Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Ardesis    27/07/2019    9 recensioni
E se una piccola deviazione di percorso avesse compromesso l’intera vicenda?
Genere: Erotico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Era una mattina fredda ma gradevolmente profumata di muschio e di rugiada. Il silenzio placido della campagna era guastato solo dall’uggiolio distante dei cani nel recinto. Mentre camminava sull’erba umida del parco, Rosalie capì di essersi assuefatta a tal punto all’aria viziata di Parigi da aver dimenticato quanto fossero dolci e penetranti quelle fragranze agresti.

Spesso, mentre rattoppava abiti nella bottega della sarta o sistemava cassette di frutta al mercato, le capitava di ripensare con nostalgia agli spazi ampi e agli odori buoni di Palazzo Jarjayes. Tornarvi ora, dopo anni, la riempì di una profonda malinconia che le fece male e bene al medesimo tempo. 

Il suo corpo, in genere costretto a non sentire e a non vedere, si fece allora ipersensibile. Udito, olfatto e vista si nutrirono avidi ed entusiasti di ogni minima sfumatura che coglievano. Tutto in quel parco verdissimo e profumato riportava la mente di Rosalie ad un passato in cui era stata davvero felice, senza saperlo. 

Da quando era tornata a Parigi -dopo la breve parentesi nella casa della Polignaç- la sua vita era cambiata molto. Si era dovuta riadeguare alla povertà e per diverso tempo si era arrangiata a mantenersi da sola. Bernard era stato un dono del cielo e si era dimostrato un compagno prezioso. Ma nulla era semplice e lei non aveva mai un momento di pace, nemmeno quando dormiva. Aveva l’impressione che il fantasma della miseria fosse dietro l’angolo e si prodigava con tutte le sue forze per tenerlo lontano da se stessa e da suo marito. Le giornate iniziavano e finivano senza che se ne rendesse conto e la sua mente era costantemente preda di inquietudini. Si teneva stretti tutti i piccoli lavori che aveva avuto la fortuna di trovare qua e là, ma i soldi non bastavano mai, il cibo era costoso e difficile da reperire, l’appartamento in cui abitava era piccolo e scomodo e lei si affannava a tenerlo sempre lindo perché aveva il terrore che la disgustosa sporcizia di Parigi trovasse il modo per contaminarlo. Bernard rincasava sempre a tarda sera e le taceva i suoi affari per non darle pensiero, causandole, così, ancora più ansie. Si mettevano a letto, entrambi esausti e pensierosi, lui la abbracciava, ma senza slanci di passione, e lei lo assecondava, ma, per quanto desiderasse avere un figlio, si tormentava con l’ansia di non essere in grado di accudirlo bene o di non avere denaro sufficiente per garantirgli un’infanzia dignitosa, per lo meno migliore di quella che aveva avuto lei.

Doveva ricordare spesso a se stessa di aver attraversato periodi peggiori -le difficoltà della propria infanzia, la velenosa persecuzione della Polignaç. In quel modo si dava coraggio e riusciva a sentirsi contenta di come viveva con suo marito. Ma quando ricordava gli anni trascorsi a Palazzo Jarjayes, il suo stomaco si contraeva per la nostalgia.

Le capitò di provare proprio quella dolorosa sensazione alla pancia mentre camminava verso l’ingresso del Palazzo aggrappata al braccio robusto di André, che era venuto a prenderla a Parigi, su richiesta di Oscar. 

Guardò il suo accompagnatore con la coda dell’occhio e si chiese se anche lui stesse pensando al passato, se stesse condividendo in silenzio la sua stessa malinconia. Ma André sembrava completamente immerso in pensieri molto lontani da lei e da quel luogo. I suoi occhi erano socchiusi, cupi e vitrei, le pupille fissavano un punto indefinibile davanti ai suoi piedi, ma era come se il suo sguardo fosse rivolto verso l’interno della sua testa. André aveva sempre avuto la tendenza alla malinconia, nonostante in gioventù avesse spesso mostrato slanci di giocosa leggerezza con cui faceva divertire lei ed Oscar. Forse la perdita dell’occhio sinistro o forse qualche attrito segreto con Oscar l’avevano reso un uomo meditabondo e tenebroso, sempre gentile e cordiale, ma molto diverso dal ragazzo brioso che era stato.

