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Autore: heliodor    18/07/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Potere assoluto
 
“Non ti fidi abbastanza di me, Kallia?” domandò Jakris con tono infastidito. “Davvero hai bisogno di farmi sorvegliare dalla strega rossa?”
Joyce si stava abituando a quel soprannome, ma ogni volta che l’urgar lo pronunciava sembrava un’offesa tremenda.
“Ritengo che una scorta sia necessaria per muoversi tra le strade di Nazdur” disse Kallia. “Sibyl è una strega abile e tu non hai poteri, se ho capito bene.”
“Mi muoverei meglio da solo invece di trascinarmi dietro un peso inutile” disse Jakris. “E per quanto riguarda i vostri poteri, non saprei che farmene. Preferirei andare da solo, se non ti spiace.”
“Niente scorta, niente accordo” disse Kallia irrigidendosi.
Jakris la fissò con aria di sfida, poi sembrò rilassarsi. “Come vuoi.”
Joyce, che era presente a quel discorso, cercò di non far trasparire il suo nervosismo. Aveva lasciato la sua borsa a tracolla nella biblioteca, affidandola ad Halux. L’erudito aveva lanciato un’occhiata distratta al fagotto.
“Che ci tieni lì dentro di così importante?”
“Libri. Qualche spicciolo. Il mio diario.”
“Il tuo diario?”
“Non leggerlo” esclamò. Era terrorizzata al pensiero che Halux scoprisse il compendio, ma non sapeva a chi altri affidare le sue cose.
“Non ci penso nemmeno” rispose lui con una smorfia. “Ho ben altro da fare che scoprire quante volte pensi ai tuoi fidanzati.”
Era andata via senza dirgli addio. Sperava di rivederlo alla fine di quella lunga giornata.
Caldar era anche presente e le si avvicinò. “Ricordate quello che vi ho detto. Appena fuori dal palazzo, andate verso la torre del siniscalco. È l’edificio più alto rimasto in città.”
“Perché non vieni anche tu con noi?” chiese Joyce. Si sarebbe sentita più sicura con la guida.
“Cal mi serve qui” disse Kallia. “Voi due ve la caverete anche da soli, non avete bisogno di una balia.”
“D’accordo” disse Joyce rassegnata. “Andiamo verso la torre… e poi?”
Caldar indicò Jakris. “Lo sa lui come farsi notare dai suoi amici.”
“Come?”
L’urgar fece una smorfia. “So leggere i segni lasciati dalla mia gente. Seguiremo quelli.”
“Quali segni?”
Jakris ghignò. “Vedrai.”
Kallia fissò Jakris con disgusto. “Mi fido sempre meno di quel tizio” disse a Joyce a bassa voce. “Stai molto attenta.”
Lei annuì. “Bardhian non è venuto?”
“Lui e Kellen devono discutere del piano. Lo scambio è per domani a mezzogiorno, non dimenticarlo.”
“Non l’ho fatto. Spero che non si fidi del tutto dell’inquisitore.”
“Per ora sembra sincero. E io intendo sfruttare il suo aiuto per salvare la città, come lui intende sfruttare il nostro per catturare Joane. Atteniamoci al piano e speriamo che vada tutto bene.”
Jakris indicò il cunicolo. “Vuoi stare qui fino a domani? Ci rimane poco tempo.”
Joyce cercò di dominare la rabbia che l’assaliva ogni volta che l’urgar apriva bocca. “Andiamo” disse evocando un globo luminoso.
“A domani” disse Kallia alle sue spalle.
“A domani” rispose.
Attraversare il tunnel fu facile come la prima volta. Quando riemersero dal capo opposto, trovarono il palazzo deserto come la notte precedente.
Jakris corse subito a una delle finestre e gettò un’occhiata fuori. “È libero. Non ci sono soldati né stregoni di guardia.”
Joyce raggiunse l’uscita del palazzo.
“Da qui in poi segui me e non fare domande” disse Jakris. “E cerca di non fare troppo rumore o ci farai scoprire. Dovrai fermarti quando te lo dirò io e dovrai camminare quando te lo ordinerò. Hai capito?”
