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Autore: heliodor    05/02/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Gladia si fermò davanti alla porta, esitò, scosse la testa e poi bussò. Due volte. Alla terza, il battente si aprì mostrando il volto atterrito di Falcandro.
“Ti disturbo?”
“Non mi aspettavo una tua visita. A quest’ora.”
“La notte fatico ad addormentarmi” disse entrando quasi in punta di piedi nella cella dell’erudito. Come al solito venne sorpresa dalla confusione che vi regnava e dalla totale assenza di odori. Nonostante le numerose ampolle e boccette allineate sugli scaffali, non ce n’era una sola che sembrava aperta o che perdesse del liquido. “Un vecchio problema che mi trascino dietro da molti anni, ormai.”
Da quando l’uomo che giace nella cella vicina alla tua mi portò via tutto ciò che avevo di caro, pensò.
Falcandro la invitò a sedersi su di uno sgabello. “Se fatichi a prendere sonno, sei venuta nel posto giusto. Io ho molti rimedi.”
“Non avevo dubbi, ma no, non sono qui per avere una delle tue pozioni magiche.”
Anche perché non mi fiderei a berne una, pensò.
“Allora vuoi solo fare due chiacchiere? È così?”
“In verità vorrei che rispondessi a qualche domanda.”
“Non ti ho già detto tutto quello che sapevo sui Colossi e il povero Igar?”
“Ho da farti delle domande. Sulla strega rossa.”
“Certo, quella simpatica ragazzina. Ti ho già detto che ho avuto con lei un vivido scambio di opinioni? Era da tempo che…”
“Voglio sapere che cosa ha fatto mentre era qui. E voglio sapere di Bardhian. Ho chiesto in giro e nessuno ha saputo o voluto dirmi niente.”
“Neanche io posso dirti molto.”
“La sua ferita era grave? E quanto?”
“So solo che i guaritori disperavano di poterlo salvare. E anche se ci fossero riusciti, parlavano di un danno così grave ed esteso che quel povero ragazzo non sarebbe stato mai più lo stesso.”
Era il genere di notizie che Gladia non voleva sentire. Aveva insistito lei perché Bardhian rimanesse a Malinor e non andasse a nord. In quel momento le era sembrata la scelta più giusta. Era convinta che Eryen sarebbe bastata per occuparsi di Malag, ma non aveva potuto tenere conto di Persym e dei suoi Colossi.
Se solo lo avessi saputo prima, si era detta. Avrei portato Bardhian con noi invece di tenerlo come riserva a Malinor nel caso in cu Eryen non ce l’avesse fatta.
Ormai era tardi per dispiacersene. Aveva fatto un errore e doveva conviverci. Non poteva più contare su Bardhian e se le voci su Bryce erano vere, se Skeli non si era solo inventata tutto…
“Ti vedo turbata” disse Falcandro.
Scosse la testa. “Poche cose sono in grado di turbarmi, erudito. Dimmi della strega rossa.”
“Era interessata ai miei studi. Ci crederesti? Una ragazza così giovane e vivace. Di solito i giovani pensano ad altro.”
“Anche tu sei stato giovane.”
Falcandro sembrò esitare un attimo prima di rispondere. “Sono dovuto crescere in fretta, inquisitrice. La mia famiglia non era ricca né nobile e io avevo solo la mia curiosità e la voglia di studiare. Così i miei genitori mi affidarono a Rhymon, un maestro dell’accademia di Luska e…”
“Non ti ho chiesto la storia della tua vita” disse Gladia brusca. “Dimmi solo come stava Sibyl. Era ferita?”
“Era molto magra, forse a causa del duro viaggio da Malinor. Dicono che molti siano morti per gli stenti nel tragitto.”
E le malattie, gli sciacalli, i razziatori e i soldati di Skeli, si disse Gladia.
“Ho sentito anche io quelle voci. Prosegui. La strega rossa era qui e poi? Dove è andata?”
Falcandro scrollò le spalle. “So solo che c’è stata una fuga. Di notte. Sentii un’esplosione, grida e soldati che correvano avanti e indietro. Mi ordinarono di restare chiuso nella mia cella e ubbidii. Altro non so.”
Gladia annuì. Era più o meno quello che aveva scoperto interrogando le guardie di palazzo. Kallia di Nazdur e Ames di Thera avevano portato via Bardhian e la strega rossa li aveva seguiti. Altro non era riuscita a scoprire, a parte che Skeli si era infuriata e aveva fatto giustiziare quattro guardie scelte a caso tra quelle che erano di turno quella notte.
“Non hai scoperto altro sui Colossi?”
Falcandro deglutì a vuoto. “Tutto quello che so ora lo sai anche tu, inquisitrice.”
“Non è abbastanza.”
“Mi spiace profondamente di non poterti essere utile.”
Gladia lo fissò negli occhi. “Non mi stai mentendo, vero? Sai che cosa accade a chi non collabora col mio ordine?”
“So quello che dicono in giro.”
“Ti consiglio di non provarlo di persona. Non sarebbe piacevole, te lo garantisco.”
“Sto collaborando, inquisitrice.”
Gladia si rilassò. Falcandro sembrava sincero ed era l’unico a palazzo che parlava con lei senza che dovesse minacciarlo più di tanto o corromperlo. Tutti gli altri cedevano solo davanti alla minaccia di un esilio a Krikor o alla promessa di denaro. “Conosciamo molti modi per far parlare una persona” disse cercando le parole giuste.
“Non avrai bisogno di usarli con me, te lo garantisco. Penso di aver dimostrato la mia disponibilità a collaborare.”
Ma fino a che punto? Si chiese. Skeli potrebbe averti vincolato al silenzio. Forse dovrei trascinarti in uno dei livelli più bassi e farti parlare usando i miei metodi.
Aveva bisogno di un alleato, lì dove aveva solo nemici. Anche perché l’unica altra persona che poteva definire sua alleata, era stata fino a poche Lune prima il peggior nemico.
Il pensiero di Robern le ricordò il vero motivo per il quale aveva fatto visita all’erudito.
“Parlando di quei metodi per far parlare le persone” disse guardandosi attorno. “Ho sentito parlare di pozioni in grado di sciogliere la lingua anche al più abile dei bugiardi.”
“Ti riferisci forse a una pozione della verità?” chiese Falcandro accigliato.
“Tu ne hai creata qualcuna, erudito?”
Lui sembrò esitare.
“Ricorda quello che ti ho detto prima.”
“Lo ricordo bene” si affrettò a dire. “Mi chiedevo solo a cosa ti servirebbe una pozione simile, visto che sembri conoscere metodi altrettanto efficaci.”
“Un metodo efficace non vuol dire migliore. E a volte posso incontrare soggetti che non cedono nemmeno davanti alle peggiori torture. O lusinghe.”
“Mi domando chi abbia una simile resistenza e come possa essere piegata.”
“Ho i miei metodi, ma non è questo il punto. Se per esempio volessi che a quella persona non venisse fatto alcun male? O che non conservasse memoria dell’eventuale male che le avrei fatto?”
Falcandro annuì solenne. “Perché temi che possa serbarti rancore?”
“Non solo per quello. È che voglio continuare a servirmene anche dopo che ho ottenuto da lei tutte le informazioni che mi servono.”
“Mi chiedi qualcosa di molto specifico e complicato da ottenere.”
“Ma hai o no qualcosa del genere tra le tue pozioni?” chiese cercando di non far trasparire la sua urgenza.
Falcandro trasse un profondo sospiro. “Non al momento e, detto sinceramente, dubito di poter ottenere qualcosa che risponda esattamente alle tue richieste.”
“Non ti sto chiedendo niente” si affrettò a dire. “E conto sulla tua discrezione.”
“Ovviamente, inquisitrice.”
“Puoi creare la pozione che ti chiedo?”
“Potrei provarci, ma mi serve tempo. Due o tre giorni.”
Gladia annuì. “Tornerò a fatti visita.”
“Ti attenderò con ansia” rispose Falcandro con tono incerto.
Gladia lasciò la sua cella e si diresse a quella di Robern. L’uomo giaceva sul letto, coperto dalle lenzuola. La ferita era nascosta e fasciata con cura. Le bende venivano cambiate due volte al giorno su ordine di Falcandro e con l’approvazione di Skeli.
In quel momento era sveglio e si voltò verso l’entrata quando la vide.
“Non si usa più bussare? Potresti trovarmi nudo che giro in mezzo alla stanza.”
“Non c’è niente che non abbia già visto” rispose lei sedendo sullo sgabello.
“Ho sentito delle voci. Eri tu?”
Gladia annuì. “Chiedevo a Falcandro come stavi.”
“Da quando ti occupi di me?”
“Da quando sei la chiave per mettere fine a questa guerra.”
“Io sarei la chiave?” fece Robern sorpreso.
“Il piano è tuo, quindi tu sei la chiave.”
“Ora che lo conosci, potresti fare a meno di me ed eliminarmi.”
“Ti eliminerò quando lo deciderò e se mi servirà. Per ora mi sei più utile da vivo.”
Lui fece di sì con la testa. “Questo mi conforta. Cosa hai scoperto su quella ragazzina? Come hai detto che si chiama?”
“Sibyl, ma si fa chiamare la Strega Rossa.”
Robern ghignò. “Che nome stupido. Chissà come le è venuto in mente.”
“Elvana, l’amica di Bryce, mi disse una volta che Sibyl le aveva detto che era stato un abitante di Mar Qwara a darglielo.”
“Stento a credere a una sola parola” rispose lui ridacchiando. “Sembra una storia inventata.”
“Probabilmente lo è” rispose lei. “Quella ragazzina è una bugiarda. Indossa una maschera. Sempre. Un incantesimo di trasfigurazione.”
“Non la indossiamo tutti, una maschera?”
“Mi chiedo che aspetto abbia.”
“A che cosa ti servirebbe saperlo?”
“Potrebbe essere chiunque. O trovarsi ovunque e io non saprei che è lei. La cosa mi mette a disagio.”
“Anche qui a palazzo?”
“No” disse. “Da quello che ho sentito dire, Skeli l’ha costretta a togliere la maschera.”
Robern si accigliò. “E l’hanno vista in viso?”
La sua voce è incrinata, pensò Gladia.
“Sì” disse.
Robern attese che proseguisse. “Che aspetto ha?”
“Insignificante, a sentire quelli che l’hanno vista. Una ragazzina dai capelli rossi e arruffati, con le orecchie troppo grandi a voler credere a una delle guardie.”
“Sembri delusa.”
“Lo sono.”
“Perché?”
“Forse mi aspettavo qualcosa di diverso.”
Robern sembrò più rilassato. “Ti aspettavi una ragazza dall’aspetto fiero e imponente?”
“Se così fosse, mi sentirei più sicura sapendo che si sta occupando di Bardhian.”
“Ti dai tanta pena per il principe di Malinor?”
“Non è solo un principe. È un Erede. Ed è il figlio di una mia amica.”
Robern annuì solenne. “Cosa farai ora? Ti metterai sulle tracce di Bardhian e abbandonerai Bryce al suo destino?”
“Dovrei farlo secondo te?”
“Sarebbe la cosa più giusta da fare. Nei confronti dell’alleanza.”
“Ho promesso ad Andew di riportargliela. Viva o morta.”
“Da quando tu e il re di Valonde siete in così buoni rapporti?”
“Da quando vogliamo vincere la stessa guerra.”
“Dovresti chiederti quale guerra vuoi vincere.”
“Ce n’è più di una?”
“Malag non è Persym.”
Gladia sorrise nervosa. “Dopo tutti questi anni. Dopo tutto quello che ti ha costretto a fare, ancora lo difendi?”
“Non lo sto difendendo. Sto solo dicendo che Persym è molto più pericoloso e i suoi Colossi lo provano.”
Gladia si alzò di scatto. “È ora di andare. Tornerò a trovarti domani. Se avrò tempo.”
“Mi troverai qui. Falcandro vuole che non mi muova o vanificherò tutti gli sforzi che sta facendo per tenermi in vita.”
Gladia lasciò che passassero i tre giorni chiesti dall’erudito prima di andare di nuovo da lui. Lo trovò intento a versare un liquido color ambra in una boccetta di vetro.
“Il tuo amico sta bene” disse l’erudito. “Migliora sempre di più e tra due o tre giorni sarà fuori pericolo.”
“Stai lavorando alla mia pozione?” gli chiese.
“Quella? È già pronta da ieri.”
“Avevi detto che ti servivano tre giorni per prepararla.”
L’erudito sorrise imbarazzato. “Ho pensato che soddisfare più in fretta le tue richieste ti avrebbe dimostrato che sono disposto a collaborare col tuo ordine, inquisitrice.”
Gladia si accigliò. “Da quando collaboriamo?”
“Chiamalo un cordiale scambio di favori, allora.”
“Stai per chiedermi qualcosa in cambio per la tua pozione?”
“Quando sarà il momento, voglio poter contare sul tuo aiuto.”
“Per cosa?”
“Lo capirai da sola.”
Non le piaceva quel gioco, ma la pozione le serviva e avere l’erudito come alleato le sembrava ancora utile per la sua causa.
“Noi inquisitori non facciamo accordi” disse prudente. “Ma mi ricorderò del tuo aiuto, quando arriverà il momento di cui parli.”
Falcandro annuì.
“Vuoi la mia parola solenne?”
“No” rispose. Tirò fuori un’ampolla piena di liquido trasparente e gliela passò.
Gladia la portò all’altezza degli occhi per osservarla meglio. “È questa?”
“Sembri delusa.”
Da qualche tempo tutto sembra deludermi, si disse.
“Mi aspettavo qualcosa di diverso. Sembra acqua. E forse lo è.”
“Lo è per la maggior parte” ammise l’erudito. “Ma è ciò che ho aggiunto io che la rende differente dall’acqua.”
“Non sarà pericoloso?”
“La persona a cui la darai non avrà problemi, ma prima devo spiegarti come usare la pozione.”
“Non basta fargliela bere?”
“A meno che tu non voglia uccidere quella persona, ti consiglio di non farlo.”
“Avevi detto che non era pericolosa” disse allarmata.
“Prendi un bicchiere colmo d’acqua” spiegò Falcandro con tono paziente. “Sciogli al suo interno una goccia della pozione se vuoi che dorma per un’intera notte. Tre o quattro se vuoi che la sua lingua si sciolga. Dieci gocce se vuoi farlo cadere in un sonno profondo.”
“E se ne uso di più?”
“La persona a cui la darai potrebbe non svegliarsi mai più.”
“È un dannato veleno.”
“Anche il vino, se ne bevi troppo, può causare effetti simili. La mia pozione non fa che rendere le cose più veloci. Tuttavia…”
“Tuttavia?”
“Non è detto che funzioni.”
Gladia si accigliò.
“È il limite di ogni pozione. C’è sempre qualche soggetto che ha una resistenza naturale a questo o quell’ingrediente.”
“Vuoi dire che sto facendo tutto questo per niente?”
“Dico solo di non pretendere da me l’impossibile, inquisitrice. Mi sembrava giusto metterti in guardia prima che restassi delusa.”
Gladia soppesò la boccetta tra le mani. “Hai dato a qualcun altro la stessa pozione?”
“Sì, ma potrebbe avermi intimato di tacere il suo nome come penso farai anche tu, inquisitrice.”
“Potrei costringerti a parlare.”
Falcandro si strinse nelle spalle. “In questo caso, penso che cederei. Ma perderesti l’occasione di approfittare dei miei servigi.”
Gladia lo fissò a lungo, poi sorrise. “Non parlarne con nessuno.” Mise la boccetta nella tasca e andò via.
Si diresse alla cella di Robern. Lui era sveglio e stava leggendo un libro. Appena entrò nella cella lo mise da parte.
“Ti aspettavo.”
Gladia scrollò le spalle. “Falcandro dice che stai meglio. Tra qualche giorno non avrai altre scuse per startene a letto.”
“Incominciavo a stancarmi per la verità. Qui non c’è molto da fare.”
Gladia adocchiò una caraffa di vetro piena a metà di acqua. “L’erudito dice che non bevi abbastanza.”
“Davvero? Bevo almeno due caraffe al giorno.”
“Devi berne tre.” Versò l’acqua nel bicchiere mentre gli dava le spalle. Con un movimento veloce fece cadere quattro gocce nel bicchiere. Fece sparire la boccetta nella tasca e si voltò porgendo il bicchiere a Robern.
Lui lo prese e bevve senza esitare.
Gladia si era aspettata che facesse una smorfia o capisse che cosa gli avesse fatto bere, ma lui non reagì e si limitò a mettere il bicchiere accanto al libro.
“Sei venuta qui solo per versarmi da bere o per qualche altro motivo?”
Ci arriveremo con calma, si disse.
“Mi servi intero, mi sembrava di avertelo già spiegato.”
“Ora che sai del piano potresti portarlo a termine da sola. Non ti servo più.”
“Invece mi servi ancora. Uno col tuo potere può essere sempre utile.”
“Soltanto se vuoi arrivare comoda da qualche parte.”
“Fosse anche solo per quello, ciò renderebbe la tua vita di qualche valore.”
Robern sorrise. “Mi mancava la tua sincerità.”
Gladia abbozzò un mezzo sorriso. “E ovviamente, visto che metà del piano riguarda Malag, tu sei quello che lo conosce meglio.”
“Ormai sono anni che non lo vedo” disse con voce impastata.
“Da quanto, di preciso?”
“Dieci, quindici… non ricordo esattamente. È importante?”
“No. Dove si nascondeva l’ultima volta che l’hai visto?”
“Galamantor, sulla costa meridionale.”
Era uno dei tre posti in cui il suo ordine sospettava che l’arcistregone si nascondesse. Bjord e Jarkar si erano offerti volontari per una missione esplorativa e suicida, ma Yalena si era opposta preferendo altre ricerche.
Che spreco di tempo, si disse Gladia. Dovevamo colpirlo allora, quando non era ancora così forte.
Avevano sprecato un’occasione unica e adesso era tutto più complicato e difficile.
Robern socchiuse gli occhi ma Gladia lo scosse con gentilezza.
“Non è ancora il momento di dormire” gli disse. “Prima devi dirmi quello che vi siete detti quel giorno.”
Robern si accigliò. “Quale giorno?”
“Quello in cui ti ha ordinato di uccidere mio figlio. Nostro figlio. Te lo ricordi, Rob? Ricordi quel giorno?”
Robern fece una smorfia. “È stato molti anni fa. Troppi.”
“Ricorda Rob. Abbiamo tempo, ricorda per me.”

Prossimo Capitolo Venerdì 7 Febbraio

 
  
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