Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    13/02/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non fidarti di lei
 
Gladia poggiò la boccetta piena di liquido sul tavolo. “Il tuo intruglio non funziona” disse con tono sgarbato.
Falcandro la guardò accigliato. “Ti avevo avvertita. Non sei riuscita a dormire? Potrebbe dipendere dal dosaggio.”
“Non prendermi in giro. Sai meglio di me qual è l’uso che ne ho fatto.”
L’erudito prese la boccetta e la mise sullo scaffale insieme alle altre.
“Mi serve un’altra pozione” disse Gladia. “Più potente.”
“Inquisitrice…”
“La più potente che hai. Così potente che faccia parlare un morto.”
“E sarà un morto a parlare, se la userai” disse Falcandro. “Ti ho già avvertita sui pericoli che correresti.”
“Io non correrò alcun pericolo.”
Sarà Robern a correrli, si disse.
Falcandro sospirò. “Non ho quel tipo di pozione. E se anche l’avessi, credo che non te la darei. Non voglio essere responsabile della morte di una persona.”
Gladia lo afferrò per il bavero. “Ascoltami bene, erudito. Credi di potermi prendere in giro? So bene che Igar è in quelle condizioni per colpa tua.”
“Ti assicuro che io non…” fece Falcandro spaventato.
“Non mi importa delle tue rassicurazioni, io credo solo a ciò che vedo. Hai detto tu stesso che una dose massiccia di quella pozione potrebbe sconvolgere la mente di un uomo.”
“Lo so, ma…”
“Se lo sapevi, perché non me l’hai detto? Chi stai difendendo?”
“Nessuno, te lo giuro.”
Gladia strinse le dita sulla gola dell’uomo affondando nella carne pallida e cedevole. “Non giurare, erudito.”
“Così mi soffochi.”
“Dimmi chi stai coprendo. Ora.”
Falcandro scosse la testa. “Nessuno, inquisitrice. Se non ti ho detto tutta la verità è per paura.”
“Paura di chi?”
“Di te. Di cosa avresti pensato.”
“Temevi che ti accusassi di aver avvelenato Igar?”
Falcandro annuì.
“Mentendomi hai solo ottenuto di farmi sospettare di te. Ora devi dirmi a chi altri hai dato quella pozione e se è stato prima o dopo che Igar è diventato una decorazione di questo scellerato posto.”
“Takis” disse l’erudito.
“Il capo delle guardie?”
Falcandro annuì.
Gladia allentò la presa sul suo collo. “Perché gli hai dato quella pozione?”
“Venne da me lamentandosi di non riuscire a dormire bene, così gliela diedi.”
“Sapeva che usandone una dose eccessiva poteva causare dei gravi danni alla sua mente?”
“È la prima cosa che gli spiegai.”
“E lui cosa rispose?”
“Niente. Andò via soddisfatto della spiegazione.”
“Ti ha poi restituito la pozione?”
Falcandro scosse la testa.
“L’ha usata tutta, quindi.”
“Potrebbe anche aver buttato via ciò che restava.”
Gladia annuì. “Dopo aver distrutto la mente del povero Igar. Mi chiedo se l’abbia bevuta con l’inganno o sia stato costretto.”
“Costretto?”
Gladia lo lasciò andare. “Dimentica ciò che ci siamo detti.”
“Inquisitrice…”
“Dimentica.”
“Lo farò, ma sappi che Takis è pericoloso.”
“So come occuparmi di gente come lui.”
“Non ho paura per te, inquisitrice.”
“Ti proteggerò, non temere.”
Anche se non ho idea di come fare, si disse. Takis potrebbe avere dei complici e io sono sola.
“Ma se proverai a mentirmi di nuovo o a tradirmi…”
Falcandro trasse un profondo respiro. “Mi meriterò la tua fiducia, non temere.”
“È per te che devi temere, lo hai dimenticato? Sai dov’è Takis?”
“Io non esco molto di qui e lui non viene spesso. Non saprei dirti dove si trova.”
“Non importa. Lo troverò io.”
Appena fuori dalla cella di Falcandro tornò ai livelli superiori e poi alle sue stanze. Con la mente in subbuglio appoggiò la mano alla maniglia e spinse la porta con un gesto deciso.
