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Autore: ChiarainWonderland    01/07/2019    0 recensioni
Rose Weasley potrebbe passare come una semplice adolescente con i tipici problemi di un adolescente nella media. La scoperta di particolari oggetti di antiquariato, però, potrebbe stravolgere le carte in tavola e rivelare antichi segreti celati per lungo tempo. Se ci aggiungiamo una leale migliore amica, una famiglia non proprio tra le righe, un nemico che non è poi un vero e proprio nemico, un cugino impiccione e una famosa scuola di magia e stregoneria, le cose non possono fare altro che peggiorare.
* * *
"Rose sapeva di non potersi ritenere la figlia migliore del mondo. Per quanto somigliasse a sua madre, alcune cose erano proprietà esclusiva del suo carattere, procrastinamento cronico incluso."
"Ad un certo punto una bancarella di un venditore ambulante attirò l'attenzione di Rose, che si avvicinò per osservare le cianfrusaglie esposte. C'erano vecchi orologi incantati, vari oggetti di antiquariato, fotografie magiche di persone vissute secoli prima e molto altro ancora."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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CAPITOLO PRIMO

IL MEDAGLIONE E LA FOTOGRAFIA


Dopo qualche secondo di oscuro vuoto, Rose si ritrovò nell'enorme camino del Paiolo Magico coperta di cenere dalla punta dei capelli alla punta delle dita. Uscì un piede alla volta, attenta a non inciampare come le era successo molte altre volte. Il Paiolo Magico era sempre l’antico e famigliare locale dove potevi incontrare qualunque tipo di mago per finire con il parlarci senza un evidente motivo, con un enorme boccale di Burrobirra davanti.

Rose notò subito che il grande pub era pieno fino a scoppiare, al punto di dover sgomitare tra la gente e alzarsi sulle punte per poter guardare oltre alle teste degli altri maghi. Riuscì a trovare un angolino vuoto vicino al bancone in cui fermarsi a riprendere fiato.

«E poi mi chiedono perché odio la metropolvere. A volte invidio proprio i babbani, con i loro mezzi di trasporto moderni…»

Fece appena in tempo a togliersi gli ultimi granelli di cenere di dosso, quando un uragano dai capelli castani la investì abbracciandola forte.

Dopo aver capito a chi appartenessero quelle braccia, Rose non poté fare altro che ricambiare l'abbraccio di quella che ormai era la sua migliore amica da ben dieci anni. Dopo un tempo che a loro parve infinito le due ragazze si staccarono guardandosi negli occhi colmi di gioia e nostalgia.

«Rosie! Vecchia canaglia!»

«Chiamami ancora così, Paciock, e ti farò vedere io di cosa è capace questa vecchia canaglia».

Alice Paciock era una ragazza timida e un po' impacciata, ma con un grande cuore. Assomigliava molto al padre per via dei capelli e degli occhi castani e per la sua goffaggine, ma il fisico snello lo aveva ereditato dalla madre. Rose e Alice si conoscevano da sempre e questo le aveva portate ben presto ad essere migliori amiche, grazie anche al fatto di essere coetanee. La loro amicizia si era confermata quando le due furono smistate nella stessa casa e nello stesso dormitorio.

Spesso Rose si chiedeva perché mai per Alice il cappello parlante avesse preferito Grifondoro e non Tassorosso, visto che l'amica era generosa e leale da far piangere il cuore. “Fin troppo, a volte” pensò tra sé e sé.

Le ragazze non si vedevano da due mesi. La famiglia Paciock aveva visitato durante l'estate le serre magiche più famose degli Stati Uniti, con grande piacere di Neville. Alice, al contrario, si era annoiata a morte. Inoltre il fatto di aver mangiato decine di hamburger, vista la sola presenza di fast food, non aveva migliorato la situazione.

«Per Merlino Weasley, ma quelle gambe da dove le hai tirate fuori? Godric, che impressione farò io accanto a te?» esclamò Alice, dando a Rose una leggera spinta sulla coscia e scoppiando a ridere. Nessuna delle due notò ovviamente che le persone accanto osservavano incuriosite il loro scambio di battute.

«Non aggiungere niente, potrei arrossire troppo! Devo dire che i capelli lunghi ti stanno proprio bene» rispose Rose, prendendo nella mano una ciocca di capelli dell’amica.

«Sì certo, peccato che tutte le piante che ho dovuto vedere mi avranno sicuramente passato la loro muffa!» sussurrò Alice, guardandosi intorno per appurare che suo padre non fosse in giro. Tutti sapevano che, con Neville Paciock, non si poteva scherzare sull’Erbologia. Rose alzò gli occhi al cielo e diede una pacca sulla spalla all’amica, evidente gesto di condoglianze.

«Devo ammettere, Alice, che la tua grazia ed eleganza mi stupisce ogni giorno di più».

Alice si girò di scattò. Rose le vedeva solo le spalle, ma sapeva perfettamente quale fosse l’espressione che la Paciock aveva dipinta sul volto: sopracciglio inarcato, sguardo di ghiaccio e le labbra ridotte a una linea. L’espressione era esclusivamente riservata, tranne una eccezione, a suo fratello maggiore Frank. Rose dedusse che il ragazzo dovesse aver assistito all’intera scena.

«E cosa vorresti dire con questo, brutto idiota?»

Rose decise di intervenire prima che gli insulti peggiorassero inesorabilmente. Se Alice si applicava anima e corpo in qualcosa, quello era ferire le persone con le parole. Se sfidata, dava il meglio di sé. Rose sosteneva che l’amica prendesse il motto “la penna ferisce più della spada” eccessivamente alla lettera.

«Che ne dici di raggiungere gli altri, Alice?» propose la Weasley, trascinando per il braccio Alice la quale, dopo una debole resistenza, si lasciò portare via dal fratello e quindi da un probabile scontro con bacchette annesse.  Sgomitando e spingendo un po’ a destra e un po’ a sinistra, le due ragazze raggiunsero con fatica il loro obiettivo.
 
La grande famiglia Weasley-Potter o, come si definivano loro, il “Grande Clan”, era riunita in un esteso tavolo circolare al centro della sala. Rose fece il giro, abbracciando e salutando chiunque gli capitasse a tiro. Si rese subito conto che molti suoi parenti, tra cui Hugo e suo cugino Albus, mancavano all’appello, probabilmente già nel grande viale di Diagon Alley a fare compere e a cercare i propri amici. I suoi genitori invece, in mano un boccale di Burrobirra, erano impegnati in una chiacchierata con i signori Potter. Rose avrebbe scommesso qualunque cosa che l’argomento della conversazione fosse una delle tante avventure che ormai era in grado di recitare a memoria.

Dopo aver scoccato un ultimo bacio sulla guancia di suo zio George, Rose prese a braccetto Alice prima che riprendesse ad azzuffarsi con suo fratello. Le ragazze si scambiarono uno sguardo complice.

«Noi andiamo, ci vediamo più tardi» gridò Rose, cercando di sovrastare il chiacchiericcio che si propagava per l’intero locale. Probabilmente nessuno le prestò attenzione, ma non ci badò. Lei e Alice si diressero verso un’anonima porta cigolante sulla parete in fondo al pub.

«Spero in una mattinata tranquilla» commentò Alice, aprendo la porta per poi chiudersela alle spalle. Si trovavano in uno stanzino con pareti di mattoni rossi.

«A chi lo dici, Paciock. Meno è il dramma, meglio è. Non voglio incontrare certa gente prima del previsto». Rose sperava vivamente che "certa gente" non avesse capelli biondissimi e occhi grigi.

«Non credo ci sia da preoccuparsi. Diagon Alley esploderà di persone» continuò. «E poi, sai benissimo che noi sappiamo mimetizzarci perfettamente».

«Io sicuramente, ma credo che per te possa risultare difficile con quella fiamma ambulante che ti trovi in testa» esclamò Alice scoppiando a ridere e beccandosi un colpo sulla testa dall’amica. Rose tirò fuori la bacchetta e colpì alcuni mattoni della parete opposta alla porta, creando una sequenza senza senso per chiunque non fosse dotato di poteri magici.

«E comunque, posso sempre far finta di essere una lanterna» non mancò di aggiungere la rossa, prima di tornare a osservare il varco che, in pochi secondi, aveva preso il posto del muro.

 E così, con uno strano presentimento, lei e Alice si apprestarono a oltrepassare il passaggio di mattoni.

 

*    *    *

Stavano ormai passeggiando da quelle che parevano ore attraverso le strette vie di Diagon Alley, girando continuamente la testa a destra e a sinistra per osservare i negozi da ogni lato della strada.

Rose adorava il quartiere magico di Londra.

Gli edifici erano tutti unici e colorati, le botteghe vendevano ogni cosa che un mago potesse desiderare e c'era sempre un via vai di persone di tutti i tipi. Potevi incontrare maghi centenari vestiti secondo la tradizione oppure giovani che indossavano abiti alla moda babbana. Non erano rari i venditori ambulanti che vendevano oggetti strani e introvabili nei normali negozi, e a Rose piacevano le loro bizzarre bancarelle.

Alice invece non amava particolarmente quel luogo che qualunque altra persona avrebbe trovato meraviglioso. Troppo caos, troppi tipi loschi, troppi gruppetti di ragazzine che si pavoneggiavano cercando di attirare l'attenzione dei bei maghetti che gironzolavano lì intorno.

«Bene, ora direi di andare da Madama McClaine per le nuove divise, e poi ci mancano solo i libri che compreremo al Ghirigoro…»

Rose aveva in mano una lista accurata di tutti gli acquisti che avrebbero dovuto fare quel giorno. Aveva preso il suo amore per i libri e per l'ordine da sua madre, e sarebbe stata sempre grata per aver ereditato il cervello di quest'ultima. La ragazza era una delle alunne più intelligenti che Hogwarts avesse mai avuto, al contrario di Hugo, che a scuola aveva non poche difficoltà.

Purtroppo i suoi ottimi voti avevano anche un lato negativo. Lei e Alice non erano sicuramente le ragazze più popolari in circolazione ad Hogwarts, ma questo non era mai importato: come dice il detto, “vivi e lascia vivere”. Rose era sicuramente la più forte, mentre Alice spesso ci rimaneva male e non parlava più per giorni a qualunque persona che non fosse la sua migliore amica.

«Rosie, perché non facciamo un salto al Ghirigoro prima? È appena uscito il nuovo libro sulle mosse di difesa per i Battitori».

«Non accetto cambi di programma, Paciock. Ho una lista, e noi la seguiremo alla lettera».

Non lasciando all’amica il tempo di controbattere, Rose continuò imperterrita a camminare. Alice alzò gli occhi al cielo e si ripromise di uccidere la Weasley nello sfortunato caso in cui tutte le copie del suo desiderato libro fossero già finite.

«Sei una testa dura Rose. Sai quanto ci tenga a entrare in squadra anche quest’anno».

«Primo, sei di gran lunga la miglior battitrice che Grifondoro abbia mai avuto in parecchi anni. Secondo, mio cugino James è capitano della squadra e sa benissimo che senza noi due la possibilità della coppa di Quidditch si riduce di parecchio. Terzo, non ti serve uno stupido libro per imparare nuove mosse» la rassicurò Rose, contando le sue ragioni con le dita.

«Quarto, se Serpeverde vince anche quest’anno giuro che non salirò su una scopa per il resto della mia vita» aggiunse Alice, un’espressione di pietra dipinta in faccia.

Così si incamminarono verso la sartoria, Rose meditando sui galeoni che rimanevano da spendere, Alice riflettendo sulle ormai prossime selezioni per le squadre di Quidditch della scuola. Le due amiche si fermarono davanti all'ingresso del negozio e si guardarono, preparandosi psicologicamente alle ormai note stranezze della proprietaria. Poi, si decisero a spingere la porta e ad entrare.

A una prima occhiata il locale appariva deserto.

La sartoria era costituita da un ampio spazio dove erano esposti numerosi capi d'abbigliamento su antichi manichini, fra cui le divise delle quattro Case di Hogwarts, un lungo bancone con una cassa e una scrivania dove la proprietaria segnava gli ordini e le varie misure dei clienti.

Un arco collegava il locale a uno spazio più piccolo dove un piedistallo di velluto rosso era affiancato da un grande specchio a figura intera, mentre a lato una tenda color cremisi copriva l'entrata di un camerino.
Ad un certo punto un'anziana signora balzò fuori dal bancone, spaventando le due ragazze.

Madama McClaine era una donna davvero bizzarra: era molto bassa, tanto che arrivava a malapena alle spalle di Rose, e aveva una corporatura robusta. I capelli erano un miscuglio di bianco, grigio e castano, formando una matassa ingarbugliata che l'anziana donna cercava di tenere a bada con un nastro di tessuto celeste. Gli occhi marroni sembravano grandi quanto due gomitoli di lana grazie agli occhiali spessi come il fondo di una bottiglia. Nel complesso Madama McClaine ispirava fiducia ed emanava un'aurea di positività che avvolgeva chiunque le stesse intorno.

«Oh, ma guarda un po' chi si vede! Rosanna e Alissa se non sbaglio? Siete venute per le nuove divise suppongo. Forza venite di là, così prendiamo le misure».

La donna si era subito precipitata nell'altra stanza, senza lasciare il tempo di replicare alle due ragazze che la seguirono velocemente, non prima di lanciarsi uno sguardo disperato.

«È Rose, signora. Weasley» tentò Rose, consapevole dell’inutilità di quella correzione.

«Cerchiamo di fare in fretta. Questa donna mi inquieta ogni giorno di più» le sussurrò all’orecchio Alice.
 
«Fai almeno finta di essere a tuo agio» aggiunse la Weasley leggermente irritata, salendo sul piedistallo rosso. Madama McClaine iniziò a prendere le misure della vita, dei fianchi e delle braccia della ragazza, per poi correre nell'altro locale per segnarle su un blocchetto e per disegnare il bozzetto.

«Guarda e impara Paciock, potrei passare benissimo per una ballerina».

Rose si era messa in posa, alzandosi sulle punte e aprendo le braccia fino a sfiorare la superficie dello specchio.

«Ma per favore Weasley, sono capaci tutti così» e così dicendo Alice la raggiunse sul piedistallo e iniziò a spintonarla, cercando di farla cadere. Iniziò una vera e propria battaglia, e le ragazze si spingevano a vicenda cercando di rimanere in equilibrio. Fino a quando Alice non vide dallo specchio una cosa che la fece immobilizzare e spalancare gli occhi dal panico.

«E ora che ti prende? Hai visto un troll?» le chiese Rose scoppiando in una risata. Risata che si spense non appena si sporse verso la direzione indicata dall'amica, sbiancando dal terrore. Grazie allo specchio che rifletteva l’entrata della sartoria, la ragazza scorse una testa biondo cenere, una nero pece e due castane. Non ci volle molto tempo per identificarle.

Appena fuori dal negozio si trovavano le ultime persone che voleva vedere in quel momento. E stavano per entrare.

Scorpius Malfoy, Albus Severus Potter, Dustin Zabini e Richard Nott.

Alti, belli e Serpeverde.

Ovviamente il fascino di Scorpius aveva colpito Rose, anche se lei non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, neanche ad Alice. L'amica invece era completamente cotta di Albus probabilmente dal primo giorno in cui lo aveva visto. Rose sosteneva che i due avrebbero formato una bellissima coppia, ma il cugino non sembrava aver mai dimostrato simpatia per Alice.

Non che alla Paciock importasse in quel momento.  Anzi, in quella situazione avrebbe sicuramente preferito non essere notata affatto.

I ragazzi erano ormai nell'ampia stanza dove Madama McClaine li accolse allegra come sempre. Rose e Alice erano ancora paralizzate sul piedistallo, non riuscendo a togliere gli occhi di dosso dai quattro Serpeverde, ma consapevoli di dover fare qualcosa. Così la Weasley prese il comando e trascinò l'amica dentro al camerino per poi tirare le tende rosse, facendole segno di non fiatare.

Intanto nell'altra sala, i ragazzi stavano chiacchierando con l'anziana sarta.

«Come se la passa Madama McClaine? È libera o ha già clienti? Se vuole possiamo passare più tardi…» stava dicendo Albus, spostandosi con la mano una ciocca di capelli corvini dalla fronte.

«State tranquilli, di là ho solo due ragazze della vostra età che devono ordinare una divisa nuova, ci metterò un secondo. Voi potete pure aspettare qui» e così dicendo la donna ritornò nella stanza più piccola.

Le due ragazze osservarono l’anziana donna guardarsi intorno tramite una fessura tra le tende vermiglie. Dopo qualche secondo, la sarta fece il suo ritorno dai ragazzi, il volto una maschera di perplessità.

«Strano... Sono sicura che le ragazze fossero qui un momento fa».

I quattro ragazzi la osservarono confusi.

«Davvero? E chi erano le ragazze? Magari le conosciamo» chiese Scorpius, curioso di sapere chi fossero. Madama McClaine si accarezzò il mento, alla ricerca del nome che la ragazza dai capelli rossi le aveva ripetuto pochi minuti prima.

«Non mi ricordo precisamente, ma quella rossa di capelli ha detto di chiamarsi Rosanna, o Rosella, oppure…»

«Rose?! Rose Weasley?»

La donna non sembrò aver minimamente preso in considerazione il suggerimento di Albus, continuando invece a borbottare:«Mentre l'altra era mora e il suo nome era Alissa, o Alice credo». Dustin capì subito di chi poteva trattarsi.

«Potrebbe essere la Paciock! Sono sempre insieme quelle due».

Intanto nel camerino Rose e Alice, che avevano ascoltato tutta la conversazione, erano nel panico più totale. Se le avessero trovate, sicuramente a settembre tutta la scuola sarebbe venuta a sapere che a Diagon Alley si erano nascoste per paura di farsi vedere dai bei Serpeverde. Non per parlare inoltre dell'orribile figura che avrebbero fatto in quel momento.

Le due ragazze cercavano di evitarli come la peste in ogni situazione in cui non era strettamente necessario parlarci. I ragazzi le avevano sempre prese di mira, prendendole spesso in giro oppure trattandole come se non fossero alla loro altezza. Albus non infastidiva mai la cugina, anche perché era una delle sue più grandi amiche. D'altro canto non lasciava tregua ad Alice, che versava un sacco di lacrime per il ragazzo. Scorpius adorava far arrabbiare Rose, chiamandola con nomignoli o cercando di superarla ogni volta in voti e Quidditch, e spesso andavano vicini a lanciarsi incantesimi a vicenda. Fortunatamente la preside McGranitt era sempre riuscita a fermarli in tempo. O almeno, fino a quel momento.

Dal camerino le due amiche sentirono dei passi avvicinarsi, e iniziarono subito a tremare dall'agitazione. All'improvviso un lembo di tenda rossa si spostò, mostrando gli occhi ingigantiti di Madama McClaine. Rose le fece segno di tacere, per poi congiungere le mani a mo’ di preghiera. Inaspettatamente, la donna fece loro l'occhiolino e ritornò dai ragazzi.

«Ho cercato ovunque, ma non le trovo da nessuna parte. Probabilmente ho immaginato tutto, sapete? A volte mi succede, la vecchiaia si fa sentire. E anche la solitudine, così spesso mi sembra di parlare con persone reali».

I quattro Serpeverde la guardavano straniti e perplessi, ma decisero di non commentare.

«Ora, mi sono accorta di avere delle cose da fare in magazzino, potreste tornare più tardi? Mi fareste un enorme piacere» aggiunse la sarta, aprendo la porta del negozio per i Serpeverde.

«Certo signora, nessun problema. Ragazzi, andiamo al negozio di Quidditch per le nuove scope?» propose Albus.

Così, dopo aver salutato l'anziana donna, i quattro ragazzi uscirono dal negozio e sparirono dietro una curva che portava al centro di Diagon Alley. Rose e Alice uscirono lentamente dal loro nascondiglio, sospirando di sollievo e riconoscenti alla sarta per averle coperte.

«Le siamo grate per la sua discrezione, Madama McClaine. Per qualunque cosa noi vi siamo debitrici» disse Rose, mentre Alice annuiva convinta.

«Sciocchezze, ragazze mie. Non mi dovete un bel niente, vi capisco sapete? Ah la gioventù, quanto mi manca…»

Le due ragazze iniziarono a sentirsi un po' a disagio, così decisero di risvegliare la donna dai suoi ricordi e di prendere velocemente le misure per uscire finalmente dal negozio. Dopo aver disegnato i bozzetti, la sarta si fece dare l'indirizzo delle due ragazze, così che le divise sarebbero state consegnate direttamente alle loro abitazioni il giorno seguente.

Rose e Alice uscirono dal negozio e si incamminarono verso il Ghirigoro, contente di aver scampato l'inconveniente. Stavano passeggiando nella via principale di Diagon Alley, godendosi il sole che filtrava dalle strette vie e ammirando il cielo, che quel giorno era di un azzurro opaco.

«Sai, forse era davvero una buona idea quella di andare prima al Ghirigoro» commentò tranquillamente Rose, lo sguardo perso nella vetrina di una bottega.

Alice non mancò di fulminarla con lo sguardo, evitando di replicare. Rose era testarda. Maledettamente testarda. Se si metteva qualcosa in testa non c’era nessun modo per farle cambiare idea e Alice questo ormai lo sapeva molto bene. Ne ebbe un’ennesima prova di lì a pochi minuti, quando l’amica la trascinò in un vicolo in penombra completamente occupato da bancarelle. Alice avrebbe scommesso qualunque cifra che, nascosti tra la merce, ci fossero artefatti di magia oscura.

Ad un certo punto una bancarella in particolare attirò l'attenzione di Rose, che si avvicinò per osservare le cianfrusaglie esposte. C'erano vecchi orologi incantati, vari oggetti di antiquariato, fotografie magiche di persone vissute secoli prima e molto altro ancora. Una cosa però attirò l'attenzione della ragazza. Un medaglione. Aveva una pietra turchese incastonata al centro e tutt'attorno, incise nel metallo che probabilmente era argento, si potevano leggere delle parole in una lingua sconosciuta.

Era appoggiato sopra a un’antica fotografia babbana ritraente una donna sulla ventina, con i tratti del volto vagamente nordici, capelli biondi raccolti in due trecce e occhi celesti. Rose non riusciva a non guardarla negli occhi, come se questi ultimi potessero essere in grado di comunicarle qualcosa da un momento all’altro. Si sporse verso il proprietario della bancarella, attirando la sua attenzione. Alice non poté fare altro che osservare con perplessità la scena.

«Mi scusi, quanto viene questo medaglione?» chiese la Weasley al venditore, indicando con un dito il misterioso oggetto.

«Solo dieci galeoni. La pietra è autentica, ma me lo porto dietro da anni ormai» rispose il vecchio ambulante, in bilico sulle gambe posteriori della sedia su cui era seduto.

«E perché si trova sopra a questa fotografia?»

Alice, palesemente confusa, lanciò all’amica uno sguardo interrogativo.

«L’uomo che me l’ha venduto ha detto che questa donna era la sua ultima vera proprietaria».

Rose prese il medaglione tra le mani, sfiorandone delicatamente il bordo.  L’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era quanto fosse bello quel gioiello. Non fu quindi sorpresa quando le parole sembrarono uscire autonomamente dalle sue labbra.

«Lo compro».

Il venditore ambulante si esibì in un sorriso soddisfatto, e Rose non mancò di notare l’assenza di parecchi denti. In effetti, a una seconda occhiata, l’uomo non vantava un aspetto rassicurante. Rose alzò le spalle e gli consegnò le monete, ignorando la sua parte razionale.

«Aspetti signorina, la fotografia è inclusa nel prezzo» aggiunse l’uomo porgendogliela. Rose gli rivolse un sorriso di circostanza, mise gli acquisti nella sua borsa – a cui era stato applicato un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile – e prese sottobraccio Alice, ignorando la sua espressione inquisitoria.

«Ma Rose…»

«Tranquilla Paciock, abbiamo ancora abbastanza soldi per comprare tutti i libri dal Ghirigoro».

Le ragazze uscirono dal vicolo in silenzio. Non passò neanche un minuto, e Alice riprese l’uso della parola. Piantò i piedi a terra e si mise le mani sui fianchi.

«Mi spieghi perché hai comprato quelle cose? E poi ho visto come stavi guardando la fotografia di quella donna, sembravi quasi incantata!»

«Ora non esagerare. Mi è piaciuto quel gioiello e sono interessata alla storia che c'è dietro, tutto qua» e così dicendo, Rose accelerò il passo e la superò.

Alice la guardò allontanarsi, capendo che c'era qualcosa che non andava. Avrebbe scoperto cosa era successo all'amica con o senza il suo aiuto. Dopo pochi secondi la raggiunse, decisa a continuare con le compere e a dimenticare l'accaduto. O almeno per il momento.

«Giuro che se sono finite le copie del mio libro sei morta Weasley» non mancò di specificare.

 

*    *    *

Quella sera Rose si era chiusa in camera sua.

Aveva cenato frettolosamente, assaggiando solo un boccone dello stufato alle erbe di sua madre e spiluccando le patate arrosto. Sapeva che avrebbe fatto preoccupare i suoi genitori, ma sinceramente non le importava granché in quel momento.

Era seduta alla sua scrivania, osservando il paesaggio che mostrava la finestra accanto a lei. Le foglie iniziavano a ingiallirsi e l'erba era coperta da un sottile velo di rugiada: l'autunno arrivava già alla fine di agosto in Inghilterra, spazzando via il caldo estivo che in quei mesi si era fatto sentire.

La ragazza era immersa nei suoi pensieri, pensando al nuovo anno che stava per cominciare e, per qualche strano motivo, era in ansia all'idea di ritornare a scuola.

Certo, Hogwarts era la sua seconda casa, ma sentiva che quell'anno non sarebbe stato come tutti gli altri. I suoi sentimenti per Scorpius Malfoy la stavano confondendo: non era normale avere la mente occupata dal proprio nemico così di frequente. Però il suo nervosismo quando lo vedeva e il rossore sulle guance quando la guardava altezzosamente parlavano chiaro. Ovviamente, non per questo avrebbe rinunciato al sano piacere di sgonfiare il più possibile l’ego smisurato di quella Serpe.

Alice da qualche tempo non riusciva più a ribattere alle battutine derisorie di Albus, limitandosi ad abbassare gli occhi e a contenere le lacrime. Comportamento insolito per una ragazza in grado di uccidere qualcuno con le parole più velocemente di un Avada Kedavra. Toccava quindi a Rose proteggerla, anche se non riusciva proprio a capire perché l’amica non rispondesse per le rime a suo cugino. Se lei si fosse fatta sottomettere così da Malfoy, quel furetto albino sarebbe diventato ancora più arrogante del solito, se possibile.

Un rumore proveniente dal piano di sotto la distrasse dai suoi pensieri, facendole distogliere lo sguardo dalla finestra. Davanti a lei, appoggiati sulla scrivania, vi erano il medaglione e la fotografia.  Non ne capiva il motivo, ma quegli strani oggetti attiravano continuamente la sua attenzione. Non aveva detto a nessuno della loro esistenza, e aveva fatto promettere ad Alice di non parlarne ad anima viva. Forse non era stato saggio comprarli, ma per una volta aveva agito d'istinto, mettendo da parte la sua razionalità.

All'improvviso qualcuno bussò alla porta di camera sua, e Rose capì subito che si trattava di sua madre dal tocco gentile sul legno. Nascose in fretta il medaglione e la fotografia in un cassetto della scrivania e prese un libro a caso appoggiato lì vicino, per poi buttarsi sul letto facendo finta di niente.

«Che c'è mamma?»

La testa di Hermione sbucò dalla fessura della porta, e Rose capì subito che era preoccupata dall’espressione dei suoi occhi.

«Rose, tesoro, ti senti bene? A cena non hai mangiato molto».

Prevedibile. Rose non la biasimava, naturalmente. Era normale che sua madre fosse preoccupata, considerando che durante i pasti la ragazza era solita mangiare il triplo.

«Tranquilla mamma, semplicemente non avevo molta fame» le rispose, girando distrattamente una pagina del libro. "Orgoglio e Pregiudizio". Neanche a farlo apposta.

Hermione la guardò apprensiva, andando a sedersi sul letto accanto alla figlia.

«Ricordati che io sono tua madre Rose, puoi dirmi qualunque cosa».

Rose la osservò attentamente, ricordando quella volta alla stazione di King's Cross in cui aveva preso per la prima volta l'Espresso per Hogwarts. Non aveva mai visto sua madre così nervosa prima di allora: Hermione continuava a controllare se la ragazza avesse tutto il necessario per il viaggio. Ora riusciva a scorgere la stessa preoccupazione, e si sentì un po' in colpa per esserne la causa.

«Bene, ora ti lascio alla tua lettura. E per la barba di Merlino, Rose! Quel romanzo l’avrai letto almeno dieci volte!»

L’unica reazione che Hermione ottenne fu un’alzata di occhi al cielo.

«C'è Hugo giù di sotto che ha mangiato tutti i biscotti preferiti di papà, e ora stanno litigando! Sono dei bambini a volte» aggiunse allora, mettendosi a ridere.

Rose la trovò però una risata forzata, molto diversa da quella sincera e cristallina che caratterizzava sua madre. Non ottenendo risposte dalla figlia, Hermione la guardò un'ultima volta, per poi alzarsi e uscire dalla porta senza voltarsi più indietro.

Rose restò a osservare il punto in cui sua madre se n'era andata, senza rendersi neanche conto del tempo che stava scorrendo. Guardò distrattamente la sua camera: il letto, le mensole, lo specchio, l'armadio, la scrivania...

E solo per un momento, da uno dei cassetti semiaperti dove era nascosto il medaglione, a Rose sembrò di intravedere una debole luce azzurrognola.

 

   
 
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