Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: Fanny Jumping Sparrow    02/01/2020    6 recensioni
[...] Nel suo cervello rimbombava un’unica scottante domanda: cosa sarebbe successo una volta arrivati a destinazione? Si sentiva avvampare tutta al solo formulare qualche previsione poco casta. E poi, avrebbero saputo e soprattutto voluto affrontarne tutte le conseguenze? [...]
[...] Eppure, se avesse avuto la possibilità di evitare che ciò avvenisse, che tutto quello che provava per lei si concretizzasse in qualcosa di più di un abbraccio fraterno o di un bacio scambiato dietro un vetro, sentiva che la sua coscienza sarebbe stata meno tormentata. Forse … [...]
One shot romantica e lievemente hot senza tante pretese ambientata dopo l'infame finale lasciatoci da Tsukasa Hōjō, scaturita da stress, noia e dalla casuale riscoperta del manga.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Kaori/Greta, Ryo Saeba, Ryo Saeba/Hunter
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutte/i :)
Ad una settimana di distanza ritorno con la seconda parte di questa mia shot, che in verità è andata scrivendosi con un finale diverso da quello che avevo pensato originariamente.
Non voglio svelare troppo, ma vi anticipo che ho scelto di aggiungere un altro pezzetto inizialmente non previsto per uscire un po' dall'ambientazione casalinga ^.^
Ringrazio di cuore tutti i numerosi lettori che non mi aspettavo di trovare, e in particolare chi ha avuto la gentilezza di commentare il primo capitolo o di inserire la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Spero che la lettura possa divertirvi almeno un po' quanto ha divertito me la scrittura, che è stata una boccata d'ossigeno in un periodo incasinato.
Vi saluto con affetto e con l'augurio di un buon inizio di nuovo anno!)


Le ultime nubi temporalesche che avevano imperversato nel cielo notturno stavano ormai sfilacciandosi, lasciando filtrare una fioca luce biancastra che impigriva i sensi.
D’altronde al sesto piano di un palazzo di periferia il fluire incessante di una grande metropoli era soltanto un brusio lontano, che difficilmente sarebbe riuscito ad intaccare la languida sonnolenza di due amanti consumati da lunghe ore di passione.

Alcuni passerotti avevano tuttavia scelto di sostare proprio sul davanzale della finestra di quella stanza che era stata testimone della loro sospirata unione. E il loro animato cinguettare, mentre si ristoravano asciugando le piume umidicce ai tiepidi raggi del mattino, si sostituì con incolpevole dispetto all’abituale trillo della sveglia.

Kaori, ancora troppo assonnacchiata per schiudere le ciglia, si ruotò con disappunto su un fianco emettendo un mugolio infastidito. La sua faccia urtò contro qualcosa di comodo e confortevole, dall’odore leggermente muschiato, che però non somigliava ad un cuscino. Cercò di sgranchire gli arti un po’ intorpiditi dal prolungato ozio cui non era abituata, ma si ritrovò bloccata da una stretta consistente all’altezza del girovita che le impediva di stirarsi del tutto e che non aveva la tenue consistenza delle lenzuola. Brancolò per qualche secondo, tentando di divincolarsi da quello strano impiccio che la immobilizzava quando si sentì palpeggiare impunemente il fondoschiena.
Un’istantanea folgorazione ricollegò allora l’intelletto a quei riflessi inconsci, inducendola a sollevare la testa e ad aprire definitivamente gli occhi, restando imbambolata.

Il flebile lume delle candele l’aveva privata del semplice piacere di poter contemplare le sue stupende fattezze, che pure aveva ben impresse, perché ci conviveva da quasi una decina d’anni, ma di cui sporadicamente aveva potuto godere di una visione così quieta e ravvicinata.
L’espressione di Ryo era assolutamente serafica, gli angoli della bocca disegnata erano leggermente piegati all’insù, le palpebre serene, le folte sopracciglia distese, i capelli color del carbone adorabilmente scomposti sulla fronte liscia. Il suo vigoroso braccio destro la circondava, schiacciandola contro il suo torace che si gonfiava appena al ritmo cadenzato del suo respiro, e una sua mano insolente se ne stava beatamente appoggiata sopra la sua natica, sfuggita con quei contorcimenti alla copertura offerta dalla sottile trapunta che avvolgeva le loro membra aggrovigliate.