“Sì”, disse Joyce senza alcun entusiasmo.
“Bene, andiamo.”
Seguì Jakris fuori dal palazzo, in strada, in piena luce del giorno. Il sole era ancora a un terzo del suo cammino nel cielo e iniziava a fare caldo. Joyce indossava il leggero mantello, lo stesso che aveva dal suo arrivo a Nazdur. La borsa a tracolla dove aveva infilato il compendio e le poche cose che aveva portato con sé le sbatteva sul fianco a ogni passo.
“Devi proprio fare tutto quel rumore?” la rimproverò Jakris fermandosi di botto.
Joyce quasi gli finì addosso. “Non sto facendo tutto il rumore che dici.”
“Davvero? Potrei sentirti a miglia di distanza. Mi chiedo come tu faccia a fare tanto baccano. Sembra che lo fai apposta. Proseguiamo.”
Joyce lo seguì cercando di tenere il passo. L’urgar era veloce e sebbene camminasse, sembrava in realtà correre lungo i vicoli della città vecchia.
Joyce guardò in alto e vide la torre del siniscalco incombere sulla parte orientale della città. Ogni tanto, nelle brevi pause che Jakris usava per controllare la strada e lei per rifiatare, guardava verso la torre cercando di capire se si stessero avvicinando o allontanando da essa.
Per avere un riferimento sicuro usava il profilo delle mura alle spalle della torre. Se si fossero avvicinati, la torre avrebbe dovuto diventare più alta in proporzione. Invece continuava a restare bassa e sembrava rimpicciolirsi sempre di più.
“Stiamo andando nella direzione sbagliata” disse in una delle pause.
“So quello che faccio” rispose l’urgar.
“Ma Caldar ha detto di andare verso la torre del siniscalco perché è più sicuro.”
“E io invece voglio andare da un’altra parte” rispose Jakris con tono acido. “La guida non è qui e io so qual è la via più sicura.”
Joyce si morse il labbro. “Come fai a dirlo? Caldar è nato qui e conosce la città meglio di te.”
“Io sono un urgar e saprei trovare la via d’uscita anche a occhi chiusi. Ora stai zitta e seguimi.”
Jakris ripartì di corsa verso il lato opposto della strada. Joyce lo seguì cercando di non farsi distanziare troppo.
Jakris svoltò l’angolo successivo scomparendo dalla sua vista e lei lo maledisse in silenzio.
Così ci perderemo, pensò.
Fu tentata di fermarsi e dirigersi alla torre, ignorandolo. Cha andasse agli inferi.
Invece proseguì e svoltò l’angolo.
Si fermò di colpo alla vista dei mantelli grigi che si erano allineati lungo la strada. Jakris era sparito.
Dannazione, pensò Joyce.
Contò due stregoni e tre streghe e almeno una dozzina di soldati.
Lo dicevo che era la direzione sbagliata, si disse.
Fece per voltarsi, ma un’ombra le scivolò di lato e qualcosa la colpì alla testa. Fu così rapido che non ebbe il tempo di evocare lo scudo o un altro incantesimo.
Le gambe divennero molli e cadde al suolo battendo il fianco e le spalle.
“Venite svelti. Non so per quanto ancora resterà così.”
Joyce fece per rialzarsi ma mani forti si strinsero sulle sue braccia e le gambe. Si sentì sollevare da terra.
Scalciò e gridò, ma la stretta non si allentò.
Quattro visi sconosciuti si affacciarono sopra di lei.
“Che ne facciamo?”
Un quinto volto apparve.
Stavolta lo riconobbe subito. Era quello di Joane.
“Non mi aspettavo che mi portassi lei” disse. “I nostri accordi erano diversi.”
“Il patto è ancora valido” disse una voce. Era quella di Jakris. “Un po’ di pazienza e avrai quello che abbiamo pattuito.”
“Riparliamone in un luogo sicuro.”
A mano a mano che la vista le tornava, si accorse che la stavano portando lungo la strada. Vide sfilare edifici ancora integri e altri distrutti dalle fiamme. Infine, entrarono in un palazzo e la depositarono sul pavimento.
Appena a terra scattò in piedi per fronteggiare i nemici.
Joane era in piedi di fronte a lei. Al suo fianco Jakris.
Joyce guardò prima l’uno, poi l’altra senza riuscire a comprendere la scena che aveva davanti.
Joane sembrava contrariata. “Non erano questi gli accordi” disse.
“Mi spiace, ma ho dovuto improvvisare. Se quella lì non si fosse messa in mezzo, ora avremmo già fatto lo scambio.”
Joane annuì. “È una sua abitudine mettersi in mezzo” disse. “Ancora non ha capito che non le conviene mettersi sulla mia strada. Ci rivediamo, strega rossa.”
“Che sta succedendo?” chiese Joyce.
“Succede che per colpa tua sarà versato più sangue del necessario” disse Joane. “Se avessimo scambiato Bardhian per la piccola urgar, come avevo proposto a questo qui” indicò Jakris. “Molte persone sarebbero rimaste in vita, tu per prima. Invece hai deciso come al solito di metterti in mezzo ed ecco il risultato.”
“Kallia vuole scambiare Bardhian con Lilie” disse Joyce. “Qualunque cosa ti abbia detto Jakris è falso.”
“So già tutto, strega rossa” disse Joane.
“Ma non sai che gli urgar potrebbero attaccare durante lo scambio” disse Jakris.
“Ciò sarebbe davvero spiacevole” disse Joane. “Potrebbero stringerci tra due fuochi e la tua principessa sarebbe la prima a perdere la testa. Non so se mi spiego.”
“Non devi preoccuparti degli urgar” disse Jakris.
“Li convincerai a non attaccarci?”
“Al contrario” rispose Jakris. “Farò in modo che pensino di non avere altra scelta. Farò in modo che tu sappia dove si posizioneranno e con quali forze, così potrai annientarli. E poi distruggere ciò che resta delle forze di questa miserabile città.”
“A me interessa solo eliminare una persona” disse Joane. “Non voglio una strage inutile, ma travolgerò tutti quelli che si metteranno sulla mia strada.”
“Allora ti chiedo di travolgere anche gli urgar” disse Jakris.
“Sei pazzo” gridò Joyce. “Così farai morire anche la tua gente.”
“Per me conta solo Lilie, strega rossa” rispose l’urgar. “Solo lei è davvero importante.”
“Solo lei? E la tua gente? Il tuo popolo?”
“Sono un ostacolo” disse l’urgar con tono gelido. “Lo sono sempre stati. Gente come Hurik e Sirak e tutti gli altri anziani. Finché ci saranno loro io non potrò governare su tutte le tribù, ma se morissero in questa battaglia… se fossi quello che ha salvato Lilie e i pochi sopravvissuti… allora io sarei il capo legittimo. Nessuno oserebbe più metterlo in dubbio. Non dovrei più aspettare anni e anni e diventare vecchio e debole. Sarei un capo giovane e forte. Quello che meritano gli urgar rimasti sulle colline.”
Joyce scosse la testa senza sapere che cosa rispondere. Tutto ciò che riusciva a pensare era che Jakris era pazzo.
Che cosa aveva detto una volta Robern a riguardo del potere?
“Il potere corrompe” mormorò. “E il potere assoluto corrompe in maniera assoluta.”
Joane brontolò qualcosa. “Avete finito? Jakris, tu non hai qualcosa di più importante da fare piuttosto che stare qui a litigare con una ragazzina?”
“Hai ragione, ma questa maledetta strega ha osato mettermi le mani addosso. Mi ha umiliato davanti ai miei stessi uomini. Dovrei darle una lezione qui e adesso.”
Sollevò una mano ma Joane gliela bloccò a mezz’aria.
“Spetta a me decidere il destino della strega rossa. Tu hai già deciso quello della tua gente.”
Jakris sogghignò. “La lascio a te, ma fai attenzione. È infida e traditrice.”
“Ne ho avuto la prova” disse Joane. “Ma stavolta avrà quello che si merita.”
Jakris fece per voltarsi.
Joyce era rimasta immobile fino a quel momento, concentrata nel trovare il momento giusto per agire. Le era balenata un’idea folle per la testa, ma aveva una sola occasione per farcela. Doveva sfruttarla nel modo giusto o sarebbe morta lì, lo sentiva.
Balzò in avanti e allungò le braccia verso Jakris. L’urgar era mezzo voltato e non fece in tempo a evitarla. Joyce gli crollò addosso e lo afferrò per il bavero, stringendo.
“Ti uccido” ringhiò Joyce circondandogli le spalle con le braccia.
Jakris gridò per la sorpresa e si lasciò cadere all’indietro. Rotolarono sul pavimento. Lui le diede un pugno nelle costole ma Joyce strinse i denti e mantenne la presa.
Ancora un secondo pensò. Devo essere sicura che…
Una mano l’afferrò per la schiena e la sollevò senza sforzo. Joyce non riuscì a opporsi a quella forza e per un istante si ritrovò sospesa a mezz’aria, le braccia e le gambe che si muovevano alla ricerca di un appoggio o di qualcosa da afferrare.
Joane eseguì un mezzo giro su sé stessa e Joyce volò verso la parete opposta. L’impatto le tolse il fiato e per un attimo vide tutto nero.
Quando si riprese, Jakris era in piedi e la guardava con disprezzo. “Visto? Che ti avevo detto? Non puoi fidarti di quella maledetta. Uccidila in fretta se vuoi un consiglio.”
“Il giorno in cui avrò bisogno del tuo consiglio farò in modo che sia anche l’ultimo che mi resta da vivere.”
Jakris si accigliò.
“Adesso vai” disse Joane. “Ho già sopportato abbastanza la tua presenza.”
Jakris rispose con un cenno della testa e sparì oltre l’entrata.
Joane si rivolse a lei. “Anche se non apprezzo quell’urgar, non provare mai più a fare una cosa del genere.”
Joyce abbozzò un leggero sorriso. “Ora che farai? Mi vuoi uccidere?”
Joane si avvicinò.
Joyce cercò di tenere a mente da quanto tempo era andato via Jakris. Ogni secondo che passava lo allontanava da lì, ma dove sarebbe stato davvero sicuro?
Non poteva saperlo e Joane era lì e non sembrava affatto amichevole.
“So a cosa stai pensando” disse la donna.
Non lo immagini affatto, pensò.
“Stai già pensando al modo di scappare, vero? Per avvertire i tuoi amici urgar o i difensori della città, è così?
Joyce strinse le labbra.
Joane evocò un dardo magico. “Se lo farai, se scapperai di nuovo, ucciderò Lilie e tutti i prigionieri. Ne abbiamo un centinaio. E non mi limiterò a giustiziarli. Farò in modo che soffrano. Malediranno il tuo nome mentre esalano l’ultimo respiro. Hai capito le mie parole, strega rossa?”
“Le tue minacce non mi fanno paura” disse Joyce.
Davvero ho detto una cosa simile? Pensò. Non sono riuscita a tirare fuori qualcosa di meglio? Questa sarà l’ultima frase che pronuncerò?
“Non è una minaccia” disse Joane. “È una promessa.”
Il dardo scomparve.
Joyce si rilassò. Forse Joane non voleva ucciderla subito. Forse voleva divertirsi con lei come voleva fare con Lilie e i prigionieri.
O forse avrebbe atteso il buio per inviare qualcuno dei suoi per toglierla di mezzo.
Scappa ora, pensò.
Ma il pensiero di condannare a morte tutte quelle persone la bloccò.
Non posso andarmene, si disse. Non prima di aver provato a salvarne la maggior parte.
“Sorvegliatela a vista” disse Joane alle guardie. Marciò decisa verso l’uscita.
Joyce si rannicchiò contro la parete.

Note
Traquilli, recuperiamo tutto con un bel trittico di capitoli :)
Prossimo Capitolo Venerdì 19 Luglio
  
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