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Autore: Rosmary    14/11/2019    6 recensioni
{Missing Moments della long Paradiso perduto | Spoiler Alert se non si è arrivati al Capitolo Dieci della longfic}
Se fosse stata un’estate come tutte le altre, l’ombra venefica dei sensi di colpa non gli intossicherebbe i polmoni. Eppure, anche nei momenti più bui, esiste sempre qualcosa o qualcuno in grado di alimentare una flebile fiamma luminosa.
“Cosa farei senza di te?”
“Saresti un bimbo sperduto.”
“Quindi sei la mia Peter Pan!”
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Lorcan Scamandro, Rose Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Paradiso perduto'
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Spoiler Alert: il racconto contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Dieci di Paradiso perduto.



B U I O   E S T I V O
 

Luglio 2022

Quando Lorcan si chiude la porta di casa alle spalle, obbliga se stesso a non alzare la testa verso la finestra della camera che condivide con Lysander, sa che lo troverebbe impegnato a fissarlo con quei suoi occhi limpidi, fiduciosi, denudanti.
Il processo si aprirà a breve, i suoi genitori lo hanno saputo in via confidenziale da Hermione in persona, che consultatasi con Harry ha ritenuto che non vi fossero ulteriori elementi per posticipare ancora una volta la data della prima udienza. Hanno concordato di affrontare e risolvere la questione durante il mese di agosto, sperando che l’atmosfera vacanziera distragga la comunità magica e riduca il rischio che trapelino notizie prima del tempo. Hanno davvero usato ogni precauzione possibile per risparmiare ingerenze e malelingue – per proteggere Lysander. È palese che siano alla disperata ricerca di una scappatoia, un colpo di scena, qualcosa che rimescoli tutte le carte in tavola e identifichi un altro colpevole. Ha la sensazione che avrebbero preferito di gran lunga sapere Louis preda di un vecchio Mangiamorte anziché di Lysander, avrebbe avuto un senso e non li avrebbe costretti a fare i conti con l’immagine di uno Scamander sporco di magia oscura.
Crede che abbiano sospettato di lui.
Almeno in un primo momento, ne è sicuro. Più di una volta ha percepito su di sé il peso degli occhi attenti di Harry Potter, tesi a scrutarlo come non è mai accaduto prima, con molte probabilità insospettiti dall’astio palese che regna sovrano nel proprio rapporto con Louis. Immagina che le testimonianze ufficiose dei coinvolti e l’ostinato silenzio di Lysander lo abbiano infine convinto ad archiviare la possibilità di un proprio coinvolgimento. Tuttavia, è una vittoria di cui non riesce a godere, che non gli concede alcun sollievo, perché la propria salvezza non dovrebbe pesare come un macigno sulle spalle del fratello. Lysander dovrebbe essere libero, libero, estraneo a questa catastrofe che rischia di riscrivere il futuro di tutti loro nel tanfo del buio.
Senza neanche averci riflettuto, si lascia guidare dalla smaterializzazione sino a Godric’s Hollow, in prossimità di quelle villette a schiera che conosce a menadito, illuminate dalla calura pomeridiana e rasserenate da una apparente tranquillità. Istintivo, muove i passi verso l’abitazione di Rose, oltrepassa il cancello basso con un salto e bussa direttamente alla porta di casa. Quando ad aprirgli è un Hugo più che assonnato, però, viene colto dal timore che lei abbia seguito James al Ministero.
“Lorcan, ciao,” biascica Hugo. “Entra,” aggiunge dopo uno sbadiglio. “Rose è da qualche parte.”
Lorcan inarca un sopracciglio, ma non indugia sulla soglia.
“Da qualche parte qui o è fuori?”
“Qui, qui,” risponde. “Almeno credo, se James non è tornato è qui, sicuro, altrimenti la trovi da lui, o trovi lui qui, non lo so. Cercala, fai tu, da qualche parte la trovi.”
“Ho capito,” ribatte. “Tu torna pure a dormire,” aggiunge ghignando.
Hugo annuisce, gli mostra il pollice in segno di assenso e si trascina di nuovo in salotto per sdraiarsi sul divano a pancia in giù.
Certo che Ron e Hermione siano a lavoro, Lorcan non si cura di cercarli per palesarsi e anzi scarta l’intero piano terra in favore della scalinata che conduce al piano superiore. Speranzoso sbircia nella stanza di Rose, ma storce le labbra nel constatare che sia vuota. S’affaccia allora alla finestra, che dà su quella di James, ma anche la camera del ragazzo sembra essere vuota. Si aggira allora per le altre camere, arrivando poi a quella da bagno, dove si limita a bussare un paio di volte.
Che vuoi?”
Lorcan sorride, finalmente l’ha trovata.
“Mi scappa, muoviti a uscire,” risponde camuffando la voce.
Usa il bagno di servizio.”
“Non mi trovo lì.”
Ma che piattola che sei, sono nella vasca adesso.”
“Esci, allora.”
Hugo, non rompere, va’ nell’altro bagno.”
“Dolcezza, preferirei di gran lunga quello dove trovo te nella vasca.”
Il silenzio che segue dura alcuni minuti, infranti dalla testa di Rose, su cui spicca una crocchia arruffata, che fa capolino quando la porta si schiude appena. Lorcan ne intravede appena la fronte aggrottata prima di sogghignare.
“Sei un cretino,” saluta Rose, sorridendogli. “Aspettami in camera.”
“Preferirei raggiungerti nella vasca,” scherza Lorcan.
La ragazza arriccia le labbra in un’espressione maliziosa, ma si limita a richiudere la porta. Lorcan si trattiene ancora un po’ lì, con le dita strette attorno alla maniglia. La tentazione di rafforzare il proprio auto-invito raggiungendola è gigantesca, ma quel briciolo di razionalità che ancora sopravvive in lui gli ricorda che lui e Rose sono amici, solo amici, che con molte probabilità lei lo prenderebbe a calci, poi lo direbbe a James e James lo rincorrerebbe per tutta Londra a suon di fatture, intimandogli di non avvicinarsi mai più a sua cugina. Lui e l’amico hanno persino stretto un patto al loro quinto anno: cugine e sorelle non si toccano, ma Lorcan ha sempre saputo che quella frase generica celasse il nome di Rose.
Infilando le mani in tasca, abbandona la brillante ma incauta idea e rientra in camera di Rose. Con uno sguardo più attento si accorge che sul letto sono ripiegati gli indumenti che con molta probabilità dovrà indossare, sorridendo malizioso riflette che questo la obbligherà a raggiungerlo con solo l’accappatoio indosso – o con l’asciugamano, magari pensa. Per ingannare il tempo e soprattutto scacciare i pensieri impudici, si avvicina all’ampia libreria in legno, dove la ragazza accumula libri su libri da anni, gran parte dei quali scritti da babbani e regali dei nonni materni.
Quando Rose, coperta dal lungo accappatoio blu e un po’ rossa in viso, si affaccia nella stanza, è proprio nei pressi degli scaffali che trova Lorcan, seduto a terra e circondato da vari libri sparpagliati sul pavimento. Sostando alcuni istanti sull’uscio, lascia vagare gli occhi chiari sul suo profilo concentrato, sulle sue mani che sfogliano le pagine, sul corpo fasciato dagli abiti estivi – alle volte vorrebbe essere una ragazza qualsiasi per lui, autorizzata a palesargli il proprio interesse senza preoccuparsi delle conseguenze. Obbligandosi a dirottare l’attenzione sui propri abiti, si convince ad avvicinarsi in punta di piedi al letto con l’intento di agguantare veloce ciò che le serve e sgattaiolare via prima di essere vista. Peccato che il suo progetto vada in frantumi quando, inciampando in uno dei libri, riesce a malapena a restare in equilibrio grattando con le ciabatte il pavimento ed emettendo un piccolo urlo sorpreso.
Nel sollevare stranito lo sguardo su di lei, Lorcan la trova ancora più rossa in viso e con le mani strette attorno all’accappatoio. Si ritrova stupidamente a ingoiare a vuoto e ancora più stupidamente si incita a dire qualcosa – qualsiasi cosa.
“Non credevo ti emozionasse così tanto la mia presenza,” dice allora, camuffando con dell’ironia spicciola la tensione che avverte dentro di sé.
Lei assottiglia lo sguardo e lui curva le labbra in una piega maliziosa.
“Fa’ pure come se non ci fossi,” incalza, osservandola dalla testa ai piedi. “Giuro che non guardo.”
“Che bugiardo.”
Le labbra di Lorcan sorridono sbilenche e quelle di Rose si lasciano sfuggire uno sbuffo imbarazzato. Nel momento in cui decide di agguantare gli indumenti e fuggire, avverte il profumo di Lorcan vicinissimo. Voltatasi, si accorge che è a un passo da lei con quella dannata aria scanzonata e maliziosa. Si chiede se sia davvero un’idea così pessima fargli capire che, fosse per lei, potrebbero anche frantumare la parete amichevole che li divide e sgualcire le lenzuola – una volta sola pensa, non pretenderei niente.
“Forse guarderei, hai ragione,” concede lui, sfiorandole il viso.
Rose deglutisce, non riesce mai a capire se scherzi o se sia un po’ attratto da lei. Dopotutto si è intrattenuto con molte ragazze – secondo lei decisamente troppe –, potrebbe essere plausibile che la trovi almeno carina. O forse, riflette, questa è solo l’ipotesi bugiarda di chi è alla disperata ricerca di segnali inesistenti.
Lorcan continua a ripetersi che dovrebbe allontanarsi, tornare a leggere, rispettare il monito che si è imposto, ma il lato più impulsivo di lui pressa feroce per prendere il sopravvento e lo spinge a sfiorare il laccio che tiene insieme i due lembi dell’accappatoio. Basterebbe così poco, un piccolo scatto e via, le dita potrebbero finalmente esplorare il corpo di Rose. È quando solleva gli occhi sul suo viso che si accorge dello sguardo altrui fisso sulle proprie mani, tinto di un’espressione che non riesce a decifrare – che sia spaventata si domanda.
“Ti aspetto qui mentre ti vesti,” si affretta a dire, allontanando le mani dal laccio.
Rose lo osserva in viso, è così vicino, e lei è così tesa – sei una stupida si rimprovera.
“Pensavo volessi spogliarmi,” ribatte, imitando un tono sarcastico.
Lorcan ride di un suono gutturale, maschera di imbarazzo.
“Sei la mia migliore amica, non una qualsiasi.”
Lei stira le labbra in un sorriso senza gioia.
“Vado a vestirmi,” dice. “Non distruggere i miei libri,” aggiunge.
“Li sto leggendo,” si difende lui, cogliendo al volo l’occasione di cambiare argomento. “Mi piacciono quelli con i disegni, quel Peter Pan mi piace, anche se non ho capito perché non vola su una manico di scopa, i babbani complicano tutto.”
Rose sorride e, accantonando l’imbarazzo frustrato che tenta di attanagliarla, gli scocca un bacio sulla guancia.
“Il mio bimbo,” ironizza.
“Bimbo?”
“Beh, ti piacciono le favole per bambini!”
E mentre Rose si rintana di nuovo nella camera da bagno, Lorcan ticchetta molesto contro la porta, elencandole uno per uno i titoli che gli sono piaciuti e spiegandole per quale motivo non possono assolutamente essere favole per bambini.
“E invece lo sono,” ribatte lei, una volta uscita dal bagno e rientrata nella propria stanza.
“Non sono convinto,” insiste lui, ricorrendo alla magia per fare ordine.
“Quanto invidio te e James,” riflette Rose a voce alta, guardando la bacchetta di Lorcan.
Il ragazzo sogghigna e la raggiunge sul letto, dove si è comodamente seduta.
“La bellezza dei diciassette anni,” scherza. “Te l’ho sempre detto, che sei nata in ritardo.”
Lei gli scocca un’occhiataccia e Lorcan le sorride furbo, salvo incupirsi per una frazione di istanti nel notare il colore dei jeans e della sottile maglia indossati – blu, sempre blu pensa infastidito. È sicuro che il proprio sia un pensiero senza né capo né coda, ma non riesce a fare a meno di pensare che da quando James ha distrattamente affermato di amare il colore blu indosso a Rose, l’armadio della ragazza è diventato quasi monocromatico, come se il suo unico interesse sia quello di attrarre le attenzioni del cugino.
“Come stai?”
Ridestato dalla domanda, Lorcan poggia la testa sulla spalla di Rose, calando rilassato le palpebre quando avverte le sue dita percorrergli leggere il braccio.
“Lys non ha ancora cambiato idea e tra poco inizierà il processo,” risponde. “Non so più che fare, a parte denunciarmi.”
Rose si irrigidisce e lo invita a sollevare il capo, bisognosa di guardarlo dritto in volto.
“Vuoi? Sul serio?”
Lorcan le risponde con un cenno di diniego e si lascia cadere all’indietro, sdraiandosi su quelle lenzuola impregnate del profumo di Rose. Lei lo segue a ruota e si stringe a lui, una mano a sfiorargli il petto e l’altra a insinuarsi tra i capelli ribelli.
“Non voglio,” chiarisce. “Ma non voglio neanche che lui paghi per me, non è giusto. E poi che cazzo, non era questa la mia idea.”
“È lui che non capisce niente,” ribatte lapidaria Rose. “Vuole complicare la vita a tutti e soprattutto a te.”
Lorcan la stringe a propria volta, lasciando scivolare le dita dalla nuca sino alla schiena e poi di nuovo su sino alla nuca – non se ne avvede, di indurla a rabbrividire. Le bacia poi la fronte e lascia che le labbra indugino lì, nel tentativo di mettere a tacere l’istinto bramoso di scivolare sino alla sua bocca. Averla così vicina, in un momento tanto delicato, continua a ricordargli quanto sia sempre più difficile fingersi indifferente alle sensazioni che si agitano dentro di lui, fingere di non desiderare altro. Ma lei è Rose, non può lasciarsi andare e dimenticare tutto l’istante dopo. Nell’assurda ipotesi in cui anche lei provasse qualcosa nei propri confronti, dovrebbe corteggiarla, procedere a piccoli passi, senza fretta, dovrebbe impelagarsi in una relazione seria – lo spaventa anche questo, o forse lo spaventa la consapevolezza di essere disposto a valicare questo confine se dall’altra parte c’è lei.
“Non gli va giù che Louis ne esca pulito,” riprende dopo un po’. “Non va giù neanche a me, ma qui rischiamo Azkaban… Non possiamo mandare tutto a puttane per una cazzata.”
“Una cazzata che ti è quasi costata la vita,” ringhia Rose, sollevandosi di scatto e rivolgendogli uno sguardo duro. “Non voglio che ti denunci, ma non devi sminuire quello che è successo. Potevi morire, Lor,” aggiunge tremula. “Potevi morire.”
Lui tace per alcuni istanti, sostenendo a fatica quegli occhi azzurri colmi di terrore. Decide allora di imitarla e mettersi seduto, gattona sulle ginocchia per avvicinarsi ancora di più e stringerla tra le proprie braccia, baciarle i capelli, sorridere quando la avverte rilassarsi e indurlo a schiudere le gambe per incastrarsi lì e avvertirlo più vicino di quanto già non sia.
“Mi dispiace,” mormora Lorcan. “Avevi ragione, non avrei dovuto accettare la sfida di Louis. Ma io non immaginavo che saremmo arrivati a tanto. Pensavo a una trappola, qualcosa per farmi finire in punizione o espellere, ma io… Io non credevo neanche di esserne capace,” ammette. “Mi faccio schifo da solo, ogni volta che penso a quella notte.”
“Hai perso il controllo,” afferma lei. “È successo, ora devi solo andare avanti. Tu sei buono, Lor, io lo so.”
Lorcan sorride e il cuore sembra accelerare un po’ la sua corsa. Districandosi di poco dall’abbraccio, le cinge il viso tra le mani e ne incrocia gli occhi chiari.
“Cosa farei senza di te?”
“Saresti un bimbo sperduto,” scherza lei, tentando di camuffare il subbuglio scatenato dalla vicinanza.
“Quindi sei la mia Peter Pan!”
“L’hai letto sul serio,” riflette inarcando le sopracciglia. “Bravo, signor Scamander, le do una bella E.”