Rosalie decise di scacciare quell’atmosfera cupa e provò a ripescare dalla mente qualche buffo aneddoto della loro fanciullezza. Gliene sovvenne uno e si mise a raccontarlo con una risatella allegra. Lui la ascoltò in silenzio, sorridendo benevolo, ma alla fine ammise di non ricordare quel particolare episodio e sembrò impaziente di tornare alle sue elucubrazioni. Rosalie, un po’ delusa, si sforzò di mantenere viva la conversazione.

-André, non mi hai detto per quale motivo Madamigella Oscar ti ha chiesto di accompagnarmi qui a Palazzo.-

-Desidera rivederti, scusarsi di persona per non aver partecipato al tuo matrimonio e consegnarti il suo regalo.-

-Il suo regalo? Oh, André, se tu me l’avessi detto prima non sarei venuta. Dopo tutto quello che Madamigella Oscar ha fatto per me, come posso accettare anche un dono?-

André sogghignò e le rispose come se non l’avesse udita e stesse parlando da solo:

-Penso proprio che Oscar abbia bisogno di parlare con un’amica.-

Entrarono dal portone principale e trovarono Oscar in attesa nell’atrio, con le mani dietro la schiena e un bel sorriso cordiale già disposto sulle labbra.

-Rosalié, ben arrivata!-

Esclamò con quel suo particolarissimo tono di voce che riusciva ad essere festoso e composto al medesimo tempo. Rosalie la salutò arrossendo e fece un inchino più per tentare di nascondere il porpora delle guance che per ossequio.

-Oh ti prego, questo proprio non è necessario, Rosalie.-

Le disse Oscar divertita, posandole una mano sulla spalla. Rosalie sollevò gli occhi, come un penitente assolto da un confessore, e le sorrise nervosa. Com’era bella, Oscar! Profumava di rose appena colte, la sua pelle opaca e bianca sembrava marmo levigato e i suoi occhi brillavano di intelligenza.

-Sei un vero incanto, Rosalie.-

La lodò Oscar, prendendole le mani. Rosalie arrossì ancora e scrollò la testa. Nonostante tutti i suoi sforzi per darsi un aspetto gradevole, si sentiva brutta e disordinata, come se una traccia indelebile della lordura di Parigi le si fosse appiccicata addosso.

-Perché avete tagliato i vostri bellissimi capelli lunghi, Madamigella?-

Fu tutto ciò che le venne da dire e si diede mille volte della sciocca. La lusinga di Oscar avrebbe meritato in risposta un complimento altrettanto cortese, o quantomeno un decoroso “Vi ringrazio”. Invece lei era riuscita a formulare solo quella domanda al limite dell’educazione, come una ragazzetta sgarbata e indiscreta. 

Oscar sollevò impercettibilmente le sopracciglia, ma sembrò più divertita che irritata. Le venne spontaneo consultare Andrè con lo sguardo, lasciando intendere a Rosalie, senza volerlo, che il taglio dei suoi capelli aveva a che fare con una questione segreta tra loro, poi sorrise indulgente e minimizzò:

-È stato un colpo di testa. Ricresceranno!-

Prese Rosalie sottobraccio e la trascinò con sé sulle scale, dicendosi impaziente di consegnarle i suoi doni per le nozze. Rosalie la seguì docile, borbottando frasi imbarazzate.

-Non dovevate. Siete troppo gentile. Non era necessario.-

Oscar la ascoltò sorridendo e camminando a ritmo deciso sulla gradinata, finché improvvisamente non si bloccò a metà della rampa, come se si fosse accorta di aver dimenticato qualcosa. Guardò indietro con aria serissima e i suoi occhi si fermarono su André, immobile nell’atrio.

-André?-

Disse semplicemente, facendogli un lieve cenno con la mano. Lui stirò le labbra e scosse la testa.

-Vi raggiungerò più tardi.-

Disse e sparì dietro ad una porta.

-Madamigella, mi permettere di fare una considerazione?-

Mormorò Rosalie mentre riprendevano a salire le scale.

-Certo.-

-André è molto tetro.-

Oscar non rispose subito.

-Le persone cambiano.-

Rosalie non osò indagare più a fondo, nonostante quella frase enigmatica le avesse acceso la curiosità. Inaspettatamente, fu Oscar stessa, quando raggiunsero il pianerottolo, a sbottonarsi di propria iniziativa, come se sentisse la necessità di giustificarsi con lei:

-Io voglio molto bene ad André, Rosalie, davvero molto.-

Rosalie la ascoltò in silenzio.

-Ma non posso permettermi di provare più di un tenero affetto fraterno. Capisci?-

Si incamminarono nei lunghi corridoi inzuppati di luce bianca e, mentre Rosalie si guardava intorno sovrapponendo le immagini dei ricordi alla realtà che aveva sotto gli occhi, Oscar continuò a parlare a bassa voce, come se stesse ragionando tra sé.

-Se si potesse scegliere chi amare, se si potessero razionalizzare i sentimenti come accade con i pensieri, la vita sarebbe semplice.-

Entrarono in un lussuoso salotto con mobili di legno scuro e tendaggi dorati, un ambiente intimo e molto luminoso. Oscar fece accomodare Rosalie su un divanetto damascato, poi andò ad aprire una cassapanca di mogano e ne estrasse un lungo e sottile involucro di cuoio.

-Rosalie, questa è la spada che usavi quando ti insegnavo a tirare di scherma. Te la ricordi?-

Spiegò mentre tornava verso di lei, estraendo il fioretto dalla custodia.

-Mi auguro che tu non abbia mai la necessità di rivolgere questa spada contro nessuno, ma ti prego di accettarla soprattutto come monito, per non dimenticare che sei una donna forte e indipendente e che sei in grado di difenderti da chiunque e da qualunque pericolo. E per ultimo...-

Oscar si sfilò un anello d’oro da un dito e glielo consegnò insieme alla spada.

-Questo anello mi appartiene da sempre e voglio che lo abbia tu. Vi è incisa una rosa con le spine. Mi è servito per ricordarmi che anche le cose più belle possono avere delle insidie, ma che non per questo bisogna apprezzarle di meno. Credo che l’amore e il matrimonio seguano questo principio.-

Rosalie si appoggiò la spada sulle ginocchia e tenne l’anello tra la punta delle dita, ammirando la rosa incisa sulla placca dorata. Mentre il suo cuore esplodeva di commozione, la sua mente abituata al pragmatismo provò a quantificare il valore in denaro di quei due preziosissimi oggetti. Le salirono le lacrime.

-Apprezzo davvero molto questi doni, Madamigella. Vi ringrazio.-

Mormorò e non riuscì a trattenere il pianto, disprezzandosi per aver pensato, anche solo per un istante, a quanto avrebbe potuto ricavarne vendendoli.

-Vuoi un bicchiere di liquore, Rosalie?-

Chiese Oscar accarezzandole la spalla. Rosalie annuì e biascicò:

-Solo un goccio, Madamigella, grazie.-

Oscar andò ad aprire un mobile e poco dopo tornò verso il divano con le mani strette intorno a due finissimi bicchieri di cristallo dentro cui ondeggiava un liquido ambrato e brillante come oro fuso. 

-Sei felice con Bernard?-

Domandò sedendosi al suo fianco.

-Sì.-

-Mi fa molto piacere.-

-Madamigella, voi... voi siete un angelo.-

Oscar rise.

-No, non direi proprio!-

-Vi sbagliate. Io non ho mai conosciuto una persona più buona di voi. Avete aiutato me e poi avete salvato la vita del mio Bernard. E continuate ad essere così generosa!-

La risata allegra di Oscar si affievolì fino a spegnersi e nonostante le sue labbra fossero rimaste piegate in un vago sorriso, il suo volto si fece cupo e lo sguardo assorto e triste.

