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Autore: heliodor    04/09/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Discorso chiuso
 
Aprì il baule sollevando il coperchio con entrambe le mani e spostò le due coperte di lana grezza che nascondevano il fondo.
Individuò il fagotto in un angolo e allungò la mano. Quando tirò fuori l’involto, lo scartò come se stesse cambiando un bambino. All’interno vi erano due libri e un pezzo di stoffa.
I ricordi a cui sono più affezionata, pensò mentre stringeva nella mano il simbolo della casata di Londolin.
Vyncent l’aveva strappato dal suo mantello e glielo aveva donato affinché portasse sempre con sé qualcosa di suo.
Per un attimo dimenticò perché era salita fin nella sua stanza. Prese tra le mani il libro dall’aria più consunta.
Non aveva né titolo né autore, ma sapeva bene che quello era il compendio di Arran Lacey. Lo aprì all’ultima pagina che aveva letto e tradotto a metà. Si era ripromessa di lavorarci non appena avesse avuto tempo.
Sospirò e riavvolse i libri e il pezzo di stoffa nel fagotto, quindi lo spinse nell’angolo più distante del baule e lo coprì con le coperte.
Qui sarà al sicuro da occhi indiscreti, si disse.
Non poteva essere certa, ma quello era il miglior nascondiglio che era riuscita a trovare e per il momento doveva bastarle.
Non contava di restare a lungo a Nazdur. Ora che la battaglia era stata vinta, voleva mettersi in viaggio per il nord con Bardhian.
Indossò una mantellina leggera sui vestiti nuovi che Kallia le aveva donato e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Il corridoio era vuoto come al solito, ma sapeva che pochi livelli più sotto si svolgeva la vera attività di quel luogo.
Dopo due rampe di ripide scale consumate dal tempo, si ritrovò in una sala quadrata. Seguendo l’odore del pane appena sfornato raggiunse le cucine.
Valletti e ancelle stavano preparando il pranzo per un migliaio di persone almeno. Alcuni impastavano su lunghi tavoli imbiancati di farina, altri infilavano le pagnotte allineate su enormi teglie di rame in forni che bruciavano a ogni ora del giorno. Altri ancora macellavano o tagliavano la carne e preparavano la frutta e la verdura. Non ce n’era molta a disposizione e sarebbe mancata finché i contadini non avessero seminato e poi raccolto, ma per il momento era ben divisa tra tutti quelli che erano tornati in città dopo aver saputo che la battaglia era terminata.
Joyce prese un pezzo di pane messo a raffreddare su di un tavolo e lo tagliò a metà con un coltello.
“Che fai?” disse uno dei valletti con tono brusco.
Joyce sobbalzò.
Il valletto sgranò gli occhi. “Ma sei la strega rossa. Prendi tutto quello che vuoi.”
“Grazie” disse Joyce imbarazzata. “Vorrei qualcosa da abbinare al pane.”
“Abbiamo della carne lavorata, ma ti consiglio questa.” Mise sul tavolo un pezzo di lardo grande quanto il panino stesso. “Sul pane appena sfornato è buonissimo. Lo puoi anche spalmare.”
Joyce usò il coltello per tagliare un pezzo della fetta di lardo e metterla sul pane. Era davvero buono e si sciolse nella sua bocca come burro.
“È buono” disse.
Il valletto sorrise. “Vieni quando vuoi. La cucina è sempre aperta per te. Dico sul serio.”
Joyce annuì e andò via.
Dalle cucine raggiunse la sala dove Kallia e gli altri comandanti sopravvissuti tenevano le loro riunioni. Ne tenevano almeno una al giorno, ma a quell’ora era deserta.
A parte Kallia stessa che, china su di un tavolo, stava consultando una mappa.
Quando le si avvicinò, la donna la degnò appena di un’occhiata. “Buon giorno” disse.
“Anche a te.”
“È pane quello che hai messo in mezzo a quel lardo?”
Joyce annuì. “È buono.”
“Cerca di non esagerare. Stai mettendo su peso.”
“Non è vero.”
Kallia ghignò. “Ti chiameranno la strega cicciona se resti qualche altro giorno a Nazdur.”
Joyce fu tentata di buttare via ciò che restava della sua colazione, ma sprecare così il cibo era impensabile.
Kallia aveva ordinato di frustare quelli che venivano sopresi a rubare le razioni. E la pena per chi le sprecava era l’impiccagione.
C’erano anche punizioni per chi vendeva il cibo sul mercato nero. Non era raro vedere bancarelle piene di carne di dubbia origine e frutta e verdura andate a male.
La gente, costretta dalla fame, comprava quel cibo.
“Da domani ridurrò la mia razione” dichiarò, ma sapeva che sarebbe stato difficile rinunciare al pane e alle noci.
Soprattutto le noci.
In città erano introvabili ma per lei avevano fatto un’eccezione.
Tutto perché mi considerano un’eroina, si disse.
Ovunque andasse tutti la salutavano e la riconoscevano senza sforzo. Persino i ragazzini le correvano dietro seguendola in tutti i suoi spostamenti.
Un giovane stregone che non doveva avere più di venti anni le aveva donato dei fiori e lei li aveva accettati con imbarazzo.
“Hai fatto male” l’aveva rimproverata Kallia.
“Perché?” le aveva chiesto Joyce.
“Qui a Nazdur donare dei fiori a una giovane ragazza equivale a una richiesta di fidanzamento. In una situazione normale, sarebbe andato da tuo padre o dalla tua guida per chiedere di frequentarti.”
Joyce arrossì. “Credi che debba restituirli?”
“Ormai il guaio è fatto. Parlerò con quello stregone e gli spiegherò che sei una straniera e non conosci le nostre usanze. Ne resterà molto deluso, a meno che tu non voglia acconsentire alle nozze.”
Joyce arrossì di più.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“È già impegnata” era intervenuto Bardhian. “Con un giovane cavaliere. Almeno credo lo sia. Non ho ben capito che mansione svolgesse quel tipo. Come si chiamava?”
Joyce non gli aveva risposto ed era scappata via.
“Che piani hai per la giornata?” le chiese Kallia riportandola al presente.
“Ho un paio di commissioni da sbrigare.”
Kallia tacque.
“Devo parlare con Bardhian di una questione importante.”
“Qualunque questione lo riguardi è importante. In fondo lui è la nostra arma migliore, no?”
“Non dovresti chiamarlo in questo modo.”
“Hai ragione. Porgigli le mie scuse quando lo vedi. È nel livello sotterraneo ad allenarsi, come al solito. A differenza di te, cerca di mantenersi attivo.”
“Smettila.”
Come Kallia aveva detto, Bardhian era nei sotterranei, in una sala quadrata illuminata da una dozzina di torce poste lungo le mura. Le pareti erano di pietra grigia e spoglia che donava all’ambienta l’aspetto di una caverna.
Bardhian stava lanciando dei dardi magici contro un manichino quando Joyce entrò quasi in punta di piedi.
Lui si voltò di scatto.
“Ti ho colto di sorpresa?” chiese Joyce divertita.
Bardhian scrollò le spalle. “È che non ti vedo spesso qui sotto. Hai qualche novità da parte del tuo amico erudito?”
“Halux? Sta ancora lavorando al suo incantesimo.”
“Un portale.” Bardhian scosse la testa. “Lo sai che questo fa di lui un rinnegato?”
“Che vuoi fare, dargli la caccia? Kallia non te lo permetterebbe. È solo grazie a lui se ha ancora la gamba attaccata al resto del corpo. E lì sotto ha salvato più di cento…”
Bardhian agitò le mani. “Basta, basta, ho capito. So già come andrà a finire la questione. In fondo sei tu l’amica dei rinnegati, no?”
“Così mi offendi. Ti ho salvato la vita.”
“Io l’ho salvata a te. Tu mi hai quasi fatto uccidere portando qui quella donna.”
“Quella donna, come tu la chiami, è…”
“Non dirlo” fece lui brusco. “O la conversazione finisce qui.”
Joyce sospirò. “D’accordo. Joane ha sbagliato. Era confusa e ha commesso un errore. Un tremendo errore.”
“Errore? Voleva uccidermi.”
“In tanti hanno cercato di farlo, no?”
“Lei è mia…” Si fermò. “Hai già capito.”
“Bardhian, è stata ingannata come lo sei stato tu.”
Bardhian sferrò un pugno al manichino. “Vyncent. Lui mi ha ingannato.”
“Non è vero” protestò Joyce, ma non lo pensava davvero.
“Sapeva di quella donna” disse Bardhian. “E non mi ha detto niente. Niente. Hai idea di come mi sento in questo momento? Se non mi posso più fidare nemmeno di Vyncent, chi mi resta?”
“Puoi fidarti di Vyncent” disse Joyce. “Non poteva immaginare che Joane avrebbe cercato di ucciderti. Pensava di fare la cosa giusta.”
Bardhian respirò a fondo. “Lui sapeva, Sibyl. Sapeva quanto ho sofferto nella mia vita per non aver mai saputo chi fosse mia madre. Ho sopportato ogni tipo di umiliazioni da parte dei miei fratelli, Ronnet in particolare.” Scosse la testa. “Forse era meglio non saperlo e restare col dubbio, se perfino la mia vera madre mi odia e mi considera un mostro.”
Joyce scelse con cura le parole da dire. “Vyncent sperava che Joane ti aiutasse.”
“A fare cosa?”
“A superare il tuo limite. Per diventare lo stregone supremo che sei destinato a essere. Come Bryce ed Eryen.”
“Ancora quella storia” disse Bardhian esasperato. “L’ho già sentita a Malinor, quando abbiamo interrogato quel rinnegato amico tuo.”
“Marq diceva la verità. Almeno secondo Brun.”
“Un altro rinnegato.”
“Anche Lady Gladia ha confermato la storia degli eredi.”
“Gladia. Una traditrice spergiura. Bryce la odia.”
Joyce non aveva mai capito perché sua sorella la odiasse. Era accaduto qualcosa in passato tra di loro? “Tu sai perché c’è astio tra di loro? Gladia mi è sempre sembrata una persona degna di fiducia.”
“Bryce non me ne ha mai parlato davvero, ma penso che l’abbia detto a Vyncent. Dalle poche cose che ho capito, sembra che abbia fatto del male a sua sorella.”
Gladia non mi ha mai fatto del male, si disse Joyce. A Taloras mi ha protetta nonostante tutto. O almeno ci ha provato.
“C’è anche un altro nome che pronunciava spesso, quando era davvero arrabbiata” aggiunse Bardhian.
“Quale nome?”
“Un certo Robern, mi sembra di ricordare. Anche lui era coinvolto nella faccenda.”
Joyce si sentì gelare il sangue nelle vene.
Robern.
Non poteva essersi sbagliata.
Aveva detto proprio quel nome.
“Robern? Sei sicuro?”
“Sì. Perché? Lo conosci, per caso? Non mi sorprenderebbe, considerato che sei amica di tutti i rinnegati del continente vecchio.”
“È la prima volta che lo sento” disse cercando di restare calma. “Non hanno detto altro?”
Bardhian scrollò le spalle. “A Bryce non piaceva parlarne, te l’ho detto. Dovrai chiedere a lei quando la rivedremo.”
“Lo farò.”
“C’è dell’altro che devi dirmi? Vorrei finire di allenarmi.”
“Ero venuta proprio per questo” disse Joyce cercando di riportare il discorso dove voleva.
“Vuoi allenarti con me?”
“Non mi sembra che tu stia facendo dei progressi.”
“Progressi?”
“Parlo di superare il tuo limite.”
Bardhian ghignò. “Sai cosa succede agli stregoni che lo fanno? Muoiono. Distrutti dalla stessa energia che riescono a sprigionare dal loro corpo. Vuoi che muoia?”
“No” disse Joyce. “Voglio che diventi lo stregone supremo, te l’ho già detto. E c’è un unico modo per riuscirci.”
 Lui si accigliò. “Quale?”
“Ti serve qualcuno che ti insegni. Una guida.”
“Ce l’avevo una guida, ma è nelle mani del nemico. Se sapessi dove si trova sarei già andato a liberarlo.” Scosse la testa.
Anche io, pensò Joyce. “Non parlavo di Vyncent.”
“Di chi allora?”
“Vyncent mi disse di trovare tua… Joane per un motivo ben preciso. Voleva che lei completasse il tuo addestramento.”
“Un vero peccato che sia una pazza e assassina.”
“Ma è comunque la persona adatta. L’hai vista combattere, no?”
“Cosa stai cercando di dirmi?”
“Voglio chiedere a Joane di farti da guida.”
Bardhian scoppiò a ridere. “Tu sei pazza. Proprio come lei.”
“Ci ho pensato a lungo in questi giorni.”
“Ti saresti dovuta allenare invece di pensare a certe cose” disse Bardhian ironico. “Dico sul serio, hai sprecato il tuo tempo.”
“Bardhian, ascoltami…” cominciò a dire.
“No” fece lui. “Discorso chiuso.”
“Non l’abbiamo nemmeno iniziato. Joane ci serve. Sta marcendo in una prigione in attesa che i giudici la condannino a morte o all’esilio.”
“È quello che merita.”
“Può darsi, ma nel frattempo possiamo usarla.”
“Usarla per cosa? Per addestrarmi? Non appena uscirà da quella prigione, chi ti assicura che non cercherà di uccidermi?”
“Non l’ha fatto dopo che hai distrutto la cupola del circolo. Qualcosa in lei è cambiato. Sta iniziando a convincersi.”
“Di cosa?”
“Che non sai un’arma. Che non sei un mostro.”
“E se invece lo fossi davvero? E se fosse meglio non scatenare il potere che pensi ci sia dentro di me?”
Joyce ci aveva riflettuto sopra. Eryen e Bryce erano i due soli esempi che aveva a disposizione. La prima era una bugiarda e un’assassina, l’altra una strega rispettata da tutti.
Cosa diventerà Bardhian se facciamo emergere il suo potere? Si chiese.
“Ti ha addestrato Vyncent” disse. “E lui si fidava di te. Io sono disposta a rischiare e tu?”

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