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Autore: Sajoko    17/11/2019    0 recensioni
Bigby Wolf, sceriffo di Fabletown, dopo aver risolto l’intricato caso dell’Uomo storto, continua a svolgere il suo dovere: proteggere le fiabe.
Snow, diventata capo ufficio, decide di assumere un secondo detective. Bigby non è molto entusiasta dell’idea; il suo lavoro implica molti pericoli e non vuole mettere a rischio la vita di un partner.
Poco tempo dopo, in città succede l’imprevedibile: un uomo armato, distrugge il negozio di Johann il macellaio. Misteriosamente, dopo l’arresto, l’uomo muore sotto gli occhi dei due detective. Indagheranno sul caso, ma non sanno che ciò li porterà ad un affare molto più grande ed intricato.
La città di Fabletown è colma d’imprevisti, misteri e soprattutto segreti; e le favole sanno come nasconderli sotto gli occhi di tutti…
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 5: I’m Ecstasi-ed!

Era passata più di mezz’ora da quando Hannah era entrata nella stanza degli interrogatori, eppure non aveva ancora spiccicato parola, solo qualche insulto ben assestato.
Jane aveva passato i primi 20 minuti con l’anziana signora, mentre Bigby era rimasto nella sala accanto ad ascoltare quello che si dicevano. Mentre la collega cercava di far parlare Hannah, lui cercava uno spiraglio dove poter fare breccia e convincerla a raccontar loro tutto ciò che sapeva. Non aveva idea di quanto ci avrebbero impiegato, ma sapeva che sarebbe stato un lungo interrogatorio.
Bigby stava di fronte alla vetrata a specchio nella sala videoregistrazioni e ascoltava Jane confrontarsi con la vecchia farmacista. Stava fumando l’ennesima sigaretta quando Jane iniziò a parlare:

- Hannah, non può continuare a stare in silenzio per sempre. Non ha nemmeno richiesto un’avvocato per difendersi. Cos’ha intenzione di fare? –

Jane era seduta di fronte alla donna in modo tale da farle capire che non fosse una minaccia. Continuava ad insistere con tenacia e pazienza a piccoli passi, come una madre alle prese con la figlia capricciosa. Hannah invece dava l’impressione di capire in che condizione si trovasse e di quanto fosse pericolosa la faccenda in cui si era immischiata. Sembrava seriamente impaurita, ma non per la detective. Jane cercò in tutti i modi di metterla a suo agio, ma sembrava convinta a non voler parlare.
 
Bigby aveva già capito che copriva qualcuno, coinvolto tanto quanto lei, ma decisamente più colpevole; inoltre aveva anche capito che se lei avesse fatto parola, ne avrebbe pagato amaramente le conseguenze.
Jane guardò Hannah e disse:

- Ascolti: chiunque lei stia proteggendo, non potrà farle del male finchè è qui con noi. Possiamo metterla sotto protezione testimoni e nessuno potrà farle alcun male. Ha la nostra parola. –

Hannah si stava contorcendo le mani per la tensione. Voltò lo sguardo impaurito verso Jane, scosse la testa:

- … Proteggermi… che parole rassicuranti. Non sapete neanche difendervi da un cazzotto in pieno muso, figuriamoci da coloro che state cercando! –

Lo sguardo di Hannah si posò sulla vetrata che divideva le due stanze. Bigby capì che stava parlando di lui, poi spense il mozzicone di sigaretta nel posacenere e sbuffò il fumo con un soffio. Hannah tornò a guardare la detective, poi incorciò le braccia al petto, si lasciò cadere sullo schienale della sedia in plastica e disse:
 
- Tsè! Che razza di poliziotti siete? Non sapete nemmeno fare il vostro lavoro! Come posso fidarmi di voi? Mi state trattenedo da ore senza un vero motivo! –

Bigby inspirò profondamente dal naso. Si alzò dalla sedia, fece qualche passo andando avanti e indietro per scacciare la sensazione di fastidio che provava. Era rimasto seduto in quella stanza per troppo tempo e ora aveva bisogno di muoversi. Jane invece sembrava calma e pacata, come se fosse in quella stanza da pochi minuti. Si mise comoda, ponendo leggermente il busto in avanti:

- … Abbiamo il diritto di fermo per le prossime 48 ore. In quest’arco di tempo, che è davvero lungo, può fornirci le informazioni di cui abbiamo bisogno per poter capire con chi abbiamo a che fare. In cambio della sua collaborazione, noi la proteggeremo. –

Hannah fece spallucce. Non diede una risposta vera e propria, ma si limitò a dire che non l’avrebbe fatto, che avrebbero potuto prometterle qualunque cosa in cambio, tanto lei non parlerà.
Bigby ne aveva abbastanza. Non riusciva a trovare un modo per farla parlare; inoltre, era infastidito, arrabbiato, coi nervi a fior di pelle e per questo non pensava lucidamente. Se avessero continuato così, non sarebbero arrivati a concludere nulla. Si avvicinò al vetro e con le nocche delle dita bussò tre volte. Jane e Hannah si voltarono verso il suono, dopo di che, Jane si scusò con la donna e si alzò per uscire dalla sala.
Quando i due detective si ritrovarono nel corridoio, Jane sospirò profondamente:

- Uff… quella donna è un osso duro, non c’è che dire. Oltre ad essere visibilmente spaventata, ma credo che proprio per questo motivo non cederà facilmente. –

Bigby annuì alle parole della collega:

- Già, l’ho pensato anch’io… dobbiamo trovare una strategia diversa, qualcosa che la convinca a parlare. –

Jane annuì. Si strinse nelle spalle e si guardò le punta delle scarpe. Bigby si massaggiò il collo e fece scricchiolare le vertebre. Nel corridoio non c’era nessun’altro, si percepiva solo il passaggio delle auto che sfrecciavano veloci sulla strada e il vento che s’incanalava nei condotti dell’aria condizionata appena percepibile all’orecchio. Bigby inclinò la testa all’indietro e guardò il neon del lampadario appeso al soffitto. Se ascoltava attentamente, poteva percepire il ronzio della corrente elettrica passare nei fili. Chiuse gli occhi e per un momento cercò di non pensare a nulla. Ormai erano settimane che stavano seguendo questo caso e ogni volta che scopriva delle novità, aveva come la sensazione di essere sempre in svantaggio.
Mentre teneva gli occhi chiusi, Jane gli chiese:

- Potremmo andare all’ufficio. Magari Snow e Bufkin hanno trovato qualcosa che può aiutarci. –

Bigby annuì silenziosamente, poi entrambi si avviarono verso l’ascensore. Appena furono di fronte alle porte in metallo lucido, Jane si rivolse a Bigby chiedendogli:

- … Come stai? –

Bigby premette il pulsante e rimase a riflettere alla domanda. Sembrava essere sincera e da qualche parte nella sua voce percepì una nota di preoccupazione. Pensò che sotto quella scorza dura, in fondo, c’era un po’ di dolcezza in lei. Si voltò a guardarla, le sorrise leggermente e rispose:

- Sto bene grazie. Sono solo un po’ stanco, tutto qui. –

Jane annuì in silenzio. Entrambi guardarono le porte dell’ascensore aprirsi, ma rimasero immobili. Le fece cenno con la mano per farla passare e lei ricambiò il gesto con un sorriso stanco ma sincero. Il viaggio in sé durò pochi secondi, ma per qualche strano motivo, a Bigby sembrò passare un’eternità. Avrebbe voluto dire qualcosa di carino a Jane, ma non sapeva esattamente cosa. Non era il tipo da iniziare le conversazioni e, in quel momento, non aveva in mente proprio nessun argomento. La guardò con la coda dell’occhio: si stava osservando in giro, probabilmente presa dal breve e silenzioso imbarazzo. Si domandò se anche lei stesse pensando la stessa cosa: “Cosa potrei chiedergli? Che argomento proporre?”; forse si era resa conto di non conoscerlo ancora bene. Bigby sospirò leggermente, poi si rivolse a Jane:
 
- … Tu invece? –

Jane si voltò verso il collega, rimase per qualche istante in silenzio poi rispose:

- … Bene grazie; cioè, non mi lamento. Mi piace qui. È un lavoro… coinvolgente. –

Bigby annuì. Tornarono al silenzio di prima, ma almeno entrambi erano più rilassati.
Appena entrarono nell’ufficio, i detective notarono che era stato messo in ordine. Con l’aiuto di Bufkin e di altre persone della comunità erano riusciti a fare un ottimo lavoro. Bufkin era intento a leggere dei fascicoli conteneti informazioni riguardanti il caso e, appena vide i due entrare, li salutò con un cenno:

- Buongiorno signori! Arrivate giusti in tempo. Ho fatto delle nuove scoperte. –

Bigby e Jane arrivarono alla scrivania. Jane, felice della notizia, si rivolse a Bufkin:

- Lo speriamo davvero tanto. Quella donna non ha alcuna intenzione di cedere. Che cosa puoi dirci al riguardo? –

Bufkin tirò fuori alcuni fogli conteneti informazioni personali della donna e lo porse alla detective. Jane ascoltava con attenzione, mentre Bigby sembrava assorto nei suoi pensieri. Si guardò attorno per vedere se Snow fosse nelle vicinanze, ma non la vedeva da nessuna parte. Il suo profumo impregnava tutta la stanza, quindi doveva essere li per forza. Bigby si voltò verso Bufkin e gli chiese:

- … Snow è qui? Avrei bisogno di parlarle. –

La scimmia indicò uno degli scaffali in fondo all’ufficio:

- Dietro i ripiani, seconda fila a destra. Aveva detto di voler mettere in ordine le carte degli anni passati, così, per… tenere la mente occupata. -

Bigby annuì, ringraziò Bufkin e lasciò che la collega prendesse tutte le informazioni necessarie per l’interrogatorio. Lui non avrebbe partecipato, perché stare in mezzo?
Arrivò alla fila di scaffali indiciata da Bufkin e cercò Snow tra le enormi pile di carte. Appena voltò l’angolo, la trovò: era intenta a leggere dei fogli in modo frenetico e disattento, uno dopo l’altro, come avesse fretta di controllare qualcosa; atteggiamento insolito da parte sua. Bigby si schiarì la voce per farsi sentire, Snow si voltò leggermente spaventata. Per un istante Bigby credette che fosse immersa in qualche sogno ad occhi aperti, dato che ritornò alla realtà disorientata. Snow fece cadere la pila di fogli che teneva in mano, ma lei si ricompose e con voce imbarazzata disse:

- Oh, c-ciao Bigby. Non ti avevo sentito arrivare. C-che ci fai qui? –

Bigby notò che dal tono della voce, oltre che essere leggermente tremante, era ancora intorpidito dai colpi. La sua voce, decisa e soave, era ovattata, quasi coperta a causa del gonfiore dei colpi subiti. Dovevano farle male, ma non tralasciava alcuna emozione che confermasse. Percepiva una nota di fastidio in lei, ma difficilmente visibile all’esterno. Si avvicinò a lei e disse:

- Sono appena tornato con Jane dalla sala interrogatori. Abbiamo qualche difficoltà a far parlare la farmacista. Vorrei sapere se hai qualche dritta o informazioni utili da darmi. –

Snow annuì leggermente, tornò a leggere i fascicoli che teneva in mano e rispose:

- Oh, ti ringrazio per avermi pensata… purtroppo non sono molto brava in questo genere di cose. La gente di solito viene per parlarmi dei suoi problemi volontariamente, non il contrario. Non saprei proprio come aiutarti… -

Snow prese il fascicolo di fogli e lo ripose in uno scatolone pesante che tentò di sollevare e rimettere sullo scaffale. Bigby la aiutò spostandole uno degli scatoloni già posizionati per farle spazio, affinchè riuscisse ad appoggiarlo e spingerlo per bene sul ripiano. Sapeva quanto lei detestasse essere aiutata, perciò lo fece in modo indiretto. Lei gli sorrise e tornò a frugare tra le scartoffie burocratiche degli anni passati.
In quel momento, la mente di Bigby si fece vuota. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma nell’esatto momento che cercava le parole adeguate, la sua mente si svuotava di colpo.
Oltre a questo, non riusciva a staccare gli occhi dai lividi sul viso. Probabilmente Snow aveva tentato di nasconderli, ma forse erano troppo pronunciati per poterlo fare. Bigby mise le mani in tasca e disse:

- E’ proprio per questo che ti ho pensata: tu sai parlare con le persone; sai come metterle a loro agio e come farle ragionare. E in questo momento, è proprio l’abilità di cui avrei bisogno. –

Snow guardò Bigby con aria amorevole e dolce, come una mamma cui si scioglie il cuore per la gentilezza del figlio. Si ricompose, riprese a mettere via i fascicoli e disse:

- … Ti ringrazio, ma ora non saprei proprio dirti… -

Bigby annuì. La capiva e no voleva forzare troppo la mano. Aveva bisogno di distrarsi, ma a modo suo e con i suoi tempi. Non chiese altro e alla fine si congedò:

- Fa niente, non preoccuparti. Grazie comunque. –

Si voltò, si diresse verso gli scaffali e se ne andò. Non si voltò indietro per guardarla, ma sapeva che Snow lo guardava con aria triste e la mente piena di altrettanti pensieri.
Appena superò gli scaffali di libri, Bigby si passò una mano davanti al viso e inspirò profondamente. Era stanco, provato ed emotivamente distrutto. Tutto questo lavoro, tutto questo peso sulle spalle... era davvero difficile da trasportare. Cercò di riprendersi e si convinse che non era il momento di lasciarsi prendere dallo sconforto. Si sarebbe sentito molto meglio nel sapere che quei criminali molto presto sarebbero finiti in prigione per un bel po’ di tempo. Questa era l’unica consolazione a cui ambiva: non più vendetta, non più uccisioni, non più istinti. Solo lui e il mondo reale. Si riprese, fece un respiro profondo e si diresse verso il tavolo dove Jane e Bufkin stavano controllando alcuni fascicoli. Appena Jane lo vide arrivare, gli si avvicinò con aria euforica:

- Forse lo abbiamo trovato. –

Bigby, incuriosito dalle parole della collega, rimase ad ascoltare:

- Cosa avete trovato? –

- Ricordi quando, nel retro del negozio, due dei criminali stavano caricando la roba nel camion? Uno di loro si è fatto sfuggire il nome “Steve”. –

A Bigby s’illuminarono gli occhi:

- Sarebbe la prima buona notizia della giornata. –

Jane annuì soddisfatta:

- Lo abbiamo identificato: si chiama Steve Mendoza, 34 anni, nato a Salt lake City nello Utah e schedato per la prima volta all’età di 15 anni. Ha iniziato con piccoli furtarelli quali borseggiamento, furto d’auto, risse in luoghi pubblici finchè non si è dato allo spaccio di sostanze e contrabbando al mercato nero. È stato arrestato diverse volte, ma ha sempre avuto la condizionale ed è uscito pagando la cauzione. –

Bigby prese il fascicolo e lo lesse attentamente:

- Arrestato ben 5 volte per aggressioni sessuali verso l’ex-fidanzata, resistenza a pubblico ufficiale e violenza a mano armata in una discoteca. -

Jane guardò il collega con aria coscinete di quello che stava pensando:

- … Quella è solo la minima parte della sua fedina penale. C’è un altro foglio con tutti gli altri crimini medio-alti che ha commesso. –

Bigby rimase a guardare la parte “aggressioni sessuali” e pensò a Snow. Non osò immaginare cosa avesse fatto all’ex fidanzata. Restituì il foglio a Jane e guardò gli altri fogli sparpagliati per il tavolo. Jane lo guardò con aria curiosa e gli chiese:

- A che pensi? -

Bigby rimase col dito a mezz’aria, poi si voltò verso la collega:

- Essendo un pluri-criminale, questo fa automaticamente Hannah una complice pluri-criminale. Se le raccontassimo che abbiamo arrestato Steve e che sta confessando tutto in questo preciso istante, portemmo convincerla a dirci tutto quello che sa per evitare il massimo della pena. –

Jane guardò Bigby con aria sorpresa e incredula. Non era per niente male come idea! Rimase a pensarci su:

- Potrebbe funzionare… ma se non dovesse crederci? –

Bigby prese il foglio che aveva in mano Jane:

- La convinceremo. Appena saprà di non avere alcuna via di scampo, cercherà di contrattare. Fidati di me. So già come persuaderla. –

Jane sospirò. Non avevano avuto alcuna idea e questa sembrava l’unica buona che avessero avuto finora. Non vedendo alternative, la collega cedette:

- … Va bene. Cosa vuoi fare esattamente? –

Bigby consegnò il fascicolo di Steve a Jane e mentre si dirigevano verso la sala interrogatori le spiegò per bene il piano.
Nella sala interrogatori intanto, Hannah stava aspettando l’arrivo dei detective. Era stanca, affamata e impaziente che tutto quel casino finisse. Decise di stiracchiarsi e fare due passi dalla sedia in cui era seduta da ben più di 5 ore e fu proprio in quel momento che Jane e Bigby entrarono all’improvviso. Presa dallo spavento, Hannah sussultò a tal punto da fare cadere la sedia in terra. Si mise una mano sul petto, come per trattenere il cuore che pompava adrenalina a mille nel suo corpo, e rispose in maniera secca e severa ai due detective:

- Ma dico io, siete impazziti? Far prendere uno spavento del genere ad una povera signora anziana? Potevate almeno –

Jane, con tono brusco, diverso dal tono dolce e comprensivo che aveva usato in precedenza, rispose:

- Si sieda. Subito. –

Hannah rimase quasi senza parole dall’atteggiamento della detective, a tal punto che quasi ebbe un brivido per tutta la schiena. Inatanto Bigby aveva raccolto la sedia da terra e le l’aveva sistemata in modo tale che potesse accomodarsi dov’era prima. Hannah si voltò verso il detective che, con la testa, le fece segno di sedersi. Hannah ubbidì senza farselo ripetere.
Dopo essersi accomodata, Bigby si sedette a fianco della collega che intanto si era seduta di fronte ad Hannah. Rimasero in silenzio per qualche istante: lui la fissava con aria torva, mentre Jane sfogliava il fascicolo consegnatole precedentemente. In un silenzio glaciale, Hannah iniziò a preoccuparsi di quello che sta per succedere. Si sistemò la maglia beige chiaro che indossava sulle spalle, si schiarì la voce e attese per qualche istante. I due detective rimasero esattamente come prima fin da quando si erano seduti al tavolo. Questo metteva in soggezione non poco la farmacista. Si schiarì nuovamente la voce e con voce quasi strozzata disse:

- Ehm-ehm… C-cosa volete –

Nelo stesso momento, Bigby le porse una domanda secca, con aria impassibile:

- Lei pensa di essere furba, Sig.na Myers? –

La donna s’interruppe immediatamente. Era molto confusa e non capiva perché i sue detective si comportassero in quel modo. Si sistemò nella sua posizione, si schiarì nuovamente la voce e si inumidì le labbra:

- … I-io non capisco… Perché mai dovrei –

Nuovamente, Bigby interruppe l’anziana:

- Lei pensava davvero che ce l’avrebbe fatta sotto il naso? Ci ha preso per degli stupidi? –

Rimase in silenzio. La tensione dei suoi nervi la facevano sussultare ad ogni singolo movimento. Ogni volta era come uno spasmo incontrollato e agghiacciante che le percorreva la pelle di tutto il corpo. Guardò Jane, che non le prestava affatto attenzioni: continuava a sfogliare quel maledetto fasciolo con non curanza con un espressione seria in viso. Forse la situazione si stava facendo veramente grave.
Hannah degluì a fatica e riprese a domandare con innocenza:

- P-perché mai doveri prendervi in –

Di colpo, Bigby si alzò dalla sedia, la lasciò cadere all’indietro e battè entrambe le mani sul tavolo, incombendo con tutto il corpo di fronte all’anziana signora:

- È inutile che faccia la finta tonta, quindi la smetta con questi giochetti! –

Per lo spavento, Hannah si spostò all’indietro. Non capiva a cosa si riferissero i due detective, ma stava davvero avendo paura. Forse avevano scoperto tutto, forse sapevano cosa aveva fatto! Buon Dio, cosa doveva fare? Cercando di rimettersi in sesto, Hannah domandò:

- … Che state farneticando? Io –

Jane sbattè il fascicolo davanti all’anziana signora su una pagina aperta ritraente Steve, uno dei criminali alla guida del furgone del suo negozio. Lo riconobbe subito. Come lo avevano trovato? Cosa sapevano di lui? Hannah cercò di fare la vaga:

- … Chi è? –

- Steve Mendoza, 34 anni. Alcune ore fa lo abbiamo trovato nei pressi del suo negozio che cercava di riprendere la roba che aveva lasciato nel magazzino. Lo abbiamo arrestato e condotto in centrale per interrogarlo. –

Hannah ebbe un brivido. No, non poteva essere vero.

- … E? Cosa c’entra con me? –

Jane si alzò dalla sedia, mise le mani in tasca e inziò a girare per la sala:

- Ha cantato come un uccellino appena ha visto le prove che lo collegano ad un’aggressione avvenuto nel nostro ufficio. Ha aggredito il direttore del dipartimento causandgli delle contunsioni piuttosto gravi, ha rubato una prova dal nostro dipartimento, aggredito il mio collega e inquinato la scena di un crimine rubandone altrettante. –

Bigby prese parola continuando la frase:

- Per non parlare del fatto che è accusato di collaborare con un cartello della droga illegale. Gli abbiamo mostrato tutte le prove contro di lui, e sa che ha detto? –

Hannah iniziò a sudare freddo.

- Ha detto, che è lei il capo. –

Hannah sgranò gli occhi. Proprio quello che temeva. Il suo incubo più grande era diventato vero. Guardò i due detective e con aria preoccupata disse:

- Cosa? No! no no no, io non centro nulla con questa storia! –

Jane si piazzò davanti ad Hannah con aria cattiva:

- Davvero? Allora perché dei criminali dovrebbero fabbricare della droga nel magazzino del suo negozio? Per divertimento? Lei ha dato la disponibilità per usare la farmacia come laboratorio di sostanze illegali! Steve ha confessato tutto, è inutile negare l’evidenza! –

Hannah iniziò ad andare nel panico. Non voleva finire in prigione, non voleva che finisse così! Cercò di spiegare ai detective:

- No, vi sbagliate! State sbagliando tutto! Sta mentendo! Sono io la vittima qui, non loro! –

Bigby intervenne:

- Steve ci ha spiegato la verisone dei fatti: data la crisi che stava passando il negozio, ha pensato bene di avviare uno smercio di farmaci illegali per il mercato nero della droga. Siccome non ne aveva abbastanza dei guadagni, ha ingaggiato dei criminali per triplicare il suo lavoro in modo tale che venisse nascosto e continuasse la sua attività. Pagava bene i suoi complici e organizzava il tutto vendendo la merce ai clienti in cerca delle sostanze. Lei vendeva droga illegale alla luce del sole! Steve ha già dato la sua deposizione, non può più fare nulla ormai! –

Hannah, presa dal panico, cercò in tutti i modi di convincere i detective:

- No no no, non è vero! Io facevo solo da copertura: Steve e gli altri due uomini lavoravano alla produzione di droghe, caricavano la roba sul furgone e la spedivano non so dove per venderla al mercato nero! Io recuperavo e ordinavo gli ingrdienti, tutto qui! Non ho mai gestito il resto! –

I due detective rimasero in silenzio, mentre Hannah iniziò ad ansimare. Bigby si sedette sulla sedia, poi Jane fece lo stesso. Vedendo la donna nel panico, Jane prese un block-notes e una penna. Appena la donna si calmò, Jane le disse:

- … Se quello che dice è vero, allora le conviene fare la deposizione adesso. Se decide di non difendersi, non potrà più farlo. Si addosserà tutta la colpa e finirà in carcere per il resto dei suoi giorni. –

Hannah, presa dalla paura, decise di parlare. Ormai non aveva alcun senso nascondere tutto:

- … Tempo fa Steve e altri due uomini vennero al mio negozio per propormi un’accordo: il 15% delle entrate se avessi collaborato con loro per la creazione di un laboratorio di nuovi prodotti farmaceutici. Dato il momento di crisi che stavo passando il negozio, accettai senza indugi. Solo più avanti scoprì queli erano le loro vere intenzioni… -

I due detective rimasero ad ascoltare attentamente.

- Ogni giorno arrivavano clienti differenti: chi per le medicine e chi per la droga. Lo si vedeva lontano un miglio per cosa erano venuti. Io facevo la bella faccia al negozio, mentre dietro c’erano quei tre mascalzoni che lavoravano a solo Dio sa cosa! –

Bigby prese dal fascicolo una foto di Eddy e le la porse per farlela vedere:

- Quest’uomo è mai venuto al negozio? Era un cliente abituale? –

Hannah prese la foto, la guardò attentamente e annuì:

- … Sì. Era uno dei clienti fissi del laboratorio. So solo che veniva quando era piuttosto irrequieto, quindi quando era in astinenza… Sembrava così giovane… -

Jane fece una domanda:

- Per caso era un cliente speciale? Conseganavate contienuti diversi per lui? –

Hannah ci pensò un attimo, poi annuì:

- … Sì, spesso gli consegnavo un pacco differente dagli altri. Steve e gli altri mi davano un pacco avvolto da una busta in plastica azzurro e mi dicevano che era per lui. Mi ordinavano anche di scrivergli un biglietto come promemoria per la quantità. –

Jane e Bigby si guardarono, poi Jane chiede:

- E per quale motivo? –

Hannah tirò su col naso e rispose alla domanda:

- Dicevano che era uno abbastanza svitato, che si dimenticava le cose facilmente. -

I due detective rimaser in silenzio. Bigby decise di fare un altra domanda:

- Come si chiamano i tre uomini? –

Hannah tirò su col naso, se lo soffiò e rispose:

- Steve Mendoza, Mark Castille e Dwayne Rhami. Lavoravano esclusivamente nel mio negozio, ma non so se operassero anche in altri posti. –

Bigby annuì mentre Jane prese nota dei nomi dei nomi degli altri due criminali. In quel momento Bigby stava provando una rabbia incontrollabil. Quei tre bastardi aveano fatto del male a Snow. Erano tutti dei criminali spietati e avrebbe voluto spezzar loro le ossa. Cercò di stare calmo e continuò con le domande:

- Per chi lavoravano? Sai il nome del loro capo? –

Hannah esitò per qualche secondo. Guardò Jane, che con aria rassicurante le disse di continuare con calma. Prese un respiro profondo:

- … So solo che sono proprietari di una discoteca in centro città, ma non conosco i loro nomi. –

Sentendo quelle parole, il sangue di Bigby ribollì per tutto il corpo. Jane notò che il collega stava tenne il pugno chiuso talmente stretto da far diventare le nocche bianche. Prese in mano la situazione e concluse l’interrogatorio:

- E’ stata di grande aiuto. Ora valuteremo la sua deposizione e quella di Steve per decidere il da farsi sulle pratiche legali. –

Hannah mise la testa tra le mani sconvolta e provata dalla situazione. Jane e Bigby uscirono dalla stanza e quando furono nel corriodio, Bigby non si trattente:

- Quei figli di puttana… -

Jane chiuse la porta alle sue spalle e si rivolse al collega:

- Bigby, devi cercare di –

All’improvviso, Bigby sferrò un pugno secco e deciso sulla parete di cartongesso, che si frantumò in mille pezzi. Jane fece un passo indietro e sobbalzò per lo spavento. Non disse niente, si limitò a guardare il collega. Quando rimosse la mano dalla parete, Jane notò che stava leggermente sanguinando, ma Bigby non sembrò curarsene più di tanto. Fece scricchiolare il polso e stese le dita con forza per riprendere la sensibilità della mano, poi si diresse verso il corriodio. Prima di andarsene, le rispose:

- Sono calmissimo Jane. -

Lo guardò andarsene verso l’ufficio. Se fosse stato in un contesto diverso, quella frase le sarebbe sembrata sarcastica. Bigby entrò nell’uffico con una tale forza che Bufkin fece un salto per lo spavento. La scimmia si voltò verso il detective mentre si avvicinava sempre di più verso di lui. Si rivolse a Bigby, ignaro di quello che fosse successo:

- Detective Wolf? C-cosa è successo? Avete –

Bigby arrivò al tavolo vicino a Bufkin e bruscamente gli ordinò:

- Devi cercarmi questi tre nomi. Subito! –

Bufkin, spaventato dall’atteggiamento del detective, prese il foglio coi nomi e iniziò a cercarli senza fiatare. La sua mano si stava contorcendo e non si rese conto che le unghie affilate da lupo gli erano apparse per la la rabbia. Quando si guardò il palmo, notò che si era graffiato e tagliato in diversi punti. In quel momento arrivò Jane che raggiunse il collega e cercò di parlargli:

- Che diavolo ti è preso? –

Bigby non rispose e si limitò solo a fare respiri profondi per mantenere il controllo. Aspettò qualche istante, poi Jane continuò a parargli:

- … Senti, lo so che sei arrabbiato per la storia di Snow. Lo sono anch’io, ma dobbiamo essere razionali e non far prendere il sopravvento alle nostre emozioni. Compromettono il nostro lavoro. –

Bigby si volse verso la collega e le rispose:

- Lo so perfettamente Jane. Credi che non lo sappia? –

Jane rimase in silenzio per qualche secondo, poi rispose:

- … Quello che voglio dire è che comprendo quello che provi, perché è lo stesso anche per me. Ma se davvero vogliamo risolvere questo caso, dobbiamo farlo in miglior modo intelligente. –

Bigby sapeva che lei aveva ragione, ma questo non lo aiutava a farlo calmare. Voleva sapere i nomi di quei criminali, voleva vedere le loro facce, andare ad arrestarli e fare giustizia a Snow una volta per tutte.
In quel momento, Bufkin lo riportò alla realtà presentandosi con dei fascicoli schedati. Li porse ai detective e disse:

 - Queste sono le persone che cercava Detective… Per caso sono… -

Jane lo interruppe:

- Potrebbero essere i tre uomini che hanno fatto irruzione, ma non possiamo esserne certi. –

Bigby guardò i volti dei tre criminali presenti nei fascicoli: erano gli stessi tipi del magazzino. In quel momento, preso da un impeto di rabbia, Bigby prese i fogli e si diresse verso gli scaffali dell’ufficio. Jane e Bufkin lo guardarono e lei gli chiese:

- Dove vai? –

Senza voltarsi le rispose:

- A confermare l’identità di quei bastardi. –

Jane non capì subito, poi realizzò cosa volesse fare. Lo seguì preoccupata mentre Bufkin non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Mentre camminava veloce in mezzo alle librerie e gli scaffali colmi di scartoffie, Bigby era in cerca di Snow. Se confermava l’identi-kit di quei tre, poteva procedere al loro arresto. Appena la trovò intenta a sistemare gli ultimi scatoloni, Bigby le si avvicinò e la chiamò. Lei fu sorpresa dalla sua schiettezza e rimase sorpresa nel vedere un lampo di determinazione nei suoi occhi:
 
- Hey... che succede? –
 
Bigby le mostrò i fascicoli e le spiegò tutto:
 
- Forse abbiamo identificato gli uomini dell’aggressione. Ma per esserne certi ho bisogno della tua conferma. –
 
Snow guardò Bigby, poi i fascicoli e infine il detective con aria confusa:
 
- … D’accordo ma cosa –
 
- Voglio che tu dia uno sguardo ai loro volti. –
 
Snow percpì un brivido freddo per tutta la schiena. Bigby si rese conto di averle chiesto uno sforzo immane e, probailmente il riaffiorare di cicatrici dolorose, ma era necessario che lo facese per l’indagine. Durante gli interrogatori, come da prassi, Bigby avrebbe condotto la vittima nella sala, le avrebbe fatto qualche domanda e le avrebbe chiesto di identificare l’aggressore. Ma con Snow era diverso. Tutta la situazione era diversa. Non poteva rinchiuderla in una stanza fredda e fetida e sperare che i ricordi riaffiorassero dal suo inconscio. Non l’avrebbe fatto in questa maniera.
Snow guardò i fascicoli, poi Bigby. I suoi occhi azzurri chiedevano aiuto, mostravano confusione e provavano paura. Si fermò a guardare i volti dei tre criminali e ci rimase a lungo. Dopo interminabili secondi, Snow rispose:
 
- … Dato che avevano il volto coperto non sono certissima al 100%, ma… -
 
Bigby stava aspettando impaziente la conferma di Snow. Voleva sentire quelle parole una volta per tutte.
 
- … Riconosco i loro occhi. Sono loro. –
 
Snow abbassò lo sguardo mentre pronunciava quelle parole. Consegnò il foglio a Bigby che lo prese tra le mani. Solo quando alzò lo sguardo su quest’ultime Snow notò che Bigby stava stringendo i fogli spiegazzandoli. Bigby rimase in silenzio, poi si voltò senza dire nulla.
Jane arrivò proprio in quel momento. Vide il collega e cercò di parlargli:
 
- Cos’ha detto? –
 
Le passò accanto senza neanche guardarla. Jane percepì un’intensa rabbia emergere da Bigby.
Quando uscì dal labirinto di scaffali, Bigby si fermò alla scrivania in legno massiccio, si appoggiò con entrambe le mani e fece qualche respiro profondo. Era furioso. Avrebbe voluto spaccare tutto, qualunque cosa gli fosse capitata sotto le mani. In quel momento sentì di non poter controllare la rabbia che cresceva in lui e sentì un’istinto omicida provenirgli da dentro.
 
Devo calmarmi… devo controllarmi… devo…
 
Jane posò dolcemente la mano sulla spalla del collega. Cercò di farlo calmare e di trovare la ragione:
 
- Bigby, non fare idiozie. Cerca di controllarti. –
 
Bigby chiuse gli occhi. Sapeva che erano diventati di colore giallo-ambra. Fece qualche respiro profondo, poi un altro e un altro ancora, finchè poi si calmò del tutto. Riaprì gli occhi, si voltò verso Jane e disse:
 
- … Voglio arrestare quei figli di puttana oggi stesso. –
 
Jane annuì. Bigby si sentiva ancora avvampare di rabbia dentro, ma riusciva a controllare l’istinto.
Aspettò qualche istante prima di parlare, poi Jane gli fece una proposta:
 
- Ho un idea, ma non credo ti piacerà. –
 
Bigby guardò Jane con aria confusa.
 
- Se quei tre lavorano per Kyle e Frank è possibile organizzare un’imboscata sottocopertura alla discoteca. Qualcuno potrebbe entrare come cliente e cercare di metersi in contatto coi proprietari o con almeno uno dei tre scagnozzi. –
 
Bigby annuì. Come piano poteva funzionare, ma si chiese chi potesse farlo; poi capì:
 
- … Jane, no. E’ fuori discussione! –
 
- Io non sono mai entrata nel locale, non mi hanno mai vista prima d’ora! Ho la copertura perfetta per quest’operazione! Facciamo almeno un tentativo. Controlliamo se ci sono alla discoteca, poi valutiamo ogni aspetto della situazione e poi procediamo all’arresto. –
 
Bigby non era convinto. Non gli piaceva l’idea di lasciar andare Jane nella fossa dei leoni da sola, ma aveva ragione; lei era l’unica a non essere stata mai vista. Ci riflettè a lungo, poi disse:
 
- … D’accordo, ma verrò con te. Ti seguirò a distanza e rimarremo in stretto contatto per tutta l’operazione. Se fai qualche mossa azzardata, ti spedisco al reparto gestione della clientela. –
 
Jane sorrise e annuì. Non sapeva perché, ma aveva un potere incredibile nel convincere Bigby a fare qualcosa. Bigby si passò una mano nei capelli e aggiunse:
 
- Stasera andiamo a pattugliare la zona. Prepara il necessario; potresti entrare in azione anche subito. –
 
Jane annuì e corse a prepararsi. Bigby sospirò e pensò tra sé e sé:
 
Mi auguro che quei bastardi ci rimangano quando li prenderemo. Voglio vedere le loro facce quando li arresterò personalmente
   
 
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