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Autore: heliodor    05/10/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Ancora non avete visto il peggio
 
Caldar tornò dal giro di esplorazione con espressione perplessa.
“Hai trovato qualcosa?” gli domandò Joyce.
“Credo di sì, ma non so quanto possa esserci utile.”
“Lascia giudicare a noi” disse Joane.
Caldar li guidò lungo il corridoio fino a una sezione che sembrava intagliata nella roccia. Un portone di metallo alto quanto venti uomini e largo la metà e decorato da borchie grossolane chiudeva il passaggio.
Il corridoio proseguiva nella direzione opposta sparendo nel buio.
“Hai provato ad aprirla?” chiese Joyce osservando il portone da vicino.
“Se non l’hai ancora notato, non ha la serratura” disse la guida.
“È saggio lasciare chiusa una porta che non si può aprire” disse Halux.
“Mi chiedo cosa ci sia oltre” disse Joyce.
“Io mi chiedo quanto sia grossa se richiede una porta simile” disse Joane. “E perché sia stata messa proprio qui.”
“Forse Urazma stava lavorando a qualcosa di veramente impressionante” suggerì Biqin.
“Tu credi che sia opera sua?” chiese Akil.
“Come tutto il resto” rispose l’erudita. “I ragni che ci hanno attaccato dovevano essere le sue guardie personali.”
“Un momento” disse Joyce. “Come ha potuto Urazma creare quei ragni? Con la magia?”
“Esistono degli incantesimi” disse Joane. “Che possono trasmutare un animale o una persona. È una specie di maledizione, ma non danneggia il bersaglio. Lo trasforma in qualcos’altro.”
“Come la trasfigurazione?” chiese Joyce.
Joane annuì. “Più o meno, ma è più profonda.”
“Quando ho combattuto contro Rancey, c’erano orsi e ragni trasmutati. Erano più grandi e feroci ed erano controllati da uno stregone” disse Joyce ricordando quella battaglia.
“È un potere raro e temuto” spiegò Joane. “Di solito chi lo riceve viene invitato a non mostrarlo mai. Chi rifiuta diventa un rinnegato o finisce a Krikor.”
Joyce appoggiò una mano sul portone. “Quindi secondo te qui dietro ci sarebbe un animale trasmutato da Urazma?”
“O un suo lontano discendente, essendo passati migliaia di anni.”
“Vorrei proprio vederlo.”
“Attenta a quello che desideri, strega rossa” l’ammonì Joane.
Joyce picchiò due volte sul portone provocando un rimbombo sordo che si propagò nell’aria. Delusa, diede altri due colpi seguiti da altrettanti rimbombi.
Stava per allontanarsi quando qualcosa fece vibrare il portone. Il colpo fu così forte che staccò dei calcinacci che precipitarono al suolo e si riverberò nel suo braccio.
Joyce sussultò e balzò indietro.
Altri due colpi fecero vibrare il portone come se dietro di esso un gigante lo stesse colpendo con un gigantesco maglio.
E forse era proprio così, se gli eruditi e Joane dicevano la verità.
“Ancora sicura di voler sapere cosa c’è lì dietro?” le domandò Halux.
Fece di no con la testa. “Magari la prossima volta che visitiamo il santuario” rispose cercando di mostrarsi sicura.
Halux ghignò. “Dovrai venirci da sola” disse rimettendosi in marcia.
“Caldar” fece Joyce raggiungendolo. “Portaci verso il centro del santuario. Di solito è lì che I maghi avevano la loro biblioteca.”
La guida annuì. “Stiamo ancora scendendo. Credo che quando i corridoi smetteranno di scendere, saremo arrivati.”
Camminarono per migliaia di passi senza fare altri incontri. Ogni tanto Caldar li costringeva a fare delle lunghe pause per esplorare qualche diramazione.
“Tre vie, ma solo una procede in discesa” disse tornando da un giro.
“Prendiamo quella” disse Joyce.
Tutti furono d’accordo.
Superarono alter cinque svolte prima che l’ambiente cambiasse del tutto. Il corridoio terminò all’improvviso allargandosi in un’ampia caverna col soffitto che si perdeva in alto nell’oscurità.
Quel cambio repentino le ricordò il magazzino di Zanihf, ma le analogie finivano lì. Quello che si ritrovarono di fronte non era una caverna vuota.
Alberi dalla forma contorta si innalzavano attorno a loro. Dal soffitto pioveva una luce tenue che illuminava le piante che lottavano per innalzarsi sempre più in alto.
Le foglie erano di colore grigiastro o blu scuro, mentre le cortecce erano di un bianco pallido.
Non vide frutti pendere dai rami, ma c’erano funghi che crescevano vicino alle radici o sulle cortecce.
Anche questi erano di colore blu o grigio con sfumature di viola e rosso scuro.
Joyce ne sfiorò uno con la mano.
“Se fossi in te non li toccherei” disse Biqin. “Potrebbero essere pericolosi.”
Joyce sapeva dei funghi velenosi. Li trovava deliziosi quando venivano serviti a palazzo, ma suo padre non li sopportava.
“Solo se li mangi” disse all’erudita. “E non ho intenzione di farlo.”
“In ogni caso si tratta di piante che sono cresciute qui sotto per migliaia di anni” disse Biqin. “Non abbiamo idea di come potrebbero reagire se provassimo a minacciarle.”
“Le piante possono reagire?”
“Sei una strega e non sei tenuta a sapere certe cose” disse Alik unendosi al discorso. “Ma le piante possono reagire se si sentono minacciate. Sulle Isole dei Venti esistono piante in grado di richiudersi se un loro vicino viene colto.”
“Avvertono la minaccia” spiegò Biqin. “In qualche modo che noi ignoriamo, ma ci riescono.”
“Come?”
“Non lo sappiamo. Non ancora. Ma col tempo lo scopriremo” disse Alik. “È il destino di ogni mistero venire svelato.”
Joyce non capiva l’ottimismo di quegli eruditi, ma preferì non obiettare. Dopo il combattimento e la fuga, si sentiva di nuovo bene e non voleva rovinare quel momento.
 Cercò Joane. La strega era seduta su di un tronco rovesciato sul fianco. Le andò incontro.
“Sembra un posto tranquillo” disse la strega. “Forse dovremmo approfittarne per far riposare gli eruditi. Non sono persone abituate a muoversi troppo.”
“Lo penso anche io” disse Joyce sedendole accanto. “Caldar?”
“È andato in esplorazione. Quel tipo non si ferma mai.”
“Bardhian?”
Joane indicò uno spiazzo tra gli alberi con un cenno della testa.
Il principe di Malinor stava osservando da vicino una formazione di funghi che erano cresciuti coprendo quasi del tutto il tronco di un albero.
Sedettero in silenzio fissando le cime degli alberi. Il chiarore che pioveva dall’alto era uniforme e si stendeva sulla foresta. Da quel punto non potevano guardare oltre, ma Joyce intuiva che doveva estendersi per tutta la grotta.
“Anche questa è opera di Urazma secondo te?” chiese per rompere il silenzio.
“Chi lo sa? Magari era il suo giardino. O queste sono solo erbacce cresciute in sua assenza.”
Joyce sbuffò. “Sappiamo così poco di loro. Dei maghi antichi, intendo.”
“Meglio saperne il meno possibile, non trovi?”
“Mi chiedo perché il circolo supremo abbia cancellato tante prove della loro esistenza.”
“Forse lo hanno fatto per proteggerci. O per paura.”
“Paura? Di chi?”
“Dei maghi. E di quelli che erano rimasti.”
Joyce si accigliò. “Altri maghi? Sopravvissuti alla rivolta di Harak e Ambar?”
“Tu non lo credi possibile, strega rossa?”
“Io sapevo che erano morti tutti.”
“Ogni tanto qualcuno viene accusato di praticare la magia oscura e non fa una bella fine. Ma non parlo di loro.”
“E di chi?”
“Dei discendenti degli antichi maghi. Di chi ereditò la loro immensa sete di conoscenza.” Guardò gli eruditi che discutevano davanti a una roccia. “Le accademie sono più antiche della stregoneria. Alcune di esse hanno una storia millenaria. Nacquero prima della rivolta, forse anche prima della comparsa dei maghi antichi. Hai idea di quanto tempo sia passato?”
Scosse la testa.
“Nemmeno io.” Rise. “Ma se un giorno la magia dovesse rinascere, scommetto che avverrà in una accademia. È lì che ci sono i libri e la magia è, in sostanza, questo. Conoscenza.” Rise più forte.
Joyce rise con lei. “Non ci avevo mai pensato davvero.”
Ed era così.
Forse dovrei dare un’occhiata da vicino ai libri custoditi dalle accademie, pensò divertita. Chissà cosa potrei scoprire.
Quel pensiero la mise di buon umore.
“Vi divertite?” fece Bardhian sorridendo.
Joyce scrollò le spalle. “Noi sì. E tu?”
“Questo posto è dannatamente noioso.” Rise a squarciagola.
Uno scoppio di risa fece piegare in due Joane. La strega quasi fini a terra ma si aggrappò al tronco per non scivolare.
Joyce crollò in ginocchio squassata dalle risa. Con la coda dell’occhio vide Bardhian appoggiarsi al tronco di un albero e scivolare a terra ridendo e singhiozzando al tempo stesso.
“Vi sembra normale tutto questo?” domandò Joane tra una risata e l’altra.
“Mi sento mancare il respiro” rispose Joyce. Rise così forte da lacrimare. Tra una risata e l’altra cercava di inalare una boccata d’aria prima di una nuova serie.
Joane crollò a terra, il viso rivolto verso l’alto. “Credo… credo che moriremo qui, strega rossa.”
“Anche io” disse Joyce, le gambe che le cedevano. Sentiva le guance arrossate e la gola riarsa, ma non riusciva a smettere di ridere.
Joane singhiozzava, il corpo scosso da brevi sussulti. Voltò la testa e vide Bardhian agitarsi in preda a violenti spasmi.
Che sta succedendo? Si chiese mentre la vista le si oscurava e le forze venivano meno.
Cercò di puntellarsi sulle braccia ma i gomiti si piegarono, cedendo. Affondò in un soffice manto di foglie che vorticarono veloci attorno alla sua testa, mentre tutto diventava ovattato e leggero, immerse in una luce tenue.
“Bevi” tuonò una voce.
“Bevi o morirai” ripeté la stessa voce.
“Bevi” disse con tono perentorio.
Joyce avvertì il tocco dell’acqua che scorreva nella sua gola irritata. Nello stesso istante si sentì soffocare e l’istinto la portò a inspirare l’aria a pieni polmoni.
Quello che le uscì fu un gorgoglio simile al rantolo di un animale che stava per morire.
Sputò l’acqua mista a grumi viscidi di una sostanza color ambra.
“L’acqua ti aiuterà a ripulire la gola” disse la voce di prima.
Joyce tossì e sputò altra poltiglia color ambra che le colò sul mento e sul giubbetto. Seduta su gambe malferme, cercava di respirare. Ora non annaspava più e l’acqua doveva aver liberato la sua gola da quella robaccia.
Gettò un’occhiata disgustata a quella poltiglia, poi alzò gli occhi.
Era seduta in riva a un fiume o un lago, le mani affondate nella fanghiglia. Accanto a lei Bardhian stava tossendo. Poco più lontano, Joane era già in piedi ed era china su Halux, che si lamentava. Caldar e gli altri due eruditi non erano visibili.
Una figura le passò accanto. “Continua a tossire per liberare la gola” le disse.
Joyce sollevò gli occhi verso la figura.
Era un uomo dal corpo slanciato e atletico, con le spalle larghe e capelli chiari che gli scendevano fin sulle spalle. La barba ricopriva un viso dai tratti regolari con un leggero velo di peli coloro castano chiaro. Quando incrociò i suoi occhi chiari ebbe un tuffo al cuore.
Non aveva bisogno di guardarlo più da vicino.
Quella figura era Galef, suo fratello.
“Galef” cercò di dire, ma tutto quello che ottenne fu di rantolare qualcosa di incomprensibile.
“Non sforzarti a parlare” disse lui. “Prima butta fuori tutta la poltiglia.”
Annuì.
Girando la testa a sinistra, colse un movimento. Era Caldar che aiutava uno degli eruditi a rimettersi in piedi. Biqin si era già rialzata.
Solo io me ne sto ancora seduta senza far niente, si disse delusa.
Raccolse le forze e si alzò in piedi. Bardhian le tese una mano e lei l’afferrò senza esitare.
“Stai bene?” rantolò lui.
Joyce fece di sì con la testa. “Che è successo?”
Galef scambiò due parole con Joane, poi tornò verso di loro. “Siete stati fortunati che passassi di lì per caso. Di solito non mi avvicino al giardino maledetto.”
“Giardino maledetto?” fece Bardhian con tono perplesso.
“È così che lo chiamo” rispose Galef. “Penso che il motivo sia chiaro a tutti. Non dovevate avvicinarvi.”
“La prossima volta sceglieremo un posto migliore dove morire” disse Joane. “Immagino che tu sia Galef.”
Lui si accigliò. “Mi conosci? Come fai a dire che sono proprio quella persona?”
“C’è un altro principe di Valonde che si è perso nel santuario di Urazma?” fece Joane con tono ironico. “Tu sei Galef e noi siamo qui per salvarti. O almeno era questa la nostra intenzione, visto cha a salvarci sei stato tu.”
“Vi ho salvati da uno solo dei pericoli di questo santuario” disse Galef. “Ancora non avete visto il peggio.”

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