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Autore: heliodor    07/11/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Non sai di cosa sono capace
 
Fiamme, polvere, detriti.
Galef si ritrovò a boccheggiare mentre cercava di respirare in mezzo a quella confusione.
La strega di nome Joane e tutti gli altri erano spariti, tranne Lindisa che aveva protetto entrambi con lo scudo magico e adesso fissava stupita l’enorme foro che era apparso nel muro del santuario.
Joane fu la prima a comparire, simile a un’ombra. “Per tutti gli Dei” esclamò.
Qualcosa di enorme era sbucato dal muro insieme a tutto il resto ed era rotolato di una decina di passi, fino quasi a travolgerli.
Galef faticò a mettere a fuoco la figura. Era un essere ricoperto di pelo, grosso e alto come tre uomini adulti. Anche se mezzo sdraiato per terra, era imponente. Dietro ogni orecchio sporgeva un corno appuntito.
La creatura mosse la testa.
“Gromm.”
Galef si accigliò. Aveva parlato o si era limitata a emettere un verso?
Joane si mosse attorno alla creatura, le mani che brillavano per i dardi già pronti.
“Gromm” disse l’essere tirandosi su.
Joane gli puntò contro i dardi. “Bardhian, che stai combinando? Mi serve il tuo aiuto.”
“Sono qui” disse una voce dall’altra parte della sala.
Bardhian puntava le mani verso la creatura. Tra i sui palmi brillavano i dardi magici.
“Gromm.” La creatura ruotò su sé stessa, le mani strette attorno all’addome come se stesse cercando di proteggersi. O di proteggere qualcosa che stringeva tra le braccia.
“Aspettate” disse Galef.
C’era davvero qualcosa tra le braccia di quel mostro. Una figura umana senza alcun dubbio.
Joane si mosse di qualche passo. “Più tempo passa, più diventa pericoloso. Colpiamolo ora che è confuso.”
“C’è qualcuno” disse Galef indicando il mostro. “Lì, proprio tra le sue braccia.”
Joane socchiuse gli occhi. “Per gli Dei, hai ragione. Ma chi potrebbe essere così pazzo da…”
“Non colpitelo” disse una voce proveniente dal ventre del mostro. “Non è cattivo.”
Galef aveva già udito quella voce.
Joane sembrò interdetta. “Chi sei?”
Le braccia del mostro si allargarono e una figura saltò a terra. Dalla nebbia di detriti emerse il viso di una ragazza dai capelli neri e la figura esile.
È Sibyl, pensò Galef. La strega rossa.
Joane abbassò le mani. “Questa sì che è una sorpresa.”
Sibyl avanzò sicura. “Non è pericoloso” disse indicando il mostro. “Non vi farà del male se voi non ne farete a lui.”
“Bardhian” disse Joane. “Continua a tenerlo sotto tiro.” Si avvicinò a Sibyl. “Che ci fai qui? Credevo stessi cercando l’uscita.”
“È una lunga storia.”
“Abbiamo tempo” disse Joane.
Sibyl guardò in direzione del foro. “Non credo. Li ho rallentati, ma torneranno.”
“Chi?”
“I ragni divoratori. Hanno attaccato il villaggio dei Gromm e ora sanno dove siamo.”
“Ne capisco meno di prima” disse Joane. “Ma se quello che dici è vero, è meglio andarsene di qui.”
Sibyl si voltò verso la creatura. “Come stai? Sei ferito?”
“Gromm” rispose questa mostrando un’ampia ferita sul torace.
“Mi spiace. È colpa mia” disse Sibyl con aria affranta. “Non avrei dovuto usare quella sfera infuocata nel cunicolo.”
“E tu sei ferita, strega rossa?” le chiese Joane.
Sibyl scosse la testa e si guadò le mani. “No, sto bene. Mi sento benissimo, in verità. Non mi sono mai sentita meglio.” Rise. “Mai, te lo giuro.”
Joane la guardò preoccupata. “Mai, dici? Quante di quelle sfere infuocate hai usato?”
“Non lo so” disse Sibyl euforica. “Otto o nove. Forse dieci, non ricordo con esattezza.”
“E ne avevi mai usate così tante in vita tua?”
