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Autore: Mary P_Stark    14/11/2019    2 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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3.
 
 
 
 
Sistematasi meglio sul divano per lasciare spazio a William – che, curiosamente, le aveva detto di chiamarsi Fitzwilliam Darcy – Elizabeth lo fissò nei caldi occhi color smeraldo e attese.

Non che fosse una cosa spiacevole farlo, poiché l’uomo aveva davvero un bel viso, ma l’ansia da prestazione stava raggiungendo vette tali che, entro breve, sarebbe esplosa. Quanto prima fosse iniziato quell’esame – di qualsiasi cosa si trattasse – tanto meglio sarebbe stato.

A un cenno dell’uomo, prese in silenzio le sue mani protese, percependole calde e piacevoli al tatto quando, all’improvviso, una sensazione di pace e serenità scese su di lei come a tranquillizzarla.

William le sorrise, confermandole che, a creare quella strana atmosfera, era stato proprio lui e, con tono blando, l’uomo le domandò: «Puoi dirci cosa ti spinse a non uccidere Tyler, o a smascherarlo, quando scopristi chi era?»

Lei assentì, replicando con tono fermo ma sereno: «Lo riconobbi per quello che era per un motivo che, solo in seguito, ricollegai al suo amore per me. Durante una lezione sul diritto alla satira – sai, studiamo giornalismo, ed è importante capire fin dove spingersi, con le repliche negli articoli – il professore ci spinse a tentare approcci differenti a una notizia di cronaca, usando per l’appunto la satira. Ne saltò fuori una lezione piuttosto divertente e, mentre ridevamo di una frase di Tyler, lui mi guardò e mi resi conto che i suoi occhi color giada erano diventati grigi come il ghiaccio. Fu un attimo, e subito lo scambiai per un abbaglio ma, quando lo ricollegai a mille piccoli altri particolari, mi convinsi che era un licantropo.»

«Eri eccitato, Tyler?» domandò allora William, sorridendo al lupo.

Arrossendo suo malgrado, lui ammise: «Amo la risata di Beth. Immagino di essermi lasciato un po’ andare senza accorgermene. Scusate.»

Cecily sospirò divertita, e William tornò a domandare a Beth: «Non lo denunciasti ai tuoi. Come mai?»

«Mi piaceva già, all’epoca, perciò mi sentii malissimo al pensiero di provare certe cose per una persona – una creatura – che mi avevano insegnato a detestare e temere» sospirò Elizabeth, scuotendo mesta il capo. «Saltai l’università per più di una settimana e piansi per quasi tutto il tempo, combattuta tra ciò che era mio dovere fare, e quello che invece mi diceva il cuore.»

Tyler annuì alle parole della giovane, aggiungendo: «Andai a trovarla proprio per sapere perché aveva saltato le lezioni per così tanti giorni. Per questo mi trovavo in zona, quando successe il fattaccio. Inoltre, temevo che… beh, che avesse detto la verità su di me ai Cacciatori, e quindi…»

Sospirando, il giovane non terminò la frase e Beth, nel sorridergli mestamente, provò ancora una volta un immenso rispetto per il suo coraggio. Quanto doveva essergli costato, in termini di sanità mentale, non sapere cosa pensare di lei in quanto Cacciatrice? Pur amandola, quanto si era sentito male al pensiero di doverla fermare, qualora lei si fosse rivelata una minaccia?

Intervenendo al suo posto, Elizabeth mormorò: «Uscii verso le sette di sera – era febbraio perciò, a dispetto dell’orario, era già scesa la notte – per fare una passeggiata e schiarirmi le idee. Subito dopo, avrei raggiunto il luogo in cui abitava Tyler per tenerlo d’occhio… volevo capire a tutti i costi cosa fare, perciò dovevo vederlo ancora una volta. A ogni modo, feci una capatina in un vicino parco per ritrovare il mio equilibrio interno, non pensando che la sera quel luogo era visitato anche da beoni e drogati.»

Ridendo di se stessa, aggiunse: «Dovevo essere davvero rintronata, per non pensarci. Comunque, un ubriaco mi colse in fallo mentre attendevo di poter attraversare la strada e avviarmi verso la casa di Tyler. Cercò di spillarmi dei soldi e io, nel tentativo di togliermelo di torno, inciampai nel marciapiede e caddi all’indietro.»