Lui morde le labbra, deglutisce e a sorpresa si alza in piedi repentino, seguito dallo sguardo perplesso della ragazza. Non può saperlo Rose, che stia tentando di placare il sangue iniziato ad affluire pericolosamente dove non deve – e non può.
“Che ne dici, dolcezza, usciamo?”
No, torna sul letto pensa Rose.
“Buona idea,” risponde invece.
“Dove vuoi andare? Ora che posso smaterializzarmi possiamo andare ovunque.”
Lei, mettendo via i pensieri inopportuni su loro due, un letto e una casa vuota – fatta eccezione per quel ghiro del fratello –, nel soppesare la possibilità di uscire adocchia l’orario e d’istinto si volta in direzione della finestra, sbirciando quella di James ancora chiusa e buia.
“Non capisco perché non sia ancora tornato,” riflette a voce alta. “Zio Harry lo avrà interrogato di nuovo?”
“Ne dubito,” replica Lorcan. “Teddy ha insistito per passare del tempo con lui, sarà ancora impegnato a cercare di sapere qualcosa.”
La smorfia di disappunto che appare sul viso di Rose è rafforzata da quella irritata che sporca i lineamenti di Lorcan. Nessuno dei due ha gradito l’intromissione di Teddy, trovano sia solo un’ulteriore fonte di stress per James.
“Ti va di andare in un posto babbano?” chiede lei, mentre usciti dalla stanza percorrono le scale. “L’abbiamo scoperto io e James l’altro giorno.”
“Se piace a voi, piace di sicuro anche a me.”
Rose gli indirizza un sorriso, avvisa poi Hugo dei propri progetti e assieme a Lorcan raggiunge svelta la porta di casa Potter. Al ragazzo non occorrono spiegazioni per sapere che abbia intenzione di lasciare un messaggio per James affinché possa raggiungerli non appena rincasa.
“Non è ancora tornato,” esordisce Albus non appena apre la porta. “Se però vuoi dire qualcosa anche a me, ti ascolto volentieri, Rose.”
Lorcan inarca un sopracciglio, annoiato dal tono brusco del Serpeverde – a quanto pare James non ha esagerato nel dire che il fratello si sia tramutato in una noia mortale nel tentativo di essere messo al corrente della verità sul duello.
“Ciao anche a te,” ribatte lei. “Ho solo bisogno della sua stanza, due minuti e vado via,” dice spiccia.
Albus, gli occhi verdi assottigliati e l’aria indispettita, si fa da parte per permetterle di entrare. Solo a questo punto si avvicina anche Scorpius, che dopo aver salutato Rose con un gran sorriso la segue con lo sguardo sino a quando possibile – vorrebbe chiederle di trattenersi lì con loro, ma la presenza del Corvonero gli fa accantonare rapido il proposito.
“Tutto bene, Lorcan?” chiede Albus. “Se vuoi, entra pure.”
“Non è necessario,” risponde, sostando presso l’uscio.
“Scamander,” saluta disinteressato Scorpius.
Lorcan gli indirizza un’occhiata di sufficienza, pensando tuttavia che Albus dovrebbe evitare di invitare i suoi inutili amici a casa, sono solo un ulteriore fastidio per James.
Il silenzio in parte guardingo e in parte ostile tra i tre ragazzi non dura che pochi istanti, Rose riappare in poco e saluta sbrigativa i due Serpeverde per allontanarsi con l’amico.
“Allora, dove devo smaterializzarmi?” chiede Lorcan non appena si allontanano.
“Nei dintorni di quella libreria, la ricordi?”
“Sì. Sei pronta?”
Lei, stringendogli la mano, annuisce, preparandosi a quella sgradevole sensazione che la coglie sia prima che dopo la smaterializzazione. Quando ritoccano terra, Lorcan nasconde celere la bacchetta nella tasca dei jeans, nonostante suo padre seguiti a dirgli che quello non sia un buon posto dove riporla. Senza districare le dita da quelle di Rose, si lascia guidare lungo la strada babbana, adocchiando con la consueta curiosità quel mondo così vicino e al tempo stesso lontano dal proprio – ora più che mai, si immerge ben volentieri in un contesto dove tutti loro non sono altro che anonimi nessuno. Accanto a lui, Rose mordicchia le labbra incurvate in un sorriso al pensiero che soli tra la folla e con le mani intrecciate possano sembrare una coppia di fidanzati che passeggia spensierata.
“Perché sorridi?” chiede Lorcan. “È uno scherzo? Mi stai portando in qualche bettola?!”
“No,” risponde ridacchiando. “È un posto divertente, lo chiamano luna park. Ci sono dei giochi babbani per ragazzi, io e James li abbiamo provati tutti! Ma il nostro preferito è l’autoscontro, devi provarlo.”
“Il nome promette benissimo,” ghigna lui.
Godendo del frastuono della strada trafficata, del rumoreggiare dei passanti e del baccano proveniente dai negozi, seguitano a camminare cullati da un silenzio rilassato, che allontana gli spettri quotidiani e tutto il buio in cui annega la loro estate. Quando arrivano a destinazione, Lorcan scruta con occhi vivaci e trepidanti i vari giochi del parco e la moltitudine di persone che schiamazza allegra. Non ha bisogno di chiedere a Rose quale sia il gioco che ha chiamato autoscontro, l’istinto gli suggerisce che sia quello dove echeggiano più risate, urla e rumori di schianti.
“Aspetta, ci occorrono i gettoni per giocare,” dice lei non appena si avvicinano alla pista.
“Intendi le monete babbane?”
“No, si comprano con le monete babbane… Lor!”
Rose si spiaccica una mano sul viso, ma poi scoppia a ridere: esattamente come James prima di lui, anche Lorcan ha risolto a modo di mago, confondendo il babbano alla cassa e pensando bene di azionare i veicoli con la magia – inizia a capire perché zia Ginny ha sempre temuto il momento in cui il primogenito avrebbe compiuto diciassette anni.
Scelta l’automobile giocattolo che avrebbe avuto l’onore di accoglierlo, Lorcan la invita a prendere posto accanto a sé, ma Rose gli rifila una linguaccia dispettosa, sale a bordo di un altro veicolo e gli fa cenno di mettere in moto anche il proprio. Lorcan sogghigna e agita attento la bacchetta. Un istante dopo sono entrambi in pista assieme agli altri partecipanti al gioco dell’autoscontro, facendosi largo tra uno schianto e l’altro.
“Boom!” esclama Rose, scontrandosi a tutta velocità contro l’automobile di Lorcan, che dal canto suo sobbalza e quasi urta la fronte contro il volante.
“Ridi, ridi, ora vedi,” scherza lui in risposta, pigiando sul pedale per accelerare e correndo a tutta velocità contro il veicolo di Rose.
All’impatto sobbalzano entrambi sul sediolino, scossi da forti risate. Nel momento in cui tentano di rimettersi in carreggiata, incassano gli impatti di altri giocatori che ridendo si abbattono anche su di loro.
“Dolcezza, facciamoli fuori tutti.”
Rose ghigna complice in direzione di Lorcan, gettandosi nella mischia assieme a lui. D’improvviso, però, i due veicoli guidati da loro arrestano la corsa e li costringono a sostare al centro della pista, con la conseguenza che mentre si scambiano uno sguardo stranito vengono urtati da altre automobili in gioco, ritrovandosi a sballottare nel piccolo abitacolo che occupano.
“Patetici, non riuscite a guidare neanche un giocattolino per bambini,” afferma sarcastico James, in piedi ai bordi della pista, mollemente poggiato alla balaustra che circonda l’area di gioco e sicuro colpevole del loro assedio.
“Falle ripartire,” si lamenta Rose.
“Credevo ti avessero preso in ostaggio,” ironizza Lorcan.
James sorride furbo e prestando attenzione a occhi indiscreti agita la bacchetta per avvicinare a sé il veicolo di Rose.
“Bellezza, mi dai un passaggio?”
La ragazza ride e si scosta un po’ per fargli posto, osservandolo mentre si cala per oltrepassare impunito la balaustra e sedersi accanto a lei.
“Ti aspettavamo,” dice allegra, scoccandogli un bacio sulla guancia.
Tuttavia James non riesce a contraccambiare il saluto né a dirle alcunché, perché l’automobile di Lorcan si schianta a tutta velocità contro di loro, dando il suo personalissimo benvenuto al ragazzo.
“Com’è andata con Teddy?”
“Ciao, eh,” scherza in risposta James.
Lorcan sogghigna, ma non ribatte, chiaro segno che sia in attesa di risposta. James, un braccio a circondare le spalle di Rose e l’altro a litigare con lei la proprietà del volante, storce le labbra in una smorfia di fastidio.
“Una rottura di palle,” risponde allora. “Ha tentato in tutti i modi di convincermi a parlargli del Fight Club.”
“Fantastico,” ribatte amaro Lorcan.
Per nulla intenzionata a vederli di nuovo risucchiati da tinte cupe, Rose si affretta a riprendere il gioco per interrompere il discorso. Lorcan si lascia coinvolgere più che volentieri, mentre James continua a pretendere il volante – dopo una gomitata e un piede pestato, però, Rose riesce a ottenere il controllo del veicolo, con sommo disappunto del ragazzo.
Un’ora più tardi e una ruota panoramica bloccata per circa dieci minuti perché James ha trovato rilassante dondolare in cima alla giostra – fatto che ha scatenato l’ilarità di Lorcan e Rose e il panico nei babbani –, i tre si aggirano nei pressi dell’ingresso con la consapevolezza che il sole sia ormai tramontato e il ritorno a casa sia imminente.
“Rosie, non mi convincono, te l’ho già detto l’altra volta.”
“Invece ha ragione lei, sono buoni.”
“Assaggia e sta’ zitto,” dice Rose, premendo un popcorn sulle labbra sottili di James.
Lui, fissando titubante quello che ha definito coso di carta non digeribile, alza gli occhi al cielo e si convince ad accontentarla.
“Allora?” chiede lei.
Lorcan, che continua a mangiarne uno dopo l’altro, osserva divertito le smorfie che si avvicendano sul volto dell’amico.
“Mmh, passabili,” risponde James. “Preferisco i calderotti.”
“Il solito antipatico,” ironizza Rose.
“Ma se non puoi vivere senza di me,” ironizza a sua volta James, stringendola in vita e scoccandole un bacio sulla guancia. “Non voglio tornare a casa.”
Lorcan china lo sguardo, investito dallo stesso desiderio. Ha la sensazione di non avere più forze per affrontare Lysander, né per sopportare l’idea che pagherà colpe a lui estranee. Quando la mano di James lo scuote, solleva gli occhi scuri sul viso dell’altro, incontrando un’apprensione gemella – come sempre, sono l’uno lo specchio dell’altro.
“Non è colpa tua se tuo fratello fa il martire.”
“Lo so, però mi sento una merda lo stesso.”
“Non devi,” insiste James. “Se lui avesse fatto a modo nostro, non si parlerebbe neanche di processo.”
“Gli ho detto anche questo, infatti,” ribatte frustrato. “Niente, non capisce.”
“Continua a non essere colpa tua,” si aggiunge Rose, facendo annuire James. “Te l’ho già detto, hai fatto tutto quello che potevi fare.”
“A parte denunciarmi,” mormora Lorcan, sfuggendo lo sguardo di entrambi.
“Non dire stronzate,” ringhia James, afferrandogli un braccio per richiamarne l’attenzione. “Nella migliore delle ipotesi ti espellono, sai che significa? Non solo addio, diploma, ma anche un anno intero senza vederci. Non scherziamo, Lor.”
“Due, nel mio caso,” dice Rose. “Devo ancora abituarmi all’idea che l’anno prossimo sarà l’ultimo per voi due,” aggiunge mesta.
“Questa è un’altra cosa, Rosie,” sottolinea James. “E poi ci vedremo tutti i fine settima a Hogsmeade, e se voglio mi intrufolo anche a Hogwarts. Col cazzo che non ti vedo per un anno intero.”
Rose avverte un forte calore invaderla a queste parole, ma si limita ad accennare un sorriso incrociando quegli occhi blu pregni di determinazione.
“Potrei fare così anche io,” riflette Lorcan. “Già dal prossimo anno.”
“Idea di merda, no. Tu torni a Hogwarts per il nostro settimo anno, senza macchie sul curriculum. Fine della storia,” ribatte James. “Lysander deve solo farsi i cazzi suoi, al resto pensiamo noi.”
Lorcan lo guarda e si ritrova ad annuire, rimproverandosi per la stupida arrendevolezza figlia dei sensi di colpa – è abituato a ottenere ciò che vuole, sempre, non può permettere alle assurde idee del fratello di frantumargli i progetti.
“Non devo dire stronzate,” dice più a se stesso che a loro. “Né pensarle.”
James annuisce, ma Rose gli si avvicina e gli scompiglia con dolcezza i capelli, rubandogli un mesto sorriso.
“Però ricorda che noi siamo con te in ogni caso.”
“Giusto,” sospira James. “Anche se volessi fare una stronzata, sarei con te, ma in disaccordo.”
Lorcan si concede un sorriso grato e rassicurato, bacia poi la guancia di Rose e dà una pacca sulla schiena a James.
“Devo andare,” dice. “Proverò a parlare di nuovo con Lys dopo cena, magari lo porto qui, giochiamo un po’ e cerco di farlo ragionare.”
“Tuo fratello è un pericolo pubblico tra i babbani,” scherza Rose, facendo ridere gli altri due.
Quando Lorcan si allontana per appartarsi e smaterializzarsi, James le stringe la mano e lei istintiva strizza gli occhi credendo che debbano smaterializzarsi a loro volta, ma lui sogghigna ticchettandole la fronte con due dita.
“Ho la moto, così non ti lamenti.”
Rose solleva le palpebre e incurva le labbra verso l’alto, avviandosi con lui al parcheggio.
“Ceni da me?”
“Solo se mi inviti anche a dormire,” risponde James.
“Non è un invito, il mio letto è il tuo letto, e il tuo letto è il mio letto,” ribatte allegra.
James le cinge di nuovo le spalle con il braccio e la stringe a sé, sbirciandola mentre poggia le labbra sulla propria guancia.
“Teddy è stato molto insistente, vero?”
“Sono a pezzi,” risponde lui. “Mentirgli non mi piace, non l’ho mai fatto. Ma ormai lui lavora con papà, è dall’altra parte.”
“Non è un nemico.”
“Per me chiunque voglia sapere la verità lo è.”
Rose gli dà un altro bacio e lui serra la morsa del loro abbraccio, tentando di quietarsi. Alcuni istanti dopo riprendono il cammino e raggiungono la motocicletta mimetizzata tra gli altri autoveicoli babbani. Sollevatisi in volo non appena possibile, più si avvicinano a Godric’s Hollow, più il pensiero di dover affrontare occhi guardinghi e domande indagatrici li rabbuia.
Prima o poi finirà riflettono, ma una sensazione sinistra, che pressa per impossessarsi di loro, sembra volerli convincere dell’esatto contrario: no, non finirà, né prima né poi.



 


Note dell’autrice: era da un po’ di tempo che progettavo qualche oneshot ispirata a Paradiso Perduto e collocata nel passato del racconto. Questo è uno dei flashback che avrei voluto inserire nella long ma che per ragioni di spazio ho omesso, si tratta della giornata solo citata da Lorcan e Rose quando lei si risveglia dalle ventisei ore di blackout; a livello temporale, come credo si intuisca, si colloca prima dell’amplesso tra i due.
L’occasione e lo sprono per scriverla mi è stato dato da Sofifi, che mi ha “sfidata” in un gioco di scrittura, difatti: questa storia è stata scritta per WordWar indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp, sulla sfida di Sofifi, che mi ha appunto sfidata a scrivere un missing moments di Paradiso perduto incentrato su Lorcan e Rose o su James e Rose.
Immagino lo sappiate già se siete giunti sin qui, ma è edito il Capitolo Diciotto della long, il prossimo è in fase di scrittura. Ho già letto le recensioni al capitolo (❤), vi risponderò al più presto! Intanto, vi lascio con questo piccolissimo scorcio sperando vi sia piaciuto (anzi, se avete curiosità di conoscerne qualcuno in particolare, non mancate di avanzare suggerimenti).

   
 
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