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Autore: heliodor    07/10/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Combatti da sola, muori da sola
 
Il pericolo appena corso aveva smorzato l’entusiasmo nel rivedere suo fratello per la prima volta dopo tante Lune, ma sentendosi meglio e riprendendo a respirare come prima, Joyce sentiva crescere l’emozione dentro di sé.
Anche se non poteva rivelarsi, doveva far sapere a Galef che era felice di averlo ritrovato e che era stato in pensiero per lui.
“Bryce sarà molto felice di rivederti” disse cercando di non mostrarsi troppo entusiasta.
Galef la guardò con sospetto. “E tu chi sei? Ci conosciamo?”
Erano ancora in riva al lago, seduti su dei tronchi che erano stati trascinati lì, forse da Galef.
Il lago era un’ampia distesa d’acqua immobile che si estendeva fino ai margini della grotta, una enorme cupola naturale che racchiudeva anche la foresta alle loro spalle e chissà quali altri luoghi misteriosi.
E pericolosi, si disse.
“Lei è la strega rossa” disse Joane.
“Mi chiamo Sibyl.”
Galef annuì. “Ho sentito parlare di te. So che hai combinato parecchi guai a Luska e Theroda.”
Perché tutti ricordano le cose brutte e non quelle belle? Si chiese.
“Ho anche eliminato Rancey e sconfitto gli albini” disse.
E ho ucciso un troll da sola, aggiunse nella sua mente. Quasi da sola.
“Eccola che riprende a vantarsi delle sua imprese” disse Bardhian con tono canzonatorio.
“Non mi sto vantando” rispose seccata.
E se anche lo stessi facendo? Si chiese. Che cosa ci sarebbe di male?
“Galef” disse Joane seria. “Siamo venuti fin qui per salvarti. E anche per scoprire alcune cose sul santuario di Urazma.”
“Come facevate a sapere che ero nel santuario?”
“Prova a indovinare, principe di Valonde.”
“Lindisa ve ne ha parlato?”
“Chi ti dice che sia stata lei?”
“Sapevo che sarebbe tornata per aiutarmi” disse lui sorridendo. “Ma se non è con voi…”
“Ha scelto di seguire una strada diversa” spiegò Joane. “Non sappiamo dove sia e se stia bene.”
“Tipico di Lindisa fare una cosa del genere. Lei non si fida di nessuno al mondo, tranne me, credo. E non mi confida tutto quello che pensa. Per me è ancora un mistero.”
“Non sei preoccupato per lei?” domandò Joyce.
“Lo sono, stanne certa” rispose Galef calmo. “Ma Lindisa è abile e sa cosa fare. Mi fido di lei.”
“Chi ti assicura che puoi fidarti?” chiese Joane.
“Perché mi ama. E io amo lei” rispose Galef sicuro.
Joane sogghignò. “Somigli proprio a lei.”
Galef si accigliò.
“Parlo di tua madre. Marget.”
“Tu conosci mia madre?” chieste lui stupito.
“Abbiamo combattuto insieme, per qualche tempo” rispose Joane modesta.
“Lei è una delle quattro stelle” disse Joyce.
“Joane” disse Galef. “Credo di aver sentito questo nome qualche volta, ma mia madre non parla spesso del suo passato, quando era la strega suprema.”
“Strega suprema” sbottò Joane. “Marget non è mai stata la strega suprema, se non nei suoi romantici sogni a occhi aperti.”
“Ma tutti la considerano la strega più forte della sua generazione.”
“Io ero la strega più forte” disse Joane toccandosi il petto. “Marget era solo la più bella, con la sua nobiltà, i vestiti costosi e i modi da principessina.”
Joyce si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
Joane le scoccò un’occhiataccia. “Lo trovi divertente, strega rossa?”
“No” rispose tornando seria.
“Che ne dite di spostarci da qui e cercare una via d’uscita?” domandò Caldar.
“Il nazduriano ha ragione” disse Galef.
“Mi chiamo Caldar” disse la guida.
“Un’ultima domanda” disse Galef. “Hai detto che siete venuti qui per esplorare il santuario” disse rivolto a Joane. “Per quale motivo?”
“Cerchiamo il nodo.”
Galef si accigliò.
“Il punto in cui i flussi energetici convergono” spiegò Halux.
Galef annuì. “Noi lo chiamiamo il vortice. In effetti è Lindisa a chiamarlo così.”
“Vortice” disse Joyce. “È un nome migliore, non trovate?”
Joane sospirò affranta. “Tu sai dove si trova, Galef?”
“No, ma Lindisa credeva di averlo individuato.”
“Dove?”
Galef esitò.
Joane scosse la testa. “Abbiamo una certa fretta, se non l’hai capito. Fuori da questo santuario stanno succedendo delle cose spiacevoli.”
“So anche io della guerra” disse Galef sulla difensiva. “Lindisa e io stavamo proprio cercando un modo per…”
“Quanto sai della guerra che si sta combattendo?” chiese Joane.
Galef sembrò esitare. “Sono alcune Lune che evitiamo i centri abitati più grandi, specie dopo che siamo stati aggrediti dai predoni. Ammetto di non saperne troppo al riguardo.”
“Sai che Malinor è stata distrutta?”
“Distrutta? Io avevo sentito dire che re Alion stava radunando una grande armata.”
“Distrutta anche quella” disse Joane con tono gelido. “Spazzata via fino all’ultimo soldato e mantello.”
Galef trattenne il respiro. “Dall’orda di Malag?”
“Adesso è l’orda di Persym.”
“Avevo sentito che era stato esiliato a Krikor.”
“È tornato. E non era da solo. Ha portato con sé i Colossi.”
Galef si accigliò. “Che cosa sarebbero?”
“Armi. Create dai maghi antichi” disse Joyce. “E noi stiamo cercando un modo per distruggerle.”
“Dov’è Persym adesso?”
“Chi lo sa? L’ultima volta sembrava diretto a nord.”
“A nord c’è l’alleanza” disse Galef. “Mio padre…”
“Si troverà stretto tra Persym e Malag” disse Joane. “E non abbiamo idea di cosa potrebbe accadere.”
“Persym ha combattuto contro Malag…” disse Galef con voce esitante.
“E anche contro tuo padre” disse Joane. “Ma credo che adesso combatta solo per sé stesso e la gloria. Ha raso al suolo Malinor che era un alleato di tuo padre, quindi puoi immaginare quali siano le sue intenzioni.”
Galef annuì. “Riesco a immaginarle, sì. Ma non so se potrò esservi d’aiuto. Sono giorni che vago per questo posto e non ho trovato traccia del pozzo né di un’uscita. I cunicoli sono tutti vicoli ciechi o sono infestati dai ragni. E ci sono anche cose peggiori.”
“Ci sarà pure un’altra via d’uscita.”
“Ci sarebbe il lago” disse Galef.
“Giusto” fece Bardhian. “Possiamo costruire una barca oppure attraversarlo a nuoto. Io potrei farcela.”
Galef scosse la testa con vigore. “Scordatelo, è impossibile. Ci ho già provato io e sono quasi morto.” Si scoprì il braccio mostrando decine di piccole cicatrici.
“Come te le sei fatte quelle?” chiese Joane incuriosita.
“Vi faccio vedere.”
 
Galef prese un bastone e lo gettò nel lago. L’acqua ribollì nel punto in cui era stata colpita. Joyce si avvicinò per guardare meglio e vide decine di piccoli pesci che guizzavano fuori e poi si rituffavano.
In breve il ramo sparì e l’acqua tornò calma.
“Attaccano qualsiasi cosa entri in acqua” spiegò Galef. “Sono piccoli ma voraci. Appena entrai in acqua mi attaccarono e se non fossi riuscito a tornare a riva mi avrebbero mangiato vivo.” Scosse la testa. “Io non so volare, quindi non saprei come attraversare il lago.”
“Con una barca” disse Bardhian.
“Non so costruirla e il legno non mi sembra molto adatto. E hai visto quelle bestiacce, no? Per loro non fa molta differenza. Farebbero a pezzi la barca e poi quelli a bordo.”
Joane fissò il lago. “Chi ti dice che l’uscita sia sull’altra sponda?”
“Nessuno, è solo una speranza.”
Joane annuì e si voltò verso Joyce. “Strega rossa. Tu sai volare, no?”
“In realtà non è vero volo. Diciamo che galleggio nell’aria.”
“Voli” disse la strega. “E tanto basta. Tu potresti attraversare il lago.”
“Con un solo balzo? Non ho mai volato a una distanza simile.”
“Ma potresti o no?”
“Credo di sì. Sarebbe meglio se potessi atterrare su una superficie solida e poi ripartire. Non posso darmi lo slancio mentre sono in aria.”
“Allora prenderai una lunga rincorsa. Credi possano bastare due o trecento passi?”
Joyce si strinse nelle spalle.
“Aspetta” fece Galef. “Se entra in acqua è morta. Per nessun motivo deve farlo.”
“Lo sa anche lei che è pericoloso, principe” disse Joane. “Strega rossa. Sibyl. Potresti morire mentre cerchi di attraversare quel lago per vincere la tua guerra. O potresti morire qui mentre aspetti che accada qualsiasi cosa. Fai la tua scelta.”
Joyce annuì. “Lo farò. Cercherò di raggiungere la sponda opposta con un solo volo.”
Joane sorrise. “Adesso mi piaci. Credo che serberò di te un bel ricordo, dopotutto.”
 
Perché mi sono lasciata convincere? Si chiese mentre contava i passi che la separavano dalla riva.
Halux e gli eruditi avevano suggerito di trovare un luogo rialzato per aumentare la distanza coperta con un solo balzo, ma non c’erano montagne lì in giro e il lago si trovava nel punto più basso della grotta.
“Non devi farlo se non vuoi” le disse Bardhian.
“Chi ti dice che non voglia?” ribatté seccata.
“Non mi sembri molto entusiasta.”
“Lasciala concentrare” l’ammonì Joane.
“Sei stata tu a convincerla” disse lui con tono accusatorio. “Dille di non andare.”
“La strega rossa ha deciso da sola. Non prende certo ordini da me. Lei non li prende da nessuno. Vero, Sibyl?”
Joyce la ignorò, preferendo concentrarsi su quello che stava per fare.
Biqin si avvicinò con fare esitante. “Alik e io concordiamo sul fatto che il lago è lungo almeno tre miglia. Forse quattro. Se avessimo del tempo e gli strumenti adatti, potremmo misurare il punto più stretto.”
Anche Galef volle dire la sua. “C’è una piattaforma dall’altra parte. Con la vista aumentata riesco a intravederla appena, ma c’è.”
“Confermo” disse Caldar. “Anche io la vedo.”
“Devi cercare di raggiungerla” disse Galef.
Joyce annuì.
“Bardhian mi ha detto che hai conosciuto Bryce.”
Annuì di nuovo.
“Dice che stava bene l’ultima volta che l’avete vista.”
“Era in pensiero per te” mentì. Non aveva idea se sua sorella fosse in pena per lui. Non le aveva mai rivolto la parola se non per sgridarla o darle qualche ordine secco.
Ma Elvana le aveva detto che la sorella era in pena per Galef.
Galef sorrise. “Mi spiace di averla fatta preoccupare. Mi spiace di aver deluso tutti, mio padre in particolare.”
“Torna da lui allora.”
“Non mi perdonerebbe mai.”
“Non puoi saperlo.”
“Lo conosco. Andew di Valonde non è incline al perdono.
“Principe Galef” disse Joane. “Adesso lasciala in pace.”
Galef si allontanò e Joyce fu grata a Joane.
Lei restò a osservarla in silenzio.
“Non è vero che non prendo ordini da nessuno” disse Joyce fissando la riva mentre un passo alla volta indietreggiava verso la fila di alberi contorti alle sue spalle.
Joane sollevò un sopracciglio.
“È da tutta la vita che prendo ordini. Mi hanno sempre detto quello che dovevo fare perché mi ritenevano troppo debole per farlo da sola.”
L’altra annuì solenne. “Se vuoi solo dimostrare qualcosa a te stessa o a noi, rinuncia. Non è questo lo scopo. Hai deciso di vincere questa guerra da sola, ma è un compito troppo grande per chiunque. Sai cosa diceva la mia guida?”
“Non avere pietà dei deboli?” chiese tirando a indovinare.
Joane sogghignò. “Se combatti da sola, muori da sola.”
Joyce annuì. “Me lo dici perché pensi che stia per morire?”
“Dal momento in cui abbiamo messo piede in questo santuario ho pensato che saremmo morti tutti” rispose Joane calma. “Cerca solo di dare un significato a tutto questo. Se sbagli diventi cibo per pesci. Letteralmente.”
“Allora cercherò di non sbagliare.” Trasse un profondo sospiro. “Sono pronta.”
Joane fece un cenno agli altri che attendevano sulla riva, che si fecero da parte per lasciarle lo spazio che le serviva.
Joyce inclinò in avanti il corpo e respirò a fondo. Recitò a mente la formula della forza straordinaria sentendo il vigore scorrerle nelle membra fino alle gambe ben piantate nel terreno.
Da quella distanza vedeva l’acqua calma del lago che si rifrangeva sulla riva. Non osò guardare oltre. Sapeva che se avesse contemplato anche per un solo istante la vastità di quella distesa d’acqua, ripensando a milioni di piccole bocche fameliche piene di denti affilati pronti ad azzannarla… se lo avesse fatto, avrebbe rinunciato.
Invece si lanciò in avanti con tutta la forza che poteva, coprì in pochi passi la distanza che la separava dalla riva e un attimo prima di raggiungerla mormorò la formula della levitazione. Un attimo prima che i suoi piedi si staccassero da terra, si diede uno slancio deciso usando la forza aumentata.
Nello stesso momento iniziò a volare.

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