20.
La
sede della Walsh Inc. si trovava
tra
il sedicesimo e il ventesimo piano di uno dei tanti palazzi in acciaio
e vetro
del centro di L.A.
La
hall dell’azienda era interamente stato costruita in legno
chiaro sulle pareti,
pavimenti in marmo verde e ampie vetrate ovunque l’occhio
potesse spaziare.
Le
alte finestre a vetri riflettenti, che si gettavano sulla
città e mostravano lo
skyline e l’oceano in lontananza, si oscuravano
automaticamente grazie a un
sistema fotocromatico inserito tra le lamine di vetro con cui erano
state
costruite.
In
quel momento, con il sole del mattino già ben alto, le
finestre erano del tutto
oscurate e l’orizzonte era debitamente adombrato e dai toni
dell’azzurro. All’ingresso,
seduta dietro un lungo e spazioso bancone bianco – su cui
capeggiava l’insegna
della ditta – la centralinista Mary
Marshall-Jones salutò compita Richard prima di sorridere
sorpresa nel vedere
Iris.
Sollevatasi
in piedi, le allungò una mano per stringere quella protesa
di Iris e,
sorridente, si dichiarò lieta del suo ritorno.
«E’
un breve ritorno, ma grazie per l’accoglienza, Mary.
E’ davvero bello
rivederti» dichiarò la giovane Walsh.
Quella
frase lasciò la centralinista un po’ dubbiosa ma,
da brava segretaria quale
era, non fece domande e avvertì la coppia che alcuni
consiglieri si trovavano
già nella Sala del Consiglio.
Ringraziatala,
Richard mormorò poi alla nipote: «Pronta per
affrontare gli squali?»
«Oh,
alcuni sono solo placidi delfini. Devo preoccuparmi solo di tre,
quattro
persone al massimo, ma sono certa di potercela fare» sorrise
Iris, dandogli una
pacca sul braccio.
Richard
allora le fece strada e, dopo averle aperto la porta, lasciò
che entrasse nella
sala per affrontare gli sguardi dei presenti e gli inevitabili commenti.
Era
pronta per il combattimento e, avendo al suo fianco – per
così dire – un grande
stratega del passato, sapeva di non poter fallire. Che le mettessero
pure i
bastoni tra le ruote.
Ora
sapeva chi era, e non si sarebbe mai fatta mettere i piedi in testa da
nessuno.
***
Le
orecchie le dolevano ancora, per la gran discussione che era seguita
alle sue
proposte.
Melissa
Rodstein, sua madrina di battesimo e vecchia amica di famiglia
– oltre che
madre della sua ex amica Susan – le si era rivoltata contro
in maniera più che
mai subdola, portando al centro dell’attenzione sua figlia.
La
donna aveva messo in dubbio la capacità di Iris di prendere
decisioni accorte,
visto il lungo periodo di assensa fisica
dall’azienda. Al tempo stesso, aveva controproposto al board
la possibilità di
vendere le azioni di Iris a Susan.
Il
tutto, a suo dire, per non incomodare la già affermata Helen
con un progetto
che nulla aveva a che fare con il suo mestiere di avvocato.
Allo
stesso modo, Ronn Huckerman aveva perorato la causa di Susan,
scatenando la
curiosità dei più, l’indignazione di
Melissa e l’attenzione del membro più
anziano del consiglio, Conrad Greenwood.
Quest’ultimo,
dopo aver lasciato parlare entrambi, li aveva messi sotto torchio con
domande
sibilline, mettendo in dubbio sia le capacità di Susan che
le sue credenziali.
Ciò
aveva indotto anche i membri più restii del consiglio
– Robson, Starling e
Fletcher – a chiedere conto di ciò che i due
consiglieri avevano proposto e, a
quel punto, Melissa era esplosa in un fiume di lacrime.
Senza
più controllo, si era indignata con Ronn, dandogli
dell’inguaribile Don
Giovanni, tacciandolo di essere colpevole di aver irretito la sua innocente figliola. Di contro,
l’uomo si
era difeso, praticamente arrivando a dire che Susan si era gettata nel
suo
letto come una sgualdrina.
Il
tutto aveva raggiunto delle vette di ipocrisia davvero incredibili, ma
aveva
convinto una volta di più i consiglieri della buona scelta
fatta da Iris in
merito a Helen.
Sorseggiando
del buon vino bianco di fronte a un’abbondante porzione di
frutti di mare, Iris
lanciò un’occhiata pacifica all’oceano
poco distante e alla spiaggia ricolma di
vacanzieri.
