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Autore: heliodor    05/07/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Nascosta nell’ombra
 
Quando uscirono dalla macchia, Joyce usò la vista speciale per seguire le due figure. Una, quella di Bardhian, seguiva l’altra, che apparteneva a Jakris.
Joyce era sicura che fosse lui, anche se nell’oscurità riusciva a cogliere solo pochi particolari.
L’urgar si muoveva con agilità, come se la sua figura si fondesse tra le ombre. Doveva essere quello il frutto di secoli passati a nascondersi dal mondo conosciuto.
Perché si stanno dirigendo verso la città, da soli? Si chiese. E perché Bardhian sta seguendo Jakris? Non sembrava fidarsi molto di lui, prima. Che avesse mentito a tutti?
“Mi ha sorpreso molto” stava dicendo Jakris. “Che tu abbia lasciato indietro la tua amica, la strega rossa.”
“Sibyl sarà più al sicuro tra gli Urgar” disse Bardhian. “E non è mia amica. Ci conosciamo appena.”
Questo è vero, pensò Joyce, ma io ti ho salvato. E ho rischiato tutto per farti sopravvivere. E poi ho portato qui tua madre perché ti uccidesse. In effetti non sono una buona amica.
“Davvero? Io credevo che…”
“Quello che tu credi mi è indifferente” disse Bardhian brusco. “Limitati a portarmi in città. Al resto penserò io.”
“Mi chiedo perché quella donna ce l’abbia tanto con te.”
“Non ne ho idea, ma penso che Sibyl lo sappia. E non ha voluto dirmelo. Ciò significa che non posso più fidarmi di lei.”
L’ho fatto per proteggerti, urlò Joyce dentro di sé. Se ti avessi detto che tua madre ti voleva morto come avresti reagito? Cosa sarebbe accaduto? Ti avrebbe distrutto, ecco cosa.
Fu tentata di andarsene e lasciarli soli, ma si trattenne. Doveva scoprire quello che avevano intenzione di fare.
“Eppure quella donna ti odia” disse Jakris.
“È una leccapiedi di Malag e lui deve aver saputo che sono l’ultimo dei Malinor in vita, per quanto ne sappia. Quale migliore occasione per distruggere la mia intera dinastia?”
Jakris sembrò ridacchiare. “Non invidio affatto le vostre guerre tra stregoni.”
“La guerra è guerra” disse Bardhian. “Ed è stupida, non importa con quali armi la combatti.”
“Noi combattiamo con le lance e le frecce non certo perché siamo dei selvaggi” disse Jakris. “Ma perché sono silenziose e letali quanto una spada o un dardo magico, se usate nel modo giusto.”
“Tra poche ore avrete modo di dimostrarlo.”
“Se il nostro piano riesce, non ce ne sarà bisogno. Lilie sarà libera e noi potremo tornare alle nostre terre.”
Bardhian rimase in silenzio.
Dunque, è questo il loro piano? Si chiese Joyce. Vogliono liberare Lilie?
Ora sì che era interessata e voleva saperne di più.
“Tu invece…”
“Io starò bene” disse Bardhian. “Non devi certo preoccuparti per me.”
“Cercavo solo di essere gentile.”
“Sii gentile con Lilie, piuttosto. Prenditene cura meglio che puoi. È una ragazza incantevole.”
“Provvederò io a lei, non preoccuparti” disse Jakris. “Ne farò una degna regina degli urgar, quando tutte le tribù mi riconosceranno come loro capo supremo. E dopo che avrò salvato Lilie, nessuno oserà metterlo in dubbio.”
Joyce fu tentata di saltargli addosso e prenderlo a calci, ma si trattenne. Non voleva rovinare tutto col suo comportamento avventato.
“Ci siamo” disse Jakris. “Il passaggio è qui.”
Joyce rimase dov’era, nel caso qualcuno li stesse osservando. Con la sua invisibilità poteva attirare uno stregone con la vista speciale. Da lì in poi doveva procedere allo scoperto, senza usare l’invisibilità.
Jakris e Bardhian proseguirono fino alla base delle mura e sparirono all’improvviso.
Il passaggio di Jakris, pensò Joyce. E io non ho idea di dove si trovi e dove porti. Come avranno fatto a scoprirlo gli urgar? Devono aver interrogato qualche soldato e ottenuto quella informazione mentre si preparavano. Sono davvero abili.
Attese qualche minuto, poi raggiunse con cautela il punto dove Jakris e Bardhian erano spariti.
Passò le mani sulle pietre, trovando solo una parete compatta di roccia. Non era come nei romanzi, quando al protagonista bastavano pochi istanti per trovare il passaggio segreto.
Ma se fosse facile trovarlo, si disse Joyce, non resterebbe segreto a lungo.
Poteva usare il passaggio che le aveva mostrato Caldar la prima volta, ma ci avrebbe messo troppo tempo e si sarebbe allontanata da Jakris e Bardhian, perdendoli di vista.
Doveva trovare un’altra via.
Guardò in alto, verso la sommità delle mura. Usò la vista speciale per vedere oltre il velo dell’oscurità. I bagliori degli incendi erano di un bianco vibrante, mentre tutto il resto era immerso in una nebbia simile al latte.
Non vide figure muoversi dietro le merlature delle mura. Non voleva dire che non ci fossero, ma almeno poteva sperarlo.
Si librò in alto con prudenza, sporgendosi oltre il bordo delle mura solo quando fu certa che non ci fossero una spada o una lancia ad attenderla.
Appena sul camminamento evocò lo scudo e lo tenne davanti a sé, aspettandosi di essere attaccata da un momento all’altro.
Non arrivarono frecce o dardi.
Si rilassò un poco concedendosi un’occhiata alla città distesa e ancora avvolta negli incendi dove si stava combattendo.
Da quella distanza non poteva valutare come stessero andando i combattimenti. Sperò che Kallia e i suoi riuscissero a respingere le forze nemiche.
Se dopo tutte quelle ore stavano ancora lottando, forse una speranza c’era.
Distolse i pensieri dalla battaglia. Era salita lassù per un altro motivo. Andò fino alle scale e le scese quasi di corsa raggiungendo la base delle mura.
Lì trovò due cadaveri ad attenderla. Aveva già visto la morte da vicino, fin da quando gli accoliti di Malag avevano attaccato Valonde nel giorno della consacrazione di Bryce. E poi molte altre volte dopo, tante da aver perso il conto.
Tuttavia, non riusciva ancora a distogliere lo sguardo dai cadaveri e le ferite a volte esercitavano su di lei un’attrazione che non riusciva a spiegarsi.
Nei romanzi non c’erano mai i particolari sulla morte di un personaggio. Le persone morivano per un colpo di spada o di pugnale o trafitti da un dardo magico, ma in nessuno dei libri della Stennig la morte era descritta nei particolari.
Persino nei romanzi di Varan Molgo, famoso per le sue scene di battaglia, la morte non veniva mai approfondita. I soldati erano dei semplici caduti, i popoli venivano sterminati ma non parlavano mai delle sofferenze che dovevano aver provato prima e durante una battaglia.
E la guerra veniva sempre risolta con gesta eroiche e sacrifici che portavano alla vittoria degli eroi. Per la prima volta, dubitò che la Stennig o Molgo avessero mai visto un sodato morto in battaglia. Se fossero stati lì in quel momento, come avrebbero descritto il povero soldato a cui era stata tagliata una gamba?
L’uomo doveva essere sopravvissuto a quella terribile ferita perché si era trascinato dietro un muretto crollato, appoggiandosi alle pietre con la schiena. Nella mano destra stringeva un pendaglio, forse un amuleto o un ricordo di una vita che prima di quella notte doveva essere stata più bella.
Non aveva idea di come si chiamasse o per chi combattesse. Scosse la testa e proseguì andando quasi a sbattere contro un’ombra che si era formata all’improvviso davanti a sé.
Scattò di lato, evocando lo scudo e preparandosi a lanciare i dardi.
“Calma, calma” disse una voce. “E cerca di non fare troppo rumore o ci scopriranno.”
Nella luce incerta delle stelle, riconobbe il viso di Bardhian.
Dietro il principe di Malinor c’era Jakris con l’arco pronto a scoccare la freccia.
 
Bardhian la trascinò dentro una casa dalle mura sventrate e annerite. Jakris li seguì in silenzio.
“Che ti dicevo?” disse Bardhian. “Qualcuno ci stava seguendo.”
Joyce si divincolò dalla presa. “Passavo di qui per caso.”
“Sciocca” disse lui. “Mi sono allenato con Bryce e Vyncent. Credevi davvero di potermi ingannare?”
“Anche io mi sono allenata con loro.”
“Si vede che non hai imparato niente a Malinor.”
Se avessi avuto più tempo forse l’avrei fatto, si disse Joyce.
Ma il tempo non c’era stato e le sarebbero serviti anni di addestramento per recuperare lo svantaggio. Se mai ci fosse riuscita.
“Perché ci stavi seguendo?” le chiese Jakris.
“Volevo scoprire dove stavate andando” ammise lei.
“Andiamo a liberare Lilie” disse Bardhian.
“Come?”
“Nell’unico modo possibile” disse Jakris. “Portiamo a quella donna ciò che vuole.”
“Chi vi dice che libererà Lilie?” chiese Joyce.
“L’ha promesso” disse Bardhian. “Ha dato la sua parola di strega.”
“Non puoi dirlo sul serio” fece Joyce stupita.
“È tutto quello che posso fare” rispose lui. “Se non ci provo, Lilie morirà domani.”
“Non puoi essere certo.”
“Ascolta ragazzina” fece Jakris. “È per colpa vostra se la vita di Lilie, la mia promessa sposa, è stata messa in pericolo. Se voi non foste apparsi all’improvviso, con le vostre assurde guerre, saremmo già marito e moglie. E invece…”
“Mi spiace di aver rovinato i tuoi piani” disse Joyce con tono sfrontato. “Ma non esistete solo voi urgar. E non ho rapito io Lilie. Sono stati i soldati di Joane a portarla via dal villaggio. La stessa donna alla quale ti vuoi consegnare” concluse rivolgendosi a Bardhian.
“Che cosa vuole da me quella donna?”
“Ti vuole morto, ecco cosa.”
“Perché? Sono certo di non averle mai fatto niente di male.”
“Sei una minaccia per Malag.”
“Questo lo dici tu” disse Bardhian. “Ma sono certo che tu sai qual è il vero motivo. È per questo che non vuoi che la affronti.”
Joyce lo fissò in silenzio.
“Non vuoi dirmelo, vero?”
“Cerco di proteggerti.”
Bardhian rise e a Joyce sembrò per un attimo quello che aveva conosciuto a Valonde, il ragazzo dal carattere scostante che trattava tutti con superiorità. Fu tentata di andarsene e lasciarlo lì, convinto che quel gesto suicida sarebbe servito a qualcosa.
“Tu hai un grande potere” disse Joyce cercando le parole giuste. “Vyncent crede in te. Si è sacrificato perché tu potessi fuggire da Malinor prima che venisse attaccata dai colossi.”
Bardhian si rabbuiò in viso. “Vyncent ti ha detto questo?”
“Sì.”
E mi ha ordinato di trovare tua madre sperando che potesse completare il tuo addestramento, si disse. Peccato che ora quella stessa madre voglia ucciderti.
“Se potessi aiutarlo sarei già andato, lo sai” disse Bardhian. “Ma cosa posso fare per salvarlo?” Scosse la testa affranto. “Si sbaglia sul mio potere. Io non sono così forte come pensa.”
“Io credo in Vyncent.”
“Solo perché lo ami” rispose Bardhian. “Ma ti ho già spiegato che perdi il tuo tempo.”
Devi proprio ricordarmelo ogni volta? Voleva chiedergli Joyce.
“Arriva qualcuno” disse Jakris guardando dall’altra parte della strada. “Meglio togliersi da qui.”
Bardhian e l’urgar si mossero verso la casa distrutta e si accucciarono dietro le macerie. Joyce li seguì.
Quattro figure emersero dalla parte opposta della via. Una marciava davanti alle altre, guardandosi attorno. Indossava un mantello grigio sopra gli abiti.
Due soldati in armatura leggera trascinavano per le braccia un terzo uomo preso tra i due.
Un prigioniero, pensò Joyce.
Quado si avvicinarono, vide il viso dell’uomo. Era quello di Caldar, la guida che l’aveva accompagnata fuori dalle mura la prima volta.
Guardò Bardhian e Jakris e lo indicò con un rapido gesto della mano. Loro risposero con un cenno della testa e rimasero immobili.
“Non siamo qui per questo” disse Bardhian.
“Lo uccideranno” rispose Joyce.
“Falla tacere” ringhiò Jakris. “O ci farà scoprire.”
“Sibyl…” iniziò a dire Bardhian.
Joyce balzò fuori dal nascondiglio. “Voi tre” gridò.
L’uomo col mantello e i soldati si voltarono di scatto. “E tu chi saresti?”
Quando vide i dardi balenare, alzò le mani. “Non voglio combattere” disse avanzando di un passo. “Ho fame. Non mangio da due giorni.”
Caldar alzò la testa e si accigliò, ma non disse una parola.
L’uomo col mantello serrò la mascella. “Ci hai preso per vivandieri? Ti ho chiesto chi sei.”
“Mi chiamo Loryn” disse. “Voi combattete per il circolo o per Malag?”
“Ti sembra un mantello di Nazdur il mio?” fece quello col mantello. “Che ci fai qui in giro da sola?”
“La mia casa è stata distrutta in un incendio e non sapevo dove andare.”
“Sei venuta dalla parte sbagliata” disse l’uomo col mantello. “La nostra.”
Joyce accennò un leggero sorriso. “Allora andrò da un’altra parte.”
Lo stregone fece un passo avanti. “Abbiamo già troppi prigionieri con noi. E io non posso lasciarti andare.” Alzò le mani mostrando i dardi magici. “Mi spiace, ragazzina.”
Joyce si preparò a evocare lo scudo.
In quel momento, una freccia sibilò sopra la sua spalla e si conficcò nella gola dello stregone. Questi fece una piroetta su sé stesso e stramazzò al suolo.
Una seconda freccia colpì uno dei soldati al fianco.
Caldar ne approfittò per divincolarsi dalla stretta dell’altro. Nella mano destra apparve un dardo magico.
Il soldato cercò di allontanarsi, ma il dardo di Caldar lo raggiunse al collo. L’uomo crollò al suolo con un gemito strozzato.
L’altro soldato gettò via l’arma e si inginocchiò. Una freccia lo centrò in pieno viso. Il contraccolpo fu così forte da proiettarlo all’indietro. La testa colpì il selciato con un tonfo sordo.
Joyce cercò di non guardare lo stregone che giaceva qualche passo più avanti, immerso in una pozza di sangue.
Bardhian emerse alle sue spalle. “Che cosa pensavi di fare?”
Quelle parole la scossero. “Volevo salvare una persona.”
“E così ne sono morte tre” la rimproverò lui.
Jakris sopraggiunse in quel momento, il piccolo arco tra le mani e una freccia già incoccata. Diede una rapida occhiata ai cori distesi a terra. “Tre tiri, due morti” disse soddisfatto.
“Erano dell’orda” disse Joyce.
“Come se avesse qualche importanza” ribatté Bardhian.
“Per me ce l’ha” disse Jakris.
Joyce lo indicò con un cenno della testa. “Dovevo lasciare che lo uccidessero?”
“Dovevi restare nascosta. E se ce ne fossero stati altri, nascosti dietro l’angolo? Non ci hai pensato?”
No, non l’ho fatto, pensò Joyce.
“Comunque grazie per l’aiuto” disse Caldar.
Jakris gli puntò l’arco contro la faccia. “E tu chi saresti?”
“Abbassalo” disse la guida. “Non sono una minaccia per voi.”
“Questo lo deciderò io” rispose l’urgar.
Caldar sospirò.
“Ti credevo morto” disse Joyce.
“Lo credevo anche io” rispose la guida. “Ma come vedi sono riuscito a tornare in città. Peccato non abbia fatto in tempo. A meno di qualche aiuto insperato, entro l’alba saremo tutti morti.”

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