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Autore: heliodor    28/06/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Non sei un’assassina
 
"Non so dov'è" disse Joyce.
Joane si mosse veloce verso di lei. La vide appena prima che la sua spada di energia cercasse di colpirla al fianco.
Joyce parò il colpo e balzò di lato.
Joane la seguì, mulinando la spada con fendenti precisi che cercavano un'apertura nella sua difesa.
Joyce indietreggiò, parando ogni colpo con fatica. La lama d'energia creava increspature nello scudo e lei si sentiva sempre più stanca.
Joane non le diede tregua e la costrinse spalle al muro contro un’abitazione. Joyce mormorò la formula della levitazione e volò fino alla cima del palazzo.
Joane balzò in alto e si aggrappò al cornicione. Con un secondo balzo la raggiunse sul tetto.
Joyce evocò i dardi magici e li scagliò contro di lei. La strega li parò con lo scudo e riprese ad avanzare.
"Sono più forte di te" disse la donna in un attimo di pausa.
Joyce respirava a fatica. Joane era veloce e imprevedibile. Al suo confronto, gli allenamenti con Elvana sembravano delle passeggiate.
"Se ti senti stanca" ricordò le parole di Elvana. "Cerca di guadagnare tempo per riposarti."
Guadagnare tempo, si disse Joyce.
Nei romanzi d'avventura l'eroe riusciva a rallentare il nemico con un bel discorso.
"Bardhian è cambiato" disse cercando le parole giuste. "Non è più quello di una volta."
Joane si accigliò.
"Non vuole più combattere."
"Meglio" disse la strega. "Sarà più semplice per me."
"Sto cercando di dirti che non è più una minaccia."
"Che ne sai tu, strega rossa?"
"L'ho visto con i miei occhi."
"E dovrei crederti? Hai già mentito altre volte, no?"
"Anche tu" l'accusò Joyce.
"Non su quello che conta davvero. Se tu sapessi di cosa sono capaci, saresti d'accordo con me."
"Chi?"
"Gladia, il circolo supremo. Tutti."
"Il circolo supremo ci difende" disse Joyce. "È il loro scopo."
Joane rise. "Te l'ha detto Gladia?"
"Ho assistito a una loro riunione."
"Allora saprai che cosa avessero intenzione di fare con Bardhian e gli altri eredi."
"Certo" disse Joyce sicura. "Vogliono uccidere Malag."
"Sciocchezze" rispose Joane. "Hanno iniziato a creare gli eredi molto prima che Malag apparisse. L'arcistregone ha solo accelerato le cose."
"Perché dovrei crederti?"
"Non ho motivo di mentirti" disse Joane. "Gli eredi sono uno strumento di controllo. Sono le catene che il circolo supremo vuole mettere al nostro mondo. Per renderlo schiavo."
Joyce non sapeva cos'altro dire. Quel discorso le sembrava più assurdo mano a mano che proseguiva.
È pazza, si disse.
"Mi credi folle, vero?" fece Joane spostandosi di lato. "Sono stati loro a rendermi quello che sono."
"Puoi ancora scegliere" disse Joyce.
"Cosa?"
"Di non essere un'assassina."
"Per me è tardi" disse Joane evocando una palla di fuoco tra le mani. "Ma posso ancora rimediare ai miei errori. Un'ultima volta. Dimmi dov'è Bardhian, strega rossa, o stai in guardia."
Joyce pensò di evocare lo scudo e prepararsi all'attacco, ma ci ripensò. Distese le braccia lungo il corpo cercando di non far trasparire la sua paura.
Se sbaglio, non avrò scampo, si disse.
Joane le puntò contro la palla di fuoco. "Dov'è il tuo scudo? È così che ti hanno insegnato a difenderti."
"Io non devo difendermi da te" disse Joyce allargando le braccia.
Joane ghignò. "Allora ti ucciderò. Qui e adesso."
"Avanti" la sfidò Joyce. Fu tentata di chiudere gli occhi, ma non voleva sembrare debole. Non in quel momento.
Attese che il colpo finale arrivasse.
Se ho sbagliato. Se...
"Difenditi" ringhiò Joane.
"No" urlò Joyce in risposta. "Vuoi uccidere Bardhian, non me."
"Ti ucciderò. E poi ucciderò anche lui."
"Allora fallo, che aspetti?"
Joane alzò le braccia e le abbassò.
"Non ci riesci?" fece Joyce. "È perché non sei un'assassina, vero? È così?"
"Tu non sai cosa sono diventata, strega rossa. Non sai che cosa ho fatto in questi ultimi sedici anni. Se te lo dicessi, faresti di tutto per uccidermi."
"Ma almeno potrei capirti."
Joane ghignò. "Capirmi? Sei solo una ragazzina. Dimmi dov'è Bardhian, se vuoi che il circolo supremo venga sconfitto una volta per tutte."
"È Malag il vero nemico."
"Di lui ci occuperemo. Dopo."
"Bardhian è la chiave per sconfiggerlo. E non lo ucciderai."
Joane scosse la testa in un gesto affranto. "Come vuoi, strega rossa. Ma quando ti renderai conto dell'errore, sarà troppo tardi. Per tutti."
"Non è tardi per te, Joane."
La strega si voltò e saltò giù dal tetto.
Joyce raggiunse il bordo, convinta di vederla per strada, ma lei era già scomparsa. Solo allora riprese a respirare con calma. Le si era quasi fermato il cuore nel petto.
Decise di non inseguirla. Non avrebbe avuto senso. Invece ridiscese dalla parte opposta del palazzo usando la levitazione e dopo essere diventata invisibile corse tra i vicoli della città vecchia. Si diresse alla piazza dove aveva lasciato Kallia e i soldati, convinta di trovarli ancora lì, ma era vuota, fatta eccezione per un drappello di soldati che si erano riuniti vicino alle scale.
Joyce tornò visibile per non destare allarme e si avvicinò con passi pesanti. I soldati le rivolsero contro le lance e lei si fermò all'istante.
"Sono dalla vostra parte" disse mostrando le mani.
"Chi sei?"
"Mi chiamano la strega rossa" disse.
"Lasciatela passare" disse una voce proveniente da un punto sulle scale. "Quello che dice è vero."
I soldati si fecero da parte rivelando un giaciglio fatto di mantelli. Sopra di esso era stata adagiata una figura femminile.
Joyce la riconobbe subito. Era Kallia.
La strega era distesa sulla schiena, con la testa alzata. Il viso era imbrattato di sangue e un mantello le copriva la gamba sinistra.
Un uomo corpulento era chino su di lei. "Se vuoi salvarti" stava dicendo. "Devo agire subito."
Kallia annuì senza guardarlo. "Prima devo dire due parole a quella ragazza. Vieni, strega rossa."
Joyce si avvicinò con cautela. "Sei stata ferita?"
"Al primo assalto. Un dardo mi ha attraversato la gamba da parte a parte" disse Kallia. La sua bocca si piegò per un attimo, forse uno spasmo di dolore. "È una ferita da niente, ma Zedem qui pensa che debba tagliarmi la gamba."
L'uomo assunse un'aria grave. "Stai perdendo troppo sangue e la gamba ormai è compromessa. Anche salvandola, resteresti menomata per sempre."
"Sì, sì, sì" disse Kallia con tono stanco. "Farai quello che devi, non preoccuparti. Non ti priverò certo del piacere di tagliare un pezzo del mio corpo."
"Non provo alcun piacere" disse Hadus.
Kallia sospirò. "Come stanno Bardhian e gli altri?"
"Bene" disse Joyce. "O almeno lo spero. A quest'ora saranno al sicuro."
"È ora che ti metta al sicuro anche tu."
"Posso darvi una mano."
"Non è la tua guerra" disse Kallia.
"Ormai lo è."
La donna rise. "No, il tuo compito è vegliare su Bardhian, perciò scordati di noi e vai da lui."
Joyce non voleva altro, ma non glielo disse. "Che cosa farete?"
"Ci ritireremo nel palazzo del circolo. È una piccola fortezza. Stanno andando tutti lì per la battaglia finale."
"Quanto potrete resistere?"
"Uno o due giorni, non avendo acqua né cibo" disse Kallia. "Il palazzo è pieno di donne, anziani e bambini, ma che altro possiamo fare? Almeno sarà un assedio breve."
"Dovete resistere" disse Joyce. "Cercherò qualcuno che possa aiutarvi e lo porterò qui."
"Forse in un'altra battaglia" disse Kallia sorridendo. "O in un'atra vita. Chi lo sa?" Fece un'altra smorfia. "Sta cominciando a diventare fastidiosa. Zedem, non hai qualcosa che possa lenire il dolore?"
"Nel mio sotterraneo" disse l'uomo. "Ma è dall'atra parte della città."
"Non hai portato con te niente per il dolore" disse Kallia. "Ma scommetto che seghe e coltelli non li hai lasciati a casa."
Zedem scrollò le spalle. "Ho già visto altre guerre."
Kallia annuì. "È così, dunque. Siamo ai saluti finali, strega rossa. Vattene da questa città maledetta, trova Bardhian e portalo al sicuro. Che la tua via sia dritta. Ora, se vuoi scusarmi, devo lasciarmi sistemare la gamba."
Joyce annuì decisa. "Cercherò di aiutarvi. Hai la mia parola."
"Vai" disse Kallia.
Joyce corse via.
Non si fermò finché non giunse alla porta di ferro che aveva chiuso poco prima. Fu contenta di vederla ancora lì e intera. Nessuno l'aveva scoperta e poteva ancora usarla per lasciare la città. Non si fidava a scavalcare le mura volando. C'era la possibilità che qualche arciere o uno stregone guardassero proprio nella sua direzione in quel momento e lei sarebbe stata un bersaglio facile anche al buio per chi sapeva vedere nell’oscurità.
Il passaggio nelle mura era più sicuro. Vi entrò senza esitare e richiuse la porta alle sue spalle. Evocò un globo luminoso e avanzò sicura. Si fermò solo poco prima di giungere all'uscita.
La porta era spalancata, segno che quelli che l'avevano preceduta non erano presi la briga di richiuderlo. Lo fece lei facendo attenzione a non fare troppo rumore.
Usò la vista speciale per trovare le trincee e vi si calò dentro. Avanzò con cautela, attenta a percepire ogni rumore attorno a lei. Non fu come nel bosco poche ore prima, ma con l'eco della battaglia che si affievoliva alle sue spalle, si sentì più sicura mano a mano che avanzava.
Strisciò fuori dalle trincee incurante del fango che le si appiccicava ovunque e si diresse verso il campo degli Urgar.
Non sperava di trovarli accampati lì, non con la battaglia in corso. Se erano furbi, avevano già lasciato quel luogo e si erano allontanati di qualche miglio. Sarebbe stato difficile ritrovarli, ma aveva la speranza che Bardhian stesse bene.
Iruk glielo aveva promesso e anche se lo conosceva appena pensava di potersi fidare di lui.
Quello che non si aspettava era di scorgere delle figure umane proprio lì dove c'era il campo degli Urgar.
È Joane? Si domandò sgomenta. O sono suoi soldati? Hanno trovato il campo e ora stanno dando la caccia a Bardhian?
Questo avrebbe reso le cose molto più complicate. E pericolose.
Guardando meglio, riconobbe le lance degli Urgar e i loro vestiti fatti di pelli conciate. Sembravano quasi in attesa.
Avanzò sicura annunciando il suo arrivo con un globo luminoso. Un paio di figure si staccarono dalle altre e avanzarono verso di lei.
Una di essi era Iruk.
"Ce l'hai fatta a tornare" disse con espressione sollevata.
Joyce annuì. "Sto bene. Grazie."
Lui la guidò verso gli altri. Riconobbe Kalaak, Sirak e altri guerrieri Urgar. E, a qualche passo di distanza, c'era Bardhian con lo sguardo accigliato.
Joyce fu sollevata nel vederlo. "Ce l'avete fatta" disse sforzandosi di sorridere.
Bardhian la guardò senza cambiare espressione.
"Gli altri non sono ancora arrivati" disse Iruk.
"Gli altri?" fece Joyce.
"Jakris, Remiak e Lilie."
"Non erano con voi?"
"Ci siamo divisi per muoverci più velocemente. Noi siamo riusciti a passare le mura e ci siamo diretti qui."
Joyce guardò in direzione della città. Sullo sfondo dei palazzi più alti si intravedeva il bagliore degli incendi. "Sono certa che stanno bene" disse senza tanta convinzione.
Sirak stava dicendo qualcosa. "Se non sono ancora tornati è successo di sicuro qualcosa. Iruk, accompagnami a cercare mia figlia."
"Sai che sono al tuo servizio, ma ti prego di attendere ancora. Non è passato molto tempo."
"Potrebbero essere in pericolo."
"O forse sono nascosti" disse Kalaak. "E attendono la fine della battaglia per scappare. Potrebbe essere il nostro intervento a metterli in pericolo."
Sirak scosse la testa con vigore. "Sono parole da vigliacchi le vostre. La verità è che avete paura. Se non volete accompagnarmi, andrò da solo."
"Ti accompagnerò io" disse Bardhian.
Joyce fece per dire qualcosa, ma Iruk la precedette. "Non lascerò che il nostro capo vada da solo con uno straniero."
Bardhian lo fissò accigliato. "Pensi che potrei colpirlo alle spalle?"
"Voi stranieri sareste capaci di tutto."
"Iruk ha ragione" disse Joyce sforzandosi di trovare le parole giuste che non offendessero entrambi. "Gli Urgar si muovono meglio da soli. Tu saresti solo d'intralcio."
"Straniero o no, io vado" disse Sirak. "Portatemi la mia lancia."
"Arriva qualcuno" disse una delle sentinelle. "È Jakris."
Sirak sembrò rilassarsi. "Per la Dea Madre, sono tornati."
Dall'oscurità emerse una figura maschile. Joyce si aspettava di vedere sbucare anche gli altri, ma non accadde.
"È da solo" disse Iruk cupo.
Anche l'espressione di Bardhian si era fatta seria.
Jakris arrancò fino a loro. Aveva una ferita alla gamba sinistra da cui perdeva sangue, ma non sembrava così grave da impedirgli di camminare. Appena arrivato crollò sulle ginocchia, boccheggiante.
Sirak quasi gli saltò addosso. "Jakris" esclamò. "Dove sono tutti gli altri? Dov'è Lilie?"
Jakris alzò la testa. "Stavamo per scalare le mura" disse. "Quando siamo stati attaccati."
"Da chi?"
"Soldati. E da una strega dai poteri demoniaci. Rideva e urlava mentre colpiva i nostri."
"Ha colpito anche Lilie?" chiese Bardhian.
"Per fortuna no" disse Jakris. "Ma l'ha presa con sé e ha lasciato andare me. Non mi ha ucciso solo perché voleva che vi portassi un suo messaggio."
"Parla" disse Sirak.
Jakris guardò Bardhian. "Se non gli porteremo lo straniero, ucciderà Lilie dopodomani a mezzogiorno, nella piazza davanti al circolo di stregoneria."

Prossimo Capitolo Lunedì 1 Luglio (e ci sarà un grosso colpo di scena :) )
  
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