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Autore: heliodor    03/07/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Alla fine della strada
 
Joyce rimase a fissarlo per qualche istante a bocca aperta.
"Lo so" disse Bardhian con aria di sufficienza. "Anche a me sembra assurdo dire una cosa del genere. Ancora adesso stento a crederci, ma è successo davvero."
Mentre parlava, Joyce udì solo un ronzio indistinto, come se quelle parole provenissero da un'altra stanza, un altro luogo. Nella sua mente riusciva solo a vedere Bryce e Vyncent che mano nella mano salivano le scale che portavano all'altare e si giuravano eterno amore e fedeltà davanti alle statue degli antichi Padri del Culto.
Poco importava se nella stessa scena indossavano abiti sontuosi. Lei poteva vedere i loro visi compiaciuti e felici e quelli degli invitati. Dopo aver pronunciato i sacri giuramenti dai presenti si levava un applauso lungo e commosso mentre i due promessi sposi attraversavano la navata del tempio, diretti alla loro nuova vita.
"Te l'ho detto solo perché tu smettessi di farti illusioni su Vyncent" proseguì Bardhian. "In fondo mi hai salvato la vita e te lo dovevo."
"Ti ringrazio" riuscì a dire Joyce.
"La cosa divertente è che credevo di essere innamorato di Bryce" aggiunse Bardhian. "Ma quando Vyncent mi disse quanto l'avesse sempre amata e quanto desiderasse sposarla, capii che quello era vero amore, non la mia sciocca infatuazione."
"Sciocca infatuazione" ripeté Joyce.
Bardhian annuì. "E credo che lo abbia capito anche Vyncent. Mi riferisco ai suoi sentimenti verso la sorella di Bryce."
Si chiama Joyce, disse una voce dentro la sua testa. Non è solo la sorella di Bryce.
"So che aveva una promessa di matrimonio con la principessa" disse ancora Bardhian. "Ma lei è morta senza alcun dubbio e quel giuramento non può più essere valido. Tu non credi?"
"Certo" disse Joyce con voce neutra. "In fondo che cos'è un giuramento?"
"Quello che volevo dire è che..."
"Lo so che volevi dire" lo interruppe lei. All'improvviso non voleva più ascoltare la sua voce. Non voleva più sentire la voce di nessuno. Se in quel momento il mondo conosciuto fosse diventato un deserto, lei avrebbe ringraziato gli Dei e i Demoni per quel dono.
Forse aveva ragione Malag a voler distruggere quel mondo. Non c'era niente di veramente buono e giusto in esso. Che importanza aveva se veniva distrutto o meno? O se ce n'era uno nuovo che prendeva il suo posto?
Forse doveva solo fare finta che quella guerra non fosse mai esistita e attendere che il destino facesse il suo corso. Forse doveva tornare in città e dire a Joane che Bardhian era proprio lì e magari spiegarle come arrivare al campo degli urgar senza essere vista e fare quello che voleva fare da tempo e tutto sarebbe finito e lei sarebbe potuta finalmente tornare a casa dove l'attendeva... cosa? La sua vita fatta di frivolezze e storie inventate da altri? In quel momento rimpianse i bei giorni in cui poteva immergersi nella lettura e fare finta che il suo mondo non esistesse. Quel mondo dove lei era la figlia inetta dei grandi stregoni di Valonde e non poteva nemmeno uscire senza una scorta adeguata.
Voleva davvero tornare a quella vita?
Lo voglio? Si chiese.
Era stata una sciocca e un'ingenua a pensare che Vyncent potesse provare per lei qualcosa di simile all'amore, Forse si era avvicinato a lei per curiosità, dopo che aveva scoperto che non aveva i poteri. Poi era subentrata la pietà per la sua miserabile condizione e da lì era venuto il resto. Lui era di animo troppo nobile per ferire i suoi sentimenti e aveva accondisceso al suo amore infantile, senza trovare il coraggio di spezzare il suo sogno da ragazzina frivola.
È colpa mia, si disse. Se fossi nata con i poteri. Se fossi bella e coraggiosa come Bryce. Se non fossi una stupida e inetta ragazzina cresciuta tra i libri invece che nelle palestre e i campi di battaglia, ora Vyncent mi amerebbe e penserebbe a me invece, invece di... di...
Bardhian sospirò. "Direi di riposare adesso. Gli urgar hanno dei giacigli? Sento di stare per crollare. Se domani voglio affrontare Joane devo essere riposato."
"Vivono nelle grotte, di solito" rispose Joyce senza entusiasmo, come se quella conversazione avvenisse lontano da lei.
"Lilie diceva di aver dormito anche in terra, qualche volta. Spero non tocchi anche a noi. Chiederesti al tuo amico urgar di procurarci dei giacigli?"
"Amico?" fece Joyce come ridestandosi da un lungo sonno.
"Quell'uomo, Iruk."
"Non è mio amico" rispose lei.
"Mi sembrava di aver capito..."
"In effetti, lui si considera una specie di padre adottivo." Parlare di quell'argomento servì a toglierle dalla mente l'immagine di Vyncent e Bryce che si scambiavano le promesse di matrimonio.
Una promessa è un impegno solenne, pensò.
Ricordava quando aveva scambiato quella promessa con lei nemmeno un anno prima. Non era passato troppo tempo.
O sì?
Bardhian aveva annuito. "Un motivo in più per chiedergli delle sistemazioni decenti. Se domani vogliamo affrontare quella donna, dobbiamo essere riposati."
Joyce guardò le mura. C'erano ancora i bagliori degli incendi che rischiaravano il cielo pieno di stelle.
Come sta andando la battaglia? Si chiese. Kallia aveva perso la gamba e anche la vita? O stava bene?
Da quella distanza non poteva vedere altro. L'unico aspetto positivo di quella carneficina era che con tutti i combattenti impegnati dentro le mura, nessuno badava agli urgar accampati lì fuori.
Quello era forse il posto più sicuro per quella notte. Bardhian non avrebbe corso rischi.
Ma che vado a pensare? Si disse. Non è affar mio. Ormai ha fatto la sua scelta e ha deciso di consegnarsi a Joane. Lei lo ucciderà e la guerra contro Malag sarà persa.
Poche ore prima quel pensiero l'avrebbe atterrita, ma adesso... riusciva quasi a coglierne qualche aspetto positivo. Poteva tornarsene a casa e abbandonare tutto e tutti.
Questa non è la mia guerra, pensò. Lascerò che siano gli altri a combatterla per me. In fondo io sono la debole e patetica Joyce, quella nata senza poteri, l'incapace bisognosa di una guardia del corpo perché non sa badare a sé stessa. Nessuno si aspetterebbe che un simile soggetto salvi l'alleanza da una sconfitta sicura.
"Ci parlerò" disse a Bardhian. All'improvviso aveva fretta di andare via. "Vado a cercarlo."
"Ti aspetterò."
Joyce annuì e marciò in direzione degli urgar riuniti sotto un albero.
Appena la vide arrivare Iruk si alzò e le andò incontro. "Stiamo tenendo una riunione di guerra. Per domani."
"Bene" rispose senza entusiasmo.
Qualche ora prima avrebbe fatto di tutto per scoprire che cosa si stavano dicendo, ma adesso... che importanza aveva? Anche gli urgar sembravano ansiosi di pagare il loro tributo di sangue in quella guerra.
Chi sono io per dissuaderli? Si chiese. O pensare a un modo meno doloroso di risolvere la questione con Joane?
"Ci servono dei giacigli. Delle pelli o roba del genere. Qualcosa da usare per stendersi sopra e coprirsi. Anche se è primavera qui fa freddo."
Iruk annuì. "Vedrò cosa posso fare. Non vuoi sapere della riunione?"
Joyce non rispose.
"Stiamo pensando a un modo per entrare in città e appostare delle vedette."
"Perché?" chiese Joyce tornando per un attimo interessata al conflitto.
"Non ci fidiamo del tutto di quella Joane. Magari prenderà Bardhian e ucciderà lo stesso Lilie. O la porterà con sé. Vogliamo essere sicuri che lo scambio avvenga e che lei rispetti le regole."
Joyce ghignò. "Quella donna mi ha abbandonata in mezzo a una palude, quando fino al giorno prima voleva collaborare con me. Io non mi fiderei di lei, anche se..."
"Cosa?"
"Temo che Lilie sia già morta. O morirà non appena Joane avrà Bardhian."
"Se lo farà, noi la vendicheremo."
"Così morirete anche voi."
"Che i demoni ci maledicano se non lo faremo col sorriso sulle labbra."
"Saresti felice di andare incontro a morte certa?"
Stavolta fu Iruk a ghignare. "Tutte le morti sono certe, strega rossa. Pensi di poter vivere in eterno? Nessuno può."
Malag ha vissuto per almeno cento anni, pensò Joyce. E chissà per quanti decenni prima che si rivelasse al mondo conosciuto. Per lui non si applica questa regola. O no?
"È quello che fai prima" proseguì Iruk. "Che conta davvero."
Joyce si sentì assalire dallo sconforto. “Quello che ho fatto prima” disse. “Credo che non conti molto dopotutto. Tutto ciò che ho fatto non è servito a niente e ha causato solo dolore e sofferenze agli altri.”
Ripensò a Marq, che aveva corso un rischio terribile a causa sua. Pensò a Oren che la stava ancora cercando senza che lei muovesse un dito per fargli capire che era un’impresa inutile e pericolosa. Bardhian rischiava la vita a causa sua perché si era intestardita a cercare quella orribile donna, Joane. E poi c’era Fredi. Era morta per colpa sua e doveva anche aver sofferto. Tutto perché lei voleva un posto sicuro dove nascondersi prima di recuperare quel maledetto compendio. Fu tentata di strapparlo e bruciarlo proprio lì, di fronte a Iruk.
Lui le rivolse un’occhiata profonda. “Un giorno mi dirai quali demoni ti tormentano, figliola.”
“Non sono tua figlia” disse lei con tono duro. “E ti converrebbe starmi il più lontano che puoi. Ho fama di portare sventura.”
Iruk sorrise. “Infatti appena sei arrivata siamo scesi in guerra.”
“È come ti dicevo, no? Eppure, sembri divertito.”
“Un cambiamento ci vuole ogni tanto. Noi Urgar amiamo stare per i fatti nostri, ma il troppo isolamento ci ha resi deboli e vulnerabili. Ci ammaliamo spesso e molti dei nostri ragazzi nascondo con delle deformità. Non tutti, ma stanno aumentando. Ogni anno è peggio. Forse scegliere di negarsi al mondo come abbiamo fatto noi non ci rende davvero più sicuri come pensavamo.”
“Non dirlo a me. Io sono rimasta nascosta per anni. Mi sentivo così debole…”
“E adesso?”
Ora mi sento forte, pensò Joyce.
“Va meglio” disse mostrando un mezzo sorriso.
“Allora continua su questa strada.”
“È quella giusta?”
“Lo saprai solo alla fine.”
Alla fine? Si chiese Joyce. Mi serve sapere ora se sto facendo la cosa giusta. Non posso aspettare tutto questo tempo.
Iruk le diede le coperte. “Portale al tuo amico. Domani sarà una giornata difficile per lui.”
“Joane vuole ucciderlo” disse Joyce.
“Perché? Che cosa le ha fatto quel ragazzo?”
“Ha la colpa di essere nato da lei.”
Il viso di Iruk si rabbuiò. “Questo è davvero incomprensibile. Perché una madre vorrebbe uccidere suo figlio?”
“Lo crede un mostro.”
Joyce si era chiesta se sua madre l’avrebbe uccisa se avesse saputo che era diventata una maga.
Marget di Valonde era stata una strega forte e famosa quado era giovane. E aveva combattuto al fianco di Joane.
La penserà come lei, si disse Joyce.
Iruk sospirò. “Forse, vedendolo, cambierà idea.”
“Non credo. Sembrava molto determinata l’ultima volta che l’ho vista. E ha rapito Lilie. Questo dovrebbe dimostrartelo.”
“Per il rapimento di Lilie non posso perdonarla. Quella ragazza non ha alcuna colpa.”
“A Joane non importa. Vuole solo uccidere Bardhian. In ogni modo.”
“Ti prometto che se potremo, cercheremo di impedirglielo.”
Joyce si limitò ad annuire. Si congedò con un breve cenno della testa e portò le coperte nel punto dove aveva lasciato Bardhian.
Il principe di Malinor non c’era. Forse si era allontanato per fare un bisogno e non aveva alcuna voglia di rischiare di sorprenderlo con le brache calate.
Gettò le coperte a terra e fu tentata di andarsene. Non aveva altro da fare lì, ormai non dipendeva più da lei.
Eppure non poteva andare via senza salutare Bardhian e provare un’ultima volta a convincerlo a desistere.
Forse Joane avrebbe ucciso Lilie per vendetta o forse no. Forse l’azione a sorpresa degli Urgar avrebbe funzionato e sarebbero riusciti a liberare la ragazza prima che Joane le facesse del male.
È più probabile che muoiano tutti nel tentativo, si disse. Joane ha un esercito di mantelli dalla sua parte e gli Urgar hanno solo le loro lance e le frecce. È impossibile che ci riescano.
Attese qualche minuto il ritorno di Bardhian prima di spazientirsi. Decise di dare un’occhiata in giro. Se lo avesse scorto dietro un cespuglio si sarebbe coperta gli occhi alla svelta, ma sperava di non doverlo fare.
Peccato non ci sia un incantesimo per accecarsi volontariamente in caso di bisogno, si disse. Sarebbe davvero idiota usarne uno, ma in certi casi…
“Sei pronto?”
La voce la colse di sorpresa. D’istinto pensò all’incantesimo dell’invisibilità e si ritrasse dietro un albero.
“Sì” rispose una voce diversa. Anche se attutita dal fogliame e dalla distanza, la riconobbe. Era quella di Bardhian.
“Hai coraggio, devo concedertelo” disse la prima voce. “Molti al posto tuo sarebbero già fuggiti.”
“Tu non mi conosci affatto.”
“Ora capisco cosa ha visto Lilie in te.”
Bardhian rispose con un grugnito. “Vogliamo restarcene qui a chiacchierare o…”
“Conosco un passaggio tra gli alberi. Nessuno ci vedrà.”
“Allora andiamo.”

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