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Autore: Stella cadente    12/03/2020    4 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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42.
 
 
Hogwarts
 
«Ieri ho chiesto a mio zio se fosse possibile andare ad Azkaban per fare visita a Frollo.» esordì Febo la mattina seguente, in Sala Grande.
«Davvero?» fece Esmeralda, a metà tra stanchezza e sorpresa, mentre beveva un sorso di succo di zucca. «Ha risposto? Achille è già tornato?» chiese, riferendosi al gufo reale dell’amico.
«Già» sorrise il Grifondoro. «Una scheggia» aggiunse, con un sorriso fiero. «Comunque» divenne più serio un istante dopo, «Non ha portato buone notizie. Nel messaggio mio zio ha scritto che, conoscendo bene l’ambiente, non è possibile entrare se non per visite da parenti. L’unica possibilità è che lui si offra spontaneamente di rilasciare una dichiarazione scritta.»
«Pensi che lo farebbe?» chiese la ragazza, leggermente preoccupata, mentre si riempiva il piatto di pane con burro e prosciutto. «Insomma... perché dovrebbe rilasciare una dichiarazione su mia richiesta? Io non sono nessuno per lui.»
Forse aveva pronunciato quelle parole con eccessiva amarezza, perché Febo la guardò preoccupato. «Esatto… era quello che volevo dirti io. Non credo ci sia nessun modo per estorcergli qualcosa. E non possiamo certo infilarci ad Azkaban di nascosto, visto che passeremmo dei guai.»
«Non è quello che serve alla scuola in questo momento» convenne Esmeralda, gli occhi verdi persi chissà dove. Sembrava che, nell’arco di una sola notte, avesse buttato via tutta la grinta che l’aveva da sempre caratterizzata; le occhiaie erano evidenti sulla sua carnagione olivastra e la bocca era una linea piatta. Appariva quasi invecchiata.
«Esme» disse Febo, spontaneo, «Tutto bene?»
«È che penso che, in fondo, sia stata anche un po’ colpa mia, se lui è riuscito a nascondere tutto questo.»
«Che vuoi dire? Non parlavate quasi mai.»
La Grifondoro si mise le mani nei capelli, che in quel momento apparivano come una criniera disordinata. «Ultimamente parlavamo. A volte. Lui...»
Fu quando lasciò quella frase in sospeso con un’espressione turbata che Febo sentì un brivido agitarglisi nello stomaco. Attese, ansioso, senza sapere cosa dire.
«Mi ha detto che aveva una specie di ossessione per me. Che gli avevo fatto qualcosa, da quella volta in cui siamo stati messi in punizione insieme.»
«E tu cosa ne pensi?»
Gli occhi verdi della ragazza assunsero un’espressione strana. Sembrava che non trovasse neanche le parole per dire quello che voleva esprimere. «Penso che lui sia pericoloso. Penso che non dovrebbe mettermi curiosità, come invece sembra fare da un po’ di tempo a questa parte» sbottò, in un impeto di sincerità che investì Febo con prepotenza.
«Forse dovrei occuparmene io» snocciolò il Grifondoro, con tono deciso. «Tu sei troppo coinvolta» aggiunse, facendo del suo meglio per mascherare la delusione che lo stava uccidendo.
«No, sto bene» si indurì lei, alzandosi dal tavolo di colpo e serrando le labbra in quel gesto che, ormai, Febo conosceva da anni. Non poteva crederci: lei incuriosita da Frollo?
Non se ne parlava. Era semplicemente assurdo.
«No, Esme» disse infatti, alzandosi a sua volta e raggiungendola. «È per il tuo bene che lo sto facendo.»
O forse per il tuo egoismo?, fece una vocetta odiosa dentro di lui.   
«Il mio bene?» ripeté Esmeralda, incredula. Continuò a sfuggirgli, iniziando a camminare verso l’uscita dalla Sala Grande. «Febo, siamo tutti coinvolti. Non soltanto io» affermò, risoluta.
«Ti rendi conto che parli di uno che è finito in carcere come di una persona da salvare?»
La Grifondoro si ammutolì, fermandosi proprio in mezzo al corridoio. Non era mai successo, da quando lui ne aveva memoria.
«Esme» provò lui, avvicinandosi.
«No» disse solo la sua amica, allontanandosi a grandi passi.
Febo digrignò i denti, trattenendosi dal tirare un pugno alla colonna in pietra del porticato. Tirò fuori dalla tasca della divisa la pergamena che aveva ricevuto quella mattina, leggendovi il messaggio dello zio Charles – che da sempre lavorava negli Uffici di detenzione del Ministero della Magia.
 
