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Autore: PassengerXX    09/09/2019    0 recensioni
Valeria Giganti è un attaccante della nazionale femminile italiana. Nonostante la sua giovane età è riuscita a ritagliarsi un posto da titolare nella nazionale e sta per vivere, dopo tanti sacrifici, il sogno della vita: i mondiali di Francia 2019. Ha trascorso anni aspettando questo momento, pensado e ripensando a quei tanto attesi giorni, aveva pensato proprio a tutto, eccetto ad una cosa. Innamorarsi di Alex Gardi, sua compagna di squadra non era minimamente nei suoi piani.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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<< Ehi Bomber! Te lo avevo detto che questo incidente di percorso ti avrebbe donato un tocco di fascino in più >>. Mi dice Alex riferendosi alla fascia gialla che adorna la mia fronte, rendendomi molto più simile ad un samurai che ad una calciatrice.
<< Ma a te piace proprio tanto prendermi in giro, eh? >>. Le chiedo accennando però un sorriso.
Iniziamo l’allenamento e il mister ci mette in coppia per fare gli esercizi. Nulla di nuovo, è già successo più volte, ma dopo ieri sera, dopo quella carezza sulla guancia, dopo quel guancia a guancia, il mio stomaco reagisce ancora più violentemente del solito alla sua presenza.
<< Dai Vale, pensi di restare lì tutto tempo? >>. Mi chiede lei divertita. Iniziamo gli esercizi di coppia prima con il pallone e poi senza.
Il contatto tra noi è il solito, ma la mia pelle sembra scottare ancora di più al contatto con la sua. 
Le nostre mani sono posate rispettivamente sulle nostre spalle, dandoci il giusto sostegno per stendere completamente i muscoli.
<< Avrei proprio voglia di un bel gelato >>. Afferma d’un tratto lei. << E sai anche di cosa? >>. Mi chiede.
<< Non saprei, una pizza? >>. Chiedo sorridendo.
<< Sei fuori strada >>. Afferma sorridendo maliziosa.
<< Dammi qualche indizio allora >>. La esorto stando al gioco.
<< Mmh … Ha a che fare con qualcosa che si fa all’interno di una grande stanza, ci sono più persone … >>.
<< Un’orgia? >>. Chiedo provocandola con espressione fintamente confusa.
Scoppia a ridere e mi dà un buffetto dietro la nuca. << Ma cosa dici bomber >>. Dice cercando di trattenersi.
<< Ragazze non fate chiasso e continuate ad allenarvi >>. Ci rimbecca la Mister.
Noi ci guardiamo con sguardo colpevole e ci sorridiamo come due sceme. Mi sembra surreale questa situazione di complicità nata apparentemente così, dal nulla.
<< Comunque sei completamente fuori strada, la mia idea era un’innocente cinema >>. Sussurra lei nel mio orecchio.
<< Beh, potevi essere più d’aiuto con l’indizio >>.
<< Guarda che se la tua vita sessuale è così a secco al punto da pensare subito ad un’orgia non è mica colpa mia, sai >>.
Scuoto la testa sorridendo rassegnata.
Continuiamo il riscaldamento e questa volta è il momento dei piegamenti.
<< Senti Vale, vorrei chiederti una cosa >>. Esordisce qualche istante dopo, quasi spazientita.
<< Dimmi pure >>. Dico io con un po’ di affanno dovuto ai venti piegamenti appena fatti.
<< Ti va di uscire stasera? >>. Chiede a bruciapelo.
Sono estremamente confusa. Mi ha appena invitata ad uscire, cosa significa?
<< C-certo! Mi farebbe molto piacere. Lo hai già proposto alle altre? >>. Chiedo cercando di apparire disinvolta.
<< In realtà no. Pensavo di chiederlo a te e basta >>. Dice lei tendendomi la mano per aiutarmi ad alzare.
La afferro e mi tiro su. << Questo è un appuntamento, Gardi? >>. Chiedo con un sorriso malizioso.
Questa volta è lei ad arrossire, chiaramente in difficoltà.
<< Cambio coppie! >>. Urla la Mister, salvando inconsapevolmente la mia compagna di squadra.
 
<< Fammi capire. Lei prima ti ha detto che aveva voglia di un gelato, poi ti ha detto che aveva voglia di andare al cinema, e ti chiedi pure perché ti ha chiesto in modo spazientito di uscire? Ma chi sei e cosa ne hai fatto della Valeria Giganti che se ne porta a letto una diversa una settimana si e l’altra anche? >>. La mia compagna di stanza, nonché mia migliore amica, è metà tra confusione più totale e smarrimento.
<< Allora prima cosa, quella Valeria Giganti è sempre lì, non è un caso se due sere fa sono rientrata alle quattro del mattino in stanza. Seconda cosa, sai perfettamente che quella ragazza ha un’ascendente su di me, da sempre, è solo che … >>.
<< E’ solo che adesso inizia a darti attenzioni che prima non ti riservava >>. Afferma lei per me.
<< Non vorrei sbagliarmi >>. Affermo sedendomi sul letto.
<< Non ti sbagli, amica mia. Quando ieri sono entrata stavate sul punto di pomiciare! >>.
<< No, no. Ti sbagli. Cioè c’è stato un momento strano ne abbiamo già parlato ieri sera, ma non credo saremo mai arrivate a quel punto. E poi è fidanzata, porco giuda! >>. Esclamo frustata.
<< Si, dal paleolitico. Però questo non le ha impedito di chiederti di uscire stasera, eh >>. Afferma lei lanciandomi addosso la nostra pallina di spugna che usiamo per giocare in camera come due bambine.
<< Sto almeno bene vestita così? >>. Chiedo alzandomi in piedi. Indosso dei pantaloncini bianchi e sopra ho optato per una camicia celeste scuro.
<< Beh, direi che con il caldo che fa potevi metterti anche una t-shirt, ma capisco che vuoi fare proprio colpo >>.
<< Ma che colpo. Ti ricordo che mi conosce da sei anni e più e che mi ha visto nelle mie peggiori condizioni dopo aver vinto lo scudetto >>.
<< Si, in effetti ricordo che non è stato proprio carino quando hai quasi vomitato nella coppa >>. Afferma la mia compagna di stanza ridendo fragorosamente.
<< Ti prego, non ricordarmelo >>.
<< Ora che ci penso, non è stato nemmeno molto carino, quando alla festa abbiamo iniziato a prendere in giro le ragazze della squadra avversaria, tra cui lei e mezza squadra dell’attuale nazionale, pavoneggiandoci schifosamente >>.
<< Eravamo maledettamente ubriache, Vic >>.
<< Si, ricordo che la torta era finita anche nelle tue mutande >>. Dice lei continuando a ridere. << Ancora non mi hai voluto dire come ci è finita, ma sappi che prima me lo dirai >>.
<< Smettila di tormentarmi con questa storia, dai >>. Dico io lanciandole la palla addosso.
<< In ogni caso, stai bene amica. Ed è bello vederti così sulle spine per una ragazza >>.
Le faccio una linguaccia, ma poi le sorrido. << Ci vediamo più tardi, non annoiarti troppo senza di me >>.
Prendo il cellulare, il portafoglio e la chiave magnetica della stanza.
<< Ah, Vale >>. Mi chiama Vittoria, la mia mano praticamente sulla maniglia. << Ci siamo qualificate ai mondiali dopo vent’anni, vediamo di non fare troppe cazzate, mi raccomando >>. Dice seria guardandomi dritta negli occhi. Sostengo il suo sguardo, lei sa perfettamente quanto io ci tenga a questo mondiale, annuisco seriamente e vado ad affrontare la mia compagna di squadra preferita.
 
Come d’accordo aspetto Alex nella hall dell’albergo. Sono le 22, abbiamo da poco cenato tutte insieme. Non so se è un caso, ma nessuna delle due ha fatto accenno alle nostre compagne di squadra della nostra uscita serale.
Mi guardo intorno, mi sembra un sogno tutto questo. Siamo in Francia da ormai quattro giorni e fra due dobbiamo disputare la nostra prima partita mondiale.
Non so se le mie gambe tremano al pensiero di questo tanto agognato evento o per l’attesa di Alex. Che poi, se ci penso, possiamo considerare anche questo un tanto agognato evento.
Scuoto la testa cercando di scacciare questo ultimo pensiero. Non devo fasciarmi la testa, devo semplicemente convincermi che lei è etero, è fidanzata e che decisamente non può essersi interessata a me da un giorno all’altro.
Ecco, questo è uno di quei classici momenti in cui un ex fumatrice come me vorrebbe proprio fumarsi una bella sigaretta. Non che ogni tanto non cedo alla situazione, sia chiaro.
<< Sento la rotella dei tuoi pensieri che gira da qua giù >>. Afferma una voce a me molto familiare.
Mi volto e la vedo, mentre alle sue spalle l’ascensore si sta richiudendo. Indossa un vestitino fiorato, molto informale, al viso i suoi occhiali dalla montatura decisamente grande per il suo viso, gli occhi azzurrissimi che brillano e un sorriso divertito. Percorro inevitabilmente tutta la sua figura, sperando vivamente che non sia così evidente ai suoi occhi. Cavolo l’ho vista semi nuda decine e decine di volte nei vari spogliatoi, ma ora tutto ciò che desidero e sfilarle quel vestitino di dosso. È stupenda.
<< E a cosa starei pensando esattamente? >>. Chiedo sorridendole.
<< Beh, è semplicissimo. Starai sicuramente pensando che mi sta molto bene questo vestito >>. Afferma sfidandomi.
<< Diciamo che ci sei andata vicino, dai >>. Dico sorridendo imbarazzata.
Sorprendentemente lei non mi chiede altro, forse ha capito che con me sta giocando col fuoco.
<< Chiamo il taxi? >>. Chiedo prendendo il cellulare dalla tasca.
Lei scuote la testa divertita. << Niente  taxi, bomber. Sono riuscita ad ottenere, solo per stasera, un’auto della federazione. Il cinema più vicino è a 4 km circa, quindi non ci metteremo nulla ad arrivare. Poi, magari, possiamo raggiungere il centro città per quel famoso gelato >>.
<< Hai pensato proprio a tutto, noto. È perfetto >>. Affermo sorridendo.
Usciamo e ci dirigiamo verso il parcheggio. La macchina verso cui ci fermiamo è un audi grigia.
<< Come puoi vedere si trattano bene questi della federazione >>.
<< Si, in effetti, mica male >>. Affermo ammirando l’auto. Allungo la mano affinche’ mi vengano date le chiavi.
<< No, no. Guarda che guido io, eh! Non mi fido di una che ha preso la patente da quando, un anno? >>. Mi chiede alzando le spalle.
<< Guarda, si dà il caso che io la patente l’ho presa a diciotto anni. Quindi non parliamo di un anno fa, ma di ben quattro
. E si dà anche il caso che oltre che guidare la macchina, guido anche la moto. E se proprio devo dirtela tutta, guido macchine da quando avevo sedici anni >>.
<< Ma allora la signorina Giganti è una piccola fuori legge! Non pensavo che nel profondo nord si facessero queste losche cose >>. Dice lei prendendosi gioco di me. << Io all’andata e tu al ritorno, prendere o lasciare >>.
La guardo fissa negli occhi e rassegnata mi dirigo verso il sedile del passeggero.
Forse avrei potuto provare ad insistere di più. Questo è che mi ripeto nei più lunghi cinque minuti vissuti in vita mia. Alex è una folle, guida come se si trovasse sulla pista del gran premio. Arriviamo al cinema in soli sei minuti, il che è tutto dire.
<< Guarda che puoi anche allontanare la mano dal freno a mano, eh >>. Mi dice lei scuotendo il capo dopo aver parcheggiato in modo abbastanza discutibile. << L’ho notato, sai >>.
<< Sappi che in macchina con te non ci salirò mai più >>. Affermo e scendo dall’auto, nemmeno il sedile scottasse.
<< Esagerata! >>. Afferma lei divertita mentre ci incamminiamo verso l’entrata.
<< Ma se hai fatto tre sorpassi con la striscia continua a terra e non ti sei fermata neanche ad uno stop! >>. Dico guardandola con gli occhi granati.
<< Ma dai suvvia, non essere bacchettona >>. Dice lei dandomi una leggera spallata. << Allora dimmi un po’, bomber. Avresti voglia di vedere un cartone? Potremo vedere Aladin >>. Afferma allargando le braccia.
Le sorrido ed annuisco. Come fare a dirlo di no?
Prendiamo i biglietti, dopo di che le dico di avviarsi in sala. Dopo essere andata in bagno deciso di prendere una cesto extra large di pop corn. Dopo tutto l’allenamento che facciamo, direi che ce lo meritiamo.
Quando la mia compagna di squadra mi vede arrivare spalanca gli occhi dalla sorpresa. << Mi hai visto sciupata o vuoi minare alla mia forma in modo da avere più possibilità di vincere lo scudetto quest’anno? >>.
<< Sicuramente la seconda >>. Affermo prendendo posto accanto a lei.
Il film inizia ed è davvero strano sentire i personaggi doppiati in francese. Ancora più strano se si considera che il mio francese fa praticamente schifo.
Probabilmente dalla mia faccia si percepisce un buon livello di confusione perché Alex ad un tratto mi avvicina e mi sussurra. << Ma capisci la lingua, vero? >>.
La guardo e faccio un no appena accennato. Lei sembra sullo scoppiare a ridere. << Perché non me lo hai detto? Non è mica bello andare al cinema senza capire un cazzo >>.
Alzo le spalle, forse leggermente rossa in viso. Fortunatamente il buio è dalla mia parte.
<< Non volevo spegnere il tuo entusiasmo >>.
<< Sei adorabile, sai >>. Afferma lei accarezzandomi di sfuggita i corti capelli dietro la nuca.
Un brivido mi pervade tutta la schiena e la stessa cosa succede per le successive due ore che trascorrono con Alex a due centimetri dal mio orecchio che mi sussurra quasi tutte le battute del film, traducendomele simultaneamente in italiano. Altri brividi quando le nostre mani, più volte, si incontrano nel cesto dei pop corn.
Verso la fine del film non posso fare a meno di avere gli occhi pieni di lacrime. Faccio tutto ciò che è nelle mie possibilità per far sì che la cosa passi inosservata. Dall’espressione compassionevole che mi rivolge Alex capisco che i miei sforzi sono completamente vanificati.
<< Non pensavo che la bomber della serie A fosse così dolce >>. Afferma mentre ci incamminiamo verso la macchina.
<< Non sono dolce, sono semplicemente sensibile >>. Affermo guardandomi le scarpe.
<< Guarda che è una cosa bellissima >>. Afferma tirandomi leggermente il braccio, richiamando la mia attenzione. << E’ difficile trovare al giorno d’oggi una persona che si emoziona guardando un cartone. Mi piace molto questa cosa >>.
Il suo sguardo è deciso e dritto nel mio. Probabilmente mi scuote più quello che la frase che mi ha appena rivolto.
Sono sempre più confusa, ma ad un tratto qualcosa mi spinge ad accantonare la confusione, ad accantonare la titubanza e soprattutto l’incertezza che mi contraddistingue quando nei paraggi c’è quella ragazza che ora è di fronte a me.
<< Ora guido io >>. Dico prendendole le chiavi di mano, ostentando questa volta sicurezza.
<< Va bene, capo >>. Afferma lei alzando le braccia al cielo.
Senza alcuna protesta, la mia compagna di squadra entra in macchina ed io faccio lo stesso.
Guido, avvicinandomi il più possibile al centro di Valenciennes.
<< Penso che possiamo parcheggiare anche qui. Più avanti è zona pedonale >>. Afferma lei guardandosi intorno. Io parcheggio e lo faccio in una sola manovra, sfoggiando tutte le mie grandi abilità da guidatrice.
<< Mi rimangio quanto detto prima, guidi oggettivamente bene >>.
<< Non c’era bisogno che me lo dicessi >>. Dico facendo scattare la sicura all’auto.
Lei mi guarda divertita e forse, dalla sua espressione, vagamente affascinata.
Mentre camminiamo mi scorcio un po’ le maniche della camicia per il troppo caldo. Sarà davvero dura giocare a queste temperature queste partite.
Mentre mi muovo sento il suo sguardo bruciarmi addosso. Non parliamo tanto, ma stranamente sento che questo silenzio non mi pesa affatto. Incrocio il suo sguardo e le sorrido.
<< Ti ispira quella gelateria? >>. Le chiedo indicando un luogo abbastanza affollato. << Ci vedo un bel po’ di gente, deduco che sia buona >>.
<< Sei una ragazza perspicace, Giganti >>.
<< Non sono mai andata benissimo a scuola, però si dai >>. Affermo sorridendo.
Ci mettiamo in fila e dopo ben dieci minuti riusciamo nell’impresa. Insisto per volere offrire io e dopo ripetute lamentale di Alex, riesco ad averla vinta.
<< E il tuo gelato? >>. Mi chiede una volta uscite. Tra le mie stringo una birra fredda e non un gelato.
<< E’ giunto il momento di confessarti che a me il gelato non piace … >>. Affermo con aria colpevole.
Lei mi guarda basita, completamente senza parole.
<< Dai non giudicarmi >>. Le chiedo sedendomi sul muretto proprio alle spalle della gelateria.
<< Ci sto provando a non giudicarti, ma pensavo al fatto che hai accettato un’uscita “cinema e gelato” pur consapevole che: del film avresti capito ben poco e che il gelato non ti piace. Cosa dovrei pensare? >>. Mi chiede sedendosi sul muretto.
Incrocio le gambe e mi giro completamente nella sua direzione. << Beh, semplice. Che mi piace la compagnia >>. Affermo facendo un sorso generoso di birra.
Questa volta è proprio lei a non riuscire a sostenere il mio sguardo, forse a disagio. << Touché’ >>. Afferma poi.
Le sorrido e lei ricambia.
<< Ti sembra tutto così assurdo? >>. Mi chiede ad un tratto.
<< Cosa esattamente? >>. Le chiedo.
<< Stare qui su questo muretto di Valenciennes, disputare un mondiale tra due giorni >>. Afferma lei leccando il suo gelato.
<< Beh, decisamente si >>. Dico io scoppiando a ridere.
<< Sai, pensavo ad una cosa >>. Afferma d’un tratto. La guardo dritta negli occhi, una silente preghiera a continuare. << Era da tempo che non trascorrevo una serata così. Mi piace molto la tua compagnia, sto’ sorriso che ti ritrovi è contagioso, e nulla sto bene >>.
Sono molto colpita dalle sue parole. Probabilmente il mio viso ha deciso di arrossire perché sento le guance pizzicarmi. Appoggio la birra sul muretto, ho paura che mi caschi dalle mani dopo queste affermazioni.
<< Beh, si dà il caso che anche io tutto sommato sto bene in tua presenza. Quindi, quando vuoi replichiamo. Basta non metterti alla guida ed è tutto apposto >>. Affermo io cercando di ironizzare.
Di tutta risposta lei mi spinge leggermente ridendo. << Sai, penso proprio che tu, due giorni fa, mi abbia sentito litigare a bordo campo con Giacomo. Non è proprio un bel periodo, cioè sono ormai due anni che non è esattamente un buon periodo >>. Afferma lei seria.
Ecco, dovevo pur aspettarmelo che prima o poi sarebbe uscito in mezzo l’argomento fidanzato.
Annuisco, dandole conferma di aver assistito alla scena.
<< C’è stato un periodo, prima di partire, in cui litigavamo praticamente ogni sera, l’ho pregato di non presentarsi in Francia, di lasciarmi questo mese in pace, concentrata su quello che amo fare. Ma come vedi non ha funzionato >>.
<< Non sapevi che sarebbe arrivato? >>.
<< No, vuoi sapere perché si è presentato? >>. Afferma lei sorridendo tristemente.
Annuisco senza aggiungere nulla.
<< Si è presentato perché da una storia che ha caricato Camilla, una storia fatta in aereo, si è intravisto che io ero seduta accanto a Marco, il fisioterapista, e che stavamo chiacchierando. Capisci? Lui per questo motivo è venuto fin qua >>. Dice lei con sguardo cupo.
Non commento la follia che ho appena ascoltato. Faccio un altro sorso di birra non sapendo cosa dire.
<< Scusami, non volevo rendere pesante il bel clima che si era creato >>.
<< Non dirlo neanche per scherzo >>. Le dico prendendole d’istinto la mano. << Non commento perché nutro molto rispetto per te e so che stai con questa persona da molti anni >>.
<< A te è mai capitata una cosa del genere? Una relazione così? >>. Chiede lei guardandomi dritta negli occhi.
Mi prendo un attimo per rispondere. << No >>.
Lei annuisce e si passa un mano tra i capelli.
<< Però, in realtà, non ho mai avuto una relazione che si potesse definire tale, quindi io non faccio testo >>. Affermo accennando un piccolo sorriso, un tentativo di rincuorarla.
<< Davvero, non hai mai avuto una relazione? >>. Chiede lei stupita.
Scuoto la testa. << Nessuna che abbia superato le due settimane, nessuna che abbia superato la zona camera da letto >>.
<< Caspita >>. Dice lei divertita.
<< Non ne vado fierissima, ma è così >>. Dico alzando le spalle.
<< Allora le storie che ho sentito sul tuo conto hanno un fondo di verità >>. Afferma lei guardandomi maliziosa.
<< E che storie si sentirebbero sul mio conto? >>. Chiedo curiosa.
<< Come se non lo sapessi già, bomber >>. Afferma calcando volutamente quest’ultima parola.
Scuoto la testa sorridendo e finendo d’un sorso la birra. Solo in quel momento mi rendo conto che la mia mano è ancora sulla sua. Lei segue il mio sguardo, ma non sottrare la sua mano.
<< Scusami >>. Dico imbarazzata, allontanandola velocemente.
<< E’ troppo carina questa cosa che arrossisci. Non è così scontato al giorno d’oggi >>. Afferma lei, gli occhi fissi nei miei. 
Decidiamo di rientrare, sono ormai quasi le due di notte e l’indomani entrambe alle otto e trenta dobbiamo stare ai campi per l’ultimo allenamento prima della partita.
Mi metto nuovamente alla guida e questa volta non guido veloce come all’andata. Forse, inconsapevolmente, voglio prolungare il tempo da trascorrere insieme.
Dopo aver parcheggiato consegno le chiavi della macchina alla mia compagna di squadra. << Il tuo amico della federazione è stato molto utile >>.
<< Lo ringrazierò da parte di entrambe >>.
Una volta arrivate in albergo le mantengo la porta d’ingresso e lei mi ringrazia per questo semplice gesto di galanteria.
Entriamo in ascensore e digito il numero sette. Noi, ragazze siamo collocate tutte sullo stesso piano, e la coincidenza ha voluto che la sua stanza fosse proprio di fronte alla mia.
<< Se domani non mi vedi agli allenamenti è sicuramente colpa di Lina >>. Mi dice ad un tratto parlando a bassa voce. << Se entrando la sveglio sono spacciata >>.
<< Beh, probabilmente Vic starà giocando alla Play Station, quindi, fortunatamente non corro questo pericolo >>.
Lei sospira accennando un sorriso. << E’ stata una bella serata, Vale >>. Dice poi ritornando seria, ma mantenendo il sorriso.
<< Pure per me >>. Esclamo sicura. Ecco, questo è il classico momento.
Quel classico momento che tutti conoscono, quel classico momento in cui ci si deve salutare (anche se nel nostro caso è un salutarsi davvero ridicolo, dato che tra poche ore ci rivediamo).
Se io non fossi Valeria Giganti, attaccante della nazionale italiana, e se lei non fosse Alessandra Gardi, centrocampista della nazionale italiana, se non avessi una cotta per lei da sempre, e se non stessimo per disputare il primo mondiale della nostra vita, e soprattutto, se lei non fosse fidanzata (con un uomo per giunta), ecco io, l’avrei baciata ed attaccata alla porta. Senza dubbi alcuni.
Invece, questa volta, eccomi qui a fissarla intensamente, i nostri corpi ad una distanza ragionevole.
<< A domani, allora. E grazie per la bella serata>>. Le dico accennando un piccolo sorriso.
<< A domani, Vale. Che poi sarebbe tra qualche ora >>. Afferma lei ricambiando il sorriso per poi varcare la soglia della sua stanza.
Entro nella mia di stanza e sorprendentemente la mia migliore amica già dorme. Mi sdraio e sospiro a lungo. Dopo un po’ mi fa male la mascella. Mi tocco il viso e solo in quel momento mi rendo conto che sto ancora sorridendo.
  
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