Santa
Monica era un luogo sempre piacevole dove ritrovarsi per un buon pasto,
o per
gustare delle ore in santa pace all’ombra di una palma, ma
sentiva la mancanza
di Clearwater.
A
quell’ora, con tutta probabilità, Chelsey e Dev
erano arrivati a destinazione
e, ben presto, avrebbe ricevuto loro notizie.
«Direi
che questa riunione la ricorderemo per anni»
ironizzò Richard, attirando la sua
attenzione. «E’ stato un bene che non fosse una
riunione generale, ma solo con
i membri del board. Ti immagini una platea di un centinaio di persone,
a vedere
una scena del genere?»
Sorridendo
divertita, Iris assentì. «Non mi aspettavo che
proprio Melissa mi avrebbe messo
i bastoni tra le ruote, ma non avevo tenuto conto
dell’ambizione di quella
donna. Lei voleva approfittarsi della figlia per avere un membro in
più a suo
favore all’interno del consiglio, e Ronn voleva a sua volta
approfittarsi dell’amante.
Una combinazione letale.»
«Se
le condizioni fossero state a loro favore, avrei potuto prendere
in
considerazione l’idea di accogliere anche Susan nel board ma, dopo
quello che è emerso,
mi sorprende anche solo che Melissa ce l’abbia
proposto» chiosò lo zio. «Avevi
capito qualcosa?»
«Mi
sembrava che vi fosse qualcosa, perché Melissa era
particolarmente nervosa, ma
non pensavo a Susan. Però, quando Ronn ha accennato al suo
carattere in modo
così approfondito, mi sono chiesta come facesse a sapere
così tanto di lei.
Melissa non ha mai portato Susan in ditta e di lei parlava sempre
pochissimo,
in presenza degli altri. Io, infatti, la vedevo sempre fuori
dalla ditta o alle cene di famiglia, che erano rigorosamente
private» constatò Iris, ancora incredula
riguardando a ciò che era emerso da
quella riunione.
Richard
assentì, scuotendo ironico il capo.
«Questo
lo sai tu, come lo sanno gli altri. E’ sempre stata molto
gelosa della figlia,
molto più di quanto non lo sia mai stata di suo figlio
Brandon.»
Annuendo,
Richard aggiunse: «Ricordo che ha sempre detto ad Aaron che
sbagliava nel
portarti ai vernissage, perché questo ti avrebbe
danneggiato.»
Sbuffando,
Iris esclamò: «E dire che le madrine dovrebbero
essere più premurose di così,
con le proprie figliocce!»
«Oh,
lei ha cercato di proteggerti… a
suo
tempo, quando ancora non c’era di mezzo la
possibilità di ottenere più
quote in seno alla ditta. A quel punto, ha cercato di cogliere
l’opportunità, e
Ronn ci si è infilato dietro per lo stesso motivo»
asserì Richard, serafico.
«Quel che mi stupisce più di tutti,
però, è Conrad. Scoprire che aveva ingaggiato
un investigatore per mettere al setaccio il passato di Susan, mi ha
sorpreso.»
«Evidentemente,
deve aver sentito Melissa fare delle allusioni in merito già
in precedenza.
Forse, voleva portare in seno al consiglio l’idea che io
cedessi le mie quote a
favore di altri, visto che non ero mai presente» ammise Iris,
ancora sconvolta
da quell’ulteriore colpo di scena.
«E’
possibile. Già da qualche mese avevo subodorato che, la tua
assenza forzata,
non avrebbe potuto durare più di quel tanto. Alcuni
consiglieri stavano
mordendo il freno, ma da lì a pensare che proprio
Melissa ti si mettesse contro… giuro, non l’avrei
mai creduto possibile.
Inoltre, non avrei mai immaginato che Susan avesse pagato
per ottenere la sua laurea in economia. E’ davvero
sconcertante» borbottò contrariato Richard,
sorseggiando il suo vino. «Conrad è
stato davvero abile, nello scoprire questa truffa.»
Iris
rammentava bene le poche chiamate che aveva scambiato con Susan, prima
di
interrompere i contatti con lei, e le era parso strano che non fosse
turbata
dai suoi continui cambi di lavoro.
Evidentemente,
ogni qualvolta aveva sentito il terreno crollarle sotto i piedi, era
fuggita a
gambe levate prima che scoprissero il suo imbroglio.
Tutti
gli esami.
Tutti gli
esami che aveva dato all’università, erano stati
truccati ad arte – e pagati da
mammina – perché lei potesse passare e ricevere la
tanto agognata laurea in
economia.
Che
Melissa lo avesse fatto per far entrare Susan nella Walsh
Inc. in un futuro imprecisato, era impossibile saperlo, ma
già il fatto che avesse frodato a quel modo il sistema, era
ignobile.
Da
quel poco che aveva saputo, all’Università della
California stavano già cadendo
alcune teste.
Scuotendo
il capo, mormorò subito dopo: «Non mi
dispiacerà avere prevalentemente a che
fare con degli alunni e dei compiti da correggere.»
Richard
sorrise a quel commento e le domandò: «Hai
già fatto richiesta?»
«Sì.
Ho inviato tutta la documentazione all’ufficio immigrazione
del Canada, oltre
alle mie credenziali e alla mia decisione di abitare a Clearwater.
Dovrebbe
arrivarmi a giorni il permesso di soggiorno per scopi lavorativi e poi,
con
calma, inizierò l’iter per richiedere la
cittadinanza» assentì Iris, tutta
sorridente.
Richard
allora le batté una mano sul braccio, annuì e
disse: «Era questo il sorriso che
volevo vedere sul tuo volto. Ora, sono tranquillo.»
«Io,
invece, sarò tranquilla quando avremo venduto la casa,
perché vorrà dire che
non ho più conti in sospeso con il passato»
esalò Iris, ridacchiando.
«Faremo
anche quello, non temere» la rassicurò Richard,
terminando il suo vino.
Iris
assentì, il pensiero già rivolto a Clearwater e
alla sua nuova vita. A quel
punto, niente e nessuno avrebbe più potuto metterle i
bastoni tra le ruote. Il
suo passato era stato sistemato, e ora non le rimaneva che mettere
piede sul
nuovo sentiero che l’avrebbe ricondotta a quella che ora
considerava la sua casa.
***
Accucciata
nei pressi di una delle piante più vicine al muro di cinta,
l’aria smarrita e
le mani strette a pugno, Alyssia stava osservando ansiosa una
tranquilla Julia,
mentre la notte calava e le prime stelle si accendevano come fari nel
cielo.
Quella
stessa giornata, Julia era tornata come aveva promesso ad Alyssia e,
dopo aver
trovato un degno nascondiglio dove attendere la notte, aveva aspettato
il
momento propizio per far scappare l’amica.
Dopo
aver percorso il parco, facendo attenzione alle telecamere di
sorveglianza
poste sul muro che cingeva l’immensa proprietà, la
coppia si era fermata in
prossimità di un enorme abete e lì si era fermata.
Nascoste
agli sguardi dai rami che arrivavano a sfiorare l’erba, Julia
aveva fatto
accucciare l’amica e, con calma, le aveva spiegato
ciò che, con la levata della
luna, sarebbe avvenuto.
Sulle
prime, Alyssia si era spaventata non poco, ma l’amica
l’aveva rassicurata sulla
buona riuscita della mutazione e l’aveva coccolata contro il
suo seno per un
po’.
Questo
aveva chetato le ansie di Alyssia, riportandola indietro nel tempo,
agli anni in
cui lei e Julia erano state inseparabili e, con Dev, avevano formato un
trio
vincente.
Non
aveva dimenticato nulla, di quegli anni, e anche per questo aveva
sempre tenuto
a bada le donne che, per lungo tempo, avevano tentato di approcciare
l’uomo.
Devereux
era sempre appartenuto a Julia e, se mai qualcuna avesse dovuto averlo
in vece
dell’amica, quella avrebbe dovuto essere lei.
Loro
tre erano perfetti, insieme, e questo non lo avrebbe potuto mai mettere
in
dubbio nessuno.
Anche
per questo, una volta che fosse mutata, avrebbe sistemato quella
biondina
californiana una volta per tutte e, assieme a Chelsey, Julia e Dev,
sarebbero
stati insieme per sempre.
Avrebbe
accettato anche la bambina, non avrebbe avuto alcun problema.
Dopotutto, era
figlia del ventre di Julia, e perciò le sarebbe stata cara
come una figlia sua.
«Ci
siamo, mia cara… la luna sorge» mormorò
Julia, trionfante.
Lei
assentì, si tappò la bocca per non urlare e, dopo
alcuni secondi di ansiosa
aspettativa, percepì la prima fitta al costato.
Alla
prima ne giunse una seconda, che quasi le tolse il fiato, portandola a
togliere
le mani dalla bocca per prendere ampie boccate d’aria.
Julia
si accigliò, a quella vista, e la spinse a terra con forza,
coprendole le
labbra spalancate con la propria mano e, volto contro volto ad Alyssia,
ringhiò: «Devi fare quello che ti dico! Te lo sei
dimenticato?!»