Non posso dirti niente, Febo. La persona di cui mi stai parlando rappresenta un caso molto particolare, e il Ministero sta facendo ulteriori ricerche per trovare delle risposte che abbiano un senso.
Le indagini sono segrete.
Non posso proprio parlarne.
Mi dispiace.
 
 
*
 
Esmeralda iniziò ad allontanarsi via via sempre di più dal suo amico – che ora non vedeva altro che come un estraneo – per poi cominciare a correre, sperando che non la seguisse. Fortunatamente i corridoi erano deserti: tutti stavano terminando la colazione per poi andare a lezione di Difesa, nel caso accadesse qualcosa – perché sapevano tutti che sarebbe successo.
Ultimamente le sembrava di vederla, quasi, l’impazienza degli altri, la nervosa trepidazione con cui tutti si aspettavano che accadesse qualcosa di brutto da un momento all’altro. Non che ci si potesse comportare diversamente, in effetti: diverse persone erano morte, alcune non si vedevano più a scuola da giorni, ed Esmeralda si ritrovò a chiedersi per quale motivo la disperazione non avesse ancora preso possesso della sua mente.
«Stai bene?»
Quella voce.
Era da una vita che non la sentiva. Avvertì la gola stretta in una morsa per lo sforzo di non piangere, ancor prima di voltarsi a guardare quel viso così familiare.
Quentin la fissava preoccupato; sembrava stanco, provato, ma sapeva che avrebbe messo i suoi problemi da parte – che sicuramente erano ben più gravi dei suoi – per starle accanto.
«No» rispose, sincera. «Ma sai cosa? Chi se ne frega.»
Si avvicinò al suo amico e lo abbracciò con impeto. «Sono contenta di vederti» disse a malapena, stringendolo forte.
Le braccia robuste del Tassorosso la circondarono con affetto. «Anche io.»
Quando sciolsero l’abbraccio, Quentin iniziò, deciso seppur visibilmente abbattuto. «Esmeralda, mi dispiace per non averti più parlato. È solo che...» indugiò per un attimo. «Ho dovuto capire come fosse la situazione. Adesso più che mai – ne sono certo, finalmente – non si può più aspettare. Dobbiamo mettere da parte le nostre paure, dobbiamo mettere da parte tutto quanto. Compresa la rivalità tra Case.»
«Perché me lo stai dicendo?» Non aveva neanche più la forza di irrigidirsi e indurire la voce indispettita, come avrebbe fatto di solito. Era solo stanca.
«Perché ho bisogno che» iniziò prudente, come se avesse paura di suscitare reazioni estreme. «Tu dia fiducia ai Serpeverde. Ecco… sì, insomma» aggiunse poi, dopo una breve pausa. «Se accadesse, tutti i Grifondoro ti seguirebbero. Ne sono convinto.»
Silenzio. Esmeralda sapeva che non avrebbe detto di no al suo migliore amico, ma la richiesta che le stava facendo era troppo... era troppo.
«Sai benissimo di essere una persona molto carismatica» proseguì il Tassorosso, con voce pacata.
«Sai anche che non ho praticamente nessun motivo per dare fiducia ai Serpeverde. O sbaglio?» fece lei, con tono piatto.
«Lo so» il ragazzo sollevò gli angoli della bocca in un gesto nervoso, poi sospirò. «Il punto è che anche loro sono in difficoltà. E so che non dovrei dirtelo, ma è necessario per farti capire.»
«Dirmi cosa?»
«Hai presente Vaiana Waialiki?»
«Di vista» rispose Esmeralda, frettolosamente. «Perché?»
«Lei è l’unica a poter fermare questa cosa, credo. E non sto scherzando.»
La Grifondoro si sentì pietrificare. «In che senso?»
«Ha il potere di controllare l’acqua, ma a quanto pare è sfuggita al controllo di Black, che ha preso solo le altre ragazze – Lily, Elsa, Melicent e Merida. Hai notato che non si vedono a scuola da giorni? Black le ha prese con sé. C’è un rituale dietro a tutto questo, un rituale oscuro. Ma lei potrebbe essere la soluzione.»
Lo disse tutto d’un fiato, lasciando che quelle informazioni si abbattessero come proiettili sulla sua amica. «Ed è per questo motivo che ti sto chiedendo di mettere da parte la tua diffidenza. È la nostra unica possibilità» concluse, con tono urgente.
Esmeralda non ne poteva più di sentir parlare di quella storia; aveva solo voglia di tapparsi le orecchie, chiudere gli occhi e rintanarsi in un angolino. Ma doveva affrontare la realtà, lo sapeva; o non ci sarebbe mai stata via d’uscita per nessuno.
«D’accordo» disse poi. «Lo spiegherò agli altri» disse, sforzandosi di mettere da parte l’immagine di Claude Frollo che le era balzata in testa.
Non lo disse ad alta voce, ma aveva capito che non c’era più nulla di normale, in quella quotidianità a cui erano tutti abituati da un po’ di tempo a quella parte. Vivevano nella paura, ormai, nel costante timore che il prossimo ad essere ucciso fosse un amico, un fidanzato, un fratello. Black non aveva dimostrato pietà per nessuno… e, da quando quell’anno scolastico era iniziato, sembrava passata un’eternità.
Fu allora che la voce di Merman si fece forte e chiara nelle sue orecchie; arrivò improvvisa, come un fulmine, ed Esmeralda capì che non avrebbe fatto in tempo a parlare con i suoi compagni di Casa.
Era tardi, ormai, perché se il Preside aveva scelto un incantesimo di informazione immediata voleva dire solo una cosa: che si era avverato il peggio.
 