Tyler intervenne, rabbrividendo a quel ricordo, e disse: «Essendo vicino, sentii il suo urlo e corsi per capire cosa stava succedendo. Quando la vidi districarsi dalle braccia dell’ubriacone, corsi verso di lei e la afferrai prima che potesse cadere in strada. Nel farlo, però, rimasi accecato dai fari delle auto in avvicinamento, e gli occhi mutarono colore per la reazione nervosa. Ero già in ansia per lei, ma quell’incidente automobilistico schivato di un nonnulla, fece il resto.»

Elizabeth si incuneò nel discorso per aggiungere: «Mi protesse con il suo corpo durante la caduta sull’asfalto e, viso contro viso, vidi l’intero processo di mutamento del colore degli occhi e del suo volto. Vidi le zanne spuntare dalle labbra, prima che lui riuscisse a dominarle, e gli occhi divenire ghiaccio puro, così a quel punto seppi di non poter che accettare la realtà.»

William assentì pensieroso, le sorrise pieno di comprensione e disse: «Posso capirti. La prima volta che vidi mia moglie mutare, non sapevo nulla di lei e ne rimasi assai turbato. Ma la amavo, perciò passai sopra a pelo e zanne. Inoltre, avevo una grana ben peggiore da sopportare, in quel momento, visto che avevo appena scoperto chi fosse realmente mio padre.»

«La faccenda degli elfi» cercò di ironizzare Beth, guardandogli poi dubbiosa le orecchie. «Ma non dovresti avere…»

In coro, e come se l’argomento fosse stato sviscerato un’infinità di volte, tutti i presenti dissero atoni: «Non hanno le orecchie a punta.»

Elizabeth sbatté sorpresa le palpebre e William, scoppiando in una risatina allegra, chiosò: «E’ colpa di mio cugino, se esiste la credenza che tutti gli elfi abbiano le orecchie a punta.»

«Tutti… gli… elfi? Perché, ne esistono di vario tipo?» domandò scioccata la giovane prima di scuotere la testa, prendere un gran respiro e borbottare: «No, andiamo per gradi come ha detto Keath o il mio cervello scoppierà, e non avrò più bisogno di chiarirmi con nessuno, perché sarò morta.»

Cecily sorrise a Tyler, forse apprezzando la presenza di spirito della donna da lui scelta e William, annuendo, dichiarò: «Giustissimo. Avrai tutto il tempo per farti venire un’emicrania, esattamente come successe a me. Torniamo a noi. Cosa facesti, in seguito?»

«Chiamai la polizia perché, nel frattempo, alcune auto si erano fermate per darci soccorso. Spiegai ciò che era successo, e come Tyler mi avesse salvata da un brutto capitombolo. Gli agenti portarono via l’ubriaco e lo denunciarono per aggressione» scrollò le spalle Beth. «Io e Tyler, invece, ci dirigemmo verso il mio appartamento e lì, non potendo fare altro, gli dissi chi ero, mostrandogli ciò che tenevo nell’armadio. Lui si era smascherato per salvarmi… che altro potevo fare, se non essere altrettanto coraggiosa?»

«Avrebbe potuto sopraffarti. Ucciderti» sottolineò William.

Sorridendo dolcemente, Beth si volse in direzione di Tyler e disse con semplicità: «Non lui. Non il Tyler che avevo imparato a conoscere, e che era riuscito a farmi mettere in dubbio ogni cosa. Non il Tyler di cui mi ero innamorata.»

Il giovane le sfiorò una spalla con la mano, come a voler dare maggiore peso alle sue parole e Beth, nel tornare a parlare con William, aggiunse: «Parlammo tutta la notte, e lui ammise di aver già capito chi io fossi, ma di non avermi voluto fare del male perché provava qualcosa per me. Mi disse di appartenere a un clan, e di avere una capobranco davvero in gamba. Io piansi, di fronte alla sua sincerità, e ammisi di non averlo denunciato ai miei colleghi perché anche lui mi piaceva, e non capivo come potessi volergli bene, quando tutti mi avevano sempre detto che i licantropi erano creature malvage.»

«Difetti del sistema compartimentalizzato, credo» asserì William, annuendo torvo. «Se si può sentire solo una campana per tutta la vita, in cosa crederai?»

«In quella campana» assentì dolente Beth. «Lui mi mostrò un nuovo modo di vedervi, e questo mi convinse che ciò che provavo per Tyler, non solo era bello, ma era anche giusto. Mi ero innamorata dell’uomo, ma lui era anche un licantropo, e la cosa poteva funzionare bene perché erano la stessa persona, non due entità separate e antitetiche.»

«Non posso che esserne lieto, perché vedo come lui ti guarda e tu guardi lui. Ti sono grato per avermi concesso di ascoltare le tue parole, perché questo mi ha permesso di capire che dici la verità» le sorrise William, annuendo poi a Cecily. «Dice il vero, Ceel. Non c’è falsità nel suo dire.»

Cecily si asciugò una lacrima ribelle, a quella notizia e, nel volgersi mefitica in direzione di Joshua, dichiarò lapidaria: «Ti è andata bene, per stavolta.»

«A me?» esalò Fenrir di Londra, strabuzzando gli occhi.

«Cosa ti dissi, quando te lo affidai?» bofonchiò Cecily per contro.

«Che avrei dovuto prendermene cura?» domandò dubbioso Joshua.

«Come se fosse stato figlio tuo, impedendogli di soffrire in alcun modo» sottolineò la donna, digrignando i denti. «Beh, non mi pare tu sia stato molto bravo, ma ti perdonerò, per questa volta.»

Joshua sospirò, si passò una mano sul volto mentre Gretchen gli batteva consolatoria una mano sulla spalla, e bofonchiò: «Sai che ti amo, Ceel… ma a volte ti torcerei volentieri il collo. Pensi davvero che avrei dovuto controllare chi si portava a letto?»

«Ovviamente sì» decretò Cecily, come se niente fosse.

William rise imbarazzato, mentre Tyler arrossiva come un peperone ed Elizabeth si copriva il viso per la vergogna. Era chiaro quanto la capobranco di Tyler non avesse peli sulla lingua, e Beth avrebbe dovuto abituarsi alla svelta, se non voleva morire d’imbarazzo nel frattempo.

«Tesoro, non credi che questo travalichi un tantino i compiti di un Fenrir?» domandò cortesemente William.

«Solo perché lui non è una donna, e non sa ficcare il naso come si deve» sospirò esasperata Cecily.

«Non gliel’avrei comunque detto, prof… chi mi portavo a letto, intendo» sottolineò timidamente Tyler.

Lei, però, lo beneficiò di un sorriso davvero malizioso e replicò con voce mielata: «Oh, credimi… me lo avresti detto

Elizabeth preferì non sapere come avrebbe potuto raggiungere quel traguardo. Aveva idea che ne sarebbe rimasta traumatizzata.

A quel punto, però, Michael guardò spiacente Elizabeth e domandò: «Chiarito questo punto, però, rimane un altro problema. Come giustificherai ai tuoi genitori i tuoi improvvisi segreti? Bene o male, qualcuno salterà fuori, prima o poi, soprattutto se altri Cacciatori riusciranno a riconoscere qualcuno di noi.»

«Come ho detto a Keath, non sarà un problema. I miei genitori si detestano e, di certo, non mi amano molto. Che io sia qui, in Bangladesh o su Marte, conta davvero poco, per loro, ma soprattutto non conta con chi io sia. Per loro sono una spina nel fianco, e mi mantengono all’università solo perché sperano che, dovendomi concentrare solo su quello, io esca dalle loro vite il prima possibile, permettendo loro di smettere di fingere di essere una famiglia.»

A quelle parole, furono diversi i sospiri contrariati e le occhiate spiacenti, ma Beth non vi badò. Era ormai abituata da anni a quella realtà e, paradossalmente, aver avuto al suo fianco i Cacciatori, era stato come avere una vera famiglia. Ora li avrebbe persi, ma avrebbe avuto la possibilità di stare con il suo uomo, oltre a conoscere un intero clan con cui fare amicizia. O almeno, lei ci sperava.

«Se anche abbandonerò il servizio di sentinella, ai miei non interesserà nulla, perché loro sono all’interno del gruppo solo perché obbligati dalle famiglie, ma non per un interesse sincero. Inoltre, nessun affiliato ha l’obbligo di rimanere, se non se la sente. Vale soltanto la regola del silenzio» aggiunse Elizabeth con una scrollatina di spalle.

«Potete… semplicemente andarvene? Come da un club?» esalò sorpreso Joshua.

