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Autore: heliodor    21/02/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Ombre nelle tenebre
 
Sussultò e aprì gli occhi, lo sguardo che vagava nel buio, il respiro ridotto a un sibilo. Dall’esterno, oltre il portico devastato, giunse lo scricchiolio del legno.
Balzò in piedi, lo scudo magico evocato davanti a sé e pronto a usare i dardi.
Altri scricchiolii.
“Ti dico che è qui” sussurrò una voce proveniente dall’esterno.
“Taci, Reck” sibilò una voce femminile.
“Ma il cavallo…”
“Taci ho detto.”
Forse aveva sottovalutato Klarisa e l’odio che provava per un rinnegato come lui. Forse aveva davvero mandato qualcuno a ucciderlo, ordinandogli di seguirlo fino a Orfar se necessario o qualsiasi altro luogo in cui stesse andando.
Non essere sciocco, si disse. Questi non sono uomini di Klarisa. Sono qui per caso. Forse si aggiravano nella zona da tempo e hanno notato il cavalo legato di fuori. Oppure hanno udito il nitrire di quella povera bestia.
I passi si arrestarono. Dall’esterno giunse solo il silenzio della notte. Era ancora buio, ma si intravedeva un tenue chiarore.
Peccato, si disse. Poche ore e sarei andato via di lì. Ora dovrò combattere contro questi due e forse ucciderli. O loro uccideranno me.
Era sempre una questione di uccidere o essere uccisi. Quella era la vita del rinnegato e lo sapeva bene.
Per un attimo ti eri illuso che ti attendesse un destino diverso, Marq? Si chiese ironico. Ora zitto e concentrati.
Evocò un incantesimo di protezione per la sua pelle e uno che rinforzava le sue ossa rendendole dure come pietra.
Se fossero stati armati, quegli incantesimi avrebbero potuto arrestare due o tre colpi di spada o di balestra prima di cedere e renderlo vulnerabile. Parecchie volte era sopravvissuto grazie alla pratica che aveva sviluppato, ma spesso non aveva il tempo per preparare tutti quegli incantesimi. A volte doveva essere solo veloce e colpire per primo per non essere colpito a sua volta.
Respirò a fondo e gridò: “Sono qui dentro.”
Dall’esterno giunse il rumore di passi che si avvicinavano.
“Fermati Reck.”
“Ma ha detto che è lì dentro.”
“Potrebbe essere una dannata trappola, non lo capisci?”
Ma Reck non lo capiva, o forse era stanco e desiderava solo concludere in fretta quel lavoro e tornarsene a casa o nella tana dalla quale era uscito.
Peggio per lui, pensò Marq evocando i dardi magici nel momento stesso in cui una figura ammantata apparve all’ingresso.
Con un gesto fluido li lanciò verso il bersaglio. Due colpi precisi, al petto. Non poteva mancarlo e infatti andarono a segno passando da parte a parte la figura.
Si aspettava che crollasse al suolo e invece non accadde. Per un attimo ebbe l’impressione di aver colpito un’ombra.
Un’ombra, si disse. Come posso essere stato così stupido?
Qualcosa lo colpì al fianco destro e lo scaraventò contro il muro sul lato opposto. Le ossa e la pelle rinforzati lo protessero dalle ferite, ma il colpo lo lasciò stordito per un istante.
Vide una figura emergere dal buio e puntare verso di lui, qualcosa che luccicava tra le sue mani. D’istinto evocò il raggio magico e lo diresse verso il bersaglio, colpendolo in pieno petto. Si aspettava di vederlo volare via, ma il raggio lo attraversò e proseguì la sua corsa fino alla parete opposta, dove esplose in migliaia di scintille che lo accecarono per un istante.
Poi giunse un altro colpo, stavolta al fianco sinistro.
“L’ho preso” gridò qualcuno.
Marq si ritrovò a terra, rotolò sul fianco dolorante e si rialzò di scatto. Ombre danzarono attorno a lui fondendosi con l’oscurità.
Sono delle illusioni, pensò. Sto combattendo contro dei fantasmi mentre mi colpiscono.
Con la coda dell’occhio vide qualcosa scivolare alla sua destra.
Non di nuovo, si disse.
Stavolta si mosse nella direzione opposta, evocò i dardi e li lanciò in tutte le direzioni. Uno, due, tre fino ad arrivare a sei, quindi si lanciò nel buio seguendo l’istinto piuttosto che un piano prestabilito.
“Cerca di scappare” gridò una voce maschile.
Marq sorrise dentro di sé. Era quello che stava aspettando. Evocò una sfera infuocata e la lanciò nella direzione da cui era venuta la voce.
Le tenebre si lacerarono quel tanto che bastava per mostrargli il corpo dell’avversario investito in pieno dal turbine di fuoco che lo scagliava verso la parete alle sue spalle.
Qualcuno gridò e gemette ma lo ignorò.
Senza smettere di muoversi per la stanza diventata ora buia e silenziosa, cercò di calmare il respiro e il battito del cuore come gli avevano insegnato al circolo, quando aveva iniziato ad addestrarsi sul serio.
Dove aveva lanciato la sfera infuocata le tenebre si erano di nuovo infittite, celando alla sua vista la sorte dell’avversario colpito.
Forse l’aveva ucciso, se era riuscito a colpirlo in pieno, ma aveva lanciato in fretta la sfera infuocata senza darle la forza necessaria se invece era stato un colpo di striscio.
Tenebre, si disse. Così profonde sono innaturali. Anche questo è un incantesimo da illusionista. Resta calmo, rifletti.
Ronax, la sua prima guida, sosteneva che gli illusionisti fossero ottimi assassini ma pessimi duellanti. Una volta scoperto il loro potere, avevano ben poche speranze di sopravvivere a uno scontro diretto con uno stregone abile.
A meno che il mio nemico non sia più abile di me, pensò.
“Ecco che cosa faremo” disse ad alta voce senza smettere di muoversi per la stanza. Non attese una risposta e aggiunse: “Puoi uscire da questa casa e prendere il tuo amico, se è ancora vivo. Io non ti inseguirò.”
Nessuna risposta.
“Sei un illusionista, ma hai già sprecato i tuoi attacchi migliori” proseguì. “Ormai so che cosa aspettarmi da te. Se proverai ad attaccarmi, scoprirò dove sei e ti colpirò. E stavolta il mio incantesimo sarà davvero potente.”
Silenzio.
“Non voglio ucciderti, ma se sarà necessario lo farò.”
 “Parli troppo per i miei gusti.” La voce sembrò scaturire dalle tenebre stesse. Marq, che aveva i sensi tesi all’ascolto, capì subito da dove proveniva e si preparò a colpire.
Voltandosi vide una figura femminile scagliarsi contro di lui mulinando una spada sopra la testa. D’istinto evocò i dardi e glieli lanciò contro. Stavolta i colpi trapassarono il corpo della donna e la sospinsero all’indietro. Lei emise un singulto strozzato e roteò su sé stessa.
Sciocca, pensò Marq. Non era necessario. Non era…
Stava evocando altri due dardi per darle una morte rapida, quando qualcosa si mosse alla sua destra.
Fece in tempo a voltarsi per vedere una spada balenare all’improvviso a un palmo dalla sua testa. La evitò d’un soffio, ma la lama gli sfiorò la spalla e lui sentì avvampare il dolore nel punto in cui il metallo gli morse la carne.
La donna caricò un secondo colpo ma Marq fu più veloce ed evocò il raggio magico e la colpì al petto, spingendola lontano.
Lei atterrò sulla schiena e rotolò via.
Marq gettò una rapida occhiata al corpo che aveva colpito nel primo attacco e lo vide dissolversi nell’aria.
Un’altra illusione, pensò Marq. Non posso fidarmi di questa qui o sarà la mia fine.
La donna rimase distesa al suolo, immobile. Senza l’oscurità Marq vide Reck giacere ai piedi del muro, il respiro pesante e il petto annerito dal fuoco che gli aveva appena lambito la pelle.
È fatta, pensò mentre si avvicinava a passo lento. “Ora dimmi chi sei.”
La donna non rispose.
“Ti ho detto…”
Qualcosa di pesante calò sulla sua testa e si ritrovò a terra bocconi, incapace di rialzarsi. Mani dalla stretta potente gli bloccarono le braccia e qualcosa di pesante gli si posò sulla schiena, schiacciandolo e togliendogli il fiato.
“Tenetelo fermo, dannazione” gridò qualcuno.
“Spero che ne sia valsa davvero la pena” si lamentò una voce femminile. “Mi ha quasi ammazzato.”
“Non ti voleva uccidere” disse una voce calma. “O saresti già morta.”
“La prossima volta non contare su di me” rispose la donna.
“Fatelo rialzare” disse una nuova voce con tono deciso.
Marq si sentì sollevare. Era ancora stordito per la botta ricevuta in testa e i suoi pensieri erano confusi.
Fu tentato di opporre resistenza, ma anche se aveva la vista annebbiata contò almeno otto figure attorno a lui, oltre alle due che lo sostenevano per le ascelle.
Erano troppe anche per lui.
Una delle figure si avvicinò abbastanza da vederla con chiarezza. Era un uomo di mezza età, il viso abbronzato e i lineamenti che sembravano scolpiti nel legno.
“Chi sei?” gli chiese.
“Mi chiamo Dun.”
“Stai mentendo” rispose l’uomo. “Klev. Vieni qui, dannazione.”
Un ragazzo di sedici o diciassette anni si fece avanti. Indossava un mantello sbrindellato color nero e senza alcun fregio. “Non si chiama Dun” disse il ragazzo. “Il suo nome è Marq. Marq Occhiblu.”
“In effetti i suoi occhi sono del colore giusto” disse la donna che lo aveva attaccato.
L’uomo che lo stava interrogando sospirò annoiato. “Sei Occhiblu il rinnegato?”
Scosse la testa.
“È lui” disse Klev. “Gli ho portato da mangiare un paio di volte, quando era prigioniero a Malinor.”
L’uomo annuì. “Perché eri in prigione?”
Marq non rispose. Qualsiasi cosa avesse detto poteva diventare un’accusa contro di lui.
“Occhiblu, non voglio ucciderti se non sarà strettamente necessario, ma io devo sapere perché eri prigioniero a Malinor e come sei riuscito a scappare.”
“Non è scappato” disse Klev.
L’uomo lo fissò interdetto. “Continua, dannazione.”
“Non è scappato” ripeté il ragazzo. “Mire l’ha liberato. Insieme all’altro rinnegato, quello con la faccia sfregiata.”
“Perché?”
Klev scrollò le spalle. “E che ne so? Chiedilo alla comandante.”
L’uomo sospirò. “Sarà un bel viaggio e non so se questo qui” indicò Marq con un cenno della testa. “Collaborerà. Forse è meglio ammazzarlo e prenderci il cavallo. In fondo è quello che volevamo fare fin dall’inizio, no?”
Marq decise di parlare. “Se volete il cavallo prendetelo pure.”
L’uomo ghignò. “Ce lo prenderemo eccome, rinnegato, puoi scommetterci. Ti ammazzerei qui, ma Mire ti ha liberato per qualche motivo e io sono curioso di sapere qual è, quindi ho deciso che verrai con noi. Ma se durante il viaggio proverai a scappare, ti ammazzerò con le mie mani. Hai capito?”
Marq annuì. “Se andate a Orfar verrò con voi senza provare a fuggire. Ero diretto lì quando mi avete attaccato.”
“Grazie per il favore che ci concedi. In cambio prometto che ti farò legare piano dai miei uomini. Comunque lo sapevamo già che stavi andando a Orfar. È un giorno e mezzo che ti seguiamo, da quando sei entrato nel nostro territorio.”
“Il vostro territorio? Siete razziatori?”
“Ti sembriamo razziatori?”
“Rubate il cavallo a un povero viandante.”
L’uomo rise. “Tu sei un rinnegato, Occhiblu.”
“Non so di chi tu stia parlando.”
“Questo atteggiamento non ti farà andare da nessuna parte. Alla comandante non piacciono quelli come te.”
“Chi è la tua comandante?”
“Se Klev dice il vero, la conosci già. Andiamo” disse con tono perentorio.
Marq si sentì spingere e strattonare fino al cavallo. Fuori c’erano almeno altri sei uomini in attesa. Alcuni avevano il mantello e altri portavano armature di maglia e spade legate al fianco. Tutti avevano cavalli.
C’erano anche tre ragazze oltre alla donna con i poteri dell’illusione e tutte erano giovani e indossavano il mantello nero.
Streghe di Malinor, pensò Marq. Chi è questa gente e che cosa ci fanno qui?
“Io sono Belyen” disse la donna. “E ora potrò vantarmi di aver sconfitto in duello Marq Occhiblu” aggiunse con tono soddisfatto.
“Potresti se io fossi quel rinnegato” disse Marq per smorzare il suo entusiasmo.
La donna ridacchiò. “È davvero bello come dicono” disse rivolgendosi a Reck.
L’uomo, ancora dolorante, venne aiutato da altri due a montare a cavallo. “Mi ha quasi spezzato la schiena” si lamentò.
“Basta chiacchiere” disse l’uomo che sembrava comandarli. “Controllate che la via sia sgombra prima di metterci in marcia. Belyen, Klev. Voi terrete d’occhio il prigioniero. Se combina qualche guaio o scappa, vi appenderò io stesso a un albero. Chiaro?”
Klev annuì convinto mentre Belyen si limitò a un’alzata di spalle.
Marq li seguì nel buio della notte.

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