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Autore: heliodor    11/07/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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I creatori
 
Kallia avanzò verso di loro trascinando la gamba destra.
“Cal” disse la strega. “Sono felice di vedere che sei ancora vivo.”
La sala dove li avevano portati era larga almeno cinquecento passi e alta una trentina di metri. Era sormontata da una cupola decorata con figure geometriche blu e arancione. La volta era sostenuta da otto colonne poste sulla circonferenza e una, più grande e spessa, nel centro esatto.
Era una costruzione ardita, diversa da quella di Valonde e a suo modo bella. Vicino alle colonne di affollavano uomini e donne vestiti di abiti umili. Dovevano essere i cuochi e i valletti di cui Caldar le aveva parlato.
Nessuno di loro sembrava avere un posto dove andare. La maggior parte si limitava a restare dov’era o andarsene in giro senza una meta apparente. Contò una dozzina di bambini che si rincorrevano prima di smettere di seguirli e limitarsi a considerare scontata la loro presenza.
L’odore di chiuso e di tante persone accalcate in un solo luogo era penetrante.
 “E io sono felice di vedere che stai bene” rispose la guida.
Kallia si passò la mano sulla gamba. “Ci vorranno intere Lune per tornare come prima.”
“Intere Lune” disse Caldar pensoso.
“La tua gamba” disse Joyce ricordando il loro ultimo incontro. “Non te l’hanno tagliata.”
“Sei una buona osservatrice” disse Kallia forse con una punta d’ironia nella voce. “Avresti preferito che me la segassero via?”
Joyce arrossì. “Quello che volevo dire è che…”
“Mai fidarsi di un guaritore. In verità devo ringraziarti. È grazie a te se ho ancora la gamba attaccata al resto del corpo.”
“Io non ho fatto niente.”
“È stato il tuo amico. Quando sono arrivata qui i guaritori volevano tagliare la gamba. Stavano già preparando i ferri quando è arrivato lui e ha insistito per tentare di salvarla. I guaritori dicevano che se non intervenivano subito sarei morta dissanguata, ma lui è stato irremovibile. Ed è riuscito a salvarmi.”
“Un mio amico?”
“Credo si chiami Halux. Lo troverai nella biblioteca. Si è chiuso lì dentro dopo avermi aiutata.”
 
Come le aveva detto Kallia, trovò Halux nella biblioteca circondato da due pile di libri. Altri volumi erano aperti su un tavolo.
L’uomo era chino sopra di questi e sembrava assorto nella lettura.
Joyce tentò di muoversi in punta di piedi per fargli una sorpresa, ma lui alzò la testa di scatto e con espressione accigliata disse: “Hai un bel coraggio a presentarti qui, strega rossa. Davvero un bel coraggio, lo devo ammettere.”
“Gera” disse Joyce abbozzando un sorriso. “Sono così felice di vedere che stai bene.”
“Non certo grazie a te. Sono quasi morto lì fuori e tutto per colpa tua.” Scosse la testa. “Venire qui è stata la peggiore idea della mia vita. La peggiore in assoluto. Sarei dovuto restare con gli urgar. Lì mi rispettavano come uno di loro.”
Joyce si guardò attorno. “Non mi chiedi nemmeno dove sono stata?”
“So già che tra poco inizierai a raccontarmelo tu stessa. Non sai proprio resistere alla tentazione, ormai ti conosco bene.”
Non sai tutto di me, pensò Joyce. Ed è un bene per tutti e due.
“Ho trovato la donna che stavo cercando.”
“So anche questo” disse lui storcendo la bocca. “Kallia me ne ha parlato, mentre era ubriaca.”
“Sì è messa a bere durante la battaglia?” Ricordava ancora il sapore del liquore che avevano condiviso.
“Ha dovuto farlo o non avrei potuto operarla. Il dolore alla gamba sarebbe stato insopportabile per chiunque. L’ho costretta a bere fino a stordirla. Solo allora ho iniziato.”
“Le hai saltato la gamba. È meraviglioso. Non sapevo che fossi un guaritore.” Ricordò i volumi di anatomia che Halux aveva rubato all’accademia di Malinor.
“Non sono un guaritore” disse Halux. “Ma ne so molto più di loro. Ciarlatani. Volevano tagliarle la gamba perché non sapevano come arrestare la perdita di sangue. Uno di quegli idioti ha persino tentato di allontanarmi mettendomi le mani addosso. Gridava che volevo ucciderla.” Scosse la testa.
“E ora che stai facendo?”
“Cerco un modo per fargliela conservare, quella gamba. Credevi che fosse finita? Ho solo messo una pezza temporanea. Anche se…”
“Cosa?”
“Mi chiedo a cosa servano tutti i miei sforzi. Tra poche ore i soldati dell’orda entreranno qui dentro e faranno una strage.”
“Tu puoi usare un portale per fuggire.”
“Ti sembra una cosa facile da fare? Questo è un circolo stregonesco, mia cara. Come tutti gli edifici del suo tipo, vengono costruiti in luoghi dove i portali non esistono. Potrei passare intere Lune o anni a cercarne uno tra queste mura e non riuscire mai a trovarlo. Come pensi che possa riuscirci in poche ore?”
“Creane uno nuovo.”
Halux rise. “Ma certo, che ci vuole? Non ne sai proprio niente di portali, vero?”
“So che il tempo scorre diversamente” disse Joyce ricordando le parole di Robern.
Halux annui guardandola con diffidenza. “Continua.”
“Più lontano ti sposti, più tempo passa all’esterno.”
“Giusto. In pratica, i portali ti fanno risparmiare fatica, ma non tempo. Se ti sposti di mille miglia con un portale, passerà più o meno il tempo che impiegheresti per coprire a piedi quella stessa distanza.”
“Perché funzionano in questo modo?”
“Perché le piante crescono verso l’alto e non verso il basso? Perché le stelle restano sospese nel cielo notturno invece di precipitare verso la terra? Perché la Luna si muove da oriente a occidente mentre il sole fa l’esatto contrario? Perché?”
Joyce fece spallucce.
“Ecco. Non lo sa nessuno con precisione, ma tutti pensano di avere ugualmente una risposta. Se c’è una cosa che gli uomini non sopportano, è di mostrare la propria ignoranza.”
“Ma si può creare un nuovo portale o no?”
“Chi lo sa? Forse. Dipende.”
“Da cosa?”
Halux sbuffò. “Nei libri di storia non se ne parla, ma parecchi eruditi si sono posti questa domanda: da dove viene la stregoneria? O, per essere più precisi, il potere? Te lo sei mai chiesta?”
“Dagli Dei” rispose Joyce sicura. Era la risposta che suo padre usava più spesso. “I poteri sono un dono.”
Halux rise. “Un dono, certo. Se vogliamo credere alla favola. Allora spiegami questo: se i poteri sono un dono, perché i figli di una strega o di uno stregone nascono con i poteri a loro volta? Se è un capriccio degli Dei concedere questo dono, perché accade?”
“Non succede sempre” rispose.
Io ne sono un esempio, pensò.
“È vero, te lo concedo, ma è molto raro che da una persona con i poteri ne nasca una senza. È più comune l’esatto contrario, che da una persona senza poteri ne nasca una dotata e tuttavia sono casi molto rari. La maggior parte delle volte la regola è semplice: da una strega o uno stregone nascono altre streghe e stregoni e così via.”
Falcandro le aveva fatto un discorso simile qualche luna prima, a Orfar.
“D’accordo, è vero” ammise Joyce per farlo continuare. “Ma questo cosa c’entra con i portali?”
“C’entra eccome” disse Halux. “Anche se chiunque può usarli, solo chi ha il potere adatto può trovarli e in qualche modo attivarli. Non nascono dal nulla e non vengono creati. Ho studiato a lungo i portali e so quello che dico: in tutta la storia del mondo conosciuto nessuno, nemmeno il più abile degli stregoni e la più dotata delle streghe è mai riuscita a creare un nuovo portale.”
“E allora?”
“E allora, ragazza, chi ha creato i portali?”
Joyce aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito. Poi disse: “Sono un dono degli Dei anche i portali?”
Halux sorrise. “Ti stai avvicinando, strega rossa. Nessuno ci ha donato la stregoneria. A un certo punto della storia gli stregoni e le streghe sono apparsi e da quel momento si sono moltiplicati, trasmettendo da genitore a figlio il loro potere. È nel sangue il segreto. Il potere si eredita. Tutti lo sanno ma nessuno lo ammette.”
“Perché?”
“Per non doversi fare una semplice domanda.”
“E quale sarebbe?”
“Quella che tutti temono.”
Joyce rimase in attesa.
“Chi ha donato il potere al primo degli stregoni? Chi li ha creati?”
“Tu pensi che siano stati creati?”
“Siamo stati creati da qualcuno” disse Halux. “Così come i portali sono stati creati e poi disseminati in giro perché noi li trovassimo e li usassimo. Vuoi sapere chi penso ci abbia creati, strega rossa?”
“Chi?”
“I maghi supremi.”
Joyce sgranò gli occhi.
“Lo so, lo so” ammise Halux. “Ha fatto lo stesso effetto anche su di me, la prima volta che giunsi a questa conclusione, ma riflettici: a un certo punto della loro millenaria storia, uno o più maghi, forse annoiati o forse per qualche misterioso scopo che non sapremo mai, decisero di infondere in una persona l’essenza stessa dei loro poteri. Forse con un incantesimo ormai perduto per sempre riuscirono nell’impresa, creando il primo stregone o la prima strega. E quella fu la loro fine. Quando si accorsero che le loro creature stavano crescendo di numero e in potere in modo incontrollabile, iniziarono a temerle e poi a odiarle. Da lì il passo per le persecuzioni e lo sterminio dovette essere breve. Per secoli i maghi diedero la caccia alle persone che nascevano con i poteri, finché Harak e Ambar non diedero inizio alla loro ribellione.” Scosse la testa. “In definitiva, la risposta è no, non posso creare un portale. A meno che non abbia a disposizione il compendio di un mago supremo che mi spieghi come fare. Ho soddisfatto la tua curiosità?”
Joyce annuì. “Quindi siamo bloccati qui?”
“Almeno posso leggere qualcosa prima della fine.”
 
Quado tornò da Kallia, vide che non era sola. Stava parlando con Caldar e altri uomini e donne con i mantelli di Nazdur.
“Le entrate sono state fortificate” stava dicendo uno degli uomini. “E i cancelli rinforzati. I soldati di vedetta hanno riferito che l’orda si sta riunendo nel quartiere del mercato, l’unico che non è stato devastato dagli incendi.”
“In quanti sono?” chiese Kallia.
“Tre o quattromila.”
“Quanti mantelli hai contato?”
“Trecento, ma potrebbero essercene molti altri tra i feriti.”
La strega annuì. “Hanno perso un terzo delle loro forze in questo attacco.”
“Noi siamo appena mille” disse una donna. “E abbiamo solo cento mantelli, di cui la metà sono ragazzi e inesperti.”
“Ma possiamo contare sulle difese del circolo” disse Kallia. “Non sarà facile per l’orda entrare qui dentro.”
“Ma entreranno” disse un uomo sulla cinquantina. Era l’unico a non indossare un mantello. Al suo posto esibiva un’armatura piena di ammaccature e graffi. Al fianco portava una spada con l’elsa decorata.
“I tuoi soldati avranno parecchio lavoro da fare, Talik” disse Kallia.
“I miei uomini sono stanchi” rispose. “Da tre giorni non dormono e non mangiano come dovrebbero. E se l’orda decide di prenderci per fame o sete…”
“Lo escludo” disse Kallia. “I magazzini della città sono vuoti. Non possono porre un assedio troppo lungo o moriranno anche loro. Tenteranno un assalto alla prima occasione possibile e noi non dobbiamo concedergliela. Cal.”
Caldar fece un passo avanti.
“Che cosa hai visto mentre eri lì fuori. Qualcosa che possa esserci d’aiuto?”
La guida scosse la testa. “Ho visto più o meno quello che già sapete. L’orda controlla tutta la città e se non hanno ancora attaccato è stato per eliminare le ultime sacche di resistenza rimaste. Quando avranno le spalle al sicuro, attaccheranno.”
Kallia annuì. “Come pensavo.”
“E se provassimo a negoziare?” disse la donna di prima.
“Ne abbiamo già discusso, Rebra” disse Kallia con tono rassegnato. “Non hanno mai voluto negoziare e non lo faranno di certo adesso che sono così vicini alla vittoria.”
“Ma dobbiamo almeno provare” insistette Rebra. “O ci uccideranno tutti.”
“Io non mi fido di quella donna” disse Talik. “Ha ucciso così tanti dei miei sodati che ho perso il conto.”
Parlano di Joane, pensò Joyce.
“Li ha uccisi in battaglia” disse Kallia.
“E allora?” fece Talik con tono infastidito. “Non è meno grave.”
“Sapevano di poter morire” ribatté Kallia.
Talik storse la bocca. “Conoscevo di persona molti di quegli uomini.
“Io dico di provare a negoziare” ripeté Rebra. “Non abbiamo nulla da perdere.”
“Non con quella donna” disse Talik. “Mai.”
“Fai bene a non fidarti di lei” disse una voce maschile alle loro spalle.
Joyce si voltò di scatto e vide un viso dai tratti spigolosi e le labbra sottili e imbronciate. Lo riconobbe subito.
Era il viso di Kellen, l’inquisitore.
In qualche modo era sopravvissuto alla battaglia nelle paludi ed era giunto fin lì.

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