Alyssia
scosse il capo, iniziò a piangere e dimenarsi mentre la lupa
che era in lei
gridava per uscire.
Trattenendola
a terra mentre l’amica sotto di lei si lasciava andare a
calci nell’aria e a
pugni sull’erba, Julia si lasciò andare a un
sogghigno di gelido dominio che
Alyssia ricordò fin troppo bene.
Julia
non era affatto cambiata, anche se era diventata un lupo. Lei era
sempre stata
dominante, tra loro due, e le aveva sempre detto cosa fare, e come
farlo.
Alyssia
sapeva bene che era questo il modo di Julia di amare e, fin quando
anche Dev si
era attenuto a questi precetti, tutto era andato bene.
Il
fatto che Julia se ne fosse andata, poteva solo voler dire che Devereux
non
aveva più accettato la sua compagna per quella che era.
Se
tutto fosse tornato come prima – e con Julia accanto a lei,
poteva finalmente
succedere – avrebbe accettato le scuse di Dev e da
lì sarebbero ripartiti. Sì,
poteva accettare le scuse dell’uomo, se si fossero dimostrate
sincere.
«Brava,
ci sei quasi» mormorò Julia, lasciandola infine
andare.
Alyssia
assentì col capo – no, col muso,
constatò dopo un attimo di sconcertata
sorpresa – e, reggendosi a fatica sulle zampe, si
guardò nelle sue nuove vesti
senza riconoscersi.
«Va
bene così, Alyssia. La prima volta è sempre
destabilizzante. Ma ti abituerai
alla svelta alla forza che ora hai nel tuo nuovo corpo» le
spiegò Julia,
carezzandole la gorgiera.
Alyssia
si beò di quel tocco – era raro che Julia si
lasciasse andare a dei complimenti
– e, quando l’amica le indicò di balzare
oltre il muro, lei semplicemente lo
fece.
Fu
strabiliante scoprire di poterlo fare, così come lo fu
vedere Julia fare la
stessa cosa, ma con le sembianze di una donna.
Non
appena si trovarono oltre quel maledetto muro che l’aveva
tenuta prigioniera
per lungo tempo, Alyssia ringhiò soddisfatta e Julia,
sogghignando, dichiarò:
«E ora andiamo a casa, Aly. La nostra nuova casa.»
La
lupa assentì col muso e, assieme, si avventurarono nei
boschi che si
distendevano come mantelli oltre Vancouver, avanzando verso
l’entroterra e
verso le Montagne Rocciose.
Infaticabili,
la donna e la lupa si addentrarono sempre di più nella
Columbia Britannica
prima, e nell’Alberta poi, finché non raggiunsero
un grazioso lago alpino,
racchiuso in un fittissimo bosco e lontano da qualsiasi arteria
stradale.
Lì,
finalmente Julia si fermò, indicò ad Alyssia un
accampamento di tende più o
meno grandi e, orgogliosa, disse: «La nostra nuova famiglia,
Aly. Lì, tutti ti
vorranno bene e sapranno apprezzarti per quello che sei ma, prima di
poter dire
di farne parte, dovrai aiutarmi a portare anche Chelsey entro questi
confini.»
Alyssia
si limitò ad annuire; avrebbe fatto qualsiasi cosa, per
Julia, e le sembrava il
minimo aiutarla a recuperare la carne della sua carne.
«La
nostra guida ti insegnerà i precetti da seguire e, a tempo
debito, verrai
marchiata come sua figlia e sua protetta» dichiarò
Julia, mostrandole i segni
di una vecchia bruciatura all’altezza della spalla destra.
«Lui ci garantirà la
protezione di un capobranco, e noi saremo le sue ancelle fedeli.
Vivremo come
la natura ci ha voluti, liberi e fieri, e nessun umano potrà
dirci a quali
leggi sottometterci. Sono inferiori, e tali rimarranno, per
noi.»
Alyssia
assentì e Julia, tornando sui suoi passi, disse:
«Torniamo verso Clearwater.
Voglio farmi un’idea degli spostamenti di Dev, prima di
capire quando agire.»
Ciò
detto, iniziò a correre e l’amica, da fedele
compagna quale era, si accodò a
lei.
Suo
malgrado, si allontanarono dal campo che tanto volentieri Alyssia
avrebbe
voluto visitare, ai volti di altre persone come lei che aborrivano la
civiltà
umana per come era stata concepita.
Comprendeva
però bene che era imperante portare via Chelsey dal mondo
degli umani. Se, come
le aveva detto Julia, c’era la possibilità che lei
avesse ereditato il gene
della licantropia, Chelsey doveva essere condotta al sicuro, lontana da
Devereux, lontana dagli umani ignoranti, che l’avrebbero
odiata e osteggiata.
