Amaro
distacco
Esci dalla
metro, nel
quartiere che per anni hai considerato casa.
Ti avvicini al
semaforo,
dove una ragazza attende il verde. Quei capelli…
può essere lei? Sono mesi che
non la vedi. Non che faccia differenza.
Pensi che no,
tutto
sommato non ti sembra lei, sarà qualcun altro. La raggiungi,
ti volti – è lei
davvero. Ti sorride e vi salutate.
Come altre volte
è già
successo, parlate, parlate come se nonostante tutto foste amiche che si
rivedono dopo un po’ e hanno un mondo da raccontarsi.
Parlate, scherzate, stai
bene.
Si ferma con te
mentre
aspetti il bus, nonostante casa sua sia a due minuti a piedi. Sei
così presa
dalla conversazione che il primo lo lasci passare. A casa non ti
aspettano,
quel che conta adesso è solo continuare a parlare.
Quando
finalmente vi
separate, pensi che è stato bello. Pensi anche che non la
rivedrai per qualche
altro mese, probabilmente, e sai che è giusto
così.
Quel che non sai
è che ti
scriverà il giorno dopo, per il compleanno di
un’amica. Vuole farle una
sorpresa, andando a trovarla con te e il ragazzo della festeggiata.
Strano,
pensi, risentirla così presto. Strano ma forse non
così tanto, visto il motivo.
Devi studiare,
ma accetti
comunque. Lo studio lo puoi riorganizzare, fare una sorpresa a Lea non
ti
ucciderà.
Il compleanno
arriva,
salite in macchina con il ragazzo di Lea. Lei davanti, tu dietro.
“Avevo
pensato di andare
da solo, ma so che la cosa che più la farà felice
sarà vedervi insieme. C’è
sempre rimasta molto male quando avete discusso.”
Non
abbiamo discusso.
“Così
da un momento
all’altro poi, siete sempre andate d’amore e
d’accordo e all’improvviso…”
Pugnalate,
una dietro l’altra.
Sensi di colpa
sopiti ma
mai del tutto dimenticati riemergono in te, ti senti male. Vorresti
dire
qualcosa, protestare, ma non lo fai. La senti vagamente chiedere
“Noi due?”,
perché in effetti la formulazione era un po’
dubbia.
Ma il senso per
te è
chiarissimo.
Nessuna di voi
commenta
davvero, la conversazione passa avanti. Mettete della musica. Cerchi di
rilassarti, ma il senso d’oppressione resta lì a
due passi.
Infine arrivate
da Lea.
Non se lo aspettava davvero, la trovate in pigiama. È
contentissima, si
commuove.
“Visto
amore, te le ho
portate.”
“Già,
che ci fate insieme
voi due?”
Di nuovo, senti
salire la
voglia di protestare, di far notare che non è che negli
ultimi due anni
incontrandovi prendeste a correre ognuna in senso opposto. Vi siete
allontanate, è vero, vi siete
allontanate
così tanto, ma scambiare due parole o condividere
la stessa stanza non è
stato un problema negli ultimi tre anni. Non
per lei, almeno, non credi.
Di nuovo,
però, stai
zitta. Cosa c’è da dire? Non è il
momento di aprire una polemica, e non siete
soli, ci sono anche i suoi genitori. In più lei non dice
nulla.
Ti lasci
scivolare anche
quest’allusione, senz’altro non voluta, ma in
qualche modo ancor dolorosa.
Lea
e il suo ragazzo sono fin troppo sinceri.
Ingolli, tenti
un sorriso
e segui il flusso. Lea si cambia, così potete andare avanti
con il programma. Pic-nic!
Passate, tutto
sommato,
un buon pomeriggio.
Lea è
veramente felice e
si vede, la vostra visita le ha fatto davvero piacere. Ne sei contenta.
Lo sei, ma non
riesci
comunque a combattere una sensazione di disagio. Tutto il tempo che
passate a
casa sua tutto ciò che avverti è distacco, ti
sembra di essere terribilmente
fuori posto. A disagio.
Che ci fai
lì? Con il suo
ragazzo e la sua migliore amica? Lea include anche te in
quest’ultimo titolo, ma tu non ti
senti affatto così. A
confronto sei un’estranea con cui scambiare un saluto.
Fuori
posto, fuori posto, fuori posto, ripete una
voce nella tua
testa. L’ignori e speri che non trapeli nulla di tutto
ciò, ti impegni.
Al momento di
separarvi,
Lea ti abbraccia. Lei ti saluta di
sfuggita, rientrando subito in macchina.
È
normale, lo è
perfettamente.
Non
per questo fa meno male.
Perché
ti illudi ogni
singola volta? Come riesci a sperare qualcosa che sai benissimo non
avverrà?
Non hai mai
imparato a
curare un legame spezzato.
Credevi di
averlo
accettato.
La sera nel
letto, ciò
che ti fa più male non sono gli avvenimenti della giornata.
È il
non riuscire a
piangere, a lasciare che tutto scorra catarticamente fuori di te.
Sarebbe meglio,
lo sai. Ma non riesci.
Quel
maledetto distacco.