«Non so se vale per tutti i gruppi, perché ognuno ha regole interne proprie…» si spiegò meglio Elizabeth. «… ma, tra di noi, vige la regola che, se una persona non se la sente di proseguire, può uscirne. Come immaginerete, i rischi del mestiere sono alti, e non tutti se la sentono di proseguire a vita nella missione. Specialmente noi donne non abbiamo delle grosse restrizioni perché, se vogliamo mettere su famiglia, ci viene vietato di rimanere in seno all’associazione come membri attivi. Non vogliono che i pargoli e le madri diventino carne da cannone, per così dire.»

«La protezione della prole come priorità» mormorò suo malgrado ammirato Michael. «Davvero stupefacente.»

«Esatto. La madre deve pensare innanzitutto ai figli, se ve ne sono. La missione viene dopo, almeno per quanto riguarda il mio gruppo» assentì Elizabeth. «Dirò al mio caposezione che mi ritiro perché voglio mettere su famiglia, e lui non avrà alcuna obiezione, né lo troverà strano. Quando poi mi trasferirò, avrò vita facile. In Cornovaglia non ci sono gruppi di Cacciatori.»

Cecily fece tanto d’occhi, a quella notizia e, sorridendo soddisfatta, dichiarò: «Beh, buono a sapersi. Ma, per essere chiari, gli altri gruppi dove sono?»

Prima che Elizabeth potesse parlare, però, Joshua scosse il capo e replicò: «No, Ceel. Non è corretto farle fare da delatore. Accontentati di ciò che ti ha detto. Noi non prediamo i Cacciatori, ricordi?»

«Uff… lo so benissimo, rompiscatole che non sei altro!» brontolò Cecily. «Era solo per curiosità.»

Elizabeth sorrise di quel battibecco e, timida, disse: «Se volete, posso dirvelo. Ma non posso darvi i nomi perché, onestamente, non li conosco.»

«Non abbiamo bisogno né dell’uno, né tanto meno dell’altro. Non è così che agiamo» scosse il capo Joshua, sorridendole nel darle una pacca sulla spalla. «Hai già sopportato molto, a causa del nostro terzo grado, e non è davvero il caso che questo prosegua con argomenti che non riguardano la vostra coppia.»

«Dire che sei un guastafeste è poco, sappilo, Jo» borbottò Cecily, intrecciando le braccia sul petto.

Joshua la fissò con un sogghigno, replicando: «Sono qui per servirti, cara. Sarò sempre il tuo guastafeste personale, credimi.»

«Non avevo dubbi…» ironizzò allora la donna. «… ma hai ragione, mio malgrado. Approfittare delle conoscenze di Elizabeth è contro le regole, e anche contro la comune cortesia.»

Joshua la fissò con autentica sorpresa e, scoppiando a ridere per diretta conseguenza, esalò: «Cristo! Non avrei mai pensato di poter vivere a sufficienza per sentirti dire che hai torto su qualcosa

Accigliandosi, Cecily aggrottò la fronte e ringhiò: «Ti offendi, Gretch, se muto qua dentro e ti rigo il parquet? Devo fare a fettine tuo marito.»

Elizabeth sgranò gli occhi piena di curiosità, di fronte a quella proposta e Joshua, nel rendersene conto, smise di ridere e le domandò: «Sbaglio, o non hai mai visto un licantropo in forma animale?»

Scuotendo il capo, Elizabeth ammiccò all’indirizzo del suo compagno e replicò: «Tyler mi ha detto che preferiva non farsi vedere in quella forma, perché temeva potessi rimanerne sconvolta e, per quanto io abbia insistito, non ha mai ceduto. Credeva fosse meglio parlare prima con voi e, solo dopo, affrontare quel particolare della sua natura.»

«Hai sbagliato, mio lupo. Avresti dovuto avere più fiducia in lei, visto che l’hai portata qui da noi perché ci conoscesse» disse a quel punto Cecily con tono grave.

Tyler accettò per buono il rimprovero, ma fu il silenzio tombale della stanza a incuriosire Elizabeth, non tanto la faccia contrita del suo uomo così, dubbiosa, domandò: «Cos’ha detto di così strano?»

«Davvero anche Tyler può sbagliare?» ironizzò a quel punto Joshua, fissando derisorio Cecily.

Fenrir di Falmouth, per contro, si volse lentamente per squadrarlo e ringhiò: «Giuro che ti morderò quel culetto pallido un’altra volta, fosse l’ultima cosa che faccio.»