“Non credevo nemmeno di poterne usare tre di seguito” disse Sibyl divertita. “Mi sento così forte, Joane. Potrei lanciarne altre cento.”
“Non ne dubito” disse Joane. Guardò verso di lui. “Tu sai cosa le sta succedendo, vero?”
Galef lo sapeva e annuì. “Frenesia da battaglia.”
Sibyl lo guardò interdetta. “Frenesia?”
Joane annuì. “Colpisce le streghe inesperte. Lanci qualche incantesimo di troppo e pensi di avere la forza di lanciarne molti di più.”
“È vero” disse Sibyl. “È proprio così che mi sento.”
“Ti stai avvicinando al tuo limite.”
“Il mio limite?”
“Sì, strega rossa. Tutti ne abbiamo uno e tu stai per raggiungerlo.”
“È una cosa meravigliosa” disse Sibyl entusiasta.
“No, non lo è affatto” disse Galef. “Se continui, se passi quel limite…”
“Cosa?” fece lei divertita. “Divento ancora più forte?”
“Verrai consumata dal potere” disse Galef. “E morirai.”
Joane afferrò Sibyl per il bavero della camicia. “E non dire che è meraviglioso. Devi fermarti adesso o diventerà molto pericoloso per te, lo capisci?”
“Pericoloso” ripeté Sibyl come un’ubriaca.
“Vieni, siediti.” Joane la trascinò fino a una roccia spezzata abbastanza dritta da poter essere usata come sedile. “Stai qui buona mentre ti passa.”
Bardhian si avvicinò incuriosito.
“Non hai mai visto una strega in preda alla frenesia da battaglia?” gli chiese Galef.
Lui scosse la testa. “No, mai. Ma ne ho sentito parlare. Starà bene?”
“Sì, se non lancia altri incantesimi.”
La guida di nome Caldar guardava in silenzio mentre i tre eruditi di Nazdur sembravano più interessati al gigante che al resto.
Quello più alto e dall’aria di sufficienza girava attorno al gigante.
Come l’aveva chiamato Sibyl?
Gromm, pensò Galef. Che strano nome.
“Gromm” esclamò la creatura osservando a sua volta l’erudito che gli girava attorno.
Questo fece sobbalzare l’uomo, che fece un passo indietro.
“Sicuro di non averne mai visto uno?” chiese a Galef. “Vivo, intendo.”
“Vivo mai” rispose. “Morto, credo di sì. C’era una creatura gigantesca dove mi hanno trascinato i ragni la prima volta. Era morta.”
L’erudito annuì. “Affascinante. Davvero affascinante.”
“Cosa ci trovi di così bello in quel mostro?” chiese Caldar.
L’erudito lo squadrò da capo a piedi come se stesse valutando un insetto che lo infastidiva. “Non pretendo che tu capisca quanto sia affascinante anche solo l’idea di poter studiare questa creatura.”
“Creatura? Io vedo solo un mostro.”
“Per lui potremmo essere noi i mostri.”
“Non è un mostro” disse Sibyl. “È mio amico. Si chiama Belben.”
Halux la guardò incuriosito. “Te l’ha detto lui? Sa parlare?”
“È il nome che gli ho dato io.”
L’erudito scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla creatura. “Affascinante” disse rivolto agli altri eruditi.
Caldar scrollò le spalle. “Io vado a dare un’occhiata fuori dal tempio. Ho notato dei movimenti strani prima di entrare e voglio togliermi il pensiero.”
Galef lo osservò sparire oltre un arco di pietra che separava la sala da uno dei corridoi.
“Devi imparare a controllarti” stava dicendo Joane.
“Controllarmi” ripeté Sibyl imbambolata. “Controllarmi.”
Galef cercò Lindisa con lo sguardo. La ragazza stava gettando un’occhiata perplessa al pozzo. La raggiunse.
“Cosa ne pensi?” chiese.
Lei scosse la testa. “Credevo che avremmo trovato qualcosa di diverso.”
“È simile agli altri pozzi. Cosa ti aspettavi di trovare?”
“Un segno. Una prova” disse lei delusa. “Qualcosa.”
“Hai trovato qualcosa, Lindi. Urazma ha costruito il suo santuario attorno a questo pozzo.”
“Per quale motivo se sembra spento?”
“Forse non era spento quando era in vita.”
Lindisa si sporse oltre il bordo frastagliato. Se un tempo c’era un parapetto, era stato cancellato dal trascorrere dei secoli.
Dei millenni, si disse Galef. Forse siamo i primi a visitare questo luogo dopo migliaia di anni.
Quel pensiero lo atterriva. Aveva già visitato altri santuari, ma quello era il primo in cui avevano trovato qualcosa di vivo.
Qui di vita ce n’è anche troppa, si disse ripensando ai ragni e, come l’aveva chiamato Sibyl?, Belben. Che razza di nome. Chissà come le è venuto in mente di chiamarlo così.
“Devo andare di sotto” stava dicendo Lindisa. “Per scoprire che cosa è successo al pozzo. Il nodo non può essersi esaurito da solo.”
“Voi non andrete da nessuna parte” disse Joane alle loro spalle. “Non prima di averci detto che cosa avevate intenzione di fare.”
“Volevano lasciarci qui” disse Bardhian.
Galef non aveva bisogno di un potere per avvertire ostilità e diffidenza in quelle frasi. “Non vi avremmo lasciati qui” disse sulla difensiva. “Saremmo tornati a prendervi.”
Almeno io sarei tornato, si disse. Di Lindisa non posso essere così certo.
“Dimostralo” disse Joane con aria di sfida.
Galef si leccò le labbra. “Hai la mia parola di principe di Valonde.”
“La parola di un rinnegato” disse Joane.
“Io non ho rinnegato niente. Sto ancora combattendo per l’alleanza, anche se a modo mio. Lindisa e io siamo qui perché pensavamo di aver scoperto qualcosa di importante.”
“Un’arma” disse Joane. “Creata dai maghi antichi. Dubito che possa aiutare l’alleanza.”
“Un’arma è un’arma” disse Lindisa. “Il suo scopo è definito da chi la usa.”
“Belle parole, ma non cambio idea. Qualunque cosa ci sia lì in fondo, è meglio lasciarla lì e assicurarsi che nessun altro possa impossessarsene.”
La strega evocò una palla di fuoco.
Galef impallidì. “Che vuoi fare?”
“Non lo indovini?” fece Joane. “Farò crollare il pozzo.”
“Aspetta” disse Lindisa. “Non hai idea di cosa potrebbe succedere se lanci una palla di fuoco in un nodo.”
“Ora lo scopriremo” disse Joane.
“Non era questo lo scopo della nostra missione” disse Sibyl.
Joane le rivolse un’occhiata di traverso. “Forse non era il tuo scopo, strega rossa, ma tanti anni fa ho promesso a me stessa che armi del genere andavano eliminate.”
“Come tuo figlio?” fece Sibyl.
Joane sembrò esitare. “È diverso.”
“Non lo è. Se vuoi distruggere il pozzo, devi rivolgere quella sfera infuocata anche contro Bardhian.”
Il principe di Malinor fece un passo avanti. “Sono d’accordo con Sibyl.”
Joane scosse la testa. “Voi non sapete che pericolo state correndo.”
“Se distruggiamo il pozzo non lo sapremo mai” disse l’erudito di nome Halux.
“Basta, ho perso già troppo tempo.” Joane fece per lanciare l’incantesimo.
Lindisa evocò i dardi magici. “Annulla la sfera infuocata. Adesso.” Puntò i dardi verso Joane.
Sibyl e Bardhian evocarono i dardi magici e gli scudi.
“Ferma” disse la strega rossa.
Galef evocò i dardi e li puntò verso la ragazza. “Non voglio colpirti.”
“Nemmeno io” disse lei sorpresa.
“Non distruggerai il pozzo” disse Lindisa.
Joane ghignò. “Tu non mi conosci. Non sai di che cosa sono capace.”
“Potresti ucciderci tutti.”
“Joane” disse Sibyl. “Potrebbe avere ragione. Parliamone, prima.”
“Parlare non serve” rispose la strega.
Caldar tornò in quel momento. “Se avete intenzione di uccidervi a vicenda fate in fretta. Potreste non avere molto tempo.”

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