Non
poteva indulgere nei suoi desideri superficiali, quando una loro
sorella
rischiava la vita a ogni attimo passato lontano da quel luogo ameno e
sicuro.
No,
Julia aveva avuto ragione a voler partire subito. Chelsey doveva essere
condotta via da Clearwater, e lei si sarebbe impegnata anima e corpo,
per
farlo.
***
Era
stato tutto dannatamente facile. Come sempre, del resto, trattandosi di
Alyssia.
Lei
l’aveva sempre seguita come un cagnolino adorante, e fare
breccia nel suo cuore
debole e in cerca d’amore, era stato semplice come bere un
bicchier d’acqua.
Julia
aveva contato di sfruttare il suo aiuto per avvicinare Chelsey ma,
quando si
era recata in gran segreto a Clearwater e non l’aveva
trovata, se n’era
domandata i motivi.
Una
volta scopertili, e non avendo potuto approcciare la figlia
perché assente da
casa, si era persuasa a raggiungere Alyssia a Vancouver per liberarla
dalla
prigionia e usare la sua gratitudine come spada per proteggersi.
L’essere
divenuta un lupo l’aveva resa più guardinga e, fin
da quando si era allontanata
dalla vita asfissiante di Clearwater e dalle attenzioni di Dev, aveva
scoperto
la vera se stessa.
Aveva
vagato per mesi e mesi nei boschi, apprezzandone la libertà,
lasciando che la
sua lupa si abbeverasse di quelle sensazioni, godendo delle prede
uccise
durante la caccia.
Era
quasi divenuta un lupo vero e proprio, perdendo molta della sua
umanità, quando
aveva incontrato Logan.
Licantropo
come lei ma infinitamente più forte e potente, le aveva
mostrato la vera Via, e
lei si era unita alla sua crociata per liberare i lupi dalla
schiavitù della
vita degli umani.
Si
era unita a lui carnalmente diventando la sua lupa ma, con
l’accrescersi del
branco, le coppie erano diventate promiscue e la libertà di
non avere legami
scritti l’aveva galvanizzata.
Aveva
scoperto di apprezzare cose che mai, da umana, avrebbe immaginato e,
sempre
grazie a Logan, aveva dato voce al suo bisogno di predominio.
Non
sarebbe mai stata all’altezza del lupo che le aveva fatto
scoprire tutto
questo, ma ne era seconda quanto a forza e intelligenza, e gli altri li
seguivano come una coppia reale.
Negli
anni, aveva annullato le lacune su se stessa e la sua razza, aveva
scoperto
della possibilità di passare ai propri figli i geni della
licantropia e, nel
parlarne con Logan, aveva ricevuto il suo assenso a portare in seno al
gruppo
anche Chelsey.
Forte
della possibilità di offrire a Logan un pezzo di
sé che ancora non aveva saputo
donargli, aveva atteso trepidante che gli anni passassero e che la
avvicinassero all’adolescenza della figlia.
Quando
infine il loro gruppo si era fortificato e saldato a sufficienza
perché lei
potesse assentarsi senza, per questo, danneggiare Logan, era partita
alla volta
di Cleawater per prelevare Chelsey.
Il
non trovarla l’aveva infastidita, e tutto era peggiorato
quando aveva saputo di
Alyssia ma, ora che lei aveva il suo scudo e la sua spada, poteva
affrontare
Lucas senza la paura di venire sconfitta.
Avrebbe
sacrificato Alyssia, se fosse stato necessario, ma avrebbe portato via
Chelsey
da Devereux.
Sapeva
che Lucas era abbastanza forte da rivaleggiare con lei –
ricordava bene la sua
stazza, e assomigliava troppo a quella di Logan, per non preoccuparsi
– ma,
dandogli in pasto Alyssia come diversivo, lei sarebbe riuscita nei suoi
intenti.
Devereux
avrebbe dovuto rassegnarsi a perdere anche la figlia. Dopotutto, aveva
trovato
quella sgualdrinella americana, con cui divertirsi.
Che si accoppiassero pure tra umani. Lei aveva i suoi lupi, per questo genere di cose ed era molto, davvero molto meglio.
N.d.A.:
finalmente scopriamo cosa abbia combinato in tutti questi anni Julia, e
fino a che punto si sia spinta la follia di Alyssia. Con due
così, direi che ci si possa davvero aspettare il peggio. I
nostri amici riusciranno a rintuzzare il loro attacco?