«Quando vuoi» dichiarò Joshua, allungando una mano in direzione di Cecily, che ghignò furba nello stringergliela.

Sempre più confusa, Elizabeth guardò William, ancora seduto accanto a lei, e domandò: «Ma… abbiamo finito?»

«Certo. Stabilito che tu hai detto la verità, non abbiamo altro da temere, da te. Rimane soltanto la cerimonia al Luogo di Potere per farti conoscere al branco, ma per quello ci sarà tempo» le spiegò l’uomo, dandole una pacca sulla spalla.

«Ma quale tempo e tempo! Al Vigrond ci andiamo domani! Voglio mordere le chiappe di questo presuntuoso, e ho bisogno di farlo subito!» sbottò Cecily, mentre il piccolo Ben rideva tra le braccia di Gretchen. «La presenteremo al branco di Joshua, visto che rimarrà qui ancora per un altro annetto buono, poi verrà da noi.»

Vagamente esasperato, William borbottò: «Domani arriva mio cugino, perciò dobbiamo rientrare a Falmouth. E lunedì riprendono gli esami di maturità, lo sai.»

Cecily grugnì un insulto intraducibile tra i denti prima di ringhiare: «Beh, chiamerai Puck e gli dirai di venire qui, così rientrerà assieme a noi. Dopotutto, è un po’ che non si fa vedere a Londra. Tra l’altro, i suoi genitori hanno smesso di litigare?»

«Per niente. L’ultima volta che lui e mio padre hanno controllato, stavano ancora lanciandosi contro le frecce dai bastioni, perciò hanno riattraversato Bifröst per tornarsene da mia madre» sospirò William prima di ricordarsi di un particolare non da poco.

Volgendo contrito lo sguardo in direzione di Elizabeth, la vide pallida e con gli occhi sgranati, la confusione ben dipinta sul suo viso e, spiacente, esalò: «Oh, scusa… faceva parte del resto della storia che non hai ancora sentito.»

La giovane si lasciò andare contro lo schienale del divano, si coprì il viso con le mani e gracchiò: «Puck è un nomignolo di qualche tipo, vero?»

Nessuno rispose a quella domanda ed Elizabeth preferì non chiedere altro. Per quel giorno, i traumi emotivi erano stati sufficienti per dieci vite, e dubitava seriamente che avrebbe potuto resistere a una sola novità in più.

Joshua, allora, sorrise a un Tyler un tantino preoccupato per la propria fidanzata e disse: «Vi accompagno a casa. Ha chiaramente bisogno di riposare e di starsene un po’ sola con te. Noi ci rincontreremo domani per la visita al Vigrond.»

Il giovane annuì, ringraziò i presenti e, quasi trascinando di peso l’amata mentre Joshua prendeva le chiavi della sua auto dallo svuota-tasche nell’entrata, le mormorò eccitato: «Direi che è andata bene.»

«Parla per te. Io sto per dare di stomaco» gorgogliò pallida Elizabeth, tenendosi completamente a lui.

Spiacente, Tyler la sorresse per tutto il tempo, mentre Joshua li accompagnava nei parcheggi sotterranei dello stabile per recuperare la sua auto ibrida. Lì, indicò loro di salire su una Bmw Plug-in Serie 5 e, nell’immettersi lungo la via dopo essere uscito dal seminterrato a bassa velocità, mormorò: «Non posso neppure immaginare come tu ti possa sentire in questo momento, Elizabeth, e mi spiace che il nostro primo incontro ti abbia lasciato così tanti dubbi nella mente, ma spero vorrai credere che, per qualsiasi cosa, noi siamo qui.»

Lei assentì meccanicamente e Joshua, sorridendole attraverso lo specchietto centrale dell’auto, aggiunse: «Un mio amico umano gestisce un centro di ascolto per neutri e umani che sono appena entrati in seno al branco, ed è davvero molto bravo. Ti lascerò il suo numero, se vorrai parlare con lui.»

«Abbiamo sbagliato tutto, con voi?» domandò a sorpresa Beth.

Fenrir di Londra sospirò nello scuotere il capo e, seriamente, replicò: «Si è sempre in due a sbagliare, in una coppia e, volente o nolente, noi e voi siamo una coppia all’interno di un segreto che si tramanda da millenni. Il fatto che tu sia passata sopra ai tuoi precetti per accettare i nostri, è segno che nulla è immutabile. Così come i licantropi si tradiscono tra di loro per potere o vendetta, e i Cacciatori si possono dimostrare migliori di quanto noi non crediamo. Nessuno è cattivo o buono per diritto di nascita, o dalla parte del torto o della ragione a prescindere, e tutti possono essere fallaci nelle loro scelte. Sta a noi cercare la verità e, nel caso, cambiare casacca nel caso in cui la verità si trovi altrove.»

«Ma le verità possono essere molte» mormorò Elizabeth.

«Verissimo. Ma quale verità ti importava di più, oggi?»

«Dimostrarvi quanto amo Tyler» disse dopo alcuni istanti la giovane.

Joshua sorrise nell’annuire, e disse: «E’ una buona verità, non credi? Io penso sia ottima.»
Beth annuì con un sorriso fiacco e, nel poggiare il capo contro la spalla del suo amore, mormorò: «Grazie.»

«Grazie a te. Il compito più duro lo hai affrontato tu, entrando in una tana di lupi affamati e dalle brutte facce» replicò Joshua, portandola a sorridere divertita.

«Avrei da ridire sulle brutte facce. Mi sono sentita davvero in imbarazzo, in alcuni momenti» asserì per contro Beth, sorridendo spiacente a Tyler, che però non vi fece alcun caso.

«E’ normale che un umano si senta attratto a pelle da un licantropo. Se poi ti riferisci a Keath nello specifico, mi stupirei del contrario. E’ un sangue-puro come raramente se ne incontrano, e dalla sua va detto che sfrutta questo particolare in modo davvero sfacciato.»
Sinceramente sorpresa, Beth esalò: «Un… sangue-puro? E può fare così tanto la differenza?»

«Molto, se il licantropo vuole affascinare chi ha intorno. Mi pare chiaro che non intendeva affatto spaventarti, se ha cercato di metterti a tuo agio usando il suo lato migliore, per così dire…» asserì Joshua, scoppiando a ridere nonostante tutto. «Quel lupastro ti aveva già dato la sua benedizione ben prima dell’arrivo di William e Cecily. Che gran bastardo!»

Tyler rise di quel commento e Beth, sorridendo a mezzo, si sentì tranquillizzata dalle parole di Fenrir. Sapere Keath apertamente dalla sua parte era un dono insperato, visto il ruolo che svolgeva all’interno del clan.

Tornando serio, Joshua si fermò in prossimità del condominio dove abitava Beth e, nel volgersi a mezzo, disse con sincerità: «Per me conta molto il parere di Keath e, per quanto io apprezzi William, sapere che il mio migliore amico ti ha dato tutta questa fiducia è per me una garanzia più che sufficiente.»

La giovane assentì a quelle parole davvero sentite, e piene di un sentimento che poteva comprendere benissimo. Prima ancora che il suo amore, Tyler era stato il suo amico più caro. Nella sua vita di Cacciatrice non aveva mai avuto nessuno di altrettanto vicino al cuore e questo, per lei, aveva contato moltissimo, quando aveva dovuto decidere cosa fare.

Non cercate né volute, calde lacrime scelsero quel momento per rotolare sul viso di Elizabeth e Joshua, sospirando comprensivo, lanciò un’occhiata a Tyler prima di dire: «Credo di aver parlato troppo. E’ davvero il caso che io vi lasci andare, ora. Abbi cura di lei e, per qualsiasi cosa, chiamami.»

Il giovane annuì e, quando infine ebbero raggiunto l’appartamento di Beth, la abbracciò strettamente, cullandola tra le braccia.

Non aveva minimamente idea di come potesse sentirsi in quel momento. Aveva creduto per una vita di conoscere il proprio nemico, scoprendo poi nel modo più diretto e terribile di aver convissuto per più di vent’anni con una bugia.

Tyler ricordava bene cosa aveva provato, la prima volta che il tarlo del dubbio si era insinuato nella sua mente. Ogni sua presunta verità era stata soppesata, vagliata e, in più di un’occasione, scartata perché falsa.

Man mano che si era avvicinato alla realtà delle cose, al vero volto del mondo in cui viveva senza saperlo, la sua paura era accresciuta fino a sfociare nel panico puro.

Ma poi aveva guardato la sua Fenrir, ne aveva studiato i comportamenti e le parole, e si era reso conto non soltanto di poter seguire senza problemi una simile guida, ma di poterla anche amare.

Solo per questo non era impazzito, né aveva temuto di impazzire come, invece, stata succedendo a Elizabeth, che appariva chiaramente fuori fase, in quel momento.

Per lui era stata un’epifania scoprire la verità e, con una facilità estrema, la sua Fenrir era penetrata nel suo cuore come, in precedenza, lei aveva fatto in quello degli altri membri del branco. Perché, che fosse scorbutica o meno, o parlasse con la stessa delicatezza di un uomo delle caverne, Cecily Fairchild aveva una dolcezza che sapeva colpirti nel profondo, se ne eri il fortunato fruitore.

Per questo, aveva chiesto a Joshua di poter essere mutato da lui. Il solo pensiero di costringere la sua Fenrir a ferirlo, gli era parso un insulto insopportabile, visto quanto protettiva lei era sempre stata nei suoi confronti.

Innamorarsi di Beth e scoprire la sua reale identità, però, era ciò che realmente lo aveva mandato al manicomio perché, per la prima volta, si era trovato di fronte a una scelta difficilissima.

Il suo cuore si era spezzato in due, diviso tra il pensiero di ferire la sua Fenrir e quello di mettere in pericolo Beth. Porla di fronte ai membri del suo clan al pari di un agnello sacrificale, lo aveva atterrito.

L’alternativa, però, sarebbe stata quella di scappare e, proprio perché rispettava i suoi amici e i Gerarchi, oltre alla stessa Beth, non se l’era sentita.

Aiutando Elizabeth a sdraiarsi sul divano, Tyler le sfiorò il viso con un bacio e mormorò: «Ti preparo qualcosa di caldo. Credo tu ne abbia bisogno.»

Lei assentì meccanicamente, ma lo trattenne ancora un attimo vicino a sé per chiedergli: «Ma perché la tua Fenrir è fissata con il sedere di Joshua?»

Sorpreso da quella domanda, Tyler scoppiò in una grassa risata di gola che, ben presto, prese i connotati di un riso isterico, risultato di un’intera giornata passata sotto esame.

Ovviamente, lui era stato convinto della buona fede di Elizabeth fin dall’inizio, ma il ricordo di ciò che era successo a Hati di Matlock era ancora ben presente in ogni clan dell’Isola, perché lui potesse dormire sonni tranquilli.

Sentire da William del suo amore sincero, perciò, gli aveva tolto un gran peso dallo stomaco, e ora anche per lui era giunto il momento di crollare.

Si lasciò perciò scivolare contro il divano e, nel poggiare il capo contro i cuscini della seduta, guardò di traverso Beth – sorridente e preoccupata assieme – e mormorò: «La prendevano sempre in giro perché era l’unica Fenrir femmina dei clan inglesi, ma lei dimostrò di non essere da meno dei maschi, in forma animale, e masticò più natiche di quante ne voglia ricordare ora.»

Elizabeth scoppiò in una risatina divertita, carezzò le onde castane di Tyler e disse: «Mi piace già, la tua Fenrir.»

«La nostra Fenrir» la corresse gentilmente Tyler.

«E’ ancora così strano pensarla a questo modo…» sussurrò Beth, chiudendo gli occhi e sospirando stanca. «… ma è successo davvero. Ho parlato con dei licantropi e non sono morta. Anche solo per questo, dovrei dare una botta in testa a mio padre, ma soprassiederò.»

«Cosa ti insegnò?» volle sapere Tyler.

Sbadigliando, Beth mormorò: «Che i lupi non perdono tempo a parlarti. Ti uccidono e basta. Avrei voluto fargli vedere la discussione tra Joshua e Cecily. Forse, si sarebbe sbellicato dalle risate, oppure sarebbe morto di paura al pensiero di avere davanti due veri licantropi. Chissà.»

Il giovane sorrise quando, un attimo dopo, la sua ragazza si addormentò, preda di tutte le emozioni contraddittorie e violente di quel giorno. Per la tisana vi sarebbe stato tempo l’indomani, a quel punto.








N.d.A.: direi che Elizabeth ha saputo destreggiarsi bene, e i lupi ora sono concordi nell'accettarla. La visita al Vigrond, comunque, potrà riservare qualche sorpresa, secondo voi, o tutto si svolgerà senza intoppi? Ma soprattutto, cosa combineranno Cecily e Joshua?
 
  
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