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Autore: heliodor    19/12/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La forza di un Erede
 
“Arriva” gridò Joane.
Joyce sentì il calore accarezzarle la pelle. Fu come se all’improvviso fosse sbucato un sole torrido dietro un banco di nubi e la giornata fosse passata da fresca a calda in maniera insopportabile.
Joane evocò lo scudo magico avvolgendoli tutti al suo interno. Un istante dopo, Belben venne sollevato da terra e scagliato via con forza inumana.
Joyce si aggrappò alla schiena del gromm per non essere sbalzata via. Sentiva il potere fluire attorno a loro e premere contro lo scudo di Joane per entrare e polverizzarle.
Attorno a loro vorticarono massi staccati da quella stessa forza e ragni. Migliaia di ragni che erano stati lanciati come proiettili in ogni direzione.
Alcuni vennero inceneriti quando l’energia scatenata da Bardhian li investì in pieno. Non esplosero né bruciarono, ma smisero di esistere, polverizzandosi nell’aria.
Joyce era affascinata e terrorizzata da quel potere. Non era nemmeno paragonabile all’incantesimo che aveva visto usare nel circolo di Nazdur.
Bardhian doveva aver scatenato tutta la sua forza. La forza di un Erede.
Armi umane, le aveva detto Joane. Fino a quel momento si era rifiutata di crederle, ma ora aveva davanti a sé la devastazione che poteva causare quel potere.
Quando la potenza dell’incantesimo si esaurì smisero di vorticare in giro e cominciarono a precipitare. Joyce evocò la levitazione e la forza straordinaria e riuscì a riportare a terra Belben e Joane.
La donna strappò un lembo della sua tunica e lo usò per avvolgere la ferita. “Fa male” disse zoppicando. “Ma resisterò.”
Joyce guardò verso Bardhian e lo vide in piedi in mezzo ai corpi dei ragni che non erano stati investiti in pieno dal suo incantesimo.
La regina dei ragni era sparita così come quelli che insieme a lei si erano riuniti in adorazione attorno a Bardhian un istante prima di essere polverizzati.
“Se non l’avessi visto con i miei occhi non ci avrei mai creduto” disse Joane.
Joyce si limitò ad annuire.
Raggiunsero Bardhian, ancora in piedi. Respirava a fatica, le mani inquartate nei fianchi.
“Stai bene?” gli domandò Joyce.
Bardhian annuì. “Sì” disse con un filo di voce. “Credo di avere esagerato.”
Joyce si guardò attorno. I ragni sopravvissuti, privi della guida della loro regina, si stavano ritirando.
Bardhian dovette notare la ferita di Joane e sgranò gli occhi. “Sei ferita” esclamò.
“Non è niente” rispose lei stringendo i denti. “Come ti senti?”
“Bene” disse Bardhian. “Mai stato meglio. Ma non so se potrò rifarlo.”
“Adesso devi riposare” disse Joane. “Hai raggiunto il tuo limite. Se fossi andato oltre, saresti morto. Come con un sigillo di morte.”
“Sapevo di poterlo controllare. Lo sentivo.”
“Perché sei un Erede. Dico sul serio. Devi riposare. Ogni volta che raggiungi il limite, il tuo corpo si indebolisce. Se lo sforzi troppo, rischi di crollare e morire.”
“Non morirò” disse Bardhian sicuro. “Ma seguirò il tuo consiglio e mi riposerò.”
Joane gli sorrise e annuì.
Joyce non l’aveva mai vista sorridere al figlio. Si allontanò per raggiungere i gromm e Galef, che stavano tornando indietro.
“Quando ho capito cosa stesse per succedere” disse Galef. “Ho pensato che sarebbe stato meglio mettersi al riparo.” Guardò Bardhian con un misto di stupore e ammirazione. “È successo davvero? Stento a credere a ciò che ho visto.”
“Un Erede” disse Lindisa. “Pensavo fosse solo una leggenda e invece esiste.”
Anche Caldar stava bene, anche se era ferito e sanguinava da un paio di punti. “Andiamocene di qui o i ragni potrebbero tornare.”
“Senza la loro regina non si faranno più vedere” disse Galef sicuro. “Abbiamo vinto.”
“Gromm” esclamò Belben.
Gromm gromm gromm gridarono i suoi compagni.
Joyce non osò contarli, ma molti di loro erano morti o feriti. Vide Vi piangere chino su uno dei suoi compagni, mentre di Collare Bianco non c’era traccia.
Lo trovarono qualche minuto dopo. Era morto durante il combattimento, nella mischia. Belben gli strappò le corna e ne porse una a Joyce, che l’accettò.
“Gromm” disse con tono triste.
Joyce si limitò ad annuire. “Lo so. Era tuo amico. Mi spiace.”
“Gromm.”
Caldar recuperò Akil e Halux.
Gli eruditi si erano nascosti nei condotti e sembravano stare bene.
Halux notò subito la ferita di Joane. “Devo fare qualcosa o perderai la gamba.”
Joane strinse i denti. “Ho ricevuto ferite peggiori, erudito.”
Joyce l’aiutò a stendersi. “Gera è abile come un guaritore. Ti aiuterà.”
Halux sospirò. “Potrò fare ben poco qui sotto, senza strumenti o pozioni.”
Belben portò bende e foglie di colore grigio impregnate da qualcosa che ungeva e sporcava le mani. Joyce notò che i gromm le usavano per curare i loro feriti.
“Se funziona per loro potrebbe funzionare anche per noi” disse Halux soppesando le foglie tra le mani. Guardò Joane. “Tu che ne dici?”
“Fai quello che devi” disse la strega.
Mentre Halux si occupava di Joane, Galef la prese da parte.
“Lindisa e io ce ne andiamo” disse.
“No” disse Joyce con tono perentorio. “Non potete. Tu non puoi. Devi venire con noi e combattere con l’alleanza.”
“È quello che voglio fare. Ma lo farò a modo mio. E devo pensare a Lindisa.”
“La colpa è solo sua se hai disertato. Abbandonala al suo destino.”
“Non hai mai amato nessuno, strega rossa?” le chiese Galef.
“L’amore non ha niente a che fare con tutto questo” rispose lei.
“Invece sì. Io la amo e farei di tutto per lei. Devo seguirla per salvarla o un giorno farà qualcosa di molto sciocco o pericoloso e io non potrei sopportarlo. E c’è anche un’altra questione che mi impedisce di tornare da mio padre e a Valonde.”
Joyce non riusciva a immaginare per quale motivo non potesse tornare. Era certa che sua madre e suo padre l’avrebbero perdonato. Galef sarebbe stato punito senza alcun dubbio, c’erano delle leggi che nemmeno il re e la sua famiglia dovevano rispettare, ma era sicura che si sarebbe trovato un modo.
“Quale?” riuscì a domandare.
Galef le sorrise triste. “Sono sempre stato di troppo a Valonde. Ero il secondo figlio, quello destinato a non ereditare mai la corona. Non ero abile quanto Bryce, non avevo un potere speciale come quello di Roge e nemmeno avevo bisogno di attenzioni continue come Joyce. Non sono mai stato speciale e non ho mai contato molto.”
“Ma ora potresti diventare re” disse Joyce. Senza Razyan, era Galef l’erede al trono.
Lui scosse la testa. “Non credo di esserne degno. Non lo sono mai stato e mai lo sarò. Roge sarebbe un re migliore, se imparasse a tenere a freno il suo desiderio di mettersi sempre in mostra. Anche Bryce sarebbe un’ottima regina. In quanto a Joyce, spero che stia bene ovunque si trovi adesso, anche se ne dubito se è vero ciò che ho sentito dire.”
“Tu saresti un buon re” disse Joyce cercando le parole giuste per convincerlo a tornare indietro con lei.
“Forse un giorno tornerò, ma solo quando avrò fatto qualcosa di importante. Per il momento, posso fare davvero ben poco per aiutare l’alleanza, a parte una cosa.” Aprì la sacca che portava a tracolla e ne tirò fuori un mucchio di fogli. Li porse a Joyce.
“Che cosa sono?” domandò soppesandoli.
“L’atra metà della mappa che abbiamo ricopiato nei santuari visitati da me e Lindisa.”
Joyce diede una rapida scorsa ai fogli. C’erano linee che si intersecavano e sullo sfondo altre linee che dovevano rappresentare confini, coste e fiumi.
“Con queste potrete trovare un altro nodo e usarlo contro Malag e i colossi.”
“Perché li stai dando a me?”
“Siete venuti qui per aiutarmi e avete combattuto per i gromm anche se potevate andare via in qualsiasi momento. Se c’è del potere in questi fogli, preferisco darlo a voi piuttosto che custodirlo per me solo.”
“Non ci ripenserai, vero?”
“No. Puoi farmi un favore?”
“Tutto quello che vuoi.”
“Se ti capitasse di incontrare mio fratello Roge o una delle mie sorelle…” Galef sembrò esitare. “Di’ loro che sto bene e che penso di stare facendo la cosa giusta. Lo farai?”
Joyce annuì. “Credo che lo sappiano già.”
“Grazie.”
Lindisa si avvicinò lanciando un’occhiata ai fogli che stringeva tra le mani.
“Alla fine hai deciso di darli a loro” disse con espressione delusa.
“È la cosa giusta da fare, Lindi.”
“Pensi che loro siano meglio di noi, Gal?”
“Vinceremo la guerra” disse Joyce sicura.
Sul viso di Lindisa apparve un sorriso incerto. “Questa guerra è solo all’inizio, strega rossa e né tu né i tuoi amici potrete vincerla, nemmeno con tutto il potere dei nodi.”
“Cosa te lo fa credere?”
“I maghi supremi avevano quel potere e non sono sopravvissuti. E guarda che cosa è accaduto a Urazma. Alla fine è diventata un mostro anche lei.”
“Tu hai cercato per prima i nodi” disse Joyce cercando di trovare una contraddizione nelle parole di Lindisa.
“Lo facevo per una nobile causa. Non certo per vincere una stupida guerra.”
“E quale sarebbe?”
“Mettere fine alle ingiustizie. Creare un mondo migliore”
Joyce ripensò alle parole di Marq. “Una volta un amico mi disse più o meno queste stesse parole riferite a Malag. Anche lui vuole cancellare le ingiustizie, ma ne sta commettendo di peggiori.”
“Noi non siamo come lui” rispose Lindisa. “Galef, andiamo via.”
Lui la seguì. Si voltò una sola volta e rivolse a Joyce un cenno di saluto.
Lei rispose alzando la mano.
Galef e Lindisa scelsero uno dei condotti e vi si infilarono.
Caldar l’affiancò. “Li lasciamo andare via? Sono dei rinnegati.”
“Vuoi provare a fermarli?”
“Kallia non sarà contenta.”
“Lei non è qui, ora” rispose Joyce.
Caldar sospirò. “Joane dice di essere in grado di muoversi. Sembra che la pozione dei gromm sia stata più efficace del previsto.”
“Bene” disse Joyce sollevata. “Che aspettiamo?”
I gromm li guidarono attraverso i condotti. A mano a mano che avanzavano la pendenza aumentava fino a che non fu chiaro che stavano salendo.
I gromm si fermarono in una sala scavata nella roccia e Joyce capì che non sarebbero andati oltre quel punto. Salutò Belben e Vi e loro risposero abbracciandola e stringendola a sé.
Per un attimo assaporò il caldo tepore dei loro corpi e si sentì al sicuro. Sciolse l’abbraccio con riluttanza e si unì agli altri che stavano già risalendo lungo il condotto.
Riemersero sulla pianura desolata in pieno giorno. Caldar andò in esplorazione e tornò un’ora dopo.
“Ho trovato i cavalli. Sono ancora lì nonostante tutto. Non dovremo tornare a piedi.”
Bardhian si avvicinò al condotto che avevano usato per risalire ed evocò una sfera infuocata.
“Che cosa fai?” chiese Joyce allarmata.
“Lo faccio crollare.”
Joyce ebbe un tuffo al cuore. “Ma così i gromm non potranno più uscire.”
“È vero.”
“Ma è terribile. Come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?”
“Lascialo fare” disse Joane. Li raggiunse zoppicando. “È un’idea mia, se proprio vuoi saperlo.”
“Lo dovevo immaginare che una simile follia poteva venire soltanto da te” disse Joyce esasperata. Il pensiero di far crollare il condotto e intrappolare i gromm nel santuario era insopportabile.
“Ascolta prima di giudicarmi.”
“No” disse Joyce.
“Ascolta” ripeté Joane con tono calmo. “Lo faccio per il bene dei gromm.”
“Non mi pare che intrappolarli sotto terra sia fare il loro bene.”
“Invece sì” rispose Joane. “E se ti fermassi a ragionare per un attimo, lo capiresti anche tu.”
Joyce attese che proseguisse.
“I gromm hanno vissuto nascosti nel santuario per millenni. Se si venisse a sapere che vivono lì sotto che cosa accadrebbe? Te lo dico io. Qualcuno, come gli eruditi che ci hanno accompagnati, andrebbero a fargli visita solo spinti dalla curiosità, senza cattive intenzioni. Ma non tutti sono come Halux e Akil. Altri potrebbero scendere nel santuario per far loro del male, per ucciderli o renderli schiavi.”
“Ma se volessero uscire…” disse Joyce senza troppa convinzione.
“Lo avrebbero fatto millenni fa. Conoscevano la strada ben prima che noi arrivassimo” disse Joane. “Stanno bene lì sotto, strega rossa, senza che debbano per forza essere partecipi delle nostre miserie. Sigillare quel condotto è la cosa migliore che possiamo fare per loro.”
Joyce sospirò e annuì. “Fai pure” disse a Bardhian.
 
Un paio di giorni dopo aver lasciato il santuario, stavano attraversando l’altopiano diretti a Nazdur. Joyce aveva mostrato le mappe ad Halux, che le aveva esaminate con interesse. “Sono buone” disse. “Meglio delle tue.”
“Dimmi solo che puoi usarle per tracciare una via verso il nodo.”
“Saprò dirtelo quanto saremo tornati a Nazdur.”
“Dovrai metterti subito al lavoro.”
L’erudito sbuffò. “Come vuoi, strega rossa. Purché questa storia finisca in fretta.”
Joyce lo lasciò per raggiungere Bardhian e Joane.
“Caldar dice che tra un paio di giorni raggiungeremo la città.”
“Bene” disse Joyce. “Dov’è andato?”
“Fa il suo solito giro d’esplorazione” disse Joane.
“Non vedo l’ora di tornare a Nazdur e di riprendere l’addestramento. Tu no?” chiese a Bardhian.
Lui si strinse nelle spalle.
“Stavo giusto dicendo che non ne ha più bisogno” disse Joane. “Orai gli ho insegnato tutto e direi che dopo quello che ho visto nel santuario, ma ha di gran lunga superato.”
“Ero già più forte di te” disse Bardhian con tono tronfio.
“Attento a quello che dici” lo ammonì Joane.
Bardhian sogghignò e Joyce notò che lo faceva allo stesso modo di Joane.
Sua madre.
Lei dovette notare qualcosa dalla sua espressione. “Non so perché sei tanto compiaciuta, ma non dover più badare a Bardhian mi darà più tempo per concentrarmi su di te, strega rossa.”
“Su di me?” fece Joyce sorpresa.
Joane annuì. “Su di te, giusto. In questo momento sei quella che ha più bisogno di un addestramento vero e io sono l’unica che possa dartelo. D’altronde, sono la strega suprema della mia generazione.”
“Non era Marget di Valonde?” le domandò Joyce con tono provocatorio.
Joane fece schioccare le labbra. “Così non farai altro che peggiorare la tua situazione.”
Dopo aver assaggiato le bastonate di Elvana, le minacce di Joane non le facevano paura. E se fosse stata davvero la strega suprema della sua generazione, lei avrebbe avuto tutto da imparare.
Caldar fece ritorno un’ora dopo e non era solo. Con lui c’era un cavaliere col mantello rosso e blu.
“Thera” disse Bardhian. “È da lì che viene. Che ci farà qui?”
“Lui è Yanikos di Thera” disse Caldar presentandolo.
Yanikos fece un leggero inchino. “Io vi saluto.”
“Ripeti a loro quello che hai detto a me.”
Lo stregone annuì. “Siamo venuti qui da Thera per aiutarvi.”
“Aiutarci?” fece Joyce.
“L’orda di Persym è diretta a Nazdur. E stavolta hanno un Colosso con loro.”

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