Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    28/11/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prendi il comando
 
Joyce faticò a non ridere davanti agi sforzi di Halux e Akil di parlare con i gromm. I due eruditi a turno si erano esibiti in una serie di grugniti e versi, una specie di danza e l’immancabile uso dei pugni per battere il terreno.
Vi li guardava perplesso. Ogni tanto ringhiava o uggiolava, speso in direzione dei suoi simili, come se si stesse lamentando.
Halux e Akil andarono avanti per un’ora, annotando su dei fogli i vocaboli che imparavano.
“Almeno si stanno rivelando utili” disse Joane passandole accanto.
“Quasi quanto te” rispose Joyce.
Lei la fissò. “Non lo sono?”
“Volevi sacrificare i gromm.”
“L’ho proposto solo per costringerti a fare qualcosa, strega rossa.”
Joyce si accigliò. “Io stavo già facendo molto” disse sulla difensiva.
“La verità è che non sapevi cosa fare” rispose lei con aria di supponenza. “Ricordati che se siamo qui è per merito tuo e di nessun altro.”
“Quante vote vuoi ripetermelo?”
“Quante ne saranno necessarie perché tu ti decida a prendere il comando, strega rossa.”
“Non mi interessa comandare, comanda tu se ne sei capace.”
“Io non sono brava a dare ordini. Ricordi ciò che ti ho detto? Combatti da sola…”
“…Muori da sola” disse Joyce completando la frase.
Joane annuì soddisfatta. “Ho passato la mia intera vita a combattere da sola. Non saprei farlo in altro modo.”
“A Nazdur però ti piaceva comandare.”
“Ammetto di averci provato un certo gusto, ma era solo per arrivare a ottenere i miei scopi, niente più.”
“Anche io ho i miei scopi” disse Joyce.
“Potresti fare molto di più” disse Joane. “Molto. Sembri me quando ero giovane.”
“Quando combattevi con le quattro stelle?”
Joane annuì.
“E cos’è cambiato da allora?”
La strega gettò una rapida occhiata a Bardhian. Il principe di Malinor sorvegliava uno dei capi del condotto, Caldar si era appostato vicino a quello opposto. Galef e Lindisa se ne stavano per conto loro a riposare, pronti e prendere il loro posto. Non avevano smesso un solo istante di parlare a bassa voce.
Joyce avrebbe voluto sapere che cosa si dicessero.
Stanno complottando contro di noi? Si chiese. Galef non ne sarebbe stato capace.
Era leale e premuroso, ma non poteva giurare anche per quella Lindisa. Non le era mai piaciuta, fin dal giorno in cui era venuta a Valonde in visita. E le piaceva ancora meno dopo aver scoperto che era stato lei a convincerlo a disertare e diventare un rinnegato.
Doveva trovare il modo di convincerlo a lasciarla e tornare con lei a nord. Era sicura che suo padre l’avrebbe perdonato, vedendolo tornare di sua volontà e non in catene.
Scacciò quella visione dalla mente e tornò a concentrarsi su Joane. Sembrava che la stesse soppesando con lo sguardo.
“Neanche a me piace quella lì” disse divertita.
“Mi chiedo cosa ci trovi Galef in quella donna.”
“Non dirmi che ti piace anche il principe di Valonde” fece Joane con tono scandalizzato.
Joyce arrossì. “No” esclamò indignata. “Certo che no. Come puoi solo pensare a una cosa del genere? È disgustoso.”
“Perché dovrebbe esserlo? È un bel ragazzo, educato e prestante.”
“Smettila.”
“Sul serio, perché lo trovi disgustoso?”
“Ho i miei motivi” ripose tagliando corto.
I gromm iniziarono a strillare tutti insieme. Subito Galef e Lindisa si misero tra loro e gli eruditi. Halux e Akil erano indietreggiati di qualche passo e si scambiavano occhiate perplesse.
“Che avete combinato voi due?” chiese Joane.
“Assolutamente nulla” disse Akil. “Sembrava che stesse andando tutto bene. Eravamo riusciti quasi a instaurare un dialogo con quello più grosso.”
“Si chiama Vi” disse Joyce.
“Halux ha iniziato a chiedergli dei ragni” disse l’erudito.
“Pessima idea” disse Joane. “Se non l’avete notato, quei ragni sono un flagello per quelle bestie.”
“Gromm” la corresse Joyce.
Joane grugnì.
Halux si accigliò. “Dobbiamo porgli queste domande se vogliamo scoprire qualcosa di più sui ragni. Dove vivono, come si muovono, come pensano.”
“Sono ragni, non pensano.”
“Permettimi di dissentire” disse Halux.
Joane sollevò un sopracciglio. “Vuoi dire che anche i ragni sono intelligenti?”
“Non se presi singolarmente” disse Halux. “Ma tutti insieme formano un corpo complesso. Dovrei osservarli meglio per capirlo davvero.”
“Quando ti metteranno in uno di quei bozzoli potrai studiarli molto da vicino” disse Joane acida. “Per ora dovete scoprire solo come uscire di qui o sarà stato tutto inutile.”
Joyce li lasciò per andare da Vi e gli altri gromm. Sembravano più calmi e quando la videro arrivare sembrarono rasserenarsi.
“Gromm-sa” disse Vi battendo i pugni ed eseguendo un mezzo giro su sé stesso. “Gromm-sa.”
“Gromm-sa” ripeté Joyce. “Ho già sentito questa parola.”
“Gromm-sa. Gromm-sa.” Vi indicò il condotto. “Gromm-sa.”
“Che cosa c’è da quella parte?”
“Gromm-sa.” Vi annusò l’aria. “Gromm-sa.”
“Gromm-sa” ripeté di nuovo Joyce.
È la parola che hanno usato nella valle quando sono arrivata la prima volta, si disse. Non può essere un caso che Vi la stia usando proprio ora.
Tornò da Joane e gli altri. “Forse ho capito cosa stanno cercando di dirci.”
“Continua” la esortò Joane.
“Vi ha usato una parola precisa. Gromm-sa.”
Halux annuì. “È vero. L’ha usata spesso.”
“Credo che indichi la loro valle. Il villaggio dove vivono. Vuole che andiamo lì.”
“Hai detto che è stato invaso dai ragni” disse Joane.
“Vuole che andiamo lì.”
Joane sembrò pensarci. “Non è sicuro.”
Joyce si strinse nelle spalle.
“Decidi tu, strega rossa.”
“Io?”
“Tu conosci i gromm meglio di noi” spiegò Joane. “Li hai visti da vicino. Sai com’è fatta la valle. Sei nella posizione migliore per decidere.”
“E se sbaglio?”
“Moriremo tutti.”
Grazie Joane, pensò Joyce. Ora sì che mi hai reso le cose facili.
Cercò di riflettere sulla risposta da darle. “Se non ci andiamo, non ci porterà da nessuna parte, immagino.”
“Lo penso anche io.”
“E i gromm conoscono questo posto meglio di noi” aggiunse. “Sanno se i ragni sono vicini o meno. La maggior parte delle volte.”
“Vero” disse Galef.
“Quindi direi di fidarci di Vi e andare con loro. Da lì potremo decidere cosa fare. Dalla loro valle partono molti condotti inesplorati. Uno di essi potrebbe portarci all’esterno.”
“O tra le zampe di quei dannati ragni” fece Joane ridacchiando. “Ovviamente spero di no, lo dico anche se mi sembra superfluo specificarlo.”
“Certo” fece Joyce. “Allora siete tutti d’accordo? Andiamo con Vi.”
“Ti abbiamo già detto di sì, strega rossa” disse Joane con tono annoiato. “Non stavamo votando. Verremo perché senza i gromm non sapremmo muoverci da questo posto.”
Joyce decise di ignorarla e tornò da Vi. “Gromm-sa” disse battendo i pugni e facendo mezzo giro su sé stessa.
“Gromm-sa” rispose Vi sicuro avviandosi verso la parte opposta del condotto.
Il corridoio scendeva nelle tenebre con una leggera pendenza. Joyce e gli altri evocarono le lumosfere per penetrare l’oscurità.
I gromm non avevano paura di fissare le luci e non ne sembravano infastiditi. Se lei avesse usato la vista speciale, la luce delle lumosfere l’avrebbe accecata per qualche istante.
Lo chiese ad Halux.
“Hanno una specie di terza palpebra davanti agli occhi” spiegò l’erudito.
“Una terza palpebra?”
Halux annuì. “Tutti noi abbiamo due palpebre, hai presente quando chiudi l’occhio?”
“Lo so che cosa sono le palpebre” esclamò Joyce esasperata. “Spiegami perché i gromm vedono al buio e non sono infastiditi dalle lumosfere.”
“Sto cercando di dirtelo” fece Halux spazientito. “Se mi ascoltassi.”
“Ti ascolto” disse Joyce.
“La terza palpebra è una sorta di velo che i gromm sono capaci di stendere sopra i loro occhi. Hai notato quando li chiudono e li riaprono?”
Joyce annuì. Un paio di volte aveva notate che Vi chiudeva e riapriva gli occhi quando fissava la luce della lumosfera.
“È così che fanno calare la terza palpebra sui loro occhi.”
“Lo fanno anche alcuni serpenti” disse Akil. “E le lucertole.”
“E alcune rane” disse Halux. “E molti altri animali che vivono vicino all’acqua.”
“I gromm non vivono vicino al lago” disse Joyce.
“Non ora, ma forse una volta sì” suggerì Halux. “Prima che Urazma li portasse qui sotto, dovevano vivere vicino ai fiumi o ai laghi. O al mare. Magari erano dei bravi nuotatori, chi può dirlo?”
“Può darsi” disse Joyce. “Quindi usano la terza palpebra per proteggere i loro occhi.”
“Sono bestie interessanti” disse Halux.
“Non sono animali.”
L’erudito sospirò.
“Secondo Bento Karris, anche l’uomo è un animale” disse Akil.
“Karris era un idiota” fece Halux.
“Io lo definirei più un visionario. Alcune delle sue ipotesi vengono ancora dibattute nelle accademie di mezzo mondo.”
I due eruditi iniziarono una discussione che a Joyce non interessava. Raggiunse Caldar e Vi in testa al gruppo. Ora che marciavano insieme ai gromm il condotto sembrava essersi ristretto, ma era solo un’impressione. Le pareti erano lisce e perfette, come se fossero state scavate nella roccia viva solo il giorno prima e non millenni.
Come c’era riuscita Urazma era un mistero. I condotti si diramavano in decine di gallerie. Alcune erano dei vicoli ciechi, altri proseguivano per centinaia di passi e poi tornavano indietro. Non sembrava esserci uno schema preciso in quelle gallerie.
Sembravano costruite per confondere un esploratore.
O un intruso, pensò Joyce.
Forse era quella il modo che Urazma aveva trovato per difendere il santuario. Confondere i nemici facendoli perdere in quel labirinto, dove sarebbero morti cercando una via d’uscita.
Era un modo davvero crudele e spietato di uccidere un nemico, si disse Joyce.
I gromm sembravano conoscere la strada da seguire. Come ci riuscissero era per lei un mistero. Dopo una quindicina di svolte e bivi aveva perso l’orientamento.
“Continuo a pensare che sarebbe stato meglio usarli come esche” disse Joane.
Joyce la ignorò e andò da Bardhian. Il ragazzo non sembrava preoccupato e avanzava scrutando le pareti di roccia come se sperasse di trapassarle con lo sguardo.
“Tua madre sa essere davvero insopportabile” disse sbuffando.
Bardhian distolse lo sguardo da lei.
Joyce capì di aver usato le parole sbagliate. “Scusa. Non volevo ricordarti chi o cosa è Joane. Volevo dire…”
“Lo so” disse Bardhian. “Ma Joane è proprio quello che hai detto tu. È mia madre e dovrò accettalo, prima o poi.”
“Bene” disse. “Anche lei sembra stia accettando che tu sia suo figlio. Quello che voglio dire è che non sembra più intenzionata a… “esitò.
“Uccidermi?”
“Esatto.”
“Ciò non fa di lei una buona madre.”
“Sta facendo quello che può. Dalle del tempo.”
Soprattutto dalle il tempo di terminare il tuo addestramento, si disse.
Era triste pensarlo, ma Joane le serviva per spronare Bardhian a raggiungere il suo limite. Solo così sarebbe stato utile nella battaglia a nord, contro i Colossi e Malag.
“Certe cose non possono cambiare” disse Bardhian triste. “Nemmeno con anni di tempo a disposizione. E noi non li abbiamo.” Trasse un profondo sospiro. “Mi chiedo se ho dei fratelli.”
Joyce fece per dire qualcosa.
“Lo so che ho dei fratellastri, non c’è bisogno che me lo ricordi. Intendevo dire se ho fratelli figli di Joane.”
“Forse dovresti chiederlo a lei. Penso che tu abbia il diritto di saperlo.”
“Perché non glielo chiedi tu al posto mio?”
“Perché proprio io?”
“Credo che a te lo direbbe.”
“Cosa te lo fa credere?”
“Le piaci.”
Joyce si accigliò. “Non penso proprio di piacerle.”
“Invece sì.”
“Mi tormenta da quando siamo entrati nel santuario. Sembra quasi che ci trovi piacere.”
“Forse è così, ma allenandomi con lei ho iniziato a conoscerla un po’ meglio. Se ti tratta così è solo perché vuole migliorarti. A me ha fatto passare i sette inferi prima che riuscissi a eseguire un incantesimo esattamente come voleva lei.”
“Va bene” disse Joyce poco convinta. “Glielo chiederò.”
“Grazie.”
Trovò Joane in disparte. “Devo chiederti una cosa.”
Joane la guardò incuriosita. “Domanda pure.”
“Bardhian ha dei fratelli?”
“Certo che ne ha. Klarisa, Ronnet e altri due o tre di cui ora mi sfugge il nome.”
“Mi riferivo a figli tuoi, Joane. Ha dei fratelli da parte tua?”
“Perché vuoi saperlo?”
Joyce fece spallucce. “Semplice curiosità.”
Joane scosse la testa. “No. Non li ha.”
“È perché tu non li hai voluti o…”
“Questa è una domanda un po’ personale, strega rossa. Ma te lo dirò lo stesso. Non ho altri figli perché dopo Bardhian non potevo averne altri, mai più.”

Prossimo Capitolo Lunedì 2 Dicembre
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor