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Autore: _aivy_demi_    23/08/2019    44 recensioni
Una ragazza sbadata, disordinata e senza alcun pelo sulla lingua.
Un ragazzo famoso, allontanatosi dalla propria città in cerca di qualcosa.
Si incontrano, si detestano fin da subito.
Una simpatica commedia romantica het piena di malintesi, incontri fortuiti (e non), umorismo e una punta di ironia che non guasta mai.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Singing

is the answer

 

 

10 -  What is he really thinking?





Una buona cena era ciò con cui Josh s’aspettava di cominciare: non avrebbe mai pensato di dover deviare dalla destinazione scelta in precedenza. Era rimasto stranamente sorpreso dalla richiesta inconsueta di Aya: «potremmo andare fuori città?», gli aveva chiesto con un tono stranamente piatto. Non aveva espresso obiezioni, non era certo un problema per lui, ma la ragazza che aveva davanti era completamente differente rispetto a chi aveva conosciuto qualche giorno prima; c’era qualcosa di diverso in lei, non c’era traccia dell’entusiasmo imbarazzato che aveva dimostrato nei loro incontri precedenti. Che fosse accaduto qualcosa? Non era certo un problema suo, aveva ben altro in testa che stare ad accollarsi i fastidi di altre persone, ne aveva già a sufficienza di pensieri grazie a quell’insistente di Kisha che non faceva altro che stressarlo ogni giorno, nella speranza di poter avvicinare Åsli. Scacciò il pensiero di lei dalla testa con noncuranza continuando a guidare verso la periferia per poi uscire dalla cittadina, ed alzò lo sguardo in direzione di Aya cercando per un attimo di cogliere qualche cambiamento, anche minimo.
L’espressione della ragazza si rasserenò nel momento in cui superarono il cartello di ingresso al comune vicino: lei sospirò tenendosi il petto con la mano per poi voltarsi verso Josh e sorridere. «Finalmente, non ne potevo più! Allora, cos’hai in programma?»
Sembrava un’altra, di nuovo quella di prima.
«E tu chi sei? Dove se ne sta la musona che guardava fuori dal finestrino senza spiccicare una parola?»

Lei arrossì leggermente indicando le loro spalle con un gesto della mano: «lì, è rimasta indietro assieme a quel posto di merda.» Risero entrambi ad una tale affermazione ma lui non aveva ancora colto completamente l’enorme disagio che provava nel vivere lì, sentirsi intrappolata in un posto troppo piccolo per le sue ambizioni di vita.
Valutarono sul dove e il come passare la serata vagando a vuoto per un po’ nella zona agricola fuori al centro abitato, parlando principalmente di tutto e di nulla; avevano da poco superato un paio di vecchi casolari abbandonati, completamente divorati dall’edera e da altri rampicanti infestanti. Alcuni alberi s’erano ripresi il giusto spazio prosperando tra una finestra sfondata e una parte del tetto crollato. Aya intimò Josh di fermare l’auto a sinistra, lì dove la strada si stringeva e deviava in un bianco sterrato che riluceva sotto la luce delle stelle. D’impulso afferrò il braccio del ragazzo guardandolo con occhi sognanti ed un sorriso sincero stampato in volto. «Dai, usciamo un attimo.»
Il silenzio li avvolgeva completamente, ad illuminare il paesaggio soltanto alcuni lampioni lontani laddove la via svoltava verso il prossimo centro cittadino. Gli aveva chiesto timidamente di potersi appoggiare alla carrozzeria della macchina ottenendo un “e sia” strascicato: si issò con poca fatica grazie all’altezza sopra la media ed i tacchi indossati per l’occasione ma subito s’era fatta prendere dallo sconforto. L’abito non voleva starsene al suo posto a causa della posizione assunta e più cercava di lisciarlo e coprirsi meglio le cosce, più il tessuto attillato risaliva dall’altro lato.
«Finirai per strapparlo…» le dita di Josh avevano fermato quel nervoso tentativo ripetuto, stringendo le sue e stendendole con la dovuta calma. «Lascia stare, non si vede nulla tranquilla. Sei fin troppo tesa, perché non ti rilassi un po’?» Le labbra a sfiorarle il collo, il busto inclinato su di lei, una mano tra i capelli a lisciarli con delicatezza. Aya tentò di allontanarsi spingendolo con poca convinzione e quando si accorse che il ragazzo stava scendendo sui suoi seni fasciati dal vestito si impuntò con maggior decisione. «Josh, aspetta… ehi, ehi aspetta…!»
Lo sguardo luminoso e confuso di lui la scrutò un paio di secondi per poi dare chiaramente voce al dubbio.
«Dai, non essere così timida.» La bocca a un centimetro dalla sua, fronte contro fronte. «Non è per questo che siamo qui?»
No, non lo era: non era lì per farsi una scopata, non lo aveva fatto accostare per farsi prendere di notte in mezzo ad un campo. Era lì per altro, non certo per gemere sulla carrozzeria di una macchina. Doveva dirglielo prima che la situazione precipitasse. Corrugò la fronte ed indicò il cielo con un dito, prima di scoppiare a ridere per colpa della tensione e dell’eccitazione che stava comunque tentando di nascondere. Non era certo indifferente alla presenza di Josh ma da lì ad accorciare le distanze e procedere con troppa foga…
Lui si ritirò osservandola con un sopracciglio alzato.
Senza dire nulla s’infilò a recuperare un pacchetto di sigarette in auto per poi raggiungerla con fare contrariato, affiancarla sul cofano e porgerle una paglia accendendola con lo zippo. Soffiò fuori dai polmoni il fumo acre e denso osservandolo salire verso l’alto e disperdersi nell’aria fresca. Sospirò e rise di sé e di quella folle idea che s’era fatto di lei in soli due incontri: s’era reso conto di aver sbagliato in pieno, ed aveva sorriso scuotendo il capo. «Allora dimmi, perché mi hai portato qui?»
«Per questo.»
I lontani puntini luminosi brillavano in un cielo blu profondo. Ogni singola stella unita alle altre mostrava un manto notturno da togliere il fiato, la cui vista era accompagnata da un silenzio surreale e quieto.
Josh la guardava e cercava di comprendere ciò che stava dietro a quelle parole, ai gesti, agli occhi vibranti ed accesi incollati alla volta celeste.
«Sembri un animale in gabbia che cerca di scappare da qualcosa.»
«Chi lo sa, potrebbe essere. Potrei scappare da te per cominciare, no?»
Risero smorzando parte della tensione accumulata per l’incomprensione – non certo da poco – di qualche minuto prima. Il ragazzo si voltò bloccandola con uno sguardo curioso ed amareggiato: «sei strana, sai?»
«Solo perché non ho ceduto alle tue avance quando mi sei saltato addosso? Fai così con tutte?»
«Se ti dico di no, mi credi?»
Lei scosse la testa: no, non ci avrebbe creduto neppure se glielo avesse giurato.
«Sai, Aya, sembri una delle poche di questo posto a puntare a qualcosa di meglio, senza adagiarti su ciò che la vita ti ha fatto trovare pronto. »
«Un padre testa di cazzo e una madre remissiva che non è capace di dire ciò che pensa veramente solo per paura? Un’istruzione faticata perché i miei non hanno voluto aiutarmi in nessun modo? Lavorare e studiare non è sempre facile, ma sono sicura che quando mi sarò laureata me ne andrò via da qui, in un posto dove il rispetto ed il valore di una persona contano davvero.»
Josh si voltò accarezzandole il viso. Aveva sbagliato a giudicarla, civettuola ed interessata come l’era sembrata fino a quello stesso pomeriggio; sembrava custodire qualcosa di molto più profondo, un orgoglio inaspettato. Non era interessata a portarselo subito a letto e la cosa lo stava stuzzicando.
Avrebbe dovuto lottare per conquistarla, ed il desiderio di averla si insinuò più profondamente in lui. La invitò a scendere e l’abbracciò senza dire una sola parola.
Aya si perse in quel gesto inaspettato ricambiando ed inebriandosi della sua presenza, del suo profumo, del suo essere alto quanto lei e non di più; le parve strano cingergli la vita e ritrovarselo a poca distanza dalle labbra, sentiva la fredda montatura degli occhiali pizzicarle la pelle e non era per nulla spiacevole.



«Ma chi cazzo è adesso?» Raon farfugliò nel sonno. Quella sera aveva fatto una fatica immane ad addormentarsi, e il suono del cellulare non era certo la migliore delle sveglie notturne. L’ora era improponibile, e non aveva affatto intenzione di accecarsi per controllare il mittente di qualsiasi cosa fosse arrivata: non era neppure riuscita a distinguere chiaramente se fosse stata una notifica, un messaggio, oppure WA. Non gliene importava nulla.
Voleva dormire, e questo le bastava.
Secondo suono fastidioso, stavolta prolungato. Mugugnò nervosa biascicando un paio di imprecazioni, per poi voltarsi di nuovo verso lo schermo illuminato.
“Porca miseria. A quest’ora proprio? Ma la gente non ha niente di meglio da fare?”
Controllò di malavoglia: un messaggio e uno squillo.
Mittente: Åsli.
Gli occhi le si spalancarono e si alzò dal letto con un colpo secco sbattendo la testa contro la lampada a fianco sul comodino, nel tentativo di accenderla. Era stata contattata per qualche strano motivo che ancora non riusciva a figurarsi: avrebbe voluto scoprirlo, tanto oramai era completamente sveglia.
           
            Sei libera?

Niente di più. Un messaggio insipido non educato. S’aspettava di meglio da lui, di solito era diverso: gli scambi di battute faccia a faccia o tramite un’app di messaggistica erano più diretti, coloriti.
Sembrava freddo.
Una sensazione che mai aveva provato prima standogli accanto. Incuriosita dall’ora e dalla richiesta rispose con un rapido “sì” e si vestì infagottandosi all’interno di una calda felpa oversize ed amati leggins a fasciarle le gambe magre. Si sciacquò rapidamente cercando di riprendere colore dal pallore del sonno interrotto e senza far rumore sgattaiolò fuori casa.
Il silenzio della notte amplificava ogni singolo rumore, optò dunque per saltare il muretto di casa piuttosto che far cigolare il cancelletto in metallo. Divorò la distanza tra la sua abitazione e quella del ragazzo senza neppure rendersi conto del passo accelerato: in cuor suo sentiva che c’era qualcosa che non andava, era palese.
Bussò con un certo fremito alle nocche, e dopo il terzo tentativo lo chiamò piano per nome.
Nulla.
Bussò ancora e s’aggrappò alla maniglia, constatando che la porta era aperta. Entrò chiamandolo ancora. «Åsli? Ehi, sono Raon. Scusami se sono entrata così ma sai, la porta era aperta e…»
S’ammutolì varcato l’ingresso, incontrando il giovane seduto sul pavimento, il cellulare stretto in una mano, una bottiglia quasi vuota nell’altra.
«Tutto bene?»
Gli corse incontro con fare preoccupato, alzandogli il volto con le mani temendo chissà quale orribile reazione, o una serie di rimproveri poco civili, ma non riscontrò niente in tutto ciò.
Solo lacrime.








Note dell’autrice (str*nza che non è altro!):
Buongiorno a tutti! Sono tornata nell’original! Finalmente, potremmo dire, eh certo, avrò pubblicato altre sei o sette volte nel mentre. Adesso sono di nuovo qui approfondendo un po’ di più Aya e Josh, per poi gettare il sasso e nascondere la mano nei confronti di Raon e Åsli. Lo so, sembro cattiva ma non è certo questo il mio intento, anzi. ^^
Grazie a tutti per l’attenzione, le parole, grazie per l’affetto dimostrato sempre. Alla prossima! :3
-Stefy-

   
 
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