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Autore: Minga Donquixote    16/06/2019    3 recensioni
«Sei incredibile!» Si lamentò lei, tornando a sedersi sul pavimento e afferrandogli una mano. «Vuoi pure che ti racconti una fiaba per bambini?»
Cutler la guardò minaccioso e strinse forte la mano, facendola gemere di dolore. «Sei insopportabile.» le sibilò.
«Faccio del mio meglio.» ribattè lei, testarda.
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Era sicuramente un incubo il posto in cui era capitata la giovane Eris Gallese. Parrucche incipriate, lotte di pirati, dannati corsetti e no docce saponate.
Quando non si studia la storia, ci si trova impreparati.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Norrington, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12. Preparativi

Eris era ormai totalmente col cervello in panne. Davanti a lei si stagliava un uomo avvenente, vestito con un completo decisamente alla moda rispetto agli anni che affrontava, sotto un cappello si intravedevano dei capelli neri e ricci trattenuti a stento da un codino corto e due profondi occhi grigi.
«Tutto bene, signorina? Sembrate distratta.»
Al suono di quella voce secca, si riscosse dai propri pensieri e ricambiò la preoccupazione dell’uomo con un sorriso rassicurante.
«Si, tutto ok. Non si preoccupi. Sono proprio goffa.» e rise forzatamente, per non dare nell’occhio il profondo imbarazzo di essere stata colta mentre lo esaminava attentamente.
L’uomo si tirò stoicamente dritto. Nemmeno aveva notato che si era abbassato vicino al suo viso per guardarla meglio.
«Beh, ne sono lieto.» prima che potesse dileguarsi puntò i suoi freddi occhi chiari su un punto imprecisato dietro la ragazza.
Dopo un momento di titubanza, le labbra fine dell’uomo si aguzzarono in un ghigno maligno.
Eris rabbrividì fin nelle ossa.
«Signor Mercer, che piacere rivederti.»
Una mano guantata di nero si posò sulla spalla della giovane, costringendola a girarsi verso il suo protettore. Credeva di aver perso Mercer in mezzo a tutte quelle valige sparse.
«Signore. Il piacere è senz’altro mio.»
Tra i due volavano scintille. Lo sguardo affilato di Ian riusciva a intimorire persino Eris, che lo guardava con la coda dell’occhio.
«Jonathan!»
Una voce femminile interruppe quello scambio silenzioso ma minaccioso richiamando sull’attenti l’uomo dagli occhi grigi.
«Si, cara. Vecchie conoscenze.»
Si girò, pronto per tornare verso una donna stretta in un ampio vestito tutto merletti e fiocchetti di un giallo canarino, accecante, ma si girò all’ultimo secondo.
Passò i suoi occhi dalla mano di Mercer, caldamente protettiva sulla spalla della giovane donna, al viso scosso di lei e sorrise nuovamente.
Poteva sembrare un sorriso genuino, tutto denti e nient’altro. Ma Eris capì subito. C’era ben altro dietro quel sorriso enigmatico.
«Beh, ci rincontreremo sicuramente, milady. Con permesso.» fece un lieve cenno con il cappello che portava e sparì tra la folla.
I due rimasero immobili, fissando il punto in cui il gentiluomo era sparito. Era chiaramente familiare alla ragazza e il nome suonava come un campanello d’allarme nella testa ma non riusciva ad associarlo a nessuno che conoscesse.
«Mercer, chi è quell’uomo?» domandò all’assassino, subito dopo.
Il servitore assottigliò di più lo sguardo già affilato e si rivolse a lei senza nemmeno guardarla.
«Non è nessuno, Miss»

Quando entrò nella spaziosa camera da letto, piani e piani sopra, Mercer semplicemente la lasciò sola.
Si rese conto che, abbandonati ai piedi del letto, due bagagli, che consistevano in enormi casse di legno coperte da pelle marrone erano ancora sigillate.
Tuttavia, quando si avvicinò ad esse, non c’era nessun nome o nessun segno che distinguesse l’una dall’altra. Lei ricordava distintamente di aver riempito una sola valigia con le cose nella cabina. Quindi pensò che forse quella accanto era del suo “compagno di stanza”.
Provò a piegarsi, in modo da controllare velocemente quale delle due fosse la sua valigia, quando il vestito le bloccò il movimento. Ovviamente, essendo dolorosamente stresso e ampio, non le concedeva tante posizioni.
Stanca, si sforzò di arrivare da sola ai lacci che le legavano la parte superiore dietro la schiena e quando li agguantò tirò con forza, rischiando quasi di sfilacciare la stoffa.
Quando sentì il tessuto più morbido contro la pelle lo lasciò scivolare di dosso, rimanendo in intimo in mezzo all’enorme camera, il vestito abbandonato a terra.
Finalmente libera aprì le labbra in un sorriso soddisfatto, si piegò sulle ginocchia e aprì la valigia più a sinistra. All’interno, fu fortunata, trovò i propri vestiti.
Prese una lunga veste scura, adagiandola sul letto e poi tornò a richiudere la valigia con un tonfo sordo.
Ma prima di alzarsi e dirigersi verso quel magnifico bagno che sembrava urlarle di essere usato, lasciò scivolare i scuri occhi da cerbiatta sulla valigia di Beckett.
Le sembrava assurdo che l’uomo non si fosse curato di sistemare la propria roba, nonostante permanessero entrambi in quella città soltanto una notte. E possibile che tutte le cose care o che valeva la pena portarsi dietro erano rinchiuse in quel solo baule?
Silenziosa come un gatto lasciò scivolare la mano sulla pelle morbida di quella valigia e aprì con l’altra la piccola chiusura.
Al suo interno non vi era altro che un semplice completo che sembrava incartato in una stoffa scura, tant’è che non ne distinse il colore esatto ma che conosceva perfettamente, una piccola confezione di qualche oggetto e uno scrigno sistemato all’estrema destra.
Non era certamente lo scrigno di Davy Jones eppure la curiosità la invase ugualmente. Cosa poteva contenere e come mai l’uomo aveva portato solamente quei tre oggetti.
Lei, a confronto, aveva trascinato con se tutto il suo mondo. Si era portata due completi, più quello della cerimonia, intimo che si era fatta fare simile a quello con cui era arrivata in quel pazzo luogo, il proprio coltello, una spazzola nuova e una fascia per capelli.
Fece scorrere la punta delle dita sulla superficie dello scrigno, mordendosi le labbra con fare meditabondo ma le allontanò subito dopo.
Non aveva alcun diritto di curiosare così privatamente nella vita di quell’uomo. Sapeva già quanto si sentisse esposto a causa della sua conoscenza sulla propria vita, morte e miracoli.
Decise che forse era il caso di lasciargli quel piccolo segreto.
Avvertendo un leggero freddo che le penetrava nelle ossa, a causa del suo stare mezza nuda nel bel mezzo della stanza, agguantò la spazzola con lo specchio decorato all’interno della sua valigia e avanzò verso il bagno.
Non seppe quanto tempo vi passò al suo interno, beandosi della sensazione che l’acqua calda le donava. Aveva passato ormai mesi sulla nave di Beckett e il trauma di non avere acqua calda a bordo era ancora vivo sulla sua pelle abbronzata.
Non solo. Le erano anche state donate diversi tipi di piccole saponette dai mille odori. Ne aveva gettate alcune direttamente nell’acqua per creare una leggera spuma e altre le aveva applicate ai capelli.
Certamente, non erano prodotti tipicamente indicati per il cuoio capelluto come la Garnier che aveva a casa, ma lì era già un grosso passo avanti.
Uscì, con la testa, fuori dal pelo dell’acqua e sospirò. Il piccolo asciugamano era a pochi centimetri di distanza quindi si allungò e lo prese, levandosi finalmente al di fuori della vasca.
A terra non aveva messo tappeti quindi quando il marmo freddo le colpì i piedi rabbrividì. Odiava la sensazione del piede nudo sulle piastrelle del bagno.
Si picchiettò il corpo con l’asciugamano, asciugandosi accuratamente ogni piccola parte, non aveva certo intenzione di prendere un malanno, e poi passò ai capelli strizzandoli e agitandoli a testa in giù.
Una volta finita la piccola lotta, tornò a riavvolgersi l’asciugamano intorno al corpo, circondando i seni e coprendo fino a metà coscia, e uscì dall’aria densa di umidità del bagno.
Appena spalancò la porta, vide una figura in posizione fetale davanti ad una delle valige e si aprì in un sorriso.
«Ma guarda chi ha deciso di rincasare» si guardò per premurarsi che nessun possibile dettaglio intimo del suo corpo potesse essere notato e camminò verso il lato del grande letto. «Bella la cavalcata?»
«Oserei dire perfetta.» ghignò Beckett, afferrando il vestito coperto nella carta scura e alzandosi in piedi. «Nessuna voce stridula di troppo…» così dicendo alzò lo sguardo sulla ragazza e la trovò con un broncio infastidito sulle labbra. Poi notò il resto.
I capelli zuppi e scompigliati, le gote rosse per il calore del bagno da cui era uscita, le spalle nude…
Si fermò lì. Distolse rapidamente lo sguardo e un cipiglio andò a delinearsi sul suo viso «Potevate anche vestirvi nel bagno.»
Eris sbuffò sonoramente e andò ad afferrare quelle che erano mutande e reggiseno all’interno del baule.
«Sono completamente coperta, Cutler.» si avvicinò al suo fianco «Non ti scandalizzare.»
L’uomo tornò a guardarla in viso, senza soffermarsi altrove, come a dimostrarle qualcosa. Poi prese le sue cose e si rinchiuse a chiave nel bagno.
«Guarda che non ho alcuna intenzione di entrarci mentre ci sei tu!»

Quando Beckett uscì dal bagno era già finemente sistemato. Eris aveva fatto chiamare un servitore per accendere il fuoco e sistemarsi la chioma, ma al suo posto era arrivato Mercer. Aveva accesso il camino e poi si era avviato verso il bagno, uscendo solo al fianco del Signore dei Mari una volta che ebbe finito di sistemarsi.
La ragazza, dal canto suo, era ancora impegnata nell’asciugare i capelli facendo fatica persino nello spazzolarli. Il cambio di temperature li aveva resi crespi e parecchio annodati.
«Farò chiamare qualcuno per lei, mio signore»
Mercer si inchinò e, dopo aver lanciato uno sguardo alla giovane carico di disapprovazione, sparì dalla porta principale.
Cutler si avvicinò alle sue spalle e le sfilò la spazzola dalle mani alzandosela all’altezza del viso. Molte fili rotti e annodati si erano incastrati ai denti della spazzola.
«Ho il malsano dubbio che finirete calva se continuerete a toccare quei capelli.» e le tese nuovamente l’oggetto che lei prese con stanchezza.
«Nah, tranquillo. In caso prenderò una delle tue parrucche» fece spallucce lasciando cadere indietro la testa contro le ginocchia di lui. Aveva indossato il vestito fatto a Port Royal ed era stupendo. Bianco, con ricami e bottoni d’oro e nero. Quasi le ricordava quello che gli aveva rubato tempo addietro, rendendolo inavvertitamente suo.
Sorrise. La sarta Josephine glielo aveva descritto proprio bene, proprio come voleva.
Beckett si permise un sorrisetto divertito e poi posò i suoi occhi sul vestito, celato dallo stesso tessuto scuro, abbandonato ai piedi del letto. Era sinceramente curioso di che vestito si trattasse e quel suo sguardo non sfuggì agli occhi felini di lei.
«E’ una sorpresa»
L’uomo alzò un sopracciglio «Oh, questo implica che ne rimarrò colpito.»
Eris aprì la bocca, incredula, ma poi si lasciò sfuggire una risata.
«Beh, non ho mai detto che dovesse essere una sorpresa solo per te.» e gli fece la linguaccia, tornando a posare gli occhi nel fuoco che scoppiettava con ardore.
Non voleva rivelarlo ma sperava di sorprenderlo davvero. Non era mai dovuta essere al fianco della persona celebrata, non si era mai trovata a stretto contatto con così tante persone facoltose. Lei era sempre stata il personaggio secondario nella vita, mai protagonista. Ma lo preferiva.
Quindi l’agitazione per quell’evento era già, di per se, piuttosto stressante. Se considerava anche il dovere di non mettere Cutler a disagio, la sua mente sguazzava in un vero caos.
Si morse le labbra, pensando che se Norrington avesse partecipato avrebbe potuto chiedergli consigli e opinioni. Ma era sola, totalmente e perdutamente sola.
Un leggero bussare obbligò Beckett a trattenere l’ennesima frecciatina sulla lingua e permise alla persona di entrare nella stanza. Una cameriera con la classica divisa nera e grembiule bianco fece la sua timida entrata e osservò i due vicino al grande camino.
«Sono qui su vostra richiesta, mio signore. Se è un momento inopportuno posso passare più tardi…» disse a voce chiara nonostante i due avvertissero l’agitazione. Probabilmente si era fatta due domande sull’accappatoio poggiato sul corpo di lei.
Il Lord scosse la testa e indicò con un gesto della mano la moretta ai suoi piedi.
«E’ già fin troppo tardi. Prenditi cura di lei e aiutala con ciò di cui ha bisogno.» guardò Eris serio, sistemandosi la giacca.
La ragazza si tirò su a sedere, reggendosi bene la stoffa sul seno per non rischiare che scivolasse via, e andò a sedersi sul piccolo sgabello davanti alla piccola mensola con lo specchio accanto al letto a baldacchino. Sorrise alla serva e la invitò al suo fianco agitando la spazzola strapiena di capelli scuri.
«Scusami ma non riesco proprio a domare i miei capelli oggi…e non so se riuscirò a legare il vestito senza strappare nulla.» disse, colpevole.
La donna al suo servizio arrossì mentre si avvicinava e tossì appena per coprire la voce agitata. «Si figuri, è mio dovere.»
E prese la spazzola dalle sue mani, agitando i capelli per vedere dove andassero sistemati e spicciati.
Attraverso lo specchio, la giovane osservò Cutler aprire lo scrigno che aveva sfiorato dalla sua valigia circa un’ora prima e guardare al suo interno, pensoso. Poi alzò lo sguardo su di lei e la trovò a fissarlo.
Richiuse la scatola dopo aver preso qualcosa e la poggiò sul letto.
«Non dimenticarti questa.» e picchiò sulla sua superficie per farle capire a cosa si riferisse.
Girò su se stesso e uscì dalla stanza con la stessa sicurezza e velocità con cui era uscito Mercer.
Mentre Eris soppesava e pensava a ciò che potesse contenere quella scatola, notò che la cameriera aveva quasi terminato di curarle i capelli poiché la spazzola aveva preso a fluire indisturbata nella chioma.
«Finito?»
La donna annuì e le passò le dita in una ciocca raccolta, constatando che non vi fossero più nodi di cui occuparsi.
«Avete idea di come volete sistemare i capelli?» chiese, gentilmente posando lo sguardo sul vestito che giaceva coperto sul letto.
Eris si alzò e si avvicinò ad esso, come capendo la richiesta silenziosa della cameriera e sorrise. La sua amica Josephine ci aveva impiegato davvero tanto tempo e lavorare sul disegno o bozza della ragazzina non deve essere stato un compito semplice. Tuttavia, era esattamente come lo aveva richiesto, forse persino meglio.
Ricordò le parole con cui l’aveva supplicata per farle vedere il vestito di Beckett e che il suo capo aveva tenuto nascosto all’interno di uno stanzino, appeso ad un manichino.
Era piuttosto a disagio coi colori che l’uomo aveva scelto, poiché troppo al centro dell’attenzione, ma quando le venne il colpo di genio quasi stabilì che non vi fossero altri colori che potevano adattarsi alla sua idea.
Soppresse quei pensieri e spostò gli occhi nocciola sulla scatola che Beckett aveva lasciato sul letto, e si piegò per afferrarla.
La aprì e sorrise.
Non poteva essere nient’altro che quello.
Alzò la maschera dorata all’altezza del viso e se la poggiò sul naso, girandosi verso la cameriera.
«Come sto?»

Con la gola secca rimase nascosta per molto tempo dietro la parete che poco più in là si sarebbe aperta nell’intera sala da ballo. Molti camerieri con vassoio carichi di champagne o vino erano passati per di là molte volte, guardandola sorpresi e divertiti.
Doveva sembrare una ragazzina a rintanarsi lì, come a proteggersi dai giudizi e dagli sguardi che avrebbe ben presto dovuto accogliere.
La cameriera le aveva detto che, seppur l’abito fosse la cosa più strana che avesse mai visto, lei era bellissima. Ma ci si affidava ben poco. Una cameriera non avrebbe l’ardire di lasciarsi sfuggire verità severe. O verità in generale.
Deglutì e si sporse appena lasciando che lo sguardo semi celato dalla maschera dorata si spostasse alla base delle numerose scale che avrebbe dovuto scendere per arrivare all’enorme e illuminata sala.
La musica dei violini le arrivava alle orecchie chiara e dolce. Tuttavia, nessuno aveva fatto ancora un passo al centro della sala per azzardare un ballo. Erano tutti sistemati in gruppi. Uomini che discutevano certamente di politica e donne che si confrontavano sui loro doveri o criticavano altri gruppi di donne e uomini.
Beckett era ai piedi della scalinata e con aria compiaciuta e serena salutava e parlava con chiunque si avvicinasse ma, ogni volta che rimaneva due attimi da solo o con Mercer, cominciava a girarsi in direzione del corridoio dove la ragazza si stava nascondendo. Era chiaramente in attesa.
«Mia signora, tutto bene?»
Una giubba rossa le si era avvicinata di soppiatto alle spalle, facendola saltare di paura. Fortunatamente l’agitazione le aveva impedito di urlare.
L’uomo sembrava vagamente preoccupato, ma nemmeno tanto, e si sistemò la pesante baionetta sulle spalle, come temendo in una reazione ancor più agitata della giovane.
«I-io, si.» poi guardò le scale. «Non farei una bella impressione se cadessi mentre scendo quelle scale, vero?»
La guardia non riuscì a trattenere una risata, supponendo si trattasse di un battuta, ma quando la ragazza continuò a sondare la scalinata con aria preoccupata, le assopì subito.
«Scusatemi, non pensavo fosse un’affermazione seria.» e osservò come il vestito di lei fosse essenzialmente molto d’ostacolo alla discesa.
La parte superiore del suo vestito assomigliava molto ad una divisa d’esercito ma con tratti, disegni e una scollatura evidente e tipica di un vestito da donna. Ma ovviamente la difficoltà giungeva al livello delle gambe. Un’ampia gonna bianca le arrivava fino a sotto i piedi, coprendoli totalmente alla vista e, come a peggiorare la situazione, anche un lungo mantello di seta trasparente le scivolava sulle spalle fino al livello della gonna.
Osservandola meglio, e mettendo in secondo piano la maschera la riconobbe.
«Siete Lady Beckett.»
La giovane fece un gemito sommesso, come a confermare la sua ipotesi e strinse più forte le dita alla parete di cemento coperto da strati di carta da parati.
«Posso aiutarvi»
A quelle parole, quasi le vennero le lacrime agli occhi e lo guardò con sorpresa.
«Solleverò quanto basta il vestito e il mantello dietro di voi. Voi dovete solamente preoccuparvi di scendere le scale, e se necessario, sollevare l’estremità davanti a voi.»
Pensandoci, Eris non trovò nessuna soluzione più semplice e sicura di questa. Quasi rimase colpita dalla velocità di risoluzione della guardia ma, probabilmente, era il loro lavoro prendere nel minor tempo possibile una decisione efficace.
«Grazie!»
Si posizionò dietro di lei e prese i due capi tra le mani guantate.
Eris tirò un respiro profondo e si afferrò la propria parte di vestito, accennando col capo per uscire allo scoperto.
La luce la colpì in pieno volto, quasi facendole desistere di continuare a camminare, ma ormai era troppo esposta per ripensarci.
Fece qualche passo avanti e quando si trovò davanti al primo scalino si guardò alle spalle, notando come la giubba rossa fosse concentrata quanto lei. In ogni caso però le regalò un sorriso di incoraggiamento.
Tornò a guardare davanti a sé e prese a scendere scalino per scalino, concentrandosi a non pestare nessuna parte del vestito ai lati. Era troppo distratta nel fissare il tappeto che calpestava mentre scendeva per accorgersi dell’improvviso quietarsi dei sussurri e dei concitati movimenti.
Quando arrivò alla fine della gradinata, e poggiò i piedi coperti dalle scarpe chiuse col tacco al sicuro sulla pista della sala da ballo, tirò un grosso respiro di sollievo.
Si girò nuovamente verso il fidato compagno che l’aveva seguita nella folle impresa e lo ringraziò di cuore.
Quello, che aveva nascosto il sorriso che prima le aveva regalato per darle forza, chinò il capo e si dileguò.
Finalmente salva si concesse di guardarsi intorno e notò come tutti gli sguardi, privi di maschera (cosa che già la inquietava da se), fossero posati su di lei. Non si era accorta di tutta quell’attenzione e sperò che si fosse concentrata solo una volta scese tutte le scale.
«Se non avessi visto la maschera che ho acquistato io stesso, non vi avrei mai riconosciuta.»
Eris volse la testa alla sua sinistra e vide un Beckett stoico e composto al suo fianco. Sollevò una mano coperta da un guanto bianco lattice e spostò la maschera dal naso, sistemandola sulla cima dei suoi capelli sciolti ricci e raccolti ai lati da un nodo morbido.
«Non è ancora tempo di indossare le maschere» le disse facendo scorrere la mano lungo il collo, la spalla e il braccio destro della giovane, fino a raggiungere e stringere la mano nuda e stringendola tra la sua.
Lei rabbrividì a tanta delicatezza e arrossì quando si trovò a osservare un’espressione mai vista negli occhi grigi del piccolo Lord.
«Scusa il ritardo. Non sapevo come scendere le scale senza rompermi l’osso del collo» ridacchiò, spezzando il silenzio assordante tra di loro.
Beckett cambiò discorso «Dopotutto non ero costretto a obbligarvi di essere presentabile. Avevate già deciso.» ghignò. «Ne sono onorato.»
Eris alzò gli occhi al cielo e si rivolse a Mercer, che aveva ancora la bocca aperta. L’aveva sempre vista trasandata o con vestiti sistemati male sulla nave. Non si sarebbe mai aspettato una figura simile.
«Il re?»
«Sarà qui, ormai, a breve. Chiedeva che gli venisse comunicato quando tutti i suoi invitati fossero all’interno della sala.» le comunicò, sopprimendo la voglia di fare un commento di disapprovazione sul suo enorme ritardo.
La sala era nuovamente piena di borbottii, voci concitate e una musica più movimentata e chiassosa, quasi a prendere in giro la nuova arrivata. Probabilmente prestavano ancora tutti attenzione alla coppia ma in modo meno evidente di prima.
Cutler guardò la ragazza per qualche attimo mentre quella era presa e concitata a girarsi intorno e quando fece per azzardare il primo e vero complimento della serata, una voce canzonatoria gli penetrò le ossa fin nel profondo.
«Finalmente ci rivediamo, fratellino.»
Lì, a pochi piedi da loro, l’uomo alto dagli occhi di ghiaccio che Eris aveva scontrato all’ingresso ore prima fissava Beckett con maliziosa arroganza.



Angolo D'autrice
Ehilà, chi si rivede dopo tanto tempo...
Dopo tanto, taaaanto tempo. Non ci posso credere che la voglia e la forza di continuare questa fanfiction sia giunta a distanza di più di due anni. L'avevo data per spacciata ormai e invece eccomi qui, con un aggiornamento misero, lo so, ma questa trancie è molto lunga e piena di particolari che spicciarmi a scriverla all'interno di un solo capitolo mi rovinerebbe la stesura.
Non saprei se esiste ancora qualcuno che segue questo obrobrio tuttavia, per me è come un figlio incompleto che devo portare alla maturità.
Scusatemi ma in questi anni ne son successe davvero di tutti i colori e mi son ritrovata ora a tornare qui.
Tornando alla fanfic, mi piace da morire terminarla con sto tizio. Le fa bene le sue entrate in scena, "il cattivo".
Mi sono accorta inoltre della difficoltà nello descrivere i vestiti e tutto quindi vi lascio qui una foto del vestito e dell'acconciatura al quale mi sono ispirata. Se preferite viaggiare con la fantasia, invece, no problem.
Vestito:http://it.tinypic.com/r/14j56vp/9 
Acconciatura:http://it.tinypic.com/r/fx6mhf/9
  
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