E quasi andò a sbattere contro una ragazzina dal corpo minuto che in quel momento stava uscendo dalle sue stanze.
La ragazza fece per andarsene ma lei le sbarrò il passo. “E tu chi sei?”
La ragazza indossava una gonna sotto la tunica leggera e sandali aperti al posto delle scarpe. I capelli erano nascosti da un velo bianco che le copriva le orecchie e lasciava scoperta solo la fronte.
“Chiedo perdono” disse tenendo lo sguardo basso.
Gladia non si mosse. “Perché invochi il mio perdono, ragazza? Hai fatto qualcosa di male?”
“No, signora.”
“Chi sei? E cosa ci facevi nelle mie stanze?”
“Stavo rassettando, signora” disse la ragazza.
Gladia si accigliò. “Di solito è un’ancella molto più vecchia di te che si occupa del mio alloggio.”
“Velize oggi era malata, signora. Per questo hanno mandato me.”
“Malata, dici?” Gladia scosse la testa.
Ma che sto facendo, si disse? È solo una ragazzina spaventata. Farà parte della servitù di palazzo. Skeli ha un centinaio di servi che sciamano liberi per la fortezza e io di sicuro non li conosco tutti.
“Mia signora…” disse la ragazzina con tono implorante.
“Puoi andare. Vai, svelta.”
La ragazzina corse vie.
Gladia chiuse la porta e lanciò una rapida occhiata alla stanza. Il letto e l’armadio sembravano in ordine. Diede una rapida occhiata alle poche cose che aveva nella borsa. Sembrava tutto in ordine anche lì.
È di Takis che devo occuparmi, si disse. Non posso lasciarmi distrarre proprio adesso che…
Lo sguardo cadde su un particolare che prima non aveva notato. Qualcosa era stato infilato nella toppa della porta, poco sotto la maniglia.
Si avvicinò con prudenza e aprì la porta per gettare una rapida occhiata nel corridoio. Era vuoto e silenzioso come qualche minuto prima.
Richiuse la porta ed esaminò la serratura. Un foglio di carta arrotolato sporgeva di mezzo dito. Lo sfilò con calma e lo soppesò nel palmo. Sarebbe stato impossibile notarlo dall’esterno e se anche la porta fosse stata chiusa a chiave, infilandola nella serratura per aprirla avrebbe fatto scivolare fuori il foglio.
Qualcuno voleva che trovassi questo foglio, si disse. E che lo trovassi io per prima.
Lo srotolò con calma, facendo attenzione nel caso avesse rotto il sigillo di un incantesimo legato al foglio.
Non accadde niente.
La pergamena era stata vergata da una mano sicura. Le lettere presero forma davanti ai suoi occhi componendo un messaggio.
Se vuoi sapere la verità su Skeli e cosa sta accadendo a Orfar, incontriamoci stanotte al granaio grande, nella zona del mercato. Vieni da sola. Non fidarti di lei.
Non fidarmi di lei? Si chiese Gladia. A chi si riferiva? Skeli? Bek? La ragazzina che ho visto correre via e che deve aver portato il messaggio?
Usò la fiamma di una candela per distruggere il foglio e sedette sul bordo del letto.
È una trappola, pensò. Ma non può essere opera di Takis o di chiunque voglia coprire la verità su Igar e il motivo per cui è stato ridotto in quel modo. Falcandro non può avere avvertito il capo delle guardie così in fretta e questi non può aver organizzato una trappola in così breve tempo. O forse la trappola era già stata organizzata da tempo e ora stanno per farla scattare.
Lasciò la stanza e si diresse con passo veloce ai livelli inferiori. Raggiunse la cella di Robern ed entrò senza bussare né annunciarsi.
Lui sedeva su di uno sgabello e leggeva alla luce di una lampada a olio. Vedendola entrare alzò la testa e si accigliò.
“Solo due volte ti ho visto così agitata” disse chiudendo il libro. “Ed entrambe le volte non è finita bene per la causa della tua agitazione.”
Gladia richiuse la porta e camminò fino al letto. “Ho ricevuto un messaggio.”
“Da parte di chi?”
“Non lo so.”
“Posso leggerlo?”
“L’ho distrutto. Per sicurezza.”
Robern annuì grave. “Hai fatto bene. Che cosa diceva, se posso saperlo?”
“Qualcuno vuole incontrarmi.”
“Immagino non abbia firmato il messaggio.”
“No di certo.”
“Dove si svolgerà l’incontro?”
“Da qualche parte nella zona dei mercati” disse tenendosi sul vago.
“Ti accompagnerò.”
Fece per alzarsi ma lei lo bloccò.
“Tu non puoi venire. A stento ti reggi in piedi” disse Gladia. “La cura di Falcandro ti ha debilitato troppo. Dannato erudito.”
“Mi ha salvato la vita. Quell’infezione era molto grave.”
Gladia tornò calma. “Sei troppo debole. Mi saresti d’intralcio.”
Robern tornò a sedersi. “Quindi andrai da sola?”
“Solo per vedere in faccia chi mi ha mandato il messaggio.”
“Sembra una trappola.”
“Probabilmente lo è, ma di chi? Tutti i miei possibili nemici sono qui, in questa fortezza. Non hanno bisogno di attirarmi fuori con l’inganno.”
“Spero che in questo elenco non ci sia anche il mio nome.”
Gladia cercò di ignorarlo. “Skeli non è di sicuro. Anche se mi disprezza, sa che non può sfidare il mio ordine. Se mi accadesse qualcosa mentre sono nella sua città la riterrebbero responsabile.”
“Forse il loro scopo è attirarti fuori da Orfar” suggerì Robern.
Gladia scosse la testa. “È troppo complicato. Skeli non ha motivo di odiarmi al punto di volermi morta. Non sono una minaccia per lei finché lei non diventa una minaccia per me.”
“Forse non sai tutto” disse Robern.
“Hai udito qualcosa che mi è sfuggito?”
“Qui sotto arriva solo l’eco di quello che accade di sopra. Purtroppo, non ho raccolto alcuna informazione utile. A parte Falcandro, tu sei l’unica che passa a trovarmi, di tanto in tanto.”
“Non mi sei affatto utile” disse Gladia con tono severo. Si diresse alla porta.
“Gladia.”
Si fermò senza voltarsi.
“Sii prudente.”
 
Nessuno le chiese perché stesse uscendo dalla fortezza e nessuno cercò di impedirglielo. Aveva preparato molte scuse ma non dovette usarne nessuna.
Forse Skeli aveva dato l’ordine di non disturbarla né intralciarla, o forse era la sua fama che teneva lontani i soldati e li costringeva a guardare altrove quando passava davanti a un drappello di guardie.
O forse era un piano di Skeli per scoprire dove si stesse recando e in quel momento qualcuno la stava seguendo.
Non importa, si disse. Non è la prima volta che sono da sola contro un’intera città. O un regno.
Si mise alle spalle l’arco che delimitava l’entrata e si avviò lungo i vicoli bui e silenziosi della città alta. Dal poco che aveva scoperto, la maggior parte di quelle case si era svuotata quando i nobili avevano lasciato la città durante la guerra contro l’orda di Aschan.
Dopo il ritorno di Skeli, lei aveva vietato ai fuggiaschi di rientrare, a meno che non donassero alla corona metà delle loro sostanze.
Gladia avrebbe approvato la durezza di quel provvedimento, se non fosse stato per il fatto che Skeli per prima aveva abbandonato la città all’arrivo di Aschan.
Lei non aveva di certo ceduto la metà delle sue sostanze.
Superata la zona residenziale, entrò in quella dove alloggiava la servitù e i piccoli mercanti, gente che si era arricchita sfruttando la posizione centrale di Orfar nell’altopiano.
Le loro case erano ricche e sontuose anche più di quelle dei nobili, ma erano altrettanto vuote e silenziose. Vide poche finestre illuminate dalle lampade e ancor meno gente affrettarsi tra i vicoli.
Alcuni si movevano in piccoli gruppi raccolti, forse per difendersi dalle aggressioni. Dal poco che aveva sentito, la criminalità era cresciuta molto in quel periodo e Skeli faceva poco o niente per mettervi un argine.
Tutte le sue forze erano impegnate a sorvegliare il palazzo e le mura. Il resto poteva anche andare in malora, alla regina non sembrava interessare.
Camminando veloce superò il parco cittadino, ora coltivato per produrre qualche cereale in più con cui sfamare la popolazione ed entrò nel quartiere commerciale.
Come per le altre zone non esisteva un confine netto, ma già mettendo piede nella stradina lastricata con pietre consumate dal tempo, avvertì il netto distacco dal resto di Orfar.
Lì c’erano rumori. Lì avvertiva la presenza degli artigiani che anche a notte fonda lavoravano nelle loro botteghe o dei garzoni che aiutavano i fornai a produrre il pane per il giorno dopo. Lì c’erano i manovali che scaricavano sacchi e barili provenienti dalle campagne per distribuirli ai magazzini della città.
Un garzone dall’aria annoiata ciondolava a un angolo della strada guardandosi attorno. Forse cercava un lavoro per guadagnare qualche moneta o forse stava solo cercando di prendersi qualche minuto di riposo.
Gladia si diresse verso il ragazzo con passo deciso. “Tu” disse.
Il ragazzo drizzò la testa. “Chiedi a me?” rispose con il pesante accento gutturale del dialetto di Orfar.
“Indicami la strada per il granaio grande.”
“Ti indicherò la strada per andare agli inferi, piuttosto. Non lo vedi che ho da fare?”
Gladia gli mostrò il palmo della mano dove brillava un dardo magico. “Forse non mi sono espressa bene.”
Il ragazzo sbiancò. “Perdonami, eccellenza. Il granaio grande dici? È lungo questa strada, non puoi sbagliarti. È un palazzo lungo e basso con i muri dipinti di rosso.”
Gladia fece sparire il dardo e gli lanciò una moneta.
Il garzone tentò di acchiapparla al volo ma la mancò. La moneta rimbalzò sulle pietre con un suono metallico e rotolò via. Lui le corse dietro.
Gladia proseguì per la strada fino a costeggiare un muro di mattoni rossi.
È qui, si disse facendosi più attenta. È questo il luogo dell’incontro.
Avanzò ancora di qualche passo fino a che non si accorse di essere seguita. Si voltò di scatto, pronta a combattere.
Un uomo dalla folta barba sale e pepe e il viso abbronzato alzò le mani come in segno di resa. “Non voglio attaccarti” disse.
“Che vuoi? Perché mi segui?”
“Tu sei l’inquisitrice, vero? Ti ho vista all’ingresso con Bek, l’altro giorno.”
“Chi sei?” chiese Gladia senza annullare i dardi.
“Sei tra amici, Gladia di Taloras” disse una voce alle sue spalle.
Si voltò di scatto. Una mezza dozzina tra uomini e donne aveva occupato il vicolo da parte a parte, sbarrandole il passo.
Indossavano tutti abiti umili, ma non sembravano trasandati o malaticci come il resto della popolazione. Non erano mendicanti o banditi di strada, ma sembravano piuttosto ben nutriti e sicuri di sé.
L’uomo che aveva parlato era alto e dai capelli radi.
“Chi sei?”
“Mi chiamo Rossim” disse l’uomo. “E ti ho mandato io quel messaggio.”
“Dimostralo.”
“Belyen” disse Rossim.
Dal gruppo si staccò una donna dai capelli ondulati e chiari.
Gladia la squadrò dall’alto in basso.
La ragazza avanzò di un paio di passi, poi fece un mezzo sorriso e si passò la mano sul viso con un gesto plateale.
Al suo posto apparve il volto di una giovane ragazzina con le lentiggini e gli occhi chiari. Conosceva quel volto. Apparteneva all’ancella che aveva sorpreso nella sua stanza. “Scusami per l’altro giorno, inquisitrice, ma andavo piuttosto di fretta e non potevo trattenermi.”
“Una trasfigurazione” disse Gladia.
“Belyen è molto abile” disse Rossim. “Solo lei poteva riuscirci, ma ha corso un rischio enorme per portarti quel messaggio. Spero che ne sia valsa la pena.”
Gladia si guardò attorno. “Nel messaggio dicevi di volermi mostrare la verità.”
“È quello che farò, inquisitrice, ma abbiamo poco tempo. Se vorrai seguirci, sarò lieto di mostrarti qualcosa che devi assolutamente vedere.”

Prossimo Capitolo Sabato 15 Febbraio
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor