausea.
"Che vuoi fare? Non puoi muoverti."
"Devo andare via."
"No" disse lo stregone. "Non puoi, te l'ho detto."
"Ma mi uccideranno."
"Lo so" rispose lo stregone. "Ed è un vero peccato, perché non morirai in battaglia e non potrai ascendere al paradiso di Korm."
"Korm?"
"È il dio della guerra. Il più grande guerriero mai vissuto. Combatté a lungo e alla fine gli dei lo resero immortale. Quelli che muoiono in battaglia si ritrovano al suo cospetto."
Joyce sospirò. Il mondo aveva smesso di ruotare ma lei si sentiva ancora stanca e spossata. "Devo andarmene."
"Non te lo posso permettere" disse Reynaud.
"Allora dovremo combattere."
Lui sorrise. "È quello che mi aspetto."
Joyce raccolse le forze rimaste per lanciare un incantesimo, ma aveva la mente in subbuglio e le formule si stavano confondendo tra loro. Fece un gesto vago con la mano.
"Io devo proprio andare" disse. "Non combatto nemmeno per Nazdur."
Non era del tutto vero. Era andata lì per trovare Bardhian ed era pronta a unirsi alle forze di Kallia per difendere la città, se fosse stato necessario.
"Per me è indifferente" disse Reynaud. "Devi essere tu a uccidermi."
"Io?"
Lui annuì deciso.
"Perché proprio io? Questa città è piena di soldati e stregoni che vorrebbero ucciderti."
"È vero e molti ci hanno provato, ieri e nei giorni precedenti, ma solo tu sei arrivata così vicina a riuscirci. In effetti mi avresti ucciso, se non ti fossi fermata per qualche motivo che ignoro."
"Andavo di fretta."
"Adesso hai tutto il tempo che ti serve. Più o meno."
"Ma io non voglio ucciderti, Reynaud."
"Sarà veloce. Io no mi difenderò."
"Perché faresti una cosa così folle?"
"Perché era il mio destino. Korm voleva che morissi qui e per mano tua. Nessuno può opporsi al suo volere, quando decide di chiamare al suo fianco un guerriero."
"Tu non sei un guerriero" esclamò Joyce alla disperata ricerca di una via d'uscita. "Sei uno stregone."
"È indifferente. Un guerriero è chiunque combatta. Ora fai il tuo dovere. Gent sarà qui tra poco con il comandante e potresti non avere più un'occasione simile."
"No" disse Joyce con tono deciso.
"No?" le fece eco Reynaud.
"Non ti ucciderò."
"Così mi coprirai di disonore."
"Dovrai fartene una ragione."
Reynaud la fissò stupito.
In quel momento la tenda si aprì e due uomini col mantello grigio entrarono. Uno era basso e giovane, l'altro alto e di mezza età.
Il giovane indicò Reynaud. "Che ti dicevo? Eccolo qui."
L'altro ignorò Reynaud e fissò Joyce con sguardo severo. "È lei?"
"Gent" esclamò Reynaud. "Stavamo appunto discutendo di come risolvere il mio problema."
"Ancora con questa storia" disse lo stregone anziano. "Ti avevo avvertito che non l'avrei più tollerata. I tuoi discorsi minano il morale della truppa."
"Comandante Rauda" disse Reynaud. "È una questione tra me e la prigioniera. Sai bene che le nostre tradizioni..."
"Delle tue tradizioni non mi importa affatto" tagliò corto Rauda. "Tienile lontane da me e dal resto dei miei stregoni o farai una butta fine."
"Ma è appunto per questo che..." iniziò a dire Reynaud. Scosse la testa. "Spiegaglielo tu, Gent."
Gent si strinse nelle spalle. "Per me sei pazzo. Voglio dire, sei un buon combattente, leale alla causa e obbediente e non ti sei mai lamentato del cibo pessimo o delle lunghe marce."
Rauda gli rivolse un'occhiataccia.
Gent deglutì a vuoto. "E non c'era nulla di cui lamentarsi, in effetti, quindi non puoi far finta di niente per questa volta e ignorare quello che è successo?"
"Non potrei mai" protestò Reynaud. "L'occhio di Korm si posa su ogni campo di battaglia e..."
Rauda fece un gesto brusco con la mano. "Ora taci, mi hai stancato." Guardò Joyce. "Perché questa qui è ancora viva? Non vi avevo forse ordinato di uccidere i prigionieri e i feriti?"
"Mi chiamo Sibyl" disse Joyce irritata.
Rauda la ignorò.
"Lo avremmo fatto" disse Gent. "Ma Reynaud ce lo ha impedito. Ha detto che la ragazza faceva parte dell'armata e che aveva perso il mantello nel crollo, ma il guaritore che l'ha soccorsa ha detto di non averla mai vista prima, così mi ha avvertito. Per questo sono venuto a controllare di persona e ho scoperto quello che era accaduto." Guardò Reynaud con espressione di rimprovero.
Rauda annuì solenne. "Per stavolta farò finta che non sia successo niente. Portate la prigioniera al centro della piazza e giustiziatela."
Joyce si sentì gelare il sangue nelle vene. "Un momento" disse senza sapere come volesse proseguire. In quel momento le premeva solo guadagnare tempo. "Non potete giustiziarmi."
"Dammi un solo motivo per non farlo" disse Rauda.
"Non combatto per Nazdur" disse Joyce. "Ero in città solo di passaggio."
"Se non combatti per Nazdur, perché ci hai attaccati?"
"Io non ho attaccato nessuno" disse Joyce. Indicò Reynaud. "È stato lui a iniziare e io mi sono solo difesa."
Rauda guardò lo stregone. "È vero?"
Reynaud annuì. "Dice la verità. Ho iniziato io."
Rauda scrollò le spalle. "Non fa alcuna differenza. Portatela via."
"No" disse Joyce.
Gent la afferrò per un braccio e la trascinò fuori dalla tenda.
Joyce cercò di opporsi ma non aveva forze. Si sentiva ancora confusa e la testa le faceva male.
Appena fuori dalla tenda venne colpita dalla vista delle tende e dei corpi distesi al suolo e allineati a decine. I guaritori sciamavano attorno a quelli che si lamentavano o gemevano.
Un uomo batteva il pugno mentre un guaritore gli esaminava il fianco. Un altro agitava il moncherino di un braccio tagliato sotto il gomito e coperto con una benda inzuppata di sangue. Una ragazza poco più grande di lei sedeva su una stuoia dondolandosi, gli occhi coperti da una benda. Un uomo si agitava in preda alle convulsioni. Due guerrieri erano chini su un terzo che si agitava e lo trattenevano per le braccia, mentre un guaritore gli segava una gamba. Un ragazzo le passò accanto e quasi le sbatté addosso. Quando lo guardò in faccia, vide che gli mancava un pezzo della mandibola e della guancia sinistra. Dei portantini depositarono un uomo di mezza età davanti ai piedi un guaritore. Questi si chinò per gettargli una rapida occhiata e scosse la testa.
"Ormai è mezzo morto. Portatelo da quella parte dove gli altri non possano vederlo."
Gent la spinse. "Che c'è? Non hai mai visto un campo di battaglia?"
Joyce deglutì a vuoto. "Non vedo gente che combatte qui."
"A modo loro, lo stanno facendo. Andiamo."
Reynaud li seguì a un passo di distanza. "Gent, ti prego, fermati un secondo e ascoltami."
"No" rispose Gent.
"Per favore. Mi bastano solo cinque minuti con lei. Anche due. Non deve fare altro che tirarmi un dardo magico."
Gent sospirò. "Non lo capisci che morire così sarebbe del tutto inutile, idiota? Possibile che nella tua testa di Imoriano non entri questo semplice concetto?"
"A Imoria celebriamo la morte in battaglia" disse Reynaud.
"E la morte da stupidi? Come la celebrate?"
Reynaud fece una smorfia. "Era il mio destino. Lei doveva uccidermi e mandarmi da Korm."
"Che vada agli inferi Korm" sbottò Gent.
Una piccola folla si era radunata attorno a loro.
"Mi servono due stregoni per giustiziare questa qui" disse Gent. "Mezzo scudo di paga in più a chi si fa avanti per primo."
Si offrirono volontari in tre. Due ragazzi sui venti o venticinque anni, con appena un accenno di barba per entrambi e un uomo sui quaranta che zoppicava.
Gent li soppesò con occhio critico. "D'accordo, vi dividerete quel mezzo scudo."
"Aspetta un momento" disse il più anziano. "Mi sembrava di aver capito che il mezzo scudo era a testa."
Gent sogghignò. "Per ammazzare questa qui è anche troppo."
"Allora perché non te la uccidi da solo?" lo provocò uno dei due giovani.
"Vuoi andarci tu al posto suo?" rispose Gent. "Scommetto che i tuoi amici sarebbero contenti di dividersi il mezzo scudo in due."
Il ragazzo tacque.
"Bene" disse Gent. "Andiamo."
Joyce si sentiva sopraffatta e incapace di reagire a quello che le stava capitando. Aveva ancora la mente confusa e le sembrava di essere in un sogno. O un incubo a giudicare da quello che le stava per succedere.
Gent la trascinò in una piazza vuota fatta eccezione per loro e un paio di soldati di guardia che subito si avvicinarono vedendoli arrivare.
"E questa chi è? Una che ha fatto arrabbiare la comandante per caso?"
"È solo una che passava di qui per caso" rispose Gent.
I soldati risero.
Gent la spinse verso il centro della piazza. "Rimani qui ferma. Se non ti muovi troppo, quei ragazzi prenderanno bene la mira e sarà rapido e indolore. Ma se cerchi di scappare, sarà molto più lungo e doloroso. Hai capito?"
Joyce annuì. Si guardò attorno alla ricerca di una via d'uscita, una qualsiasi, ma in quel momento non le venne in mente niente. Voleva mettersi a piangere ma non sarebbe stato dignitoso farlo davanti a degli estranei.
I tre si piazzarono a una decina di passi di distanza e dopo aver parlottato tra di loro si girarono verso di lei.
Nei loro palmi brillavano i dardi magici.

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