Quello che dovete fare è uscire da Hogwarts, immediatamente. Fate incantesimi di protezione alla scuola: sono sicuro che li abbiate imparati in modo eccellente. Rimarrà solo una fra di voi, nascosta nella Camera dei Segreti. Io sarò con voi.
Sono arrivati.
E dobbiamo essere pronti.
 
 
 
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Sto postando il capitolo nuovo dopo soli nove giorni dall’ultimo aggiornamento, ancora non ci credo.
Certo, come probabilmente saprete anche voi, c’è un motivo – ovvero che, come tanti, sono chiusa in casa. A causa dell’emergenza COVID-19 l’università è ferma, così come i centri linguistici in cui studio i miei amati francese, inglese e russo. Ma la quarantena ha qualcosa di positivo: dopo avere avuto un crollo emotivo al terzo giorno di reclusione, ho realizzato di avere più tempo da dedicare a questa storia, e alla scrittura in generale. Mi ero dimenticata quanto fosse rilassante per me, davvero.
E così, tra ieri e oggi l’ho riletta tutta – ho riletto tutta Hogwarts, la fic che tanto mi ha fatto penare – e mi sono messa a riflettere con calma, sapendo di, per una volta, non avere il tempo contato. L’ho riscoperta, in un certo senso, ho riscoperto la mia creatività, e in qualche modo ne sono felice.
Il capitolo che ne è venuto fuori è breve, ma spero che abbia sortito il suo effetto; spero anche che la mia storia vi faccia compagnia in questi giorni così duri, in cui la nostra normalità di sempre è bloccata temporaneamente.
Adesso è un punto di svolta: credo di essere vicina alla fine della storia… ma come avrete imparato “standomi dietro”, non si sa mai ;)
Spero che vi sia piaciuto, alla prossima!
Sara






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Quentin la fissava preoccupato; sembrava stanco, provato, ma sapeva che avrebbe messo i suoi problemi da parte – che sicuramente erano ben più gravi dei suoi – per starle accanto.
  
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