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Autore: heliodor    08/07/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Passaggio sotterraneo
 
“Che vuoi dire?” chiese Joyce alla guida.
Caldar grugnì qualcosa. “Prima togliamoci dalla strada e poi vi dirò come stanno le cose.”
Bardhian indicò la casa distrutta. “Lì è abbastanza lontano dalla strada.”
Trovarono un riparo dietro un muro crollato. Jakris rimase di vedetta, osservando la strada con l’arco e la freccia pronti.
“Avete dell’acqua con voi?” chiese Caldar. “Sono due giorni che non bevo.”
Bardhian scosse la testa. “Non ci siamo portati dietro delle provviste.”
“Poco male, resisterò per qualche altra ora.”
“Hai detto che moriremo tutti?” gli chiese Joyce preoccupata.
Caldar annuì. “Forse ho esagerato, ma è così. Tra qualche ora moriranno tutti quelli che avranno ancora la forza di combattere contro l’orda. Ho girato per la città nelle ultime ore, prima che mi catturassero e i soldati di Rauda hanno occupato quasi tutti i quartieri. Ora come ora stanno provvedendo a eliminare tutte le sacche di resistenza rimaste. Ne avranno almeno per tutta la notte e poi…”
Joyce rimase in attesa che proseguisse.
“Poi” disse Caldar. “Attaccheranno il circolo.”
“Il circolo?” fece Joyce.
Caldar annuì. “È lì che Kallia stava concentrando tutte le difese. È l’edificio meglio protetto di tutta la città.” Scosse la testa. “Sarà un massacro. Ci sono almeno cinquemila persone che hanno cercato rifugio lì dentro. Non credo che Rauda avrà pietà di loro quando attaccherà.”
Aveva mandato Halux al circolo credendolo un luogo sicuro.
Non permetterò che anche la sua morte pesi sulla mia coscienza, si disse.
“Dobbiamo andare al circolo” disse con voce ferma.
Bardhian le rivolse un’occhiataccia.
“È il posto meno sicuro della città” disse Caldar.
“Non se restiamo qui fuori. Prima o poi i soldati di Rauda ci troveranno e rimpiangeremo di non essere tra le mura del circolo.”
“Lo rimpiangeremo quando ci saremo” ribatté Bardhian. “E noi non siamo qui per questo.”
Caldar si accigliò. “State dicendo che siete tornati in città di proposito? Potevate andare via e siete tornati?”
Joyce annuì. “Joane ha rapito una ragazza di nome Lilie.”
“Ho già sentito questo nome” disse la guida. “Non era quella urgar che stava con questo qui?”
“Mi chiamo Bardhian.”
“E non sta con lui” fece Jakris. “È la mia promessa sposa. E io la rivoglio indietro. Tutta intera.”
Joyce cercò di reprimere la voglia di tirargli un pugno.
“Se ricordo bene” disse Bardhian. “Tu sei una guida e conosci questa città.”
Caldar annuì. “Non ha segreti per me.”
“Allora saprai condurci da Joane.”
“Non pensarci nemmeno, ragazzo. Non mi avvicinerò a quella donna a meno che non sia morta o sepolta sotto qualche metro di terra. Dicono che sia spietata in battaglia e non voglio fare una brutta fine.”
“Ma io ho bisogno di sapere dove si trova” fece Bardhian. “Tu devi saperlo. Hai girato tutta la città.”
Caldar scosse la testa. “Non l’ho vista da nessuna parte. Da quello che ho scoperto, si nasconde in un luogo sicuro e nessuno sa dove si trovi. Volevo portare a Kallia almeno questa informazione, ma ho fallito miseramente. Perché vi interessa così tanto sapere dov’è?”
“Ti ho detto che ha rapito Lilie, no?” fece Bardhian con tono impaziente. “Quante volte devo ripeterlo?”
“Questo l’avevo capito” rispose Caldar. “Ma non vedo a cosa possa servirvi conoscere il suo nascondiglio.”
“Vogliamo provare a liberare Lilie” disse Jakris.
Caldar sogghignò. “State lontani da quella donna o morirete. Ho sentito dire che ha ucciso cinque stregoni in duello durante l’attacco.”
“Io non la temo” disse Bardhian.
Caldar fece per alzarsi.
“Dove vai?” gli chiese Joyce.
“Al circolo” rispose.
“Hai appena detto che tutti quelli che si trovano lì dentro moriranno.”
Caldar scrollò le spalle. “Ho dei doveri. È il mio circolo e ho giurato fedeltà a esso. Non sono il tipo da rimangiarmi un giuramento.”
Ecco da chi dovrebbe prendere esempio Vyncent, pensò.
“Portaci con te” disse Joyce.
“Noi non verremo” disse Bardhian.
Joyce fu tentata di prendere a pugni anche lui. “Ci serve l’aiuto di Kallia” disse invece. “Per trovare Joane.”
Bardhian si accigliò. “Come potrebbe aiutarci se è chiusa nel circolo?”
Joyce cercò di ragionare in fretta. “Kallia avrà mandato delle spie in giro per la città. Forse una di esse ha scoperto dove si trova Joane.”
Bardhian sembrò rifletterci sopra. “Potresti avere ragione.”
“Da quando prendiamo ordini dalla ragazzina?” fece Jakris con tono sfrontato. “Io no di certo. Siamo qui per liberare Lilie. Questa guerra non ci riguarda o l’hai dimenticato, principe?”
Bardhian strinse i pugni. “Non l’ho dimenticato, ma ci serve aiuto per trovare Joane. Credo che Sibyl abbia ragione.”
“Andiamo al circolo” disse Joyce.
Caldar si tirò su. “Conosco una strada abbastanza sicura. Spero che lo sia ancora.”
“Dove?”
“Da questa parte.”
 
Il palazzo sembrava reggersi in piedi a stento. Le finestre erano sbarrate da pesanti assi di legno inchiodate e l’unico ingresso era stato murato da pietre e calcinacci.
“Questo è quello che voi stregoni chiamate circolo?” fece Jakris guardando perplesso l’edificio.
Caldar lo ignorò. Poggiò le mani su un degli assi e lo tirò via con uno strattone. “O mi aiutate o state di guardia.”
Bardhian afferrò una delle assi e la tirò via senza difficoltà. “Se vuoi posso anche sfondare il muro” disse.
“Troppo rumore” disse la guida. “E non siamo qui per danneggiarlo.”
Joyce rimase indietro a fissare uno dei lati della strada, aspettandosi di veder giungere i sodati dell’orda da un momento all’altro.
Succedeva sempre così nei romanzi d’avventura. I cattivi arrivavano quando i buoni meno se l’aspettavano, di solito quando erano impegnati in qualcosa che non potevano rimandare.
“Andiamo” disse Caldar scuotendola dai suoi pensieri.
“Non è arrivato nessuno” disse con tono deluso Joyce.
“Volevi che ci attaccassero?” fece la guida. “Ringraziamo gli dei che la battaglia si svolge altrove, per il momento.”
L’interno del palazzo era immerso nel buio.
Joyce usò la vista speciale. Quel livello era vuoto, fatta eccezione per le scale che portavano di sopra.
Caldar si mosse con sicurezza anche al buio e non vide brillare i suoi occhi.
Conosce a memoria questo posto? Si chiese.
La guida si fermò al centro del pavimento e si abbassò. Con le dita esplorò qualcosa fino a far scattare un meccanismo che emise un rumore sordo.
Caldar sollevò parte del pavimento rivelando una botola.
Joyce si avvicinò con cautela e gettò un’occhiata all’interno. Anche con la vista speciale non colse alcun particolare se non il profilo delle scale.
“Dopo di voi” disse la guida.
Joyce li guidò nel buio con la sua vista.
“Non sapevo che avessi questa abilità” disse Bardhian.
Joyce scrollò le spalle. “Non la uso spesso.”
“Quanti altri incantesimi non usi molto spesso?”
Mi sta interrogando? Si chiese Joyce.
“Agli stregoni non piacciono le sorprese” disse Caldar. “Lo diceva sempre la mia guida. Ecco perché molti li nascondono, rivelandoli solo quando servono.”
Bardhian tacque, ma Joyce ebbe la sensazione che la stesse tenendo d’occhio.
“Dove porta questo passaggio?” chiese Joyce per sentirsi meno a disagio.
“Sotto il circolo” rispose Caldar.
“Conosci tutti i passaggi segreti della città?”
“Chi ti dice che è segreto?” fece lui.
“Non lo è?”
“Nazdur è piena di cunicoli” disse Caldar.
“Perché?”
“Cave” rispose la guida.
“Cosa?”
“Cave di pietra. La città ne è piena. Questo era un sito di minatori, secoli fa. Un poco alla volta i lavoratori si stabilirono qui e misero su famiglia.”
“Sai tutte queste cose perché le hai lette?”
“Mio padre faceva il minatore.”
“Tuo padre?” fece Joyce sorpresa.
“Ti sembra così strano?”
“Sei uno stregone.”
“E con questo? Il dono funziona in modo strano, a volte.”
Non dirlo a me, pensò Joyce.
“Vero” disse invece. “L’ha scavato lui questo cunicolo?”
“Certo che no” disse Caldar. “Esiste da secoli. Da prima che la città venisse costruita, forse. Ti ho spiegato che Nazdur è costruita sopra questa antiche cave, no?”
“Pensavo che ne venissero scavate ancora.”
“Di certo non dentro la città. Sono tutte esaurite da anni. Ora scavano lungo le colline qui vicino. È lì che la maggior parte degli abitanti si è rifugiata, quando hanno lasciato la città.”
“Per questo non si sono nascosti qui sotto?” chiese Joyce.
“È stata un’idea di Kallia. Voleva proteggere gli abitanti. La maggior parte, almeno. Qualcuno è rimasto comunque.”
“Perché non sono scappati?”
“Serviva qualcuno che cucinasse e sbrigasse tutti gli altri lavori che i soldati e gli stregoni non possono fare. Io per esempio non so cucinare e se non fosse per la mensa sarei già morto di fame.”
Nei romanzi d’avventura non si parlava mai di chi dava una mano a soldati e stregoni. La vita di cuochi, valletti e servitori non era molto interessante. Eppure, anche loro rischiavano di morire sul campo. Ed erano indifesi, come lo era stata lei per gran parte della sua vita.
“Tuo padre si è nascosto nelle colline?” chiese Joyce.
“È morto anni fa.”
“Mi spiace.”
“I minatori non vivono a lungo” disse Caldar col solito tono dimesso. “Anni passati a respirare l’aria delle cave gli ha rovinato i polmoni. Siamo arrivati.”
Una luce abbagliante apparve davanti a loro. Joyce annullò la vista speciale riducendo il bagliore a una luce tremolante che li attendeva nel buio.
Caldar prese la torcia. “Ce n’è sempre una accesa nel caso qualcuno arrivi da questa parte. Useremo questa per farci strada nell’ultimo tratto.”
Il cunicolo diventava più largo passo dopo passo, rivelando delle piccole nicchie lungo le pareti cariche di umidità.
“Che cosa sono?” chiese Joyce.
“Tombe” disse Caldar.
“Sono troppo piccole” disse Joyce. Nessuna di quelle nicchie era più lunga o più alta del suo braccio. Impossibile che vi entrasse dentro una persona.
“Non ci vanno i cadaveri interi” disse Caldar.
Joyce deglutì a fatica. “Li tagliate a pezzi?” Sarebbe stata una pratica orribile anche solo a pensarci, ma in quelle Lune aveva conosciuto tate usanze bizzarre.
Bardhian rise. “Certo che no. Li cremano” disse. “E poi li mettono dentro delle urne.”
Caldar annuì. “Fate così anche a Malinor?”
“Si faceva secoli fa” disse Bardhian. “Abbiamo cripte piene di urne, e occupano uno spazio molto più grande di questi cunicoli.”
“A Malinor tutto è più grande” disse Caldar.
Il viso di Bardhian si rabbuiò. “Ormai non importa. La città non esiste più.”
Caldar scrollò le spalle. “Nazdur è stata distrutta cinque o sei volte. Rasa al suolo fino alle fondamenta. Ed è stata sempre ricostruita.”
“Non da uno di quei colossi” disse Bardhian. “Se tu lo avessi visto, non saresti così sicuro.”
“Spero di non vederne mai uno” rispose la guida. “Ma sono certo che Malinor risorgerà, prima o poi. Questa guerra finirà e la gente tornerà per ricostruire.”
Bardhian non rispose.
Le cripte terminarono con una scalinata di pietra. Joyce alzò gli occhi e in cima vide seduta una ragazzina che poteva avere non più di otto anni.
Non appena alzò gli occhi e li vide corse via.
Jakris si fece avanti. “Devo occuparmene io?” disse stringendo l’arco.
“Sei così ansioso di uccidere?” fece Caldar. “Era solo una bambina.”
L’urgar scrollò le spalle. “Da noi imparano a combattere molto prima.”
Caldar sospirò. “Quella non è una urgar. Sarà andata ad avvertire le guardie al livello superiore. Mi conoscono e non abbiamo niente da temere.”
Qualche minuto dopo o soldati arrivarono. Joyce contò una decina di lance puntate verso di loro prima che i visi si rilassassero.
“Comandante Caldar” disse uno dei soldati. “Dicevano che eri morto.”
“Come al solito esagerate” rispose la guida. “C’è qualcosa da mangiare? E da bere? Ho la gola che mi brucia.”
Joyce si accigliò.
Caldar annuì. “E portateci da Kallia, se è ancora viva.”

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