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Autore: heliodor    02/12/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La maledizione dell’Erede
 
Joyce la fissò sorpresa. “Non puoi averne più? Hai una specie di malattia?”
Sapeva che le donne potevano perdere la capacità di procreare. C’erano malattie e a volte la vecchiaia precoce le rendeva sterili. Altre volte erano veleni o pozioni ingerite per sbaglio.
“No” disse Joane. “È il pegno da pagare per aver generato un Erede.”
“Pegno?”
Lei annuì. “È la maledizione dell’Erede.”
“Cosa sarebbe?”
“Chiedilo a Gladia quando e se la rivedrai. Fu lei a parlarmene la prima volta.”
“E nonostante questo hai deciso di avere Bardhian?”
“Allora ero stupida. E non credevo a certe cose.” Scosse la testa.
I gromm ricominciarono a strillare distogliendo la sua attenzione da Joane e la maledizione che l’aveva colpita. Corsero verso la testa del gruppo, dove Caldar e Galef si erano fatti da parte. Vi e gli altri gromm battevano i pugni contro una lastra di metallo che chiudeva il condotto.
“Gromm-da, gromm-da” gridarono mentre scalciavano la porta.
Joane li guardò accigliata. “Che stanno facendo?”
“È il loro modo di bussare” rispose Joyce.
Lei la guardò interdetta. “Non attireranno l’attenzione dei ragni?”
“A questo punto non ha molta importanza” disse Caldar. “Questo posto è una trappola. Solo i gromm ci possono portare fuori. Lasciamoli fare.”
“In fondo è il piano della strega rossa.” Joane ghignò. “Cosa può andare storto, a parte morire in modo inutile e orribile?”
“Ti ho già detto che…” iniziò a dire Joyce.
La porta vibrò, stavolta non sotto i colpi dei gromm. Vi e gli altri presero a battere più forte i pugni, come se quello bastasse a rendere più rapido il movimento della porta.
“Gromm-da, gromm-da.”
Uno spiraglio si aprì tra la porta e il condotto. I gromm si aggrapparono al bordo e tirarono verso l’esterno, provocando la caduta di terriccio che non veniva smosso da secoli.
“Gromm-da” esclamò Vi entusiasta. “Gromm…” La sua espressione mutò all’improvviso, come se la consapevolezza di qualcosa lo avesse colpito. “Gromm?” Si sporse oltre lo spiraglio. “Gromm?”
Gli altri gromm stavano annusando l’aria e si erano fatti da parte.
Spinta dalla curiosità Joyce si avvicinò alla porta. “Hai trovato qualcosa?” domandò.
Vi fece un passo indietro. “Gromm” disse con tono perplesso. “Gromm.”
“Se fossi in te non mi avvicinerei troppo” disse Joane.
“Non mi sembra che…” iniziò a dire Joyce. La porta, sebbene fosse pesante quanto mille uomini adulti, si spalancò all’improvviso, come se azionata da una molla. Zampe lunghe e un corpo gigantesco fece capolino dall’altra parte.
Joyce si ritrasse d’istinto ma non fu abbastanza veloce. Piccole zampe pelose le passeggiarono addosso, schiacciandola al suolo. Tentò di urlare ma tutto quello che le uscì dalla gola fu un gorgoglio incomprensibile.
Rotolò sulla roccia graffiandosi gomiti e ginocchia mentre veniva travolta da un fiume in piena di piccoli ragni che stavano invadendo il condotto.
Tentò di rialzarsi, ma scivolò nella bava viscida lasciata dai ragni. Zampe le afferrarono il corpo e la trascinarono verso la porta. Tentò di divincolarsi, ma altri ragni le si gettarono addosso bloccandole le gambe e le braccia.
Venne strascinata sulla roccia e batté la testa contro il bordo della porta di metallo. La vista le si annebbiò e per un tempo indefinito si sentì galleggiare e poi avvolgere da qualcosa di caldo che le si appiccicava alla pelle.
Mi stanno chiudendo nel bozzolo, pensò sgomenta. Se non mi libero subito rimarrò intrappolata.
Scalciò e premette contro la sostanza che si stava indurendo. Le mani affondarono un po’. Quando cercò di tirarle via, fece una fatica enorme. L’aria cominciava a essere viziata e faticava a respirare.
Morirò soffocata, pensò.
Cercò di appoggiare i palmi delle mani al bozzolo, ma con le braccia bloccate lungo il corpo riusciva a muoversi appena.
Pensò di evocare il raggio magico, ma non potendo dirigere le mani dove voleva, correva il rischio di colpirsi da sola.
Il pensiero di ferirsi mentre si trovava lì dentro la rese ancora più sgomenta.
Si sentì sollevare e poi rovesciare all’indietro e sotto sopra. Attraverso la sostanza traslucida del bozzolo vedeva le ombre dei ragni correre su e giù, affannandosi a percorrere con le loro zampette la superficie esterna del bozzolo.
Iniziò a dondolare avanti e indietro.
Mi hanno appesa a qualcosa, pensò spaventata.
Era a un passo dal cedere al terrore cieco e mettersi a urlare, quando udì un ruggito attutito dal bozzolo. I ragni smisero di andare sue e giù e sembrarono disperdersi. Altri ruggiti furono seguiti da rumori sordi di corpi che venivano sbattuti con violenza contro qualcosa. Vide le ombre dei ragni convergere verso un punto e ammucchiarvisi. Qualcosa di enorme emerse dal mucchio e i ragni vennero scagliati via con violenza. Alcuni colpirono il bozzolo e Joyce sentì l’impatto attutito.
La figura enorme si mosse con andatura ciondolante verso di lei e per un lungo istante sembrò esitare. Joyce ruotò su sé stessa e perse di vista la figura. Il bozzolo si lacerò all’altezza delle sue gambe e una mano pelosa emerse dal foro afferrandola.
Joyce urlò per lo spavento mentre veniva tirata fuori dal bozzolo con forza. Scivolò attraverso strati di sostanza appiccicosa e si ritrovò a boccheggiare al suolo.
Sopra di lei, una figura enorme sembrava vegliarla. Alzò gli occhi verso l’alto e sputacchiò pezzi di bozzolo che aveva ingoiato per sbaglio.
“Belben” disse con voce roca.
Il gromm aveva il petto e le gambe coperte di ferite e sanguinava da un paio di esse. Il pelo sembrava essergli stato strappato all’altezza del braccio destro e si vedeva la pelle sottostante, che era bruna e grinzosa.
“Belben” ripeté Joyce. “Sei tu?”
“Gromm.”
“Che ci fai qui?”
“Gromm.”
Joyce tossì e cercò di rialzarsi. Scivolò e si sostenne puntellandosi sulle braccia. Ci riprovò un istante dopo riuscendo a issarsi su gambe malferme. Sentiva dolore ovunque.
“Gromm?”
Joyce annuì. “Dammi qualche istante.”
Diede un’occhiata al bozzolo che giaceva aperto in un angolo. Il pensiero di essere finita lì dentro la terrorizzava ancora.
“Come hai fatto a scappare?”
Belben grugnì, mimò il gesto di afferrare e schiacciare e batté i pugni sul pavimento.
“D’accordo, direi che è abbastanza chiaro.”
La grotta in cui l’avevano portata era poco più di una nicchia scavata nella roccia viva. I ragni piccoli e grandi che Belben aveva ucciso erano ammonticchiati vicino all’entrata. Joyce era certa che ce ne fossero molti altri lì fuori desiderosi di incrementare le loro scorte di cibo infilandoli in qualche bozzolo.
“Ho incontrato Vi e altri” disse ricordando le ultime ore precedenti alla sua cattura.
“Gromm?”
“Gromm-Vi” disse Joyce.
“Gromm-Vi” fece Belben.
“Gromm-sa” disse. “Gromm-sa.”
Belben scosse la testa con vigore.
“Non è sicuro lì?” gli chiese.
Il gromm emise un ringhio.
Gromm è quando dicono di sì, pensò Joyce. Ringhiano quando dicono di no.
“Gromm-un” disse Belben. “Gromm-un.”
“Gromm-un?” chiese Joyce. “È un posto o una persona?”
“Gromm-un.”
Joyce sospirò.
Se almeno avessi un modo per tradurre la vostra lingua, sarebbe tutto più facile.
“Troll-na” disse Belben. “Gromm-un.” Indicò l’uscita.
“Hai fretta di andare via? Ci sono altri ragni in arrivo, non è così?”
“Gromm.”
“Prima devo trovare i miei amici. Li ho persi di vista e sono preoccupata per loro.” Si avviò all’uscita.
Belben la seguì, ma quando lei si diresse a destra emise un profondo ringhio.
“Che c’è da quella parte?”
Belben ringhiò e sbuffò.
“Niente di buono, immagino.”
“Ur-za” disse Belben.
“Ur-za?”
Il gromm ringhiò e scosse la testa. “Ur-za- gromm-na” disse indicando la direzione opposta.
Joyce annuì. “Lo so anche io che è pericoloso andare da quella parte, ma è lì che si trovano i miei amici. Devo aiutarli se sono in pericolo.”
O vendicarli se i ragni li hanno mangiati, si disse.
“Gromm-na” piagnucolò Belben indicando l’altra strada.
Joyce ringhiò. “Mi spiace” disse. “Li ho portati io qui. Non posso andare via e lasciarli indietro.”
“Gromm.”
“Mettiti in salvo. Stavolta sul serio.”
Joyce andò nella direzione opposta a quella di Belben. Seguì il cunicolo scavato nella roccia senza sapere dove stesse andando, ma era certa che da qualche parte sarebbe arrivata. Piccoli ragni grandi quanto una mano percorrevano il condotto in entrambi i sensi.
Per un attimo Joyce aveva temuto che l’attaccassero, ma i ragni l’avevano ignorata. Procedendo trovò altri condotti che sembravano confluire in quello che stava seguendo. Da ciascuno di questi proveniva un flusso ininterrotto di piccoli ragni che si spostavano in file ordinate. Provò a spezzare quel flusso mettendosi in mezzo, ma i ragni la evitarono e ripresero la loro marcia.
Le file di ragni confluivano una nell’altra come i condotti. Le due cose dovevano essere collegate, perciò decise di seguirli.
Ogni tanto incrociava qualche ragno grosso come un cane, ma anche questi la ignoravano. Proseguì per quasi mezz’ora incontrando altre file di ragni che si muovevano nella stessa direzione. Quelli nuovi trasportavano qualcosa tra le mandibole.
Afferrò un ragno e lo sollevò per esaminarlo meglio. Tra le mandibole serrate si intravedeva qualcosa di rossastro e ricoperto di peli. Joyce lo avvicinò agli occhi e subito lo gettò via disgustata.
Il ragno aveva tra le mandibole un pezzo di braccio. L’arto era stato tagliato ai due lati e stillava ancora qualche goccia di sangue.
Dei, si disse, dove avranno preso quell’orrore?
Le tornarono in mente i corpi dei gromm e di altri animali avvolti nei bozzoli. Erano la loro riserva di cibo.
Ma cosa, o chi, alimentavano? Si chiese. Qualcosa di molto grosso fu la risposta che si diede, vista l’enorme quantità di ragni che trasportavano piccoli animali e pezzi strappati ai poveri gromm.
Animali da allevamento, li aveva definiti Joane. Forse era davvero così. I ragni allevavano i gromm per poi catturarli e trasformarli in riserve di cibo.
Quante volte prima di allora il nascondiglio dei gromm era stato attaccato?
Il condotto terminava con un precipizio. I ragni proseguivano arrampicandosi sulle pareti irregolari. Lei si fermò e gettò uno sguardo in basso, dove migliaia di quelle creature si stavano dirigendo verso un punto al centro della grotta.
Lì si stagliava una figura imponente. Un ragno che doveva essere alto almeno quanto cinquanta o sessanta uomini adulti torreggiava su tutti gli altri.
C’erano altri ragni più piccoli, ma comunque grandi come carrozze o cavalli. Si muovevano attorno al gigantesco ragno al centro, eseguendo una sorta di danza.
Il rumore delle mandibole era assordante.
Tik
Tik
Tik
Anche se lo trovava irritante, dovette ammettere che era al tempo stesso trascinante. Dovette lottare contro la sua volontà per non mettersi a battere i denti per unirsi a quel concerto.
Rimase aggrappata al bordo del condotto, osservando in silenzio la scena che si svolgeva di sotto. I ragni trasportavano il cibo fino al grande ragno al centro della grotta e lo depositavano davanti alle enormi mandibole nere e ricurve che scattavano di tanto in tanto.
Joyce decise di chiamarlo la regina dei ragni.
La regina ragno si chinava in avanti flettendo le enormi zampe anteriori e afferrava il cibo con le mandibole. Sempre con queste lo masticava prima di ingoiarlo.
Era un pasto lento e metodico in cui non c’erano pause. Ogni tanto alcuni ragni piccoli si staccavano dal gruppo principale e depositavano il cibo trasportato davanti ai ragni di minore stazza.
Questi attendevano pazienti prima di lanciarsi sul cibo, a volte lottando tra di loro per il sopravvento. La regina ragno sembrava osservarli con la pazienza di una regnante che osserva i suoi sudditi litigare per le briciole mentre lei gode della maggior parte delle ricchezze del regno.
“Ha fatto la stessa impressione anche a me quando l’ho vista” esclamò una voce alle sue spalle.
Joyce trasalì e si voltò di scatto. Halux, il viso graffiato e imbrattato di sangue, apparve nella penombra.
“Stai bene” esclamò Joyce sollevata vedendo l’erudito
Halux accennò un mezzo sorriso. “Anche tu. Eravamo in pena per te dopo che i ragni ti hanno presa. Come hai fatto a liberarti?”
“Mi ha aiutata Belben.”
Halux si accigliò. “Era il gromm che abbiamo incontrato al santuario?”
Joyce annuì.
“Credevo fosse morto.”
“Anche io.”
“Non è facile buttare giù quei giganti. Il loro aiuto ci farebbe comodo.”
“Il loro aiuto?”
Halux annuì.
“Per fare cosa?”
Indicò col braccio teso la regina ragno. “Per uccidere quel bastardo, il ragno supremo, prima che divori tutto quanto.”

Prossimo Capitolo Giovedì 5 Dicembre

 
  
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