Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    30/12/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi chiamo Oren
 
Una figura emerse da dietro la collina. Un uomo di mezza età, il viso magro e il mento a punta coperto da una leggera peluria. Le sopracciglia folte incorniciavano due occhi infossati e cerchiati di nero.
L’uomo si guardò attorno con una smorfia di disappunto. “Avete causato voi tutto questo scompiglio? Vi rendete conto di quanta fatica mi sia costata rianimare questi strumenti?”
Oren trattenne il fiato. “Chi sei tu?”
“Il mio nome è Tarron” disse l’uomo. “Come ti stavo dicendo, rimpiazzare questi strumenti mi costerà tempo e fatica, ma so già da chi iniziare per rinfoltire le mie fila.” Si guardò attorno. “Dove sono tutti gli altri?”
“Ci siamo solo noi” disse Oren.
Tarron sembrò ancora più contrariato. “Questo… non è leale. Non lo è affatto. L’avevo detto a Mirka di non lanciare un attacco e di aspettarli alla fortezza. Ora dovrà vedersela da solo con le forze di Vamyr.”
Roge si alzò in piedi. “È il negromante che controllava quei rianimati” disse. “Ora che non ha più i suoi servitori, potremo colpirlo.”
Tarron fece una smorfia di dissenso. “Ho ancora i miei poteri. Posso sapere con chi ho a che fare?”
“Io sono Roge, principe di Valonde. E lui è una guardia del corpo di cui non ricordo mai il nome.”
“Mi chiamo Oren” ringhiò.
Roge scrollò le spalle. “È uguale. Tarron, che ne dici di fare un patto noi tre? Noi ti lasciamo andare e tu torni alla fortezza per aiutare quel Mirka.”
Deliza è andata alla fortezza, si disse Oren. Senza Tarron l’attacco ha qualche possibilità in più di riuscire.
“Io non farò alcun patto” disse.
Dobbiamo tenere qui il negromante, pensò.
Roge gli lanciò un’occhiata di traverso. “Non starlo a sentire. Sei più utile alla fortezza che qui.”
“Anche Deliza è alla fortezza” disse Oren.
“Credi che non lo sappia? Ha scelto lei di andarci.”
“Ti ha salvato la vita” protestò.
Tarron si accigliò. “Avete distrutto i miei strumenti. Come potrei essere utile a Mirka? A meno che non diventiate voi i miei nuovi servitori.” Tra le sue mani apparve qualcosa di scuro, simile ai dardi ma neri come la notte.
 Nello stesso momento, un cerchio di colore scuro si allargò attorno al negromante.
Oren fece un passo indietro. “Che poteri ha?” chiese a Roge.
“Non ne ho idea. La negromanzia è vietata e non ho mai lottato contro un negromante, nemmeno durante gli addestramenti.”
“Ma saprai almeno qualcosa che hai letto nei libri.”
“Non amo molto la lettura. Non sono Joyce, io.”
“Che cosa facciamo allora?”
“Il mio consiglio è di non farci toccare da quel cerchio e da quelle cose che ha tra le mani.”
“Tutto qui?”
“Io avevo un piano ma tu lo hai rovinato” disse Roge con tono di rimprovero nella voce. “Guardia del corpo.”
“Mi chiamo Oren.” Sollevò la spada.
Tarron disegnò un cerchio nell’aria con una mano. Da esso scaturì una nube oscura che prese forma accanto al negromante.
“È una specie di spettro” disse Roge.
“Questo lo vedo da solo” rispose.
Lo spettro oscuro si mosse verso di lui. Oren si ritrasse di un passo e poi scattò in avanti, tirando un deciso fendente alla creatura. Con sua sorpresa lo passò da parte a parte finendo quasi per inciampare nei suoi piedi.
Lo spettro proseguì la sua corsa dirigendosi verso Roge. Oren vide sparire il principe all’interno della nube.
Quando si voltò. Tarron si era avvicinato di qualche passo.
È veloce e silenzioso, si disse.
Il negromante sollevò la mano e dal suo palmo eruppe un tentacolo fatto di oscurità. Oren lo vide puntare verso di lui, distendendosi come una corda magica.
Si gettò di lato, evitandolo d’un soffio. Con un movimento repentino ruotò il bacino e calò un fendente sul tentacolo, tagliandolo in due.
Un secondo tentacolo gli avvolse la gamba e lui avvertì uno spasmo doloroso nei muscoli. Fu così forte da farlo gridare e piegare sulle ginocchia.
Tarron brontolò qualcosa. “Sei così pieno di forze. Sarai un ottimo servitore. Ma cos’è questo strano sapore che hai?”
Un secondo tentacolo partì verso di lui. Oren scattò di lato, volteggiando nell’aria con una capriola e atterrando sui piedi nella neve alta.
Tarron si mosse appena. “Sei davvero forte. Mi piaci. Ma il tuo sapore…”
Oren fece roteare la spada. Wei Fu gli aveva insegnato a osservare l’avversario nei momenti di pausa di un duello.
Il negromante appoggiava il peso su una sola gamba, la destra. Lo capì dall’orma più marcata che quel piede lasciava nella neve.
È una vecchia ferita che gli ostacola i movimenti? Si chiese. Forse dovrei attaccarlo quando poggia il peso sull’altra gamba, in modo da sbilanciarlo.
Senza attendere oltre si lanciò in avanti, coprendo con un solo balzo metà della distanza che li separava.
Tarron reagì facendo un piccolo salto all’indietro.
Vide disegnarsi sul volto del negromante un’espressione di sorpresa.
Controlla il Wah, si disse Oren. Controlla il Wah per controllare il Kah.
Balzò di nuovo in avanti, stavolta con la spada sollevata e pronto a colpire il negromante con un fendente.
Un colpo facile pensò. Non si sta nemmeno muovendo.
Calò la spada con tutte le sue forze, diretta alla testa di Tarron. Questi non si mosse mentre la lama gli attraversava il cranio e poi il collo e le spalle.
E all’improvviso la figura del negromante si dissolse come una nuvola di fumo e Oren si ritrovò ad avanzare nella neve faticando a mantenersi in equilibrio.
D’istinto si voltò per guardarsi alle spalle. Un tentacolo nero gli sfiorò la spalla e lui sentì la pelle e i muscoli avvampargli per il dolore in quel punto.
Quasi perse la presa sulla spada, ma fu costretto a indietreggiare per evitare un secondo colpo.
Roteando l’arma tagliò in due il tentacolo, che si dissolse come fumo nell’aria tersa.
“Il tuo sapore è strano” disse il negromante. “Sei per caso stato maledetto, giovane guerriero?”
Come fa a saperlo? Si chiese.
“Una volta” disse Oren.
“E sei sopravvissuto?” fece Tarron sorpreso.
“Ti stupisce?”
“Non è da tutti sopravvivere a una maledizione” disse il negromante. “Mi chiedo che tipo di servitore saresti.”
“Attento” gridò Roge emergendo da una nuvola di fumo denso, le mani che sembravano ardere di un fuoco azzurro. “È un illusionista. Quello era uno spettro.”
Oren annuì. “Potevi dirmelo prima.”
“Te lo sto dicendo adesso” rispose il principe. Mostrò le mani ardenti al negromante. “I tuoi trucchi non funzionano con me, Tarron. Perché non consideri la mia proposta?”
“No” disse Oren lanciandosi in avanti.
Il negromante giunse le mani, i palmi rivolti all’esterno. Nello spazio formato tra questi prese forma una sfera di colore nero.
Oren la vide partire e subito accelerare. D’istinto si chinò di lato per evitarla. La sfera si espanse raddoppiando e poi triplicando la sua grandezza. Ancora sbilanciato non poté evitarla.
Fu come essere di nuovo sfiorato dal tentacolo oscuro, ma stavolta in tutto il corpo. Barcollò per un paio di passi prima di crollare nella neve.
Si sentiva come se avesse corso per decine di miglia senza mai fermarsi per riposare.
Sono esausto, pensò. E stiamo combattendo solo da qualche minuto. Che mi prende?
Sollevò la testa.
Roge fissava il negromante, l’espressione concentrata. Tra le sue mani stava prendendo forma un oggetto luminoso che somigliava a un dardo magico, ma dai colori più brillanti.
Tarron muoveva le braccia attorno a una sfera di colore nero che era apparsa davanti a lui e se ne stava sospesa a mezz’aria.
Roge tese le braccia in avanti, i palmi rivolti verso l’eterno. La sfera dai colori brillanti si mosse nella stessa direzione. Mentre avanzava emetteva piccole scariche che si riflettevano sulla neve.
Tarron non si mosse, l’espressione seria. Con le mani disegnò un ampio cerchio. La sfera di colore nero si allargò seguendo quel movimento.
Un attimo dopo, la sfera di luce la raggiunse. Per un istante sembrarono lottare l’una contro l’altra, cercando di prevalere.
Solo allora Oren notò le scariche di energia che da Roge fluivano dentro la sfera e i tentacoli neri che univano la sfera al corpo del negromante.
Fissò affascinato la scena mentre i due stregoni si confrontavano nel silenzio rotto solo dalle scariche di energia che saettavano dalla sfera di Roge.
Il principe socchiuse gli occhi e aprì la bocca in un urlo silenzioso mentre il suo corpo sembrò tendersi in avanti, come in uno sforzo supremo per dare forza al suo incantesimo.
Tarron reagì allargando le braccia ed espandendo la sfera nera, che all’improvviso prevalse dissolvendo quella di Roge.
Il principe di Valonde crollò al suolo esausto e boccheggiante.
Anche Tarron respirava a fatica, il corpo scosso da un leggero tremore. La sfera nera si era dissolta, ma tentacoli scuri volteggiavano attorno al suo corpo come una nidiata di serpenti pronti a mordere la preda.
“Sei stato abile” disse con tono incerto. “Ma non abbastanza. Ora, diventerai un mio servitore, Roge di Valonde.”
Oren decise che quello era il momento di agire. Raccolse le forze che gli restavano per un ultimo attacco e con un balzo si gettò contro il negromante, la spada sollevata e pronta a colpire.
Tarron si girò nella sua direzione, i tentacoli che vibravano silenziosi nell’aria.
Oren non poteva più arrestare il suo attacco.
Se non lo colpisco ora siamo morti, pensò in quegli istanti. Peggio che morti. Diventeremo come quelle cose che hanno cercato di divorarci. E io non voglio diventare come loro. Non voglio che Shani diventi una cosa.
Calò la spada verso Tarron concentrando tutta la sua forza nei muscoli delle braccia.
I tentacoli che circondavano il negromante si mossero tutti insieme, unendosi in un tentacolo più grande che si diresse verso Oren.
Lui sentì il morso dell’oscurità sulla carne, ma strinse i denti e contro l’istinto che gli diceva di difendersi o scappare, proseguì nell’attacco.
Tarron, sorpreso, mosse un passo indietro, un attimo prima che la spada lo centrasse in pieno. Invece vene sfiorato dalla punta, che affondò appena nella sua spalla destra, tagliando la carne sottostante.
Il negromante urlò per il dolore o forse la sorpresa di essersi esposto a quell’attacco.
Oren atterrò nella neve e le gambe gli cedettero subito come se fossero fatte di burro. Non aveva più forze e la spada gli cadde. La vista gli si annebbiò, sfocando i particolari. Persino la mente era confusa per il dolore e la stanchezza che provava.
In qualche modo, i tentacoli d’ombra di Tarron l’avevano privato di tutte le forze. Persino respirare era difficile. Con un ultimo sforzo sollevò la testa.
Il negromante incombeva sopra di lui, i tentacoli che sciamavano attorno alla sua figura. Tremava e respirava a fatica. La tunica grigia era imbrattata dal sangue che era colato dalla ferita alla spalla.
“Hai il mio rispetto, giovane guerriero” disse con voce tremante. “Sarai un ottimo strumento nelle mie mani.”
Oren lo vide sgranare gli occhi per la sorpresa, la bocca che si apriva in un grido muto. La stoffa della tunica si tese all’altezza del petto e un istante dopo qualcosa di metallico ne uscì.
Prima la punta e poi il resto di una spada ricurva lacerarono la tunica. Poi all’improvviso si ritirò e dalla ferita sgorgò un fiotto di sangue.
Tarron cadde in ginocchio, il sangue che ora gli sgorgava copioso anche dalla bocca ancora aperta. Gorgogliò qualcosa di incomprensibile e si abbatté in avanti, affondando il viso nella neve.
Dietro di lui apparve il viso pallido di Shani. La ragazza boccheggiava respirando a fatica, piegata in avanti, la spada ricurva stretta nella mano destra.
“Come al solito” disse con un filo di voce. “Devo fare tutto da sola.” Chiuse gli occhi e si afflosciò nella neve.
Oren raccolse le forze residue e scattò verso di lei. “Shani” esclamò sollevandola. “Shani.”
 
Oren si assicurò per l’ennesima volta che le pellicce fossero ben strette attorno a Shani. Ogni volta che guardava quel viso pallido e sofferente non riusciva a non chiedersi se si sarebbe mai svegliata.
Ore dopo lo scontro con il negromante, Shani dormiva ancora in un sonno profondo e tranquillo. Solo l’alzarsi e abbassarsi del petto dimostrava che era ancora viva.
Si alzò a fatica, ancora provato dai colpi di Tarron.
“Dobbiamo andare via” disse Roge alle sue spalle. “Adesso.”
Oren sospirò. Il principe di Valonde era sopravvissuto allo scontro. Il colpo che Tarron gli aveva inferto lo aveva fatto svenire per qualche minuto.
“Quel maledetto ha assorbito quasi tutte le mie forze” gli aveva spiegato. “Un’abilità dei negromanti a quanto pare.”
Oren aveva provato sulla sua pelle quel potere terribile e misterioso. Ogni tocco dei tentacoli d’ombra di Tarron gli aveva strappato via parte delle sue forze e alla fine era crollato stremato, anche se non aveva una sola ferita sul corpo.
“Perché non ci ha colpiti con gli incantesimi da stregone?” chiese a Roge.
“Penso non volesse danneggiarci troppo” rispose. “Voleva dei nuovi servitori ancora interi, non a pezzi.”
“Che differenza fa?”
“Non lo so, ma per lui era importante. Forse i rianimati in buone condizioni sono più forti e resistenti in battaglia o forse è stato solo stupido o ci ha sottovalutati. Ciò che conta è che lui è morto e noi siamo ancora vivi.”
“Chissà se la battaglia alla fortezza è finita?”
“Sai che ti dico? Non è un problema nostro” disse Roge sollevando un sacco sulle spalle. “Qui dentro ho messo provviste per dieci giorni, un gentile regalo di Vamyr. Sono andati via così in fretta che si sono lasciati dietro tutto, persino la carne secca.”
“Forse dovremmo aiutarli.”
“Non penso proprio. Vamyr ci ha usati come diversivo per il suo attacco. Che vada agli inferi.”
“E Deliza? L’abbandoniamo al suo destino?”
“Lei farebbe lo stesso.” Indicò Shani con un cenno della testa. “Se ci tieni a lei, faremmo meglio ad andare via di qui. Se vincesse Vamyr, potrebbe venirgli in mente che saremmo meglio morti o in prigione in qualche segreta di Nergathel. E se invece ha vinto quel dannato Mirka, meglio non farsi trovare da queste parti.”
Oren annuì. “Andiamo.” Mise Shani sulla slitta che aveva costruito usando un paio di sgabelli presi dalla tenda di Vamyr. Non amava rubare, ma era un’emergenza e in quel momento gli servivano.
Alla slitta aveva assicurato delle corde per poterla trainare nella neve.
“I passi saranno ancora liberi dalla neve per qualche giorno” disse Roge. “Se saremo fortunati, metteremo un centinaio di miglia tra noi e questo terribile posto prima che vengano a cercarci. Per allora dovremo essere al sicuro a sud di qui.”
“E dopo?” chiese Oren.
Roge ghignò. “Dopo penseremo a cosa fare, guardia del corpo.”
 
Note
Ultimo capitolo dell’anno, tempo di bilanci.
Se siete arrivati fin qui avete tutta la mia ammirazione. So che non è facile seguirmi e che spesso divago e sembra che mi allontani dalla trama principale, ma vi assicuro che non è così.
Quando avrete il quadro completo, vi renderete conto che il viaggio è più importante della meta.
Sì, ok, ma quanto resta ancora da viaggiare?
Poco o molto a seconda dei punti di vista.
Mentre voi avete appena finite di leggere il capitolo 389, io sto ultimando la stesura del 456. E ne ho ancora 25-30 da scrivere prima di mettere la parola fine a questa storia.
Quindi, a titolo del tutto indicativo, vi mancano più o meno 100 capitoli per vedere conclusa questa storia.
Ce la farete a resistere ora che lo sapete? O cederete in vista del traguardo come un maratoneta esausto?
Io spero che ce la facciate perché cercherò di fare in modo che ne sia valsa la pena.
Questo è il mio buon proposito per il nuovo anno: concludere degnamente questa lunghissima saga che, spero, vi abbia regalato emozioni come ne ha regalate a me scrivendola (eh, sì: io mi emoziono quando scrivo un capitolo, specie quelli che sto stendendo ora).
Ok, credo di aver scritto abbastanza per oggi (e per il 2019).
Joyce si prende qualche giorno di vacanza e noi ci rivediamo il 6 Gennaio per un nuovo capitolo in cui tornerà un vecchio personaggio che non vediamo da mesi insieme ad altri due. Questo terzetto sarà protagonista di un proprio arco narrativo al termine del quale ci avvieremo al tanto agognato finale.
Vi auguro di cuore un felice anno nuovo e ci rileggiamo su queste pagine.
 
Prossimo Capitolo Lunedì 6 Gennaio 2020

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor