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Autore: heliodor    10/03/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Vergogna
 
“Qui è un buon posto” disse Jamar fermandosi. Il vicolo che aveva scelto si inerpicava su per una leggera salita che culminava con un edificio dall’aspetto imponente. Le finestre erano sbarrate dalle imposte e per le stradine laterali si aggiravano pochi passanti.
“Perché ci fermiamo?” chiese Marq col fiatone. Avevano corso per quasi mezzo miglio, facendo ampi giri che gli erano sembrati inutili o forse erano serviti a evitare altre pattuglie di guardia.
Non l’avrebbe saputo mai perché Jamar non spiegava mai che cosa stava facendo, a meno che non fosse lui stesso a volerlo fare.
In quel caso sperò che fosse disposto a parlare o la sua curiosità non sarebbe mai stata soddisfatta.
“Per risposare” disse Jamar.
Marq grugnì.
“E per toglierci di dosso queste armature” aggiunse slacciandosi il corpetto di metallo che aveva indossato sopra la cotta di maglia.
Marq lo guardò sbalordito. “Che vuol dire ce le togliamo? Quei soldati sono morti per niente?”
“Volevi tenerti per sempre addosso questa ferraglia, Occhi Blu? No, Alekos e i suoi ragazzi non sono morti per niente. Ci hanno permesso di percorrere quasi un miglio senza venire fermati dalle guardie di Skeli.”
“Ne avessimo almeno incontrata una” si lamentò.
“Sarebbe potuto accadere.”
Stava per ribattere qualcosa, quando dalla via principale giunsero delle grida. Marq si voltò di scatto per vedere meglio, ma Jamar gli fece cenno di restare al sicuro nel vicolo.
“È in corso uno scontro” disse.
Jamar annuì grave.
“Forse con dei malinoriani.”
“Non c’è alcun dubbio che sia così. Stanno solo eseguendo gli ordini.”
“Non vuoi aiutarli?”
Jamar scosse la testa.
“Ma sono i tuoi uomini.”
“Proprio per questo motivo devo avere fiducia in loro, Occhi Blu. Rimani concentrato sul difficile compito che abbiamo noi e lasciali fare.”
“Li hai mandati tu a morire.”
“Credi che non lo sappia?” rispose Jamar con tono paziente. “Vieni, togliamoci di qui prima che a qualcuno di loro venga in mente di fuggire da questa parte.”
Raggiunsero la sommità della collinetta, dove si ergeva un edificio di forma rotonda sormontato da una cupola smaltata di verde e oro.
“Un tempio dedicato agli dei” disse Jamar. “Insolito vederlo qui. Forse serve per i fedeli che vengono dal continente maggiore.”
Marq aveva già visto quella forma. A Orvaurg c’erano tanti templi dedicati agli dei e alcuni erano edifici rotondi e imponenti.
Sedettero sulle scale che portavano all’ingresso, sbarrato da pesanti porte di legno borchiate in ferro.
“Potremmo provare a bussare” suggerì.
“Meglio non disturbare i sacerdoti” disse Jamar. “Potrebbero spaventarsi e dare l’allarme. Mi spiacerebbe doverne uccidere un paio. Dicono che porti male.”
Marq rimase in silenzio per qualche minuto, poi disse: “Rossim. Sapeva a cosa stava andando incontro?”
“Certo. È stato lui a chiedere il comando.”
“Non gli importa di morire?”
“Credo gli importi di più di non sfigurare davanti al suo dio. Lui è un fedele di Korm.”
“Non è una divinità dell’oriente?”
“Sì, ma ha alcuni fedeli anche qui e soprattutto a Malinor. Era la città dei mille dei, non lo sapevi?”
“L’ho vista poco.”
“È un vero peccato.”
Marq sospirò. “Che cosa stiamo aspettando di preciso?”
“Ci stiamo solo riposando, Occhi Blu. Da questo punto in poi non avremo altre occasioni per farlo.”
“Allora dimmi chi sei e cosa sei.”
Jamar ghignò. “Sono solo un guerriero fedele alla causa di Malinor.”
“Non è vero. Non somigli a un malinoriano. E scommetto che nemmeno ti chiami Jamar.”
“Diciamo che ho scelto Malinor come seconda casa, dopo alcuni eventi spiacevoli della mia vita precedente.”
“Ma ho ragione sul tuo nome.”
“Credimi, anche se te lo dicessi significherebbe poco per te.”
“Voglio comunque saperlo” disse Marq.
Jamar annuì grave. “Erik. Questo è il mio nome. Contento adesso?”
Marq aveva sperato dii scoprire qualcosa di più su quell’uomo, ma anche sapendone il nome ignorava tutto il resto. “Perché ti fai chiamare Jamar?”
“È una storia lunga.”
Marq abbozzò un sorriso. “Mai sentito di una storia che fosse breve, Erik.”
Lui annuì. “Parlami di te, Occhi Blu. Più ti conosco, meno sembri un rinnegato. Hai anche mostrato pietà per quei soldati.”
“E mi è quasi costata la vita.”
“La pietà è un sentimento che esige sacrificio.”
Marq si ritrovò ad annuire. “Ho causato la morte di una madre e di sua figlia.”
“È più l’azione di un assassino che di un infame.”
“C’è differenza?”
“Quando devi scegliere di chi fidarti, sì. E io mi fido di te. Quelle ferite, come te le sei fatte? Non in un duello, suppongo. Alcune sembrano frutto di torture.”
“Falgan. È stato lui.”
Jamar sembrò sorpreso. “Il macellaio? Quella dannata bestia ti ha stretto tra i suoi artigli?”
Marq annuì.
“È notevole che tu sia ancora vivo.”
“Stavo quasi per arrendermi e morire.”
“E cosa è successo?”
Marq si lasciò sfuggire un sorriso. “Sono stato salvato.”
“Da chi? Non farti tirar fuori le parole una per volta, Occhi Blu. La tua storia sembra interessante.”
Marq represse l’imbarazzo che provava e disse: “È stata una ragazza. Una strega.”
“Una strega misteriosa è corsa in tuo aiuto?” disse Jamar con tono divertito. “Come nei peggiori romanzi d’avventura?”
“No, non era misteriosa. La conoscevo già.”
“Il suo nome?”
“Sibyl. Ma tutti la conoscono come la strega rossa.”
“Strega rossa” disse Jamar pensoso. “Credo di averne sentito parlare mentre eravamo in viaggio verso oriente con l’armata di re Alion. Ci fermammo in un villaggio mezzo distrutto dalle fiamme e incrociammo per caso un gruppo di lame askadiane. Sai chi sono, vero?”
Marq annuì. “Incantatori. Si dice che siano immortali.”
“Immortali o no, avevano una bella storia da raccontare riguardo una strega rossa che a Luska aveva preso a pugni l’inquisitore locale.”
“Sibyl ne sarebbe capace. La prossima volta che la vedrò, le chiederò di quell’inquisitore e di cosa avesse fatto per meritarsi una simile punizione.”
Il ricordo di Sibyl e il pensiero che fosse morta a Malinor lo rattristarono. Per allontanare quella sensazione, disse: “Così servi Malinor anche se non sei dei loro.”
“Non servo Malinor, ma il suo sovrano. È diverso.”
“Non vedo tante differenze.”
“Amo pensare a me come a una guardia del corpo” disse Jamar. “Solo che io non difendo una persona, ma un titolo. Un simbolo.”
“Per molti, Malinor è il simbolo dell’oppressione.”
E con lei tanti altri regni, pensò.
“Per molti ha anche portato pace e prosperità dove c’erano guerra e miseria. Mille anni fa l‘altopiano era diviso in centinaia di regni sempre in guerra tra di loro. Malinor ha sottomesso quei regni e li ha pacificati e in cambio ha chiesto solo due cose. Tributi e fedeltà. Ti sembra molto?”
“Non ne ho idea. Tu pagheresti per la tua libertà?”
Jamar ghignò. “Io so difendermi da solo, Occhi Blu.” Si alzò con uno scatto. “È ora di andare.”
“Come fai a dirlo?”
“Non senti? Le campane hanno smesso di suonare e ora è il nostro momento.”
Seguì Jamar fino alla strada principale, che era deserta.
“Faremo un giro largo per evitare i soldati di Orfar” spiegò il malinoriano. “Ma non troppo o ci perderemo la consegna.”
Orfar è davvero piccola, pensò Marq mentre si muovevano per le strade strette della città.
A ogni svolta dovevano assicurarsi che non ci fossero soldati di guardia, ma non ne incontrarono nessuno.
Oltre la svolta successiva, la strada si apriva in una piazza ottagonale ampia una cinquantina di passi.
Proprio al centro di questa, una dozzina di soldati e tre mantelli erano in attesa. Indossavano le armature e i colori di Orfar e stavano guardando dalla loro parte.
“Quindi le informazioni che ci hanno dato erano esatte” disse uno dei mantelli, un uomo dalla pelle abbronzata e la barba curata.
Gli altri due, una donna e un uomo, si disposero ai suoi fianchi. I soldati afferrarono le lance e alzarono gli scudi.
Jamar, che si era fermato all’entrata della piazza, li fissò con sguardo inespressivo.
“Forse sarebbe stato meglio tenerle, quelle armature” disse Marq.
“Sarebbe stato inutile lo stesso” rispose l’altro. “Quelli sono soldati e stregoni di Malinor.”
Lo stregone con la barba fece un passo avanti. “Jamar. Che piacere rivederti. Vedo che sei in salute.”
“Il piacere è mio, Aolis. Posso sapere come avete scoperto che sarei passato proprio di qui?”
Aolis scrollò le spalle. “Abbiamo preso un paio dei tuoi.” Guardò la strega alla sua sinistra. “Come si chiamava quel ragazzo, Veela? Quello che abbiamo catturato?”
“Merival” disse la donna. “O Marval, credo.”
“Merival o Marval?” chiese Aolis divertito.
“Urlava mentre lo facevo parlare, non ho capito bene il suo nome” si giustificò Veela.
Marq non conosceva Merival, ma in quel momento decise che avrebbe fatto urlare la strega come lei si era vantata di fare.
Jamar serrò la mascella. “Era solo un ragazzo.”
“È la guerra” disse Aolis. “Che hai intenzione di fare?”
“Vado a salvare il prigioniero.”
“È già in salvo. Gli orfariani stanno per consegnarlo a noi.”
“Allora lo salverò da voi” disse Jamar.
“Io ho l’ordine di tenere tutti lontani dalla piazza fino allo scambio” disse Aolis. “Io ti conosco e ti rispetto. Hai servito bene Malinor, anche se sei uno straniero. So che hai fatto un giuramento solenne e chissà quale altra sciocchezza romantica ti anima, ma ti assicuro che se cercherai di passare, noi ti uccideremo.”
“Klarisa è una traditrice” disse Jamar.
“Sarà la prossima regina” disse l’altro. “E tu non potrai impedirlo. La sua pretesa è legittima.”
“Come può esserlo se ucciderà il sovrano?” gli chiese Jamar.
“Lui ci ha traditi” disse Aolis. “Io ero presente alla battaglia del vecchio ponte. Ho visto i miei compagni venire schiacciati da uno di quei colossi. Nonostante ciò ci gettammo all’attacco per rallentare quel mostro e dare la possibilità all’armata di Alion di contrattaccare e sai che cosa successe?” Fece una pausa. “Niente. Non ci fu nessun contrattacco. Alion e la sua guardia si ritirarono lasciandoci da soli a combattere contro i colossi. A migliaia morirono quel giorno e per cosa? Concedere a un codardo qualche Luna in più di vita? È questo il valore dei soldati e degli stregoni di Malinor? Rispondi, Jamar. Tu che eri al comando della guardia reale, che cosa hai provato quel giorno?”
Marq vide Jamar trarre un profondo respiro.
“Vergogna” disse l’uomo dopo qualche istante. “Una profonda vergogna.”
Aolis annuì grave. “Eppure sei qui a difendere il traditore.”
“Anche Klarisa si ritirò, quel giorno.”
“Non era lei al comando” ribatté Aolis. Scosse la testa. “Questa discussione non ci sta portando da nessuna parte. Arrendetevi adesso, tu e il tuo amico e forse avrete salva la vita.”
Jamar gli scoccò un’occhiata. “Sono sei soldati e tre mantelli Occhi Blu” disse con un mezzo sorriso. “Credi di poter mettere da parte la tua lealtà per una volta?”
Marq evocò i dardi magici. “A differenza degli orfariani, non ho molta simpatia per i malinoriani.”
Jamar annuì e guardo Aolis. “Fatevi da parte o io e Occhi Blu passeremo sopra di voi.”
“Occhi Blu?” fece l’altro. “Il rinnegato? Oggi la festa sarà doppia quando alzeremo anche la tua testa sopra una lancia.”
Te la dovrai guadagnare la mia testa, idiota, pensò Marq.
Jamar estrasse la spada e alzò lo scudo. “Iniziamo” gridò.
Marq si gettò contro i soldati che erano avanzati verso di lui. Veela, Aolis e l’altro stregone di Malinor erano indietreggiati, come a volersi difendere da quell’assalto.
“Come pensavo” disse Jamar. “Sono stregoni da battaglia, non da duello.”
“C’è differenza?” chiese Marq.
“Tu sei uno stregone da duello Occhi Blu. Non dimenticarlo.”
I soldati si disposero su due file di quattro davanti ai tre stregoni di Malinor. Jamar si gettò contro la prima fila con un balzo, colpendo gli scudi col suo corpo.
Si romperà le ossa, pensò Marq.
Jamar travolse i soldati della prima fila e tirò un fendente a uno di quelli che si trovavano dietro, spaccando l’armatura e penetrando nella carne con la spada.
Le lance dei soldati puntarono verso Jamar che con la spada deviava i fendenti che provenivano da destra e sinistra.
Marq decise che quello era il suo momento. Aggirò i soldati e si diresse verso i tre stregoni.
Aolis stava gridando qualcosa.
Veela si staccò dal gruppo e puntò verso di lui, una spada magica nella mano destra e lo scudo in quella sinistra.
Dietro di lei, l’altro stregone stava evocando una sfera infuocata e Aolis si era diretto verso Jamar che era stato circondato dai soldati.
Non si sta mettendo bene, pensò Marq.
Evocò lo scudo magico e deviò il primo fendente di Veela. Balzò all’indietro per colpirla con i dardi, ma la strega avanzò veloce incalzandolo.
“Portalo dalla mia parte” gridò lo stregone.
Marq deviò il secondo attacco della strega e cercò di colpirla con i dardi, ma lo scudo dell’altra si frappose tra di loro.
“Portalo qui” gridò di nuovo lo stregone, la sfera infuocata che danzava tra le sue mani.
“È veloce, Pan” si lamentò Veela. “Vieni a darmi una mano.”
“Sei una incapace” disse lo stregone annullando la sfera infuocata. “Potevo colpirlo alle spalle.”
Ti sarebbe piaciuto, pensò Marq.
Si disinteressò di Veela e con un balzo si portò tra lei e lo stregone di nome Pan. Lui si bloccò, sorpreso forse dall’agilità dell’avversario, senza una vera difesa da opporre.
Marq lo vide annaspare con le mani per evocare lo scudo magico. “Sei lento, Pan” disse evocando la lancia di fuoco.
Lingue di fiamma eruppero dai suoi palmi coprendo in un istante la distanza che lo separava dallo stregone malinoriano.
Questi alzò lo scudo per un attimo, deviando parte di quelle fiamme, ma il resto lo avvolsero da tutti i lati.
Pan gridò e venne sbalzato via dalla forza dell’incantesimo. Il suo corpo avvolto dalle fiamme rotolò per alcuni passi, lasciando dietro di sé una scia di fumo e uno sgradevole odore di carne bruciata.
Chissà, si disse Marq. Forse tu eri uno di quelli che tormentava Brun.
La spada magica di Veela calò verso di lui e fece appena in tempo a girarsi per vedere la lama aprirgli uno squarcio all’altezza del petto, tagliando via di netto sia il tessuto della tunica che la carne sottostante.
Con un balzo si allontanò dalla strega che già stava preparando un novo assalto. Il dolore arrivò subito dopo sottoforma di una fitta lancinante al petto.
Nel punto colpito apparve una macchia di sangue che andava dalla spalla all’addome. Non sapeva quanto fosse profonda la ferita, ma era ancora in piedi e quindi per il momento non doveva preoccuparsene.
Veela si lanciò verso di lui, la lama magica sollevata sopra la testa. In quel momento un raggio di sole colpì la spada riverberandosi sulla superficie di energia ribollente.
Invece di sollevare lo scudo scartò di lato con un movimento agile. Veela affondò il colpo e lo mancò, ma con riflessi innaturali ruotò sul fianco e si preparò a colpire di nuovo.
Marq non attese l’attacco e sollevò lo scudo, deviando la lama magica e allontanandola dal suo corpo.
Veela attaccò di nuovo con un altro fendente dall’alto verso il basso e Marq lo parò a stento piegandosi sulle ginocchia. Uno sguardo di selvaggio compiacimento apparve sul viso della strega che alzò il braccio per colpire ancora.
La lama d’energia ribollì con vigore, come se altro potere fosse stato iniettato nell’incantesimo per renderlo più forte. E mortale.
Ed era quello che Marq sperava che Veela facesse.
La strega stava concentrando il suo potere nella lama magica nella speranza di infliggere all’avversario un ultimo colpo mortale. Così facendo aveva ridotto il potere che utilizzava per il suo scudo.
Marq aveva fatto lo stesso col suo, ma di proposito, per convincere Veela che era allo stremo delle forze e che non avrebbe opposto una gran resistenza.
In quel momento, mentre la strega si preparava a colpirlo, decise di agire. Deviò il suo potere dallo scudo ai dardi magici e li puntò verso Veela.
La strega alzò il suo scudo d’istinto, frapponendolo tra di lei e Marq.
Lui lanciò i dardi tutti insieme. I primi due vennero assorbiti, ma il terzo, il quarto e il quinto riuscirono a passare.
I proiettili magici passarono Veela da parte a parte, entrando nel suo addome e uscendo dalla schiena.
La strega fece due passi indietro, una mezza piroetta e si accasciò al suolo.
Marq si concesse un istante per assicurarsi che la strega fosse inoffensiva. Il corpo di Veela ebbe due o tre rapidi sussulti e poi giacque immobile.
Solo a quel punto sollevò la testa per guardarsi attorno. A una ventina di passi di distanza, Jamar aveva afferrato Aolis tra le braccia e gli stava torcendo il busto in maniera innaturale.
Lo stregone emise un singulto strozzato e cadde al suolo quando Jamar lo liberò dalla presa. Tutto attorno a loro erano disseminati i cadaveri dei soldati di Malinor. Tutti giacevano in pose innaturali, come se qualcuno si fosse divertito a scompigliare le loro ossa.
Jamar era ricoperto di tagli e ferite che sanguinavano e gli mancava metà dell’orecchio destro.
Questo gli ricordò che anche lui era ferito. Si passò la mano sul petto, ricevendone in cambio spasmi di dolore acuto.
“Te l’avevo detto che erano stregoni da battaglia” disse Jamar pulendo il sangue dalle ferite. “In un duello valgono poco.”
Marq annuì.
“Ti fa male?”
“Sì” disse con uno sforzo. “Ma sta passando.”
“Fammi vedere.”
Jamar diede un’occhiata veloce alla ferita. “È superficiale. Sei fortunato Occhi Blu. La fortuna dei rinnegati, non c’è alcun dubbio.”
“Anche tu sei ferito.”
“Sono solo graffi” disse lui con un’alzata di spalle. “Ce la fai a proseguire? Ora viene il difficile.”
“Più difficile di questo?”
“Potremmo morire.”
“Sono un rinnegato” disse. “Rischio di morire ogni giorno.”
Jamar ghignò. “Andiamo allora.”
 
Mentre si avvicinavano alla Piazza della Vittoria la folla aumentò e Marq si sentì più al sicuro potendosi mescolare nella calca.
Jamar aveva coperto le ferite con un mantello preso a un soldato malinoriano che aveva rivoltato al contrario e si muoveva con disinvoltura tra giovani e vecchi che si stavano radunando ai lati della piazza.
Qui i soldati di Orfar avevano stabilito il confine oltre il quale non si poteva andare, dividendo in due quella zona della città.
Il cordone andava dal cancello principale al palazzo di Skeli, coprendo quasi un miglio e mezzo.
“Devono essere almeno diecimila soldati e trecento stregoni” disse Jamar. “Tutte le forze di Skeli sono riunite qui.”
“Ecco perché Aolis e i suoi si sono potuti infiltrare così facilmente in città.”
Marq immaginò cancelli privi di guardie o con soldati annoiati e facili da raggirare, uccidere o corrompere.
Tutta questa dannata città è corrotta, si disse.
“Ho paura che dopo l’attacco non resterà molto dell’esercito di Skeli” disse Jamar. “E Klarisa potrà fare quello che vuole.”
“Se prendiamo il prigioniero, dovremo scappare in fretta.”
“Non c’è alcun dubbio che ci inseguiranno fino ai confini del mondo conosciuto e anche oltre, se sarà necessario. Ma forse non ce ne sarà bisogno. Lui ha molti fedeli anche tra i soldati dell’infame e basterà la sua presenza a convincerli a passare dalla nostra parte.”
“Malinoriani contro malinoriani.”
Jamar fece spallucce. “È sempre accaduto.”
“Quindi è vero che sono pazzi.”
“Sì” rispose l’uomo con un ghigno.
“Poi mi dovrai dire da dove viene tutta quella forza.” Marq non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Jamar che colpiva e schiantava soldati coperti da una spessa armatura. Anche per uno stregone che usasse la forza straordinaria era un’impresa notevole.
Lui sembrava riuscirci senza alcuno sforzo.
“Sei uno stregone o cosa?”
“O cosa” rispose Jamar. “Davvero Occhi Blu, ha importanza? Sono nato così, con un dono. Sono sempre stato molto forte e col tempo ho imparato a usare questo dono. Non è stregoneria, anche se una volta parlai con un erudito e lui mi disse che il mio dono aveva la stessa provenienza. Agli dei o ai demoni piace giocare in questo modo, usandoci come pedine inconsapevoli e scaraventandoci sulla scacchiera del mondo.”
Stavolta fu Marq a ghignare. “Sei anche un saggio, adesso?”
“Mi sono rassegnato a essere quello che sono.”
Piazza della Vittoria aveva la forma di un ottagono. Ogni lato era lungo almeno trecento passi il che era un’enormità in una città piccola e raccolta come Orfar. Dall’alto doveva somigliare a un enorme occhio spalancato.
Al centro si ergeva ciò che restava della statua di un cavaliere armato di lancia e scudo.
“Tasos Rudakis” disse Jamar. “Il fondatore della città. Dicono che fosse uno scudiero di Ambar e che si fosse fermato qui dopo essersi innamorato di una giovane fanciulla che dopo sposò.”
“Quindi sei proprio un erudito, Erik” disse Marq con tono canzonatorio.
Jamar lo ignorò e sembrò adocchiare qualcuno tra la folla. “Ros” gridò agitando una mano.
Un gruppo di sei uomini e due donne si avvicinò. Lo fecero uno alla volta, in modo quasi casuale.
Marq riconobbe subito Rossim e Izolda e fu sollevato di vedere che stavano bene.
“Siete passati” disse Jamar.
Rossim annuì. “Abbiamo perso dieci mantelli, ma ne abbiamo almeno cinquanta attorno alla piazza. A un tuo ordine agiranno.”
“Dobbiamo attendere il momento più opportuno.”
“Quando?”
“Tra poco ci sarà lo scambio” spiegò Jamar. “Klarisa e i suoi non agiranno prima. Avremo pochi minuti dopo che il prigioniero passerà di mano. Sarà allora che interverremo.”
Rossim annuì deciso. “Faccio avvertire tutti di tenersi pronti a un tuo segnale.”
Due mantelli partirono come staffette per portare i messaggi. Nel frattempo la folla era aumentata ed era difficile muoversi nella calca che si stava formando.
Sembrava che tutti volessero vedere il prigioniero. E Bryce di Valonde.
La principessa sembrava in ritardo.
Forse ci ha ripensato, pensò Marq. In tal caso tutto questo sarà stato inutile e Brun morirà in quella prigione.
Dalla folla si alzò un mormorio sommesso quando i cancelli si aprirono. In fondo alla strada apparvero dei cavalieri che avanzavano al piccolo trotto, scortati da soldati che tenevano lontani i cittadini di Orfar.
Alcuni lanciavano grida offensive, altri applaudivano al passaggio di Bryce.
Deve aver lasciato un buon ricordo in alcuni di essi, pensò Marq. In fondo meno di otto Lune fa ha salvato la loro città da Aschan e dall’orda.
Bryce e la sua scorta avanzarono tra la folla a stento contenuta dai soldati. Accanto a lei riconobbe Gressen impettito sulla sella che osservava con sguardo severo gli orfariani che urlavano.
“Maledetto malinoriano” gridò una donna.
“Andate via, assassini” le fece eco un uomo di mezza età che si reggeva su di una stampella. Solo allora Marq notò che gli mancava tutta la gamba sotto il ginocchio sinistro.
“A morte la strega dorata.”
“Datela a noi.”
“Evviva Bryce di Valonde” gridò una ragazzina dai capelli neri e fluenti che venne squadrata con disprezzo da un’anziana.
Poco distante due uomini si stavano azzuffando con calci e pugni mentre gli altri attorno li incitavano.
Due soldati corsero a separarli usando le lance e poi trascinandoli via come ragazzini.
“Sembrano impazziti” mormorò Marq.
“Credevi che la follia fosse solo dei malinoriani? Qui sul continente antico sono tutti più o meno pazzi.”
“Sono?” fece Marq.
Jamar gli rispose con un ghigno.
Bryce e Gressen si fermarono in mezzo alla piazza dove vennero raggiunti da tre cavalieri partiti dal palazzo di Skeli.
Non conosceva gli altri, ma riconobbe subito Gladia di Taloras.
L’inquisitrice e Bryce parlarono tra di loro, ma da quella distanza e con la folla che non smetteva di urlare, gli fu impossibile capire che cosa si stessero dicendo.
Un carro trainato da un cavallo venne portato verso il lato destro della piazza. Sopra di esso era stata montata una gabbia, all’interno della quale vi era una figura umana.
“È lui” disse Jamar serio.
Il carro venne consegnato ai soldati di Malinor che, preceduti da Gressen, si spostarono verso l’ingresso della città.
“Ci siamo” disse Jamar. “Ora tocca a noi. Da questo momento in poi, niente distrazioni, Occhi Blu.”
Stava per rispondere che era pronto, quando due sfere infuocate piombarono sul carro e la folla, esplodendo.
 
***
 
Gladia guardò con orrore il carro che ardeva al lato della strada. Intorno al luogo dove era avvenuto l’impatto quasi tutti erano stati scaraventati a terra dall’esplosione o sbalzati via a decine di passi di distanza.
Alcuni di quelli che erano a terra chiedevano aiuto o si lamentavano. Altri si stavano rialzando e altri ancora giacevano immobili in posizioni innaturali.
“Maledetta assassina” gridò Bryce. “Maledetta pazza assassina.”
Skeli l’ha fatto davvero, pensò Gladia. Come ho potuto fidarmi di quella donna? Avrei dovuto sapere che avrebbe fatto qualcosa di folle e insensato.
Bryce era balzata giù dalla sua cavalcatura e stava guardando attorno a sé. Solo allora Gladia si rese conto che nelle vie laterali e lungo quella principale stava accadendo qualcosa.
I soldati erano stati travolti dalla folla colta dal panico, ma dietro di essa ora avanzavano soldati e mantelli dal colore nero.
Con la coda dell’occhio vide balenare incantesimi e colse il riflesso di scudi magici che assorbivano i colpi scagliati contro di essi.
Bryce aveva evocato il suo scudo insieme ai dardi magici.
E la stava fissando con espressione di sfida.
“Che intendi fare?” le chiese.
A quella domanda Gladia si riscosse. “Sei ancora mia prigioniera.”
“Lo sarei, se ci fosse stato uno scambio, ma Skeli come al solito ha deciso di venire meno alla sua parola. Che vuoi fare?”
“Tu che cosa farai, strega dorata?”
Bryce indicò il palazzo con un cenno della testa. “Vado ad ammazzare Skeli.”
Pessima idea, pensò Gladia. “Non posso permettertelo.”
Bryce annuì. “Sapevo che l’avresti detto, inquisitrice.” I suoi dardi sembrarono pulsare con maggiore intensità.
Gladia evocò lo scudo magico. “Non dobbiamo lottare per forza” disse.
“Invece sì” disse Bryce. Lanciò i dardi contro di lei.
Gladia alzò lo scudo e li deviò.
Sta solo saggiando la mia velocità di reazione, pensò.
Bryce si mosse con velocità innaturale e lei la seguì con lo sguardo. Mentre si muoveva lungo la piazza, Gladia cercò di studiarla.
Conosceva la principessa di fama e l’aveva vista duellare con Eryen, ma averla di fronte era tutt’altra cosa.
Bryce sembrava più agile e veloce di quando aveva combattuto con Eryen. I suoi movimenti erano più fluidi e precisi.
Gladia decise di fare la sua mossa. Non era mai stata una combattente agile o veloce e non poteva reggere il confronto con una strega che aveva trent’anni meno di lei. Non se basava lo scontro sulla forza pura.
Bryce cambiò direzione all’improvviso e si gettò contro di lei mulinando sue lame magiche, una per mano.
Gladia balzò di lato e parò il primo assalto con lo scudo. Bryce la tempestò di colpi cercando una falla nella sua difesa, costringendola a indietreggiare.
Gladia rispose con movimenti secchi e precisi, deviando ogni colpo. La sua avversaria saltò all’indietro e fece sparire le lame magiche.
“Vuoi solo difenderti o intendi anche combattere?”
“Se tu ti fermassi ad ascoltarmi” fece Gladia.
“Io non voglio ascoltare” gridò Bryce. “Mi diresti solo menzogne, come hai sempre fatto con tutti.”
“Non ti ho mai mentito.”
“Non a me” disse Bryce. “Ma a mia madre.”
“Marget?”
“Tu la convincesti a sacrificare Joyce.”
“Ho salvato tua sorella” disse Gladia.
“Bugie” ringhiò Bryce e le puntò contro le braccia con i palmi rivolti verso di lei. Da questi eruppe un’ondata di fiamme che come fuoco liquido la investì in pieno.
Gladia frappose lo scudo tra lei e le fiamme, ma la forza era tale che la spinse indietro di una decina di passi. Strinse i denti e raddoppiò i suoi sforzi per assorbire quell’esplosione di potere.
Le fiamme cessarono all’improvviso, lasciando dietro di sé una scia di fumo nero e denso. Gladia si ritrovò a fissare il punto in cui si trovava Bryce.
La principessa di Valonde era sparita.
Un’ombra le sfilò sulla sinistra. Gladia la vide con la coda dell’occhio e fece ruotare il busto nella stessa direzione, lo scudo magico alzato.
Un raggio di pura energia a investì, scaraventandola lontano. Stavolta non riuscì a tenersi salda e rotolò sul selciato sbucciandosi braccia e gambe.
Bryce balzò in alto e fece partire una pioggia di dardi. Gladia, inginocchiata, alzò lo scudo e deviò i dardi. Due riuscirono a farsi strada nella sua difesa e la trafissero alla spalla e alla gamba. Si trattenne dal gridare e si spostò con un balzo cercando di offrire all’avversaria un bersaglio più difficile da colpire.
Non sta andando bene, si disse Gladia. Se la lascio fare mi ucciderà. E poi ucciderà Skeli facendo morire tutti quelli che si trovano nel palazzo. E Robern.
Cercò di non pensare a lui e si disse che non voleva fermare Bryce per salvargli la vita.
Gladia evocò una sfera infuocata e la scagliò contro la principessa di Valonde. Bryce la deviò con lo scudo passandole attraverso e si lanciò contro di lei mulinando la lama magica sopra la testa.
Gladia arrestò il colpo con lo scudo e la spinse via.
Bryce balzò qualche passo indietro e rimase a fissarla boccheggiante.
È stanca, pensò Gladia. Le ferite che deve averle inferto il sicario di Skeli hanno avuto un costo, dopotutto. Forse posso approfittarne.
“Non sono bugie” disse mentre pensava a come colpire la strega dorata. “Ho davvero salvato tua sorella. Le ho risparmiato una vita di sofferenze e privazioni.”
“E hai condannato me al suo posto” gridò Bryce con rabbia.
“Dunque è questo il motivo del tuo risentimento, principessa di Valonde?”
“Ora sono una rinnegata. Non ho più titoli.”
“Ti senti defraudata, privata di qualcosa che pensavi di meritare?”
Bryce strinse i denti in un ringhio. “Io volevo solo una vita diversa” disse con voce rotta dall’emozione. “Non ho chiesto di essere la strega suprema.”
“Non lo sei, se questo può farti stare meglio.”
“Ma mi hanno cresciuta come se lo fossi. Hai idea di cosa significhi, inquisitrice?”
“Sì, lo so” disse. “Io potevo essere una regina, ma ho rinunciato alla corona per servire il mio regno.”
“Tu hai potuto scegliere” gridò Bryce. Tra le sue mani apparve una sfera infuocata.
Gladia la vide allargarsi e guadagnare forza, diventando un piccolo sole di fiamme liquide che ardevano con tale violenza che anche a venti passi di distanza poteva avvertirne il calore che gli bruciava la pelle.
D’istinto sollevò lo scudo e attese che quella forza devastante la investisse. Per lunghi attimi venne avvolta dalle fiamme che premevano contro lo scudo magico cercando di penetrarlo.
Gridò per il dolore e il calore insopportabile e le fiamme arrivarono a lambirla la pelle, arrossandola, ma alla fine si dissolsero.
Quando poté di nuovo guardare, vide Bryce carponi, incapace di reggersi in piedi.
Ecco l’occasione che attendevo, si disse Gladia.
Raccolse le forze che le erano rimaste concentrando il potere tra le sue mani. Dai suoi palmi eruppero fulmini che col rombo di un tuono squarciarono l’aria.
Non poteva controllare quella forza, stanca com’era. Doveva liberarla subito o l’avrebbe consumata.
Scagliò l’incantesimo contro Bryce mentre era ancora a terra. La principessa di Valonde si mosse appena un attimo prima di venire avvolta dai fulmini che si muovevano come serpenti. Le scosse l’attraversarono, prima piegandola in due e poi scagliandola via di una ventina di passi.
Bryce atterrò sul selciato e rotolò incalzata dai fulmini che ancora l’avvolgevano. Dopo alcuni istanti, il potere dell’incantesimo si dissolse e di lei rimase solo un corpo disteso a terra.
Gladia inspirò profonde boccate d’aria. Si sentiva esausta e sul punto di crollare in ginocchio, ma doveva assicurarsi che Bryce fosse stata sconfitta.
Barcollando si avvicinò alla principessa, che giaceva immobile al suolo, il volto nascosto.
Forse l’ho colpita troppo forte, si disse. Se l’ho uccisa non riuscirò mai a perdonarmelo.
Allungò una mano verso Bryce e lei si voltò di scatto, le afferrò il polso e l’attirò verso di sé.
Gladia reagì puntando i piedi, ma quando si sentì sollevare capì che aveva commesso un errore. Bryce la scaraventò via come un fuscello e lei atterrò con la schiena sulla dura pietra, gridando per il dolore e la sorpresa.
Reagendo ad anni di duro addestramento, evocò la pelle di pietra per difendersi dal prossimo attacco, che arrivò non appena riuscì a sollevarsi su gambe incerte.
Bryce arrivò di corsa e le sferrò un pugno all’addome, piegandola in due. Poi la colpì al mento e al petto, scagliandola via.
Ogni colpo avrebbe potuto frantumarle le ossa, se non avesse evocato gli incantesimi di protezione.
Così mi ucciderà, si disse mentre indietreggiava per difendersi dai pugni e dai calci di Bryce.
La principessa continuò a colpirla senza sosta, spostandosi di lato e caricando come un animale in preda alla furia.
Da dove prende tutta questa forza? Si chiese Gladia. Forse l’ho sottovalutata? Forse è davvero la strega suprema? In fondo è figlia di Marget e Andew…
Bryce si allontanò con un balzo ed evocò una sfera infuocata. “Finiamola qui una volta per tutte, inquisitrice” gridò.
Gladia si concentrò facendo danzare i fulmini attorno al suo corpo e attraverso di esso. Finché li controllava non potevano ferirla, ma avrebbero ferito chiunque avesse osato avvicinarsi. Come in risposta ai suoi pensieri, una saetta si staccò dalle sue mani e colpì la strada, staccandone un grosso pezzo che volò via nella direzione opposta.
La sfera infuocata di Bryce crebbe a vista d’occhio, come un piccolo sole di fuoco liquido che si stava espandendo.
Anche lei deve fare una fatica enorme per tenere a bada quel potere, pensò. Bene, sarà una sfida interessante.
“Una di noi due morirà” disse con tono calmo. “E solo Skeli ne uscirà avvantaggiata.”
“Non pensare a lei” disse Bryce con voce rotta dallo sforzo. “Pensa a te, inquisitrice. Stai per…”
Non completò la frase e liberò la sfera infuocata. Gladia era pronta e si spostò di lato.
Potente ma lenta, si disse mentre scivolava di lato e lanciava i fulmini a sua volta. Le saette si scontrarono con la sfera infuocata, l’avvolsero e l’attraversarono proseguendo inesorabili nella loro corsa.
È fatta, pensò Gladia. Adesso…
Non riuscì a terminare quel pensiero, perché dalle fiamme infuocate emerse una figura che le puntò contro.
Sorpresa da quell’attacco perse la concentrazione e i fulmini si dispersero.
Bryce, ancora avvolta tra le fiamme, le sferrò un pugno in pieno viso. Gladia cadde in ginocchio, quasi tramortita da quel colpo.
Si è nascosta tra le fiamme, pensò. L’ha fatto di proposito.
Con un guizzo si rimise in piedi e puntò i dardi magici contro Bryce. La principessa di Valonde le afferrò il braccio e la sollevò di peso sopra la testa. Gladia vide il mondo capovolto e perse la concentrazione.
Con un ringhio Bryce la scagliò via, facendola volare per un centinaio di passi. Gladia concentrò le poche forze che le restavano nell’incantesimo di pelle resistente.
Un attimo dopo colpì la parete di un’abitazione e, senza rallentare il suo volo, attraversò una stanza e sfondò la parete opposta, finendo il volo sulla dura pietra.
Rotolò per una ventina di passi, le ossa che sembravano dovessero andare in frantumi da un momento all’altro. Quando si fermò, si puntellò sulle braccia per rimettersi in piedi ma le forze le mancarono e crollò a terra battendo la tempia sulla pietra.
La vista le si annebbiò per qualche istante e il mondo sembrò vorticarle attorno. Quando la vista si schiarì, vide un’ombra avvicinarsi.
L’istinto la spinse a rialzare la testa e il busto. In ginocchio, come un penitente in attesa di giudizio, fissò il viso contratto dalla rabbia di Bryce.
I capelli biondo oro della principessa di Valonde fluivano come accarezzati da una leggera brezza.
È davvero bella, pensò. Più di Marget. Le ho sempre invidiato l’aspetto e mai i poteri. O amica mia, se tu fossi qui saresti orgogliosa di tua figlia.
Bryce si fermò. “Cos’è che trovi così divertente, inquisitrice?”
Non si era accorta di averle sorriso. “Somigli a tua madre.”
Bryce evocò i dardi magici. “Morirai col sorriso sulle labbra.”
“Ne sono felice.” Allargò le braccia offrendole il petto. “Prima lascia che ti avverta.”
“Sono le tue ultime parole, come nei romanzi d’avventura?” fece l’altra con una punta d’ironia.
“Se vai da Skeli a cercare vendetta, troverai una trappola ad attenderti.”
“Niente di quello che potrà avere preparato la regina potrà impedirmi di ucciderla.”
“So che ci riuscirai, Bryce di Valonde. Hai il dono di realizzare tutto ciò che desideri, ma devo metterti lo stesso in guardia. Se volevo impedirti di andare da Skeli, era per questo motivo.”
“Quale?”
“La regina ha trasformato il palazzo e il suo stesso corpo in un’arma. È una trappola per chiunque l’affronti. Se lo farai, se la ucciderai, morirai anche tu e tutti quelli che si trovano nel palazzo.”

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