-Non ho fatto solo del bene, a qualcuno ho fatto anche del male, molto male, senza nemmeno accorgermene.-

Rosalie assaggiò il liquore con la punta delle labbra: era piuttosto forte. Oscar ne prese un lungo sorso come se fosse acqua.

-Com’è il matrimonio, Rosalie?-

Chiese d’improvviso, dando alle parole una sfumatura ironica.

-Impegnativo.-

Le labbra di Oscar si piegarono in un sogghigno mentre la sua lingua le ripuliva dalle tracce di liquore.

-E se anche io mi sposassi? Che ne penseresti, Rosalie?-

-Voi?!-

Oscar scoppiò nuovamente a ridere, ma Rosalie non percepì nessuna allegria nella sua voce, solo nervosismo e un duro sarcasmo.

-Provo il tuo stesso stupore a questa idea, cara Rosalie, tuttavia mio padre insiste affinché io mi scelga un marito.-

Rosalie arrossì senza apparente motivo, ma Oscar non vi fece caso e continuò a parlare rivolgendosi al bicchiere.

-A Versailles si terrà un ballo questa sera, un ballo in maschera in mio onore, ed io sarò l’unica donna presente. Sembra uno scherzo, non trovi?-

Rosalie annuì in imbarazzo, nonostante Oscar continuasse a non guardarla. Le fu chiaro che, tutto sommato, il proprio parere fosse abbastanza superfluo. Oscar aveva solo bisogno di una silenziosa presenza che ascoltasse con indulgenza il suo sfogo.

-Ho intenzione di opporre burla a burla.- aggiunse Oscar, sollevando il viso -Per una volta, voglio prendermi gioco della corte come la corte si è sempre presa gioco di me. E sono sicura che sarà piuttosto divertente.-

 

 

 

 

 

Gli occhi di Girodelle si fecero sottili come spilli. I buchi stretti della sua ingombrante maschera gli rendevano difficile capire dove stesse mettendo i piedi, mentre attraversava a passo svelto il salone gremito. Urtò e fu urtato, trattenne qualche imprecazione tra i denti e infine si mise in salvo dalla folla appoggiando le spalle ad una parete tra due alti finestroni. Da quella posizione sicura, si dedicò ad osservarsi intorno. 

Tutti gli uomini che popolavano la sala erano bardati con gran lusso. Sfoggiavano travestimenti eccentrici e variopinti e si salutavano con fredda cordialità, ma senza istaurare conversazioni. Ognuno si aggirava guardingo come un predatore in mezzo ad altri predatori rivali e fremeva sotto la propria maschera, impaziente di giostrare per conquistarsi il cuore della donzella.

Il Visconte Girodelle roteò gli occhi verso l’alto e sbuffò sdegnoso. Non aveva previsto tanta concorrenza. Si voltò distrattamente verso la finestra e vide un ragazzo -gli parve di dedurre che fosse piuttosto giovane, a giudicare dal fisico asciutto- che sorseggiava champagne da una coppa di cristallo e guardava fuori dai vetri come se fosse del tutto estraneo alla frenesia che animava gli altri.

-Che bell’imbroglio, ne convenite?-

Gli disse con un garbo sprezzante. Quello si voltò verso di lui, ma non fiatò.

-Mi chiedo con quale criterio si possa scegliere un marito in questa colorata babilonia.- continuò Girodelle -Madamigella Oscar è una donna di tale spessore! Che ambisca un uomo di fine intelletto e di buon cuore, non lo metto in dubbio, e per questo le concedo che la maschera possa essere lo strumento ideale per cogliere le qualità dello spirito, senza lasciarsi ingannare dall’apparenza. Ma che lei non abbia alcuna considerazione per l’aspetto del proprio eventuale consorte, mi sembra proprio una bella stravaganza!-

L’uomo accanto a lui accennò ad una flebile risata, ma non disse una parola. Girodelle, incuriosito, lo studiò con attenzione. Era di poco più basso di lui, snello e longilineo, di certo un buon tiratore di scherma. Indossava un abito piuttosto interessante, fatto interamente di un bel velluto blu oltremare. La stoffa preziosa era spruzzata di tante piccole stelle ricamate con filo d’oro che brillavano alla luce dei lampadari come veri astri celesti. Sulla maschera bianca e tondeggiante, che gli avvolgeva il viso, lasciando scoperti, ma in ombra, soltanto gli occhi e le labbra, era dipinta la faccia personificata della luna piena. La parrucca, infine, era un ampio e pretenzioso garbuglio argentato.

Mentre Girodelle valutava con una sfumatura di invidia la ricercatezza dell’abbigliamento del proprio rivale, gli giunse all’orecchio il colpo di bastone che annunciava l’arrivo di Oscar. Nel salone si fece subito un silenzio eccitato. Le porte d’ingresso si aprirono e accolsero una dama con un ricchissimo ed ampio abito azzurro. La maschera che ne proteggeva l’identità aveva il volto sibillino di una sirena ed era impreziosita con una trama fitta di lucide scaglie turchesi. 

Si levarono numerose esclamazioni di stupore. Nessuno si aspettava che Oscar esibisse tanta lussuosa bellezza. La dama mascherata si addentrò nella sala, camminando lenta per lasciarsi ammirare, e tese la mano ad un uomo robusto, infagottato in un grigio travestimento da lupo. Lui la strinse a sé e l’orchestra cominciò a suonare un minuetto vivace. 

Girodelle rimase in disparte ad osservare sbalordito la bellissima sirena blu che volteggiava disinvolta, passando in continuazione tra braccia diverse. Pareva che la ninfa di un affresco avesse deciso di prendere vita staccandosi dal muro. Era incantevole. Quel vestito scollato e stretto valorizzava un fisico statuario che l’uniforme lasciava solo intendere. Sembrava quasi non essere Oscar. Forse, ipotizzò Victor con un sogghigno, lei avrebbe pensato lo stesso di lui. L’avrebbe riconosciuto? Girodelle sperava di no. Lo divertiva molto l’idea che Oscar, a fine serata, potesse scegliere proprio lui, dopo averlo già rifiutato per ben due volte!

Quando notò che la folla di pretendenti in attesa del loro turno per le danze si stava assottigliando, si avvicinò anche lui con cautela. L’uomo vestito da Notte, come un’ombra silenziosa, lo seguì.

Il minuetto non era ancora terminato, quando la sirena si staccò dall’uomo con cui stava danzando per offrire la mano proprio a Girodelle, che si sentì esplodere il cuore nel petto. Quando la prese tra le braccia, ebbe l’impressione di essersi completamente dimenticato come si danzasse.

-Ah, che effetto mi fate!-

Le disse sforzandosi di camuffare la voce. Folle di emozione, danzò con lei senza tacere nemmeno per un secondo. Si profuse in ambiziosi complimenti, scherzò molto sulla singolarità di quella serata e le lasciò intendere con sottigliezza di essere molto ricco. La cedette poi a malincuore al giovane uomo vestito da Notte e tornò ad occupare il suo posto sicuro accanto alla parete, con le mani che ancora tremavano. 

Le danze si conclusero presto, ma l’orchestra non smise di riempire il salone di gradevoli melodie. Oscar, regina assoluta di quel buffo carnevale, prese a conversare con i suoi corteggiatori, che le giravano intorno come falene. Girodelle si rifiutò di prender parte a quelle chiacchiere e preferì tener d’occhio lo strano ragazzo vestito da Notte che era tornato a scrutare assorto fuori dalla finestra. “Sicuramente un provincialotto poco abituato al fermento della corte” valutò Girodelle.

La serata scivolò placida verso il termine e l’ansia di tutti per la scelta di Oscar divenne via via sempre più palpabile. Quando la sirena blu prese commiato dal gruppetto di petulanti corteggiatori con cui stava conversando senza entusiasmo, fu chiaro che fosse giunto il momento del verdetto. Tutti i corpi si paralizzarono e le chiacchiere si spensero in un istante.

Lei prese a camminare nella sala, ignorando la delusione di chi veniva escluso dal suo tragitto. Ebbe una lieve incertezza, poi si diresse con passo sicuro verso la parete a cui si sorreggeva Girodelle. Il Visconte si sentì come un vulcano sul punto di esplodere. Il suo sangue si fece magma e il cuore gli risalì su per la gola. “Sono vostro!” 

Ma la sua gioia fu brutalmente breve. La sirena, ambigua per definizione, lo stregò e poi illuse. Gli passò accanto, ad un soffio, smosse l’aria intorno a lui provocandogli una bufera nel cuore, ma non gli rivolse nemmeno uno sguardo e si fermò davanti al giovane mascherato da Notte. Eccolo, dunque, il fortunato. I due si sussurrarono qualcosa, poi lei si voltò verso la folla e annunciò con voce squillante ma irriconoscibile per via della maschera:

-Costui è l’uomo a cui Oscar François de Jarjayes offre la sua mano.-

L’orchestra ammutolì e nel silenzio si levò un freddo applauso di congratulazioni. La sirena si inchinò per ringraziare, incrociò le dita in grembo e, senza togliersi la maschera, abbandonò in silenzio la sala.

Girodelle si sentì come un vaso di porcellana in bilico sull’orlo di un tavolo, mentre seguiva con gli occhi il suo desiderio avvolto in stoffa azzurra che si allontanava. Nonostante non si fosse fatto grandi illusioni sull’esito di quella serata, dovette prendere atto che ora ogni speranza era definitivamente perduta. Si sfilò la maschera con un gesto stizzito e si rivolse all’uomo travesito da Notte, con garbo, ma in modo che lo udissero tutti:

-Ora potete palesarvi, signore. Rivelateci chi siete e permetteteci in questo modo di invidiarvi e di congratularci con voi!-

Il ragazzo annuì e, sotto gli occhi curiosi e impazienti dei propri spettatori, si liberò della maschera e della parrucca e le lasciò cadere a terra. Immerse le mani tra i capelli biondi per scioglierli sulle spalle e ruotò il viso da un lato all’altro del collo per mostrare a tutti il suo sorriso compiaciuto. Tutta la sala mozzò il fiato.

Il volto di Girodelle, già esangue di suo, divenne bianco come calce e sembrò sul punto di creparsi. Quell’uomo, quell’uomo era Oscar!

-Madamigella, ma se voi siete... dunque, chi era la donna con cui tutti noi abbiamo danzato?-

Oscar sfruttò la sua domanda come pretesto per parlare al suo pubblico allibito.

-Signori, la donna con cui avete danzato, chiaramente non ero io. Ella rappresentava soltanto una vostra fantasia, tradotta in carne ed ossa. Nessuno di voi si è disturbato ad indagare sulla sua identità. Non vi è sorto nemmeno il più pallido sospetto?- si interruppe un momento, si schiarì la voce e si godette lo stupore che aveva suscitato -Nessuno di voi desidera me.- allargò il sorriso e si piegò a raccogliere la maschera e la parrucca. -Perdonate la stravaganza di questa serata. Confido che ognuno ne possa trarre educative conclusioni. Per quanto mi riguarda, tra tutti voi, io ho scelto me stessa!-

Guardò Girodelle, lo salutò con un tiepido sorriso a labbra strette e abbandonò la sala. Nello scompiglio che si creò nel grande salone, nessuno si accorse che uno dei presenti, un uomo alto, con una semplice maschera nera e i capelli scuri, la affiancò e uscì insieme a lei.

 

 

 

 

 

 

 

[Ringrazio Lenovo2015 per il gentile suggerimento, con cui ha contribuito a migliorare l’efficacia del capitolo.]

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Ardesis