Non era sicura che stesse davvero dormendo profondamente, comunque non oppose resistenza quando una dopo l’altra staccò le sue lunghe dita che insistevano sulla sua pelle nuda e rabbrividita. Le intrecciò alle sue, e, togliendo l’altro braccio da sotto il guanciale, si deliziò a prendere quella mano tra le sue, carezzandone il dorso e il palmo.
Era sempre stata affascinata da quelle sue sveltissime mani, grandi, forti e virili. Proprio come il loro proprietario, le aveva detestate e stimate con lo stesso accanimento. Le aveva sbirciate spesso armeggiare con proiettili e caricatori, ripulire meticolosamente la canna della sua letale Colt Python 357 Magnum. Le aveva schiaffeggiate quando assaggiavano senza permesso qualche pietanza non ancora pronta, oppure quando le ritrovava a frugare importune tra i cassetti della sua biancheria. E troppe volte si era dannata nel vederle approcciarsi con spudoratezza alle curve di altre donne. Gliele avrebbe mozzate, se non fosse stata cosciente che dalla loro eccezionale prontezza nel premere il grilletto e sferrare colpi e pugni micidiali dipendeva la loro stessa sopravvivenza.

Quella notte aveva scoperto che quelle meravigliose mani erano capaci di compiere molte altre cose stupefacenti ... Sentirsi plasmare dalla loro volontà, sentirle vagare addosso, inarrestabili e premurose, insaziabili e curiose, l’aveva letteralmente mandata in fibrillazione. Si era sentita pienamente donna, perdutamente sua. Le emozioni che le erano scoppiate dentro erano state così sconvolgenti che ad un certo tratto aveva temuto di essere sull’orlo di un infarto. Si era domandata se anche lui stesse provando lo stesso incandescente turbinio di sensazioni durante quella sfibrante danza, che l’aveva estraniata in un’altra dimensione. I suoi sorrisi mozzafiato, i suoi torridi mormorii, quel suo modo quasi indifeso e bisognoso di chiederle di amarlo, di stringerla e baciarla con fervore e struggimento, erano stati una risposta più che convincente.
Sentì affluire il sangue alle orecchie al solo ripensare quanto fosse incredibile ciò che era successo e quante altre volte ancora avrebbe potuto ripetersi, visto che lui non si sfiancava tanto presto. E sospettava che si fosse perfino trattenuto.
D’improvviso cominciò ad avere una grande arsura alla gola e una certa urgenza di dissetarsi e rinfrescarsi.

Voleva anche capire quanto avessero dormito, dato che sulle pareti di quella stanza, tappezzate da poster osceni che la imbarazzavano, non c’era neanche un orologio e da quel punto non riusciva a scorgere la radiosveglia sul comodino del lato opposto. Inoltre si rese conto che non avrebbe potuto alzarsi dal letto senza dare spettacolo agli inquilini dirimpettai: le tende non erano state accostate e lei non aveva alcun indumento a disposizione che potesse soccorrerla. Avrebbe dovuto trascinarsi appresso lenzuolo e coperta e, così facendo, probabilmente svegliarlo. Per quanto fosse infantile e insensato, non era ancora del tutto psicologicamente pronta ad affrontarlo.
Come se avesse indovinato le sue intenzioni, Ryo si rigirò scivolandole sopra di peso, quasi scambiandola per il materasso. Adesso era davvero in trappola, sebbene, raccogliendo tutte le forze, avrebbe anche potuto sbalzarlo via con facilità. Ma non voleva ricominciare da subito a trattarlo con sgarbatezza. In effetti, dopo quanto di così passionale avevano condiviso, non sapeva proprio come avrebbe dovuto rapportarsi con lui, nella quotidianità di casa. E come avrebbe dovuto comportarsi con i loro amici e conoscenti, e, non ultimo, con i clienti che sarebbero arrivati e che, stupiti dalla loro convivenza e dalla loro intesa, avrebbero posto loro la solita domanda circa la natura del loro rapporto.
Avrebbe voluto che si sapesse in giro, o avrebbero dovuto continuare a fingere di essere solo affiatati colleghi di lavoro e azzuffarsi per qualsiasi sciocchezza?

Per il momento sapeva solo che non le dispiaceva avere quel caloroso corpo bronzeo abbandonato su di lei, anzi era una sensazione molto appagante e, quasi senza volerlo, finì per avvitarcisi irresistibilmente, con le braccia e con le gambe.

«Uh, anche il tuo pancino brontola adesso».

La voce irrisoria e vagamente impastata di Ryo la spiazzò, confermandole che si fosse infine destato anche lui da quel piacevole dormiveglia.
 «Già», si limitò a balbettare, impreparata dall’avvertire un effettivo formicolio allo stomaco vuoto, sciogliendo l’appassionato abbraccio in cui l’aveva incatenato.
Lui fece leva sui gomiti per guardarla, restando per il resto sdraiato mollemente su di lei: «Non ti devi vergognare. È normale dopo un’intensa attività fisica», sentenziò semiserio, con la sua solita propensione allo scherno, per poi ammiccare con un sorriso sghembo, strusciandosi appena: «Al mio amichetto è piaciuta proprio tanto la tua amichetta».
Kaori allora realizzò che oltre ad essere completamente nudo era anche completamente sveglio, e si accalorò ancora di più, non riuscendo però ad arrabbiarsi come in passato per quell’impertinenza quasi puerile. Al contrario, la sua esuberante spensieratezza le contagiò uno spontaneo riso, spazzando via per un attimo i dubbi e le tensioni che avevano accompagnato quell’inedito risveglio. Nessuno sarebbe mai stato capace di farla disperare e sorridere quanto quel pessimo elemento.

«Devi proprio avermi rincretinito per bene se amo perfino queste tue stupidaggini!», gli picchiò debolmente i pugni sul petto, mentre lui faceva scorrere le dita tra i suoi capelli e si piegava a succhiarle le labbra con dolce ardore. Nonostante lo ricambiasse, Ryo approfondendo quell’afrodisiaco contatto la sentì farsi a poco a poco distante.
Qualcosa che non riusciva a capire la turbava già da prima che parlasse. Assottigliò lo sguardo puntandolo nel suo incantevole viso incapace di mentire, interrogandola cautamente: «Che c’è? I tuoi pensieri sono piuttosto rumorosi stamattina …».
«Adesso non vorrai farmi credere che il tuo udito sopraffino è in grado di cogliere addirittura i pensieri?» si punzecchiò lei, ma più della ripicca il suo accento tradì una latente insicurezza.
Lui perseverò a stringerla affettuosamente a sé, sfiorandole una guancia levigata: «Certo. I tuoi pensieri li sento sempre. Strilli anche nella mente», la accusò sarcastico, guadagnandosi un buffetto.
L’espressione accigliata di Kaori si ammorbidì, il suo diaframma contratto si rilassò, lasciando fuoriuscire un sospiro: «Pensavo a come sarà la nostra vita fuori di qui», sussurrò pianissimo, abbassando gli occhi e passando i polpastrelli sul suo sterno.

Non occorreva che si spiegasse ulteriormente. Anche lui era scisso da pensieri e desideri contrastanti. Quello che avevano condiviso non era stato semplicemente del sublime sesso, era stato un incontro di anime che aveva superato la pelle, era penetrato più a fondo della carne e delle ossa. Era stata un’esperienza unica e nuova, l’esplodere travolgente di un sentimento puro e irrinunciabile che negli anni si era radicato in ogni fibra del suo essere, soggiogandolo, trasformandolo, perfino rendendolo più forte di quanto già non credeva di essere. Amarsi interamente, senza remore, era stato come galleggiare liberi nell’etere.
Quasi se ne vergognava anche solo a pensarlo, che a tratti gli fosse sembrato di vedere realmente le stelle e i fuochi di artificio. E avrebbe voluto urlare al mondo intero con fierezza ed entusiasmo che quella donna fantastica e temeraria era sua, ma un’altra parte del suo animo credeva che quello che avevano scoperto fosse qualcosa di troppo bello, troppo prezioso e troppo fragile, da custodire gelosamente soltanto per sé, al riparo da interferenze e invidie altrui.

«Non siamo tenuti a dare spiegazioni a nessuno», decretò secco, con la durezza di chi voleva tagliare la discussione e non ammetteva repliche, schiodandosi da lei e mettendosi supino.
Nonostante fosse stato anche più brusco di quanto non volesse, Kaori gli si riavvicinò, mossa dalla sua innata, incrollabile perseveranza: «Hai ragione», esalò semplicemente, rannicchiandosi sulla sua spalla e facendolo trasecolare come se avesse presentito l’arrivo di una qualche catastrofe.
Non avrebbe lontanamente immaginato di sentirle pronunciare quelle parole, almeno non in quel contesto così intimo. Le uniche volte in cui si abbassava a dargli ragione erano nell’ambito lavorativo. Sopraffatto da quelle riflessioni, non si accorse subito che lei gli era rotolata addosso, offrendogli ancora le sue ammalianti forme di dea. Quella nuova acquisita confidenza che si era instaurata tra di loro aveva proprio i suoi bei vantaggi, si disse soddisfatto, non resistendo ad acchiapparle i fianchi burrosi. Stava già rizzandosi a sedere per rifugiarsi tra i suoi seni di porcellana, quando la ragazza ebbe un violento sussulto.
«Argh! Ma è quasi mezzogiorno!», strepitò scandalizzata, indicando con orrore i numeri “11:37” che campeggiavano sul display elettronico della radiosveglia posizionata sul comodino.
Ryo si grattò la nuca, intontito: non ricordava neppure di avere quell’aggeggio che lei gli aveva sicuramente regalato per qualche ricorrenza, ma che lui non aveva mai utilizzato, trovandolo superfluo. E s’infastidì un po’ nell’intuire che quell’angelo tentatore gli fosse saltato addosso con tanta urgenza solo per poter arrivare a vedere che ora segnasse.
«Porca miseria! Ma è tardissimo!» seguitava a ripetere ansiosa, enumerando decine di faccende che doveva sbrigare, accennando a volersi alzare ma non riuscendo ad incamminarsi così com’era, senza vestiti a coprire pudicamente le sue grazie, che si affannava a nascondere con le lenzuola ad ogni movenza troppo rivelatoria.
E intanto che era così indecisa se andare o restare, quel suo ripetuto sobbalzargli sul bacino gli stava stuzzicando la fantasia di farle impiegare tutta quell’energia che sprizzava in ben altre piacevoli occupazioni. Sarebbe potuto rimanere a farsi stimolare dalle sue noncuranti sobillazioni anche in eterno, oppure sarebbe scoppiato da un momento all’altro, furiosamente.

«Kaori! Vuoi deciderti?! Stai torturando il piccolo Ryo!», la scongiurò tra il piagnucolio e il rimprovero quand’era oramai al limite, serrando i pugni e i denti.
La ragazza arretrò di scatto, scusandosi e sorridendo istericamente, le braccia incrociate sul petto a trattenere la copertina. Quell’uomo era un instabile concentrato di testosterone e lei in certi frangenti continuava ad essere davvero maldestra e ingenua come una verginella. Però era anche una vittoria riuscire a sconvolgerlo così tanto con così poca fatica.
I loro stomaci rumoreggiarono insieme smorzando quell’imbarazzante silenzio.
«Allora non c’è rimasto proprio niente da mangiare?», tornò a chiederle Ryo mettendosi seduto e massaggiandosi l’addome.
Kaori, un po’ più a suo agio dal suo ricomporsi, gli rispose con brio: «Per la colazione, sì. Dovrebbero esserci delle fette biscottate e mezzo barattolo di marmellata ai lamponi».
Lui schioccò la lingua, passandosela sulle labbra: «Mmm. Marmellata … », mormorò insidiandole una mano sulla coscia con fare licenzioso.
«Ehy, non farti venire in testa strane idee», lo avvisò drasticamente allungandogli un calcio, colorandosi di turbamento, mentre lui sogghignava furbo. Era evidente che ci provasse davvero gusto a provocarla e a vederle perdere il controllo con così tanta facilità. Ma sotto sotto era contenta che insieme a lei riuscisse ad essere unicamente se stesso, senza più temere il suo giudizio o il suo rifiuto.
«Di che parli? Guarda che ti sbagli! Non penso sempre a quello!», finse di offendersi lui, ostentando un’espressione innocente.
La compagna strabuzzò gli occhi di fronte alla sua irriducibile faccia tosta: «Che bugiardo! Come se dopo tutti questi anni io non ti conoscessi!», lo tacciò, lanciandosi ad afferrare un cuscino per percuoterlo, lottando sempre con la timidezza che intralciava il suo libero muoversi senza scoprire troppa pelle nuda.
Ryo si riparò da quegli innocui colpi, per niente dolorosi rispetto alle tremende martellate cui era abituato: «Ti giuro che stavolta sei stata tu ad essere maliziosa … a quale ideuzza perversa stavi pensando con la marmellata? Confessa!» le ordinò facendole il solletico poco sopra le anche, dove aveva scoperto che era particolarmente attaccabile, e infatti, tra un insulto e l’altro, non riuscì a contenere la ridarella. Le sue risate gli si schiantarono addosso come acqua fresca e frizzante.
Con una rapida mossa, degna del formidabile sweeper che era, ribaltò le loro posizioni, zittendo le sue proteste con un bacio lungo ed esigente che Kaori interpretò come preludio a una nuova intensa sessione d’amore.

«Pensi che ti stancherai di me?», le uscì tutto d’un fiato, sentendolo insinuarsi tra le gambe, pronto a riempirla con le sue disinibite effusioni. Nonostante tutta la felicità che lo faceva battere come una libellula impazzita, il suo cuore ferito continuava ad essere assillato dal tarlo dell’abbandono, ma vedendosi fissare dalle sue pupille dilatate con un tale alone di adorazione e affetto, credette di annegare in quello scuro mare in tempesta che solo lei riusciva a placare.
Quella ragazza si faceva troppe paranoie. Possibile temesse ancora di non piacergli? Ryo si perse per qualche secondo in quelle sue iridi di ambra fusa, nel rossore delle sue guance e della sua bocca di ciliegia, sentendosi in estasi, come di fronte ad una visione celestiale. E si ritrovò, come sempre, a corto di parole adatte a esprimere quanto la sua salvifica presenza fosse vitale per lui.
Il suo cipiglio divenne serio e impenetrabile, le prese i polsi bloccandoglieli ai lati del viso, abbassandosi a sussurrarle maliziosamente sul collo: «Non così presto. Abbiamo ancora tante di quelle botte arretrate …»
Kaori si contorse nella sua presa senza tanta convinzione: «Non cambierai mai, vero? Resterai sempre il solito stronzo maniaco», lo sfidò salace, puntandogli le ginocchia contro i lombi d’acciaio.
«Solo a patto che tu rimanga la solita manesca rompiballe», fu la dissacrante risposta del suo partner, che sfumò in un sospiro arrendevole tra le sinuosità dei loro corpi allacciati.

***********************************************************************************

L’ora di pranzo era il momento del giorno meno raccomandabile per mettersi in auto e raggiungere il labirintico Isetan dove si concentravano i grandi negozi, meglio forniti di prodotti spesso introvabili nei piccoli esercizi commerciali della loro zona. Ci avevano impiegato un’eternità a percorrere quell’arteria congestionata da un fiume di macchine, altrettanto per trovare un parcheggio che non li costringesse a percorrere chilometri a piedi, ma quella donna sapeva essere davvero molto persuasiva e, adesso che aveva cominciato a scoprire di poter sfruttare a suo piacimento il suo inguaribile debole per quelle sue curve da capogiro che per tanti anni, con sforzo immane, era riuscito a ignorare, era davvero piacevolmente fottuto.
Così aveva accettato di accompagnarla in quell’infernale centro commerciale, in cui di solito si era rifiutato di entrare, delegandole senza troppi complimenti di andarci sempre per conto suo. Ma tant’è, adesso sentiva di volerla rendere felice in ogni modo possibile e a lei bastava così poco per risollevarsi d’umore. Non poteva certo lamentarsi di essersi innamorato di una ragazza troppo frivola e schizzinosa, tutt’altro, era la più umile e responsabile che avesse mai conosciuto o potuto sperare di conoscere. E l’amava follemente anche per quello.

«I biscotti warabimochi che ti piacciono tanto dovrebbero venderli da questa parte», asserì pimpante Kaori, svoltando in un corridoio con banconi traboccanti di dolciumi, costringendolo a fare una gincana tra vari stand di rappresentanza per inseguirla. Quel posto era peggio di una giungla.
Ci stava mettendo tutto l’impegno e la buona volontà, ma quelle ruote difettose proprio non volevano allinearsi e il carrello che aveva preso continuava a sbandare ad ogni sterzata, snervandolo ancora di più di quanto non lo fosse già per quella stramba situazione.
«E poi sarei io quello per niente romantico? Non si è mai sentito di una prima uscita di coppia al supermercato», biascicò recalcitrante quando l’ebbe raggiunta, scartando una processione di mamme apprensive e bambini petulanti.
La compagna s’impettì nel suo corto giubbino fucsia di ecopelle: «Hai poco da lamentarti. Piuttosto dovresti ringraziarmi per aver messo da parte un gruzzolo in caso di emergenze. A quest’ora ci sarebbe toccato andare a chiedere un prestito a qualcuno», lo redarguì pragmaticamente, sistemando alcune confezioni di pasticcini. Si era impuntata che festeggiassero un minimo quel nuovo inizio con qualcosa di sfizioso, almeno tra di loro, dato che per raccontarlo ad altri avevano stabilito di aspettare ancora qualche settimana. Conoscendola, aveva già fissato anche quella data nel suo personale calendario di anniversari veri o presunti.

Ryo la guardò allontanarsi sui sandali dal modesto tacco quadrato, ancheggiando lievemente dentro quella vertiginosa minigonna a jeans, sin troppo attillata che attirava molteplici sguardi sin troppo insistenti. Non era possibile che ignorasse l’effetto calamitante che possedeva sugli uomini. A tal punto era riuscito a convincerla di essere mascolina e per nulla attraente? Quante altre volte si era abbigliata in quel modo e aveva rischiato di essere molestata, per colpa delle sue stupide bugie?
Si imbatté in un carrello semivuoto abbandonato da qualcuno e, dopo aver verificato se le ruote funzionassero a dovere, rapidamente ne rimosse il contenuto, sostituendolo con la loro spesa, affrettandosi a tallonarla, sospinto da un fastidioso prurito al naso.

Kaori sorrise tra sé e sé, lanciandogli un’occhiata fintamente distratta. Era troppo divertente vedere l’impareggiabile detective numero uno del Giappone, nonché ex mercenario, trasformarsi, alle prese con quelle semplici faccende quotidiane, in un impacciato accompagnatore. Non era riuscita ancora ad estorcergli una vera dichiarazione d’amore in piena regola, ma averlo accanto in quella circostanza tanto ordinaria e vederlo comportarsi come un fidanzato qualunque, che di tanto in tanto le dava anche consigli e la aiutava a prendere i barattoli sui ripiani più alti, valeva più di mille frasi sdolcinate che non sarebbero state autentiche da parte sua.
La lusingava invece che la stesse pedinando con lo zelo e la concentrazione di una guardia del corpo, senza concedersi distrazioni che pure non mancavano. Una vanità che non aveva mai pensato di possedere, era inorgoglita dalle espressioni ricolme di ammirazione e invidia che le rivolgevano le altre donne, che di certo non potevano sfoggiare un compagno tanto aitante e affascinante come il suo: perfino con una semplice camicia turchese e un paio di jeans ghiaccio la sua figura si stagliava gagliarda, offuscando qualunque altro individuo di sesso maschile nei paraggi. Lo prese sottobraccio, godendosi quella normalità speciale che la faceva sentire leggiadra come una farfalla.

«Piantala di sbuffare! Oramai abbiamo quasi finito», lo tranquillizzò stampandogli un bacio leggero sulla guancia, mentre lasciava cadere un pacchetto di assorbenti nel carrello, avviandosi all’uscita.
Un po’ impensierito da quell’ultimo acquisto, il suo amato le tenne dietro, cercando di non restare imbottigliato tra la folla, e si accodarono alla fila formatasi dietro la prima cassa disponibile.
In attesa del loro turno, Kaori diede una rapida scorsa a quanto avevano raccattato: «Oh no! Ho dimenticato il caffè!», pigolò indispettita, «Ryo per favore ti dispiacerebbe andarlo a prendere tu? Dovrebbe essere nel terzo corridoio da destra», lo pregò gentilmente, voltandolo per indirizzarlo.
«Eh, ma quale devo prendere?», esclamò lui spaesato e impanicato.
«Quello in offerta, ovvio», ribatté lei con un occhiolino, «E non perderti!», gli raccomandò pedante.

L’uomo seguì con attenzione le istruzioni, confortato dal pensiero che presto sarebbero tornati a casa e avrebbe deciso lui la prossima meta per passare del tempo insieme. Raggiunse in un paio di minuti il reparto di suo interesse, esaminando per qualche secondo i vari cartellini coi prezzi. Aveva appena posato gli occhi sull’obiettivo della sua piccola missione, quando intercettò una ben nota voce femminile scandire con fermezza: «Fermo dove sei! Getta subito quel coltello, canaglia! Se non vuoi farti del male!».

Tornò indietro con delle fulminee falcate, scontrandosi con alcuni passanti, finché non fu in vista di una zazzera sbarazzina dai riflessi ramati che emetteva un’aura sanguigna, attorno a cui si era fatto il vuoto.
L’amata socia aveva estratto la pistola dalla borsetta e teneva sotto tiro un quartetto di teppistelli rivestiti di borchie e tatuaggi vistosi, evidentemente intenzionati a rapinare il supermercato.
«Chi credi di spaventare con quel giocattolino, bambola?» la motteggiò un ventenne dalla cresta verde ramarro che doveva essere il loro capo, premendo la lama sul collo del malcapitato cassiere tremante di paura.
Kaori fece scattare il caricatore, socchiudendo un occhio per prendere la mira: «Ti sbagli, idiota: questa è vera!», lo smentì con un sogghigno vincente. Quel giorno si sentiva indomita, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.

Una rassicurante presenza familiare si palesò alle sue spalle, sovrapponendo le mani sulle sue: «Quante volte devo ricordarti di tenere il mirino esattamente all’altezza del tuo sguardo, sugar?», la ammonì Ryo con sottile ironia, correggendo l’angolazione della sua impugnatura, per poi estrarre la sua Python e rivolgersi con severità ai delinquenti, adombrandosi.
«Vi conviene arrendervi. Oggi non è il vostro giorno fortunato», intimò loro con tono tagliente e commiserante, l’indice a pochi millimetri dal grilletto.
«E voi due chi cazzo sareste?», sputò con bile il ragazzaccio di prima attorniato dai compari, perdendo però la precedente spavalderia.
I due sweeper si scambiarono un complice cenno di intesa e avanzarono di un passo, drizzandogli contro le loro pistole: «Siamo gli spazzini della città».


NDA: per quanto mi affascini, ammetto che non sono espertissima di cultura giapponese, perciò, da buona pignola, ho fatto una piccola ricerca sia per quanto riguarda il nome dei pasticcini, sia per il nome del centro commerciale che dovrebbe trovarsi proprio a Shinjuku.





   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: Fanny Jumping Sparrow