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Autore: Malia_    02/08/2009    14 recensioni
Noia.. come ogni lunedì mi ritrovai a braccia conserte sul banco dell’aula di spagnolo. E come ogni giorno, ogni lentissimo giorno, mi sentii trasportare da quei sentimenti di disgusto verso il mondo circostante. Monotonia..Le mie mattinate? Cadenzate da ritmi “normali”, immobili, o forse il termine adatto poteva essere, sì.. “privi di senso”.. la scuola era probabilmente il luogo della mia eterna sopportazione perenne.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ed eccomi qui anche ad aggiornare Midnight Sun... scusate l'assenza. Allora... eravamo rimasti al Peluche... e vi rendete conto che siamo quasi alla radura?? E io la sto scrivendo lo sapete? Ebbene sì, proprio in questo momento... eheh... Chiedo profondamente scusa. So che aspettate gli aggiornamenti con ansia e per farmi perdonare il prossimo capitolo sarà lungo 8 pagine ahaahahha.. ebbene sì è già scritto. Spero di poterlo postare a breve, vi preparo psicologicamente. Allora che dire, Midnight Sun continua... non mi sono fermata e arriverò fino alla fine, sperando che questa storia vi possa piacere sempre di più. Buona lettura e grazie dei bellissimi commenti e del sostegno. Mali





Il giorno prima.





La aspettai in macchina come al solito, ero lì nel momento stesso in cui suo padre si allontanava dalla loro casa, ero ansioso, desideroso di rivederla. Spensi il motore e attesi, ma lei era già sulla soglia della porta, con gli occhi sgranati, meravigliata come sempre del mio arrivo tempestivo. La vidi con la cartella in mano correre e raggiungermi. Mi preparai all’agonia. Aprì lo sportello e si infilò dentro quasi cadendo, il dolore mi colpì in pieno petto lasciandomi boccheggiante. Il suo profumo era dolce e forte di prima mattina, una vera tortura. Respirai lentamente per controllarmi meglio e le sorrisi.

- Dormito bene?-. Cercai inutilmente di nascondere la mia voce arrochita dal desiderio, ma non ci riuscii e la vidi rabbrividire.
- Sì, e la tua nottata com’è stata?-. Mi guardò fisso e io ammutolii. L’adrenalina tornò a scorrere nelle mie vene al ricordo della sua pelle nuda, del suo profumo caldo subito dopo aver fatto la doccia. Trattenei il respiro stordito.
- Piacevole-. Sorrisi, ghignando divertito e immaginandola ancora con il peluche a cui aveva dato il mio nome. “Edward il paperotto”.
- Posso chiederti cos’ hai fatto?-. Domandò poi incuriosita dalla mia strana reazione. Scossi la testa cercando di rimanere serio, ma il suo visino interessato mi fece solamente sorridere intenerito.
- No-. Le sussurrai dolcemente – Oggi è ancora mio-.
Tremò e abbassò subito lo sguardo imbarazzata. Avere quell’effetto su di lei mi piaceva tanto, anche troppo. Il mio piccolo cerbiattino era solo mio.
La giornata volò e io rimasi incredulo nel notare come il tempo scorresse veloce in sua compagnia. Mi ritrovai troppo presto nel corridoio per andare in mensa, con lei al mio fianco, a farle ancora domande sulla sua famiglia, ma soprattutto su sua madre, Renèe. C’era però un pensiero che continuava a torturarmi da quando avevamo iniziato quella conversazione.
- Hai mai…-. Mi fermai deglutendo e la vidi sedersi di fronte a me perplessa.
Fissai il vassoio sul tavolo sghignazzando e rendendomi conto di quanto dovevo sembrarle ridicolo. O forse no… Alzai lo sguardo e lo puntai nei suoi occhi nocciola.
- Hai mai avuto un ragazzo?-. Le domandai di getto facendole andare di traverso la coca-cola. Tossì per qualche minuto sotto i miei occhi divertiti e in attesa.
- Oddio no!-. Rispose quasi urlando. Sospirai di sollievo e mi chiesi il perché di tutta quella stupidità adolescenziale che mi aveva colpito. Stavo regredendo, ormai il processo non avrebbe avuto fine. “Sto tornando ragazzino”.
- Perciò non sei mai uscita con qualcuno che ti piaceva?-. Masochismo allo stato puro. Ero stupito dal fatto che lei non avesse mai avuto un ragazzo, meravigliato e incredibilmente felice che le piacessi solamente io, il pensiero di un altro con lei mi terrorizzava.
Addentò la ciambella che aveva nel piatto e mi guardò soppesando le sue parole.
- Non a Phoenix -. Mormorò arrossendo vistosamente e concentrandosi in modo esagerato su ciò che stava mangiando. Mio malgrado sorrisi, anche se nervosamente.
Decisi di cambiare argomento per evitare ulteriore imbarazzo e subito un altro problema mi venne in mente.
- Forse oggi era meglio che tu venissi da sola-. Le dissi osservandola masticare lentamente. Ancora una volta mi fissò stupita.
- Perché?-. Chiese timorosa. Mi allungai sul tavolo per notare lo sconforto e la tristezza nei suoi occhi e riconobbi anche la mia, non volevo lasciarla, ma dovevo.
- Dopo pranzo vado via con Alice-. Le risposi enigmatico. Forse avrei dovuto dirle la verità, ma volevo prima capire la sua reazione. Si rabbuiò e fu come una pugnalata in pieno petto.
- Oh-. Fece poi sorpresa e delusa - Non c’è problema, farò una passeggiata-. La sua voce aveva un tono triste e afflitto e io mi diedi mentalmente dell’idiota per averle detto tutto in quel modo. Cercai di riparare.
- Non intendo farti tornare a casa a piedi. Andiamo a prendere il pick-up e lo portiamo qui-. Le dissi poi ripensando alla conversazione con Alice di quella mattina. Sul suo viso si disegnò un’espressione incredula e lei scosse la testa sospirando.
- Non ho le chiavi, davvero non è un problema-. Ma i suoi occhi non dicevano la stessa cosa. Le dispiaceva, non se lo aspettava ed ora io ero la causa della sua tristezza. Lo leggevo nel suo sguardo, non voleva stare lontano da me, ma questa volta non potevo non andare a caccia.
- Il tuo pick-up sarà qui e la chiave sarà nel quadro, a meno che tu non tema che qualcuno lo rubi-. Scossi la testa convinto. Non l’avrei lasciata da sola per la strada, viste le precedenti esperienze, ma indubbiamente pensare che qualcuno potesse rubarle il pick-up mi fece scoppiare a ridere. L’occhiataccia che mi lanciò fu un chiaro segno di ripresa.
- D’accordo-. Proruppe in tono di sfida. Ah sì? Pensava forse che non avremmo trovato le chiavi? Sghignazzai e mi avvicinai al suo viso facendola indietreggiare interdetta. Senza pensarci tirai fuori la lingua e le feci una boccaccia. A quel gesto inaspettato spalancò la bocca incredula e il resto della ciambella le cadde dalle mani. “Idiota”. Sembravo un ragazzino appena uscito dalle medie. Ma lei arrossì e trattenne il respiro fissandomi affascinata e cercando di fermare il battito forsennato del suo cuore.
- Dove andate?-. Cercò di rimanere disinvolta, ma non ci riuscì.
- A caccia-. Chiusi le palpebre per qualche secondo, non volevo vedere la sua reazione. Ma poi mi ripresi - Se voglio restare solo con te domani, devo prendere tutte le precauzioni possibili-. Mi resi conto presto della paura che avevo di rimanere da solo con lei e non volevo leggere lo stesso terrore nei suoi occhi, non lo avrei sopportato. – Ricorda che puoi sempre annullare la nostra uscita-. Mormorai con lo sguardo implorante. Non sapevo cosa dire. Desideravo tantissimo stare con lei, ma allo stesso tempo mi odiavo perché per me era impossibile farne a meno e avevo tentato di tirarmi indietro sperando che lei potesse decidere per me. Era troppo pericoloso, troppo. Perché non voleva capirlo? E perché io mi ostinavo ancora?
- No…-. Abbassò lo sguardo fissando il tavolo sconsolata – No, no… non posso-. Bisbigliò tornando ad affogare nella notte del mio sguardo. Fui felice, maledettamente felice di quella sconsideratezza, del suo coraggio, la volevo troppo per lasciarla andare, ma mi disgustavo per il mio egoismo, per la smania di starle sempre addosso. L’avrei soffocata di questo passo.
- Forse hai ragione…-. “Stupido”. L’avevo ammesso, così avevo ammesso palesemente il mio bisogno di lei. E in fondo ormai non mi importava più nulla… volevo considerarmi parte della sua vita, parte di lei.
La mia mano allora si avvicinò alla sua e le nostre dita si sfiorarono lentamente. Lessi la mia stessa emozione nei suoi occhi. Chinò ancora il capo sfuggendomi.
- A che ora ci vediamo domani?-. Domandò ancora più triste dopo la mia carezza. Lasciarci era uno strazio, ma non potevo fare altrimenti, speravo che lo capisse.
-Dipende. È sabato, non vuoi dormire un po' più a lungo?-. Le chiesi gentilmente. Quella notte non aveva dormito molto, probabilmente la sera sarebbe stata molto stanca, sarebbe crollata esausta. “Il solito paparino amorevole, ma bravo… e poi la spii di notte”.
- No-. Ansimò troppo in fretta stringendo i pugni. Sorrisi, voleva stare con me. Un brivido mi scosse completamente e l’emozione mi tolse il respiro. Dovevo controllarmi.
- Al solito orario, allora, ci sarà Charlie?-. Mi portai le mani sotto il mento perplesso. Sarebbe stato divertente leggere i pensieri del capo Swan mentre uscivo con sua figlia. Senza dubbio non troppo gentili.
- No, domani va a pesca-. Rispose sicura. Aggrottai le sopracciglia stupito… quante coincidenze. Ma cosa avrebbe pensato Charlie se non l’avesse vista tornare? Non sapeva nemmeno con chi sarebbe uscita. Non volevo questo, almeno suo padre avrebbe dovuto sapere.
- E se non torni a casa, cosa penserà?-. Mi rabbuiai dando sfogo a quel pensiero. La mia voce suonò fredda, gelida, tagliente. La guardai mentre un tremito percorreva il suo corpo e sussultava sorpresa dalla mia reazione improvvisa e scostante.
- Non ho idea...-. Rispose ripensando le mie parole, seria - Di solito il sabato faccio il bucato. Penserà che sono caduta nella lavatrice-. Non si scompose, rimanendo tranquilla come se dalla sua frase dipendesse il destino della sua vita, ma non mi sfuggì la sua smorfia sarcastica.
Non lo trovai divertente, assottigliai le palpebre mentre un sorriso le si delineava appena sul volto pallido. Le lanciai un’occhiataccia furiosa, che ricambiò senza paura facendomi una smorfia. “Non è divertente amore”. Pensai rilanciando e avvicinandomi ringhiando. Ancora non si mosse, ma mi fissò dall’alto verso il basso, facendomi una linguaccia. “Cosa?”. Il mio sguardo si fece profondo e sensuale e finalmente la vidi arrossire e rabbrividire. Non potevo perdere quel gioco, ma avevo cantato vittoria troppo presto. Si sporse sul tavolo e mi alitò sul viso soffiando come una micia… il veleno mi inondò la bocca facendomi strozzare, mi sentivo bollire, accaldato. Ricambiai soffiando pericolosamente sulle sue labbra e finalmente lei distolse gli occhi ipnotizzata, non aveva alcuna possibilità di vincere  contro di me.
- Di cosa vai a caccia stanotte?-. Mormorò schiarendosi la voce e portandosi una mano sulla gola come per aiutarsi a respirare.
- Quello che troviamo nel bosco. Non ci allontaneremo-. Le dissi stupito e lusingato da quel suo interesse sincero. Aveva voglia di conoscermi nonostante tutto, di sapere quello che vivevo e come, questo mi rendeva felice, anche se lo trovavo assurdo.
- Perché ti fai accompagnare da Alice?-. Chiese poi incuriosita lanciando sguardi nella sua direzione. “Perché sei umana e tutti gli altri credono che prima o poi finirai male”. Mi morsi le labbra per non risponderle in tutta sincerità.
- E’ l’unica che mi… incoraggia-. In un certo senso era vero. L’unica che ancora credeva in me, che aveva fiducia in me e non pensava che avrei ucciso Bella entro un mese.
- E gli altri?- Domandò intimidita guardando alle mie spalle – cosa dicono?-.
Bella domanda. Cosa pensavano i miei fratelli di lei? Rosalie aveva paura delle conseguenze delle mie azioni, non voleva andarsene, aveva timore di perdere la sua famiglia, per Emmett non era così importante, rispettava le mie scelte e ci scherzava su, Jasper invece era stupito, incredulo e ammirava la mia forza di volontà, ma questa situazione non la vedeva di buon occhio.
- Non gli piaccio-. Concluse lei guardando loro e poi di nuovo me. Scossi la testa sconsolato, non era così semplice.
- Non è questo il problema-. Le risposi sincero, fin troppo innocente – Non capiscono perché mi intestardisca con te-. Sospirai pensieroso. No, non riuscivano a comprendere il mio interesse per un essere umano.
- Nemmeno io, se è per questo-. Gli occhi di Bella tornarono su di me e si confusero col mio sguardo serio e stupito. Non potevo crederci… ancora. Possibile che non riuscisse proprio a capire quello che era in grado di scatenare dentro di me? Scossi la testa esasperato e alzai gli occhi al cielo.
“ Non posso crederci”.
- Te l' ho detto: tu hai un'idea completamente sbagliata di te stessa. Sei diversa da chiunque altra abbia conosciuto. Mi affascini-. Sbottai senza pensare al significato delle mie parole. La fissai interdetto subito dopo e la vidi spalancare la bocca e arrossire. Non si aspettata un apprezzamento così diretto e beh… nemmeno io. Ma era reale il fatto che solo lei riuscisse ad attrarmi, ad affascinarmi, riuscivo a meravigliarmi di ogni suo gesto, per me era imprevedibile.
- Emh... Grazie a certe mie qualità, ho una comprensione della natura umana superiore alla media. Le persone sono prevedibili. Ma tu... tu non fai mai ciò che mi aspetto. Mi cogli sempre di sorpresa-. Mi toccai la fronte cercando di farle capire cosa provassi. La mia meraviglia, il mio stupore. Sorrisi dolcemente guardandola sincero e la vidi boccheggiare in cerca d’aria. Non avevo esagerato. Lei mi piaceva… troppo. Chinò il capo imbarazzata stringendosi nelle spalle, ma io continuai.
- E fin qui, spiegare è molto facile. Ma c'è di più... e non è facile da dire a parole...-. Cosa volevo dirle? Che la desideravo? Che avrei voluto accarezzarla come un uomo, che volevo essere veramente il suo ragazzo? Non alzò lo sguardo nemmeno quando tentai di spiegarle.
- Bella...-. La chiamai, ma la vidi arrossire e voltarsi verso i miei fratelli. Che stupido. Mi portai una mano sotto il mento tentando di schiarirmi le idee, ma immediatamente mi accorsi degli occhi di Rose puntati nei suoi. Sibilai rabbioso fulminando mia sorella, che immediatamente distolse la presa su Bella che cercò terrorizzata conforto nel mio sguardo. Cercai di trasmetterle la mia sicurezza, ma anche io ero  piuttosto nervoso. Il mio corpo era rigido, la mascelle contratte.
- Mi dispiace. È soltanto preoccupata... Non sarebbe pericoloso soltanto per me, se dopo aver passato così tanto tempo assieme sotto gli occhi di tutti...-. Ammutolii fissandola mortificato. Così l’avrei solo spaventata.
- Se?-. Non abbassò gli occhi e le sue labbra si fecero bianche quando le strinse tra i denti. La stavo facendo soffrire.
- Se dovesse finire male-. Terminai chinandomi in avanti e prendendomi la testa tra le mani. La desideravo non solo come uomo, la volevo possedere corpo e anima anche come vampiro. Volevo nutrirmi di lei, il suo sangue era per me una droga, il suo profumo era per me vitale. Rischiavo di impazzire a starle vicino, rischiavo la sua vita, e questo… questo… mi strinsi i capelli tra le dita sperando di farmi male. “Non voglio”.
Percepii il suo respiro farci vicino e il suo capo avvicinarsi al mio. La sua mano tiepida si avvicinò alle mie come per coprirle, per dare loro sollievo, ma mi sfiorò solamente ritraendosi con timore. Quanto avrei voluto che mi accarezzasse! Ma se l’avesse fatto come avrei reagito? Sentivo la sua sofferenza e la rabbia di fronte alla sua impotenza. Ma paura… no, nessuna paura. Non aveva timore di me, della mia bestia. Finalmente le lanciai un’occhiata trovando ad accogliermi i suoi occhi nocciola pieni d’amore, non respirai completamente stregato.
- E’ ora di andare?-. Bisbigliò seria e piuttosto tranquilla.
- Sì-. Le mostrai il viso e sorrisi impercettibilmente - Probabilmente è meglio così. Ci restano ancora quindici minuti di quel maledetto filmato da vedere durante l'ora di biologia e non penso che li sopporterei-. “Idiota”. Avrai voluto andarmi a nascondere. La sua espressione si fece sorpresa e di nuovo le su guance si tinsero di rosso. Chiaro segno che avesse capito l’allusione all’attrazione inevitabile che sentivamo l’uno per l’altra appena quella maledetta luce nell’aula si spegneva, avrei voluto mangiarla e fare l’amore con lei su quel banco.
Il profumo di Alice come i suoi pensieri mi arrivarono immediatamente alle spalle e io la salutai sorpreso senza staccare gli occhi da Bella.
- Alice-. Mormorai irrigidendomi. Era già ora di fare le presentazioni?
- Edward-. Mi rispose atona. Sapevo che la sua attenzione era tutta per il mio piccolo Bambi e questo mi infastidiva non poco.
- Alice, Bella… Bella, Alice-. Feci allora alzando la mano e portandola prima verso una e poi verso l’altra. Sorrisi sghembo e notai lo sguardo incuriosito e ammirato di Bella verso la vampira al mio fianco.
- Ciao Bella-. Gracchiò mia sorella dolcemente, mai sentita la sua voce farsi così dolce e tenera. “Alice quando ti ci metti sei incredibile”
- Piacere di conoscerti, finalmente-. Le lanciai un’occhiataccia che lei ignorò facendomi l’occhiolino.
Eddai, musone… è carina, mi piace…
- Ciao Alice-. Rispose il mio agnellino alzando timidamente la mano.
- Sei pronto?-. Mi disse poi mia sorella ridacchiando. “Simpatica”.
Le darai un bacino prima di andare? Ammiccò Alice ridendo divertita.
- Quasi… ci vediamo alla macchina-. Le risposi tagliente fissandola con sguardo imperscrutabile. Avremmo fatto i conti più tardi. Sarcasmo femminile… non lo sopportavo.
Dai Latin Lover, almeno salutala come si deve la tua ragazza!
Alice si allontanò felice saltellando e uscì in cortile, mentre io esasperato mi accorsi di stare guardando Bella sconvolto. Lei mi fissava accigliata e indecisa.
-Devo augurarvi "buon divertimento", o è l'emozione sbagliata?-. Mormorò timida tentando di rimanere calma e non mostrarsi impacciata. Ci pensai su… cacciare per noi era un bisogno, una necessità, ma ammisi che in alcuni casi poteva anche essere divertente, soprattutto quando la consideravo una valvola di sfogo per i miei istinti repressi, ma quello mi sarei guardato bene dal dirlo.
-No, "divertitevi" può andar bene-. Le risposi sorridendo imperscrutabile. Parlare con  lei di alcune questioni riguardanti il mio essere vampiro mi metteva a disagio, ma presto avrei dovuto farlo ne ero consapevole, il nostro rapporto non poteva rimanere in quel limbo equilibrato senza via d’uscita.
- Allora divertitevi-. Sapevo che si stava sforzando. Si mostrava entusiasta, ma io riuscivo ugualmente a percepire il suo imbarazzo. Tentai di farla sorridere, ma la battuta che feci probabilmente non fu delle più felici.
- Ci proverò. E tu, per favore, cerca di sopravvivere-. Storse la bocca in una smorfia esasperata e mi fissò con occhi stufi e cupi. “Complimenti, sei riuscito a farla arrabbiare”.
- Sopravvivere a Forks... che sfida-. Commentò poi sarcasticamente. Non erano cose su cui scherzare, lei era veramente troppo sbadata.
- Per te lo è. Promettilo-. Le intimai serio facendole sgranare gli occhi stupita e incredula. Davvero non si rendeva conto dei pericoli che correva nello stare da sola?
- Prometto che cercherò di sopravvivere. Stasera faccio il bucato, una missione piena di incognite-. Sbottò arrabbiata e infastidita dal mio atteggiamento protettivo e paterno. Lo facevo solo per lei, per metterla al sicuro. Non volevo si facesse male. Era normale no?
- Non cadere nella lavatrice-. La rimproverai ricordandomi quello che aveva detto poco prima a proposito di Charlie. Mi guardò allibita e scosse la testa tristemente.
- Farò del mio meglio-. Disse a denti stretti facendomi una linguaccia. Inguaribile pasticciona, quanto la amavo.
Ci alzammo entrambi contemporaneamente e ci guardammo negli occhi per qualche minuto. Non volevo lasciarla, desideravo solo stare con lei, al diavolo la mia caccia e la mia vita. Mi accorsi che dovermi allontanare mi faceva più male di quanto non avessi pensato, era come lasciare con lei l’anima che non avevo mai creduto di possedere.
- Ci vediamo domani-. Disse con un tono di voce sofferente e triste.
- Per te è un’eternità vero?-. Le domandai curioso. Annuì e io mi sentii stupidamente felice. Lo era anche per me, per la prima volta nella mia esistenza volevo che il tempo scorresse velocemente. Vederla era tutto ciò che più desideravo, toccarla era darmi la vita, condividere qualcosa con lei era amore.
- A domattina-. Le dissi dolcemente sporgendomi verso di lei. Chiuse gli occhi respirando piano quando le mie nocche percorsero la pelle del suo viso e io ansimai di desiderio. Le sfiorai lentamente le labbra e quando le schiuse tolsi immediatamente le dita dal suo volto. Rischiavo ogni volta di farmi sommergere dalle emozioni, dalla passione e dal desiderio, dopo non sarei stato più cosciente delle mie azioni e sapevo che avrei potuto farle del male.
Mi voltai triste e seguii Alice verso la macchina. Una volta seduto la fissai furioso.
- Ma non dovevi andare a prendere tu il pick-up?-. Domanda inutile, mi guardò sorridendo e scosse la testa innocentemente.
- Il patto era che prima mi avresti fatto conoscere Bella-. Rispose contenta Alice. Abbassai le spalle sconfitto, mia sorella ne sapeva sempre una più del diavolo. Accesi la Volvo e feci retromarcia nel parcheggio. In un attimo fummo lontani dalla scuola in direzione casa Swan.
- Dì un po’ eroe, sai già dove trovare le chiavi di quel emh… qualunque cosa sia?-. Domandò Alice ironica. Sorrisi, ovvio che lo sapevo, nei jeans che aveva indossato qualche giorno prima per tornare a casa da scuola. Dovevo solo trovarli… niente di più facile. Le sorrisi e lei capì al volo.
- Mi sembra abbia parlato di lavanderia…no?-. Ridacchiò improvvisamente ammiccando. Ecco il bello di avere una donna veggente in famiglia, sapeva già tutto. Fermai la macchina non molto lontano dalla casa di Bella e lasciai il posto di guida ad Alice.
- Vado e torno, aspettami a casa-. Mormorai facendola scoppiare a ridere. Storsi la bocca, e ora cosa aveva da ridere?
- Sta attento a non farti beccare. Sembri un ladro. Un ladro innamorato e gentiluomo, che cosa romantica-. Mi fissò sognante e io la fissai cupo. Ma che diavolo stava dicendo il mio folletto? Ghignò strafottente evidentemente divertita dalla situazione nuova e partì a razzo, lasciandomi lì a pensare in mezzo alla strada. “Perfetto, ora mi prende anche in giro”. Pensai prima di correre a casa del mio piccolo Bambi. Notai subito la serratura della porta chiusa e il catenaccio aperto, ma per me non fu un problema aggirare l’ostacolo. Come faceva a dimenticarsi sempre la finestra della sua stanza aperta? Entrai saltando dentro e il suo profumo mi fece bloccare ansimante. Appoggiai la testa contro il muro dilaniato dall’istinto del vampiro, crudo, incontrollabile, ma amai il modo in cui mi sentii… mi sembrava di esserle accanto, dentro, parte di lei e questo riuscì a scuotermi e a farmi muovere. La casa non era grande, scesi in basso e trovai la lavanderia. Frugai nei panni sporchi impregnati dell’odore di Bella e finalmente riconobbi i jeans dove poteva aver messo le chiavi, frugai nelle tasche e le trovai. “Ho vinto, amore. Sfidare un vampiro non è mai cosa buona e giusta sai?”. Tornai a rimettere tutto a posto, per quanto possibile, e mi avviai veloce verso il pick-up. Lo accesi e storsi le labbra. Un’auto come quella nella mia collezione e mi sarei suicidato. Una volta nel parcheggio della scuola sospirai, ero comunque preoccupato per lei, non riuscivo a togliermi dalla testa il pensiero che potesse succederle qualcosa. Non mi piaceva affatto saperla in pericolo. Scesi dal quel furgone scassato e cercai qualcosa per poterle lasciare un messaggio. Trovai tutto dentro il cruscotto. In realtà  non sapevo proprio cosa scrivere. “Ti amo”. Patetico. “Non posso vivere senza di te”. Orribile. “Sei speciale”. Non sarei stato differente dai ragazzi comuni. Ci pensai su e alla fine scrissi “Sta attenta”. Sapevo che non lo avrebbe trovato romantico e di buon gusto, ma almeno le avrebbe fatto capire quanto fossi preoccupato per lei. Mi diressi verso casa nascondendomi nella corsa veloce per fare il prima possibile. Alice mi stava aspettando, ma Bella ormai era sempre e comunque dentro di me.



   
 
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