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Autore: 9Pepe4    02/08/2009    7 recensioni
[Versione riveduta e corretta causa insoddisfazione dell'autrice]
Assistendo ad un incontro dei sinistri Gin e Vodka, Conan si vede rivelata una realtà sconvolgente: lui non è Shinichi. Ma allora qual è la sua vera identità? E che fine ha fatto il detective liceale?
Aiutato da Ai - per la quale inizia a sentire qualcosa in più - Conan cercherà di venire a capo a tali misteri. Dalla sua parte non avrà indizi materiali, ma la trama nebulosa di alcuni ricordi che riaffiorano in lui.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 – Silenzio

Era assurdo. No. Era più che assurdo. Era più che strambo, più che ridicolo. Era da matti, da pazzi da legare, da pericolosi psicopatici.
Eppure era così.
Conan non riusciva a ricordare nessun’altro sprazzo di dialogo, non riusciva certo a rievocare il nome che gli sarebbe stato così utile, ma ricordava perfettamente la sensazione di tranquillità quando, seduto sul divano, prendeva in grembo il proprio animaletto. Rammendava il peso caldo del coniglietto gravargli in modo piacevole sul petto. Quasi sentiva sotto le dita il pelo morbido del cucciolo.
Si batté la mano sulla fronte. Strizzò gli occhi e scosse la testa. In un gesto esasperato, si sistemò gli occhiali sul naso. Accidenti! Concentrarsi su quei dettagli non lo avrebbe di certo aiutato!
Sforzò la mente sul ricordo della donna che parlava. Si premette le mani sulle orecchie, chiuse gli occhi, storse il naso, sempre pensando intensamente a lei. L’unico dettaglio che ricavò fu la neanche tanto ferma certezza che la donna avesse i capelli biondi.
Figurarsi se riusciva a rammendare quel nome che l’avrebbe aiutato davvero con il problema della sua vera identità.
Provò a concentrarsi maggiormente. In fondo, se si impegnava, i ricordi avrebbero potuto incastrarsi come pezzi di un puzzle: confusi se presi singolarmente ma chiarissimi nel loro insieme. Si sforzò, ma in quel momento un’immagine gli balenò alla mente.
Rivide Haibara, seduta alla scrivania, immersa in calcoli a lui quasi totalmente incomprensibili, e per un attimo ricordarla gli piacque. Scosse la testa. “Non ricorderò certo un bel niente se nella testa ho solo lei!” si rimproverò, infastidito. “Anzi, se voglio rivederla farei meglio ad arrivare a capo di qualcosa, in modo da avere una scusa valida”.
L’istante dopo si meravigliò della sua stessa riflessione. Era come se il rammendare qualche dettaglio in più non fosse più associato alla soluzione del mistero sulla propria identità... Stava quasi diventando una scusa per poter vedere Ai.
Si diede dello scemo, sentendosi in colpa per Shinichi. La sua identità, si disse, non serviva solo a lui, ma anche ad avere indizi sul detective liceale che aveva creduto di essere.
Perciò provò di nuovo a concentrarsi, ma ogni ragionamento capitolava sempre al pensiero di Ai: alla sua apparente durezza, che, una volta, scalfita, si dissolveva in una fragilità incredibile. Sempre più confuso – non capiva come avesse fatto Shinichi a risolvere i propri casi tempo prima, quando doveva essere distratto da Ran – si premette le mani sulle guance e cercò di vagliare meglio quei ricordi aggrovigliati.
Ma solo quando, ormai rassegnato, chinò la testa sul cuscino, il nome aleggiò nella sua mente chiaro e preciso. Avrebbe saputo indicare con precisione il tono con cui la donna lo aveva pronunciato.
«Misao Morozumi» sussurrò. Sobbalzò talmente bruscamente da rischiare una caduta dal letto; annaspò alla ricerca del cellulare e, quando lo ebbe preso, gli cadde di mano due volte per la fretta e l’agitazione. Finalmente, imprecando contro di sé, riuscì a comporre il numero giusto.
Con la voce fremente per l’emozione, comunicò tutto ad Haibara.
«Bene» affermò Ai alla fine del breve resoconto di Conan. «Andrò a informarmi al riguardo di questo Misao Morozumi».
Il ragazzino si riscosse. Prima di potersi frenare, esclamò: «Ehi, e io?!» Aveva appena aperto bocca che desiderò non averlo mai fatto, rendendosi conto di quanto fossero infantili quelle parole.
«Se non sbaglio tu non puoi uscire di casa, giusto?» domandò Ai, diplomatica.
Conan sospirò. Sia per la delusione di non poterla incontrare, sia per la vergogna ancora viva della figuraccia appena fatta. «Già» mormorò.
«Allora non appena scopro qualcosa ti chiamo. Ciao, Ku... Conan» lo salutò. Lui rispose al saluto e rimase con il cellulare attaccato all’orecchiò sino a quando non udì il suono del segnale assente. Si sedette, sbuffando appena, sul letto. Immaginò Haibara infilare una giacca e indossare quel suo cappello con la visiera, calcandoselo bene sui capelli ramati. Si figurò il saluto che la ragazzina avrebbe rivolto al professore, magari aggiungendo qualche spiegazione su quel che Conan era riuscito a ricordare. Per finire, delineò mentalmente l’uscita di casa di lei. A quel punto, però, non seppe che altro immaginare. Per quanto ci pensasse, doveva ammettere che non aveva idea di come Haibara intendesse organizzare la propria ricerca.
«Maledetto mal di testa» borbottò tra sé, imprecando contro le tempie pulsanti che gli impedivano di pensare chiaramente. Era lampante che dormire sarebbe stata una mossa intelligente; peccato che fosse altrettanto ovvio che, nello stato d’ansia in cui si ritrovava, non sarebbe riuscito ad azzardare nemmeno un timido pisolino.
Si arrese e si avvicinò alla pila di libri appartenenti a Kudo. “Be’, un po’ anche a me” pensò. “In fondo, li ho comprati io quando pensavo di essere lui”. Li sbirciò. Lo sapeva, ma rimase un po’ deluso lo stesso: erano tutti romanzi gialli. Ne sfogliò uno di malavoglia.
In quell’istante gli venne in mente una cosa. Una volta, la madre di Kudo gli aveva detto, prendendolo per il figlio, che le sembrava che Ai fosse innamorata di lui. A quel tempo non ci aveva dato peso, scettico ed incredulo, ed aveva lasciato perdere subito.
In quel momento il suo cuore palpitò emozionato, mentre il dubbio si faceva strada nella sua mente. E se Yukiko avesse avuto ragione? Se Haibara fosse stata innamorata di lui?
E, mentre parte del suo entusiasmo improvviso si smorzava, si pose la domanda che gli premeva davvero. Sempre che Ai fosse innamorata, era stata conquistata da lui come Shinichi o semplicemente come Conan?
Preferiva la destrezza che aveva dimostrato a risolvere i casi grazie alla falsa memoria di Shinichi o la premura che aveva avuto solo perché era lui?
Incerto su quale fosse la vera ragione, rimase a riflettere al riguardo per molto tempo. Quando poi Ran lo chiamò per la merenda, trasalì, riemergendo da quelle riflessioni.
“Forse lei mi può dare una risposta” si disse, raggiungendola in cucina.
Dopo qualche istante, tra un morso del tramezzino che teneva saldo tra le mani e l’altro, esordì in tono innocente: «Senti, Ran...»
La ragazza si voltò a guardarlo, interrogativa. «Sì?»
«Cosa ti piace di più di Shinichi?»
Lei si allarmò. «Non è che ti ha chiesto lui di chiederlo?» domandò, ansiosa.
«No» replicò Conan. «Davvero, lo giuro».
Lei annuì. Si interruppe e si concentrò sulla domanda. «Cosa mi piace di Shinichi...» ripeté, pensosa. Arrossì e per un poco non rispose. «Be’» disse dopo qualche istante, «quando risolve un caso è... Carino». Dal tono esitante dell’ultima parola Conan fu certo che avrebbe voluto dire “affascinante”. «Inoltre è bravo e... premuroso». Si girò di scatto, portando con grande maestria il discorso sulla scuola di Conan.
Lui rispose alle domande in modo distratto, sfoderando di tanto in tanto un sorriso infantile. Dentro sé, rifletteva su quanto appreso.
In conclusione, non riusciva a ricavarne niente. Con i tratti sbiaditi della memoria di Shinichi e quelli più chiari del ricordo di quanto era accaduto dal giorno in cui era stato rimpicciolito, avrebbe anche potuto risolvere un caso. Forse non con la sicurezza del detective liceale, ma con un po’ di impegno non sarebbe stato un grandissimo problema.
Purtroppo Shinichi non aveva mai capito molto di sentimenti, così come non ne capiva lui in quel momento.
Ritornò in camera con gli stessi dubbi di quando era andato in cucina. Quando il cellulare prese a trillare con insistenza, sobbalzò sulla sedia e tese rapido le mani verso l’apparecchio. «Pronto?»
«Sono io» replicò la voce famigliare di Haibara. «Ho scoperto chi è il nostro uomo e cos’ha a che fare con la madre di Kudo».
Il ragazzino deglutì. «E...?»
La risposta arrivò in breve: «È un medico. E a quanto pare ha seguito Yukiko durante la gravidanza». Sebbene avesse parlato con apparente tranquillità, Conan si sentì agitato e ansioso.
«Ma... Cosa può significare questo?» domandò, sentendosi improvvisamente molto nervoso.
Lei rimase in silenzio per qualche attimo. «Non lo so» rispose infine. «Non sei tu il grande detective?»
«No» la contraddisse Conan, «il grande detective è Shinichi». E, nonostante la situazione, non poté fare a meno di sentirsi un po’ irritato per il fatto che lei avesse ricordato il ragazzo.
«Domani. Vediamoci e discutiamone» concluse Haibara. «Ciao».
«Ciao, Ai» mormorò lui. Solo dopo aver pronunciato l’ultimo suono rammendò che lei aveva accordato il permesso di chiamarla per nome soltanto ad Ayumi. Per un attimo si aspettò una frase di scherno. Al contrario, dall’altra parte del filo il silenzio si tese e si prolungò.
Dopodiché, sempre in silenzio, Haibara interruppe la chiamata.



Spazio autrice:
Scusate per il ritardo, ma tra le vacanze in Francia, i parenti e i compiti delle vacanze (maledetti!) non riuscivo a scrivere niente.

Ninny: Già, Shinichi è sempre di mezzo, ma poveraccio, non ne ha nemmeno tutta la colpa! Forse è Conan che dovrebbe smetterla di paragonarsi a lui ogni santo secondo! ^_-

TITTIVALECHAN91: Be’, sono felice di averti incuriosita^^ In effetti impigrirsi durante le vacanze non dev’essere una cosa rara... Dopotutto esistono per quello! (o no? O_o). Grazie!

A crazycotton: Come vedi, anche in questo capitolo è comparso il sacro coniglietto U_ù Non può proprio mancare, dal momento che è il fulcro dell’intera storia. Grazie per i complimenti, sono contenta che ti incuriosisca... *-*

Licia Troisi: Non ti preoccupare per l’assenza, sono felice che tu sia tornata a recensire e di non averti delusa con le nuove novità del racconto^^
  
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