II
Emelrik
l’umano
Emelrik
ricordava bene la propria famiglia e la sua infanzia, nonostante
i secoli trascorsi. Era il terzo figlio, prima di lui erano nati suo
fratello e
sua sorella maggiore. Dopo di lui, erano stati concepiti un altro
maschio e due
femmine, una delle quali morta in tenera età. Lui era il
figlio di mezzo,
quello un po' indeciso sul da farsi. Il maggiore, già pronto
ad ereditare ogni
cosa, aveva scelto per moglie una nobildonna del sud della Francia ed
aveva
contribuito notevolmente nell'elevare il prestigio della famiglia. La
prima
figlia femmina era stata data in moglie ad un proprietario terriero ed
aveva da
tempo lasciato la casa patronale. La sorellina più giovane
avrebbe presto
seguito lo stesso destino, volente o nolente. Il fratello
più piccolo invece
aveva mostrato un certo interesse per l'esercito, e si stava alleando
per poter
entrare fra le guardie imperiali. Emelrik stava nel mezzo, ed era la
disperazione di suo padre.
Lord Gerard, il
padre di Emelrik, aveva tentato invano di spingere il
figlio verso un qualche tipo di futuro degno di un nobile fin dalla sua
tenerissima età. Dapprima si era chiesto se la carriera
militare potesse
essergli congeniale, ipotesi che scartò presto vista la
propensione del figlio
a ribattere ad ogni ordine impartito. Poi lo aveva spinto verso la
castità
della vita ecclesiastica, altra opzione immediatamente scartata non
appena
trovò il figlio appartato nel fienile con una serva ed il
panettiere.
Per mettere a
tacere un eventuale scandalo, ai due popolani fu fornita una
quantità d'oro tale da rifarsi una vita e furono allontanati
dal paese. Ad
Emelrik fu trovata in fretta una consorte e fu costretto a sposarsi in
giovane
età, decantando un amore sbocciato all'improvviso e che
aveva unito due
famiglie. La fanciulla, anch'ella costretta in quell'unione frettolosa,
accettò
l'ingresso nel mondo dei Von Rigel Krain e fra gli sposi nacque una
sorta di
tacito accordo. Non vi era amore, non perlomeno quello tradizionale che
si può
trovare nei romanzi, ma crescente affetto. Purtroppo non trascorse
molto tempo
prima del manifestarsi della forte febbre che tolse la vita alla
giovane sposa.
Il vederla soffrire ed il non poter far nulla aveva risvegliato in
Emelrik un
nuovo desiderio: studiare medicina. Il padre, per assecondare i
desideri di un
fresco vedovo, lo aiutò a realizzare tale desiderio
convocando i migliori
studiosi della zona.
Gli studi
classici ben presto stancarono Emelrik, che si ritrovò
irrimediabilmente attratto dall'alchimia. Al tempo, scienza e magia
facilmente
si mescolavano e trattati anatomici accennavano spesso ad antiche
pratiche
medievali e misteriche. Le conoscenze non erano sufficienti, non per
curare
molti dei mali del mondo, e questo era frustrante per il futuro
vampiro. Come
aiutare le persone, se non esisteva un metodo per farle guarire? Voleva
maggior
conoscenza. Voleva maggior potere! Iniziò a studiare e
ricercare volumi
antichi, sempre più complessi. Si sparse la voce molto in
fretta e molti si
proposero come aspirante maestro del curioso, e ricco, Emelrik. Il
padre,
pretendendo il meglio per la sua genealogia, ricercò i
più qualificati ed in
molti furono scartati. Fra ciarlatani, finti esperti e dottori con
conoscenze
non sufficienti per l’aspirante medico, alla porta della
magione comparve un
uomo. Alto, pallido e vestito di scuro, bussò al tramonto e
giustificò l’orario
parlando di un lungo viaggio. Subito suscitò un certo
interesse in Emelrik. Era
affascinante, leggermente magnetico quando parlava o sorrideva.
Possedeva libri
antichi rarissimi, riguardanti gli argomenti più disparati,
che mise subito a
disposizione dell’aspirante dottore. Si presentò
con il nome di Alarad,
spiegando di provenire da una famiglia che studiava medicina ed
alchimia da
secoli. In pochi mesi, entrarono in perfetta sintonia e trascorsero
molto tempo
a discorrere di magia, alchimia e scienza. Il giovane nobile non si era
mai
sentito così affascinato da qualcuno, affamato
com’era di conoscenza. Quell’uomo
pareva sapere ogni cosa, su qualsiasi argomento esistente! Lo
invidiava, lo
ammirava, forse un pochino lo amava. E più il tempo passava
e più la mente
desiderosa di conoscenza richiedeva nuove informazioni e nuova sapienza.
“Quanto
tempo ci impiegherò per imparare ogni cosa?”
chiese Emelrik, una
sera.
“In
una sola vita, è impossibile” fu la risposta del
maestro “Ma, forse,
basterebbe avere a disposizione più di una vita”.
“Di
che parlate…?”.
Alarad
ghignò, quasi divertito. Dopo settimane passate a fingersi
qualcosa che non era, finalmente rivelò la sua vera natura.
Quel ghigno, mostrava
denti non propriamente umani ed Emelrik sobbalzò.
“Che
cosa sei?!” esclamò, conoscendo già la
riposta.
“Non
è la mia famiglia a studiare da secoli. Sono io che studio,
da
secoli e secoli e se tu, giovane nobile uomo, aspiri a tale
conoscenza… esiste
solo un modo”.
“Non
voglio diventare come te. Solo l’idea mi disgusta e mi
terrorizza!”.
“Tu mi
hai accolto nella tua casa. Sono disposto ad insegnarti ogni cosa.
Ma una simile conoscenza in un semplice umano sarebbe sprecata.
Perciò scegli”.
“Vattene
subito!”.
Alarad, i cui
capelli scuri accentuavano il pallore e le occhiaie, non si
aspettava quella risposta. Deciso ad ottenere quel che desiderava, ed
accecato
dall’ira, aggredì il giovane Emelrik. Questi
tentò invano di difendersi ma la
forza del vampiro era decisamente superiore e non poté fare
molto. Urlò, con i
denti del maestro che affondavano nel collo dell’allievo e ne
sottraeva in
fretta ogni goccia di sangue. Si agitò, invano, fino a
percepire le forze che
lo abbandonavano. Che stava succedendo? Stava morendo? No, lui non
voleva
morire! In uno scatto improvviso, riuscì a sferrare un
calcio all’aggressore.
Non aspettandosi una simile reazione, Alarad lasciò perdere
momentaneamente il
proprio pasto e fissò il giovane.
“Sei
un guerriero?” lo derise “Che pensi di
fare?”.
“Io
non voglio morire!”.
“Ma tu
non morirai”.
“Che…?”.
“Tu
diverrai come me! Una tale sete di conoscenza ed una tale
determinazione non sono caratteristiche da lasciar crepare con una
semplice
vita mortale. Non può sfiorire tutto in un
soffio!”.
“È
peggio ancora di morire! Vattene, demonio! Stai lontano da
me!”.
“Demonio?
Non esagerare!”.
Il vampiro
attaccò di nuovo. Questa volta Emelrik non ebbe la forza di
reagire,
stremato per la forte emorragia. Stava diventando tutto nero, la vista
si
appannava ed i sensi si smarrivano lentamente. E svenne, senza riuscire
ad
aprir bocca se non in